I nostri figli

I nostri figli I nostri figli Nel sopore del pomeriggio, che teneva sveglie solo le mosche, si udiva la voce di donna Clelia, monotona e insistente come quella d'una mosca più grande, dal grande atrio a quell'ora tutto in ombra ; un'ombra fresca dove sarebbe stato dolce fare un bel sonno. Tacevano a quell'ora anche i passeri del noce gigantesco che toccava coi suoi rami folti le più alte persiano del « palazzo », l'unico palazzo del paese, il palazzo dei Martinoni, con una fila di balconi e due di finestre, quasi sempre chiuse, estate e inverno. A quella voce, che a stento vinceva la raucedine, e s'interrompeva soltanto per esplodere in colpi di tosse ostinati e fitti, rispondeva a tratti la voce della fontanella della piazzetta: gorgogliando e schioccando acqua sulla lastra, di pietra, come se anch'essa a un tratto avesse il respiro mozzo, e dopo essere stata lì per soffocare, ripigliasse con più coraggio il violento sciacquìo di prima. « Figli piccoli, guai piccoli; figli grandi, guai grandi » intercalava tra sè e la fontana donna Clelia; e pareva che la fontana ora approvasse ora protestasse con una sghignazzata. . La vecchia Carmela, seduta sotto il portichetto, tra il desiderio del sonno e il dovere di rattoppare la camicia bianca del marito, tra gli occhi che le si chiudevano a tradimento e l'ago che le pungeva subito i polpastrelli ingrossati e segnati dalle fatiche, ^attaccava, per non cadere nel sonno del tutto, a, quella voce e più allo sciacquìo della fontana che mentre le mandava in mente un po' di fresco, faceva bene a non dare, secondo lei, del tutto ragione a donna Clelia. Sì, la fontana, che in quel dormiveglia pesante e vischioso nella mente della vecchia era diventata come una persona, non aveva torto a dire il suo parere a donna Clelia. Poveretta, forse lei non ci aveva colpa se i figli le avevano fatto cosi cattiva riuscita: uno all'estero, e non si sapeva più in quale parte del mondo abitasse, l'altro, che faceva l'ozioso e il vagabondo, come dicevano tutti in paese, da una città all'altra, e mandava solo ogni tanto un telegramma per chieder soldi altrimenti sare bbe affogato ; l'ultima poi, donna Pierina, se ne dicevano tante, che Gesummio, era bravo chi ci si raccapezzava. Certo era che non stava più col marito; e il marito se n'era andato, dicevano, in Africa, per disperazione. Eppure, come li aveva allevati questi figli donna Clelia. Prima, tutti a studiare in città; Vito, che lo chiamavano « l'avvocato » fin da quando portava i calzoni corti; Baldo, con quella divisa coi bottoni e le strisce d'argento; e la bella Pierina, con quei capelli lunghi inanellati, lucidi "d'oro, alle monache francesi, per imparar le belle maniere. Don "Venanzio,. quando tornavano alle feste o alle vacanze, non ci stava dentro nel suo bel pancione dalla contentezza nel vederli lindi e pinti così, con la gota fresca di salute e d'alterigia ; specialmente donna Pierina, che faceva appena un sorrisino alle antiche conipagnette di scuola, « Ci vorrà un gran signorone per donna Pierina », dicevano le serve della casa Martinoni, mica uno di questi paesi ». E Vito? Oh quelo, con la sua parlantina, diventerà il primo avvocato della città, lo faranno deputato, ministro, ambasciatore alla corte di Francia. « Stupida, in Francia non c'è mica il re, c'è la repubblica ; e un giorno la faremo ah che qui, é cacceremo via tutti questi signori, anche Don Vena» zio, conia sua pancia ». Così diceva forse più per ischerzo il marito di Carmela, quando sentiva raccontar le prodezze negli studi e.nelle belle maniere dei figli di don Venanzio. Ma poi don Venanzio era andato a riporre la sua. pancia sottoterra ; e donna Clelia, palazzo, terre e tutto sulle sue spalle di donna, che per quanto l'avesse anche lei ben larghe, sono sempre spalle d'una donna. brmFAalcopria caddchrinnmbe erdnlobplotostbMITra le insidie della sonnolen za e lo soiacquìo a volto fragore so còme una risata della fontana, la vecchia Carmela rifletteva a quel proverbio che tante volte aveva sentito dire dalla gente, e ora così spesso udiva ripetere da donna Clelia, anche quando parlava da sola, e Figli piccoli.;. ». Certo, anche a lei i figli avevan dato dei guai. Apprensioni, le malattie, H pane sempre scarso, certi inverni anche la fame, senza nemmeno un vago di granturco; ma lei, sui figli, non ci aveva fatto mai conio, purché, grandi, riuscissero a campare da sè. Donna Clelia, invece: quanti calcoli, e che superbia. Da piccoli, li aveva tenuti a bacchetta: non andare coi mortidifame del vicinato, giocare da soli, farsela soltanto con. due o tre, il figlio dèi sindaco, ma solo perchè comandava al comune, e don Venanzio doveva tirar sulle tasse, il nipote dell'arciprete, la figlia del notaio che stava anche lei alle monache francesi. Già, sono signori e hanno le loro regole, e i loro interessi, fanno bene a far così, loro devono stare nel mondò coi loro pari, potenti con potenti; « vince chi è meglio, i Va solo con chi è meglio di te, e fagli le spese » era un altro proverbio di don Venanzio._Meglio, peggio...; purché non si va con la gente cattiva, coi birbanti che ti trascinano ai precipizi, insomma, tutte queste distinzioni ed etichette andavano forse bene solo pei figli di don Venanzio. Per i suoi figli, sarebbe stato come voler pretendere di dargli la pizza dolce quando nou c era nemmeno il pane nero. E poi.i figli sono come li vuole il destino; e ognuno ce l'ha in fronte da quando nasce; certo, un po d e ducazione... Carmela ci si confon fzvntespmnczmepldffdcdorpgdtpstvss e i , l n i e ù , a o n a a a n o i deva a pensare a tutte quelle regole di donna Clelia, che poi non eran servite a niente. E, mentre si sforzava di rifletterci, e di cavare una morale dal destino sbagliato di quei figli di ricchi che avevano presa una piega così brutta, la vecchia contadina nominava mentalmente i suoi ; Franco, il maggiore che stava in America, Filiberto che lavorava alla cava, Florindo, il più piccolo, che faceva il soldato a Napoli, ed Erminia che aspettava il ritorno del maggiore per andare a marito. Li nominava, e ne accarezzava la vita, con la segreta dolcezza che sa soltanto una madre; e le pareva che tutto quello che avevano fatto lei e suo marito per allevarli non fosse stato nulla, nemmeno un dovere. Erano nati, erano cresciuti ; la chiamavano mamma, a volte erano bruschi e riottosi con lei, buoni e caparbi secondo i giorni; e se eran venuti su bene, come alberi di buon frutto, ella sentiva di non averne altro merito che quello di aver loro dato, col latte, buoni sentiménti. Dio li aveva protetti, teneva la sua mano sul loro capo ; Dio, che guardava tutto, le guidava i figa sulla buona strada. Dopo Erminia, si sarebbero sposati anch'essi ; e se Fran¬ co, tornando, le avesse detto:t mamma, voglio metter casa da solo » ebbene, lei gli avrebbe risposto che lo poteva fare anche domani. Al pane per la sua vecchiaia ci avrebbero pensato loro; e se no, Dio avrebbe provveduto. Non li avrebbe rimproverati, offesi, maledetti persino, come faceva donna-Clelia, in certi.giórni, di furore ; e lei, pur non osando di dirle nulla, cercava di non sentire, di scacciar dalle orecchie quella voce terribile e rauca, che soltanto la tosse riusciva a soffocare, stringendole la gola, e gonfiandole la faccia paonazza.. La vecchia Carmela si- trovò sveglia tra questi pensieri, senza accorgersene. Si ritrovò con l'ago in mano, e pareva che avesse dormito, e sognato quei pensieri uno dopo l'altro, rapidamente. L'ombra del noce di fronte al .« palazzo », s'era distesa sulla piazzetta : il sole aveva cambiato colore, l'ombra era verde e più densa. Non s'udiva più la voce di donna Clelia; solo la fontana scrosciava e s'affievoliva, con respiro alterno. E dentro cotesto rotto silènzio ecco che udì qua! cuno che la chiamava; era il po stino, la sua voce. Carmela uscì dlcgccmMpvlsnfrcmts dal portichetto, andò incontro alla voce, vide il postino che cercava qualcosa nella sua borsa gialla. Le consegnò una lettera, che lei subito riconobbe dal francobollo: era del figlio, dall'America. Carmela non sapeva leggere. Ma aprì la lettera, nel foglio ripiegato trovò una cartamoneta verdiccia e molle come seta, e se la nascose nel seno. Poi salì le scale dèi « palazzo ». Vide donna Clelia appisolata_ nella sua fioltrona, il floscio viso sui meretti del petto, e stava per ritirarsi; ma la signora aveva udito dei passi, e alzato il viso, la chiamò. Finita di leggerle la lettera, donna Clelia la ripiegava, lenta. A un tratto lenisse : « Eh ! Carmela, a voi i fieli non sono costati nulla, e vi danno queste belle soddisfazioni: affetto, soldi... ». Carmela la guardò, non capì se quella era invidia o rimpianto, disse': « Donna Clelia, .non gli ho chiesto niente ai miei figli, niente gli chiedo, se mi vogliono bene è bontà' loro... ». Stupefatta, la signora la fissò, la scrutò passò nel suo sguardo 'un'ombra veloce. Poi voltò il capo dall'altra parte. G- Titta Rosa LSaidCd

Persone citate: Baldo, Donna Clelia, Martinoni

Luoghi citati: Africa, America, Francia, Napoli, Vito