Ambiguità e confusione dopo la vittoria del Governo

Ambiguità e confusione dopo la vittoria del Governo FRANCIA SENZA BUSSOLA Ambiguità e confusione dopo la vittoria del Governo Parigi, 28 febbraio. La schiacciante maggioranza ottenflta dal Gabinetto alla fine del dibattito di politica estera alla Camera è presentata da gran parte della stampa come una grande vittoria non solo del Ministero ma della Francia ritrova tasi unanime nel proclamare la sua volontà di respingere ogni politica di abdicazione e di rinuncia. I giornali insistono in modo particolare sull' impressione che tale voto ha prodotto all'estero ed a tale riguardo l'ufficiosa Agenzia Havas si fa telefonare da Roma che a giudicare dal modo con cui la stampa della capitale ne rende conto, le discussioni di questi due giorni alla Camera francese sono state- accolte non solo senza preconcetti ma con spirito di simpatia e che i resoconti pubblicati sono obbiettivi e di tono spesso favorevole. I giornali indipendenti non si associano però all'entusiasmo degli organi filogovernativi e fanno notare che dal lungo dibattito di palazzo Borbone non si può rica vare una indicazione precisa della politica estera che verrà praticata. Flandin, il cui discorso come capo dell'opposizione è stato semplicemente magnifico, aveva detto che bisognava scegliere fra la politica di guerra di Mosca e quella pacifica e realista di Londra; ma Delbos, non ignorando che il Gabinetto ha bisogno dei voti comunisti, non s'è risolto a indicare la via che intendeva seguire. .Nei riguardi ad esempio dell'Italia, cui ha fatto allusione senza volerla nominare, il Capo del Quai d'Orsay, che non poteva del resto dimenticare di essere stato il siluratore del piano Samuele HoareLavai, si è mantenuto in una voluta imprecisione dicendo che < se un regolamento delle difficoltà at¬ f o o o i o i a e o a a a a i o e t¬ tuali potesse intervenire, se fosse messa fine aHa spedizione di uomini e di armi in Spagna, se certa propaganda con la radio terminasse, se le condizioni di una franca e leale collaborazione potessero essere raggiunte, la liquidazione generale del passato, compreso l'affare etiopico, sarebbe possibile ed ammessa dalla Società delle Nazioni ». Chautemps, nella sua dichiarazione alla tribuna prima del voto, si è mostrato un po' più preciso affermando che sul problema non nuovo delle conversazioni italiane, «la Francia, che conserva per l'Italia una simpatia tradizionale, desidera riannodare con essa dei rapporti amichevoli ». Ma nel frattempo la delegazione delle sinistre si era già messa d'accordo sull'ordine del giorno di fiducia che assicurava la vittoria del Governo. Tanto più che i comunisti, ai quali Chautemps aveva al mattino dichiarato con insolita energia a proposito dei loro veementi reclami per il divieto del comizio prò Thaelmann in occasione del quinto anniversario dell'incendio del Reichstag, che il Governo non avrebbe più tollerato un'agitazione straniera e che se non erano contenti avevano una magnifica occasione per farlo cadere, erano diventati docili come agnellini tanto è il timore che essi hanno della rottura del fronte popolare. Chautemps, del resto, non ha tardato a premiarli per tanta mansuetudine concedendo loro per martedì l'autorizzazione che venerdì aveva negata. Delbos e Chautemps, più che mai fedeli al -principio della sicurezza collettiva, hanno tenuto a confermare la loro fedeltà alla defunta Società delle Nazioni di cui Flandin ha fatto magistralmente giustizia, notando fra l'altro che Grumbach, portavoce dei socialisti, non aveva' nemmeno, osato evocarla e che Delbos, che all'indomani di ' Berchtesgaden avrebbe potuto far convocare l'assemblea della Società delle Nazioni, ammaestrato dall'esperienza, si era ben guardato dal farlo. Ma Paul Reynaud che ha messo ieri molta acqua nel vino della sua russofilia, partigiano a fondo delle sanzioni contro l'Italia, è riuscito a farsi applaudire da. tutta la Camera facendo notare che è alla « istigatrice spietata delle sanzioni che l'Italia chiede di conversare », fatto che 1' oratore ha presentato come un sintomo evidente della « diminuzione della fòrza francese ». Il suo appello ad una riconciliazione generale per fortificare le posizioni della Francia nel mondo non poteva quindi non incontrare i consensi di tutta ^assemblea. Notiamo incidentalmente che appunto,oggi in un articolo sulla politica navale e imperiale britannica, il critico navale del « Petit Parisien », René La Bruyère, nel preconizzare la necessità per la Francia di riprendersi e di rafforzare le proprie basi navali, scrive essere certo che f l'Inghilterra non abbandonerà mai la Francia ma che vi è una lezione da ricavare dal recente mutamento di rotta della politica inglese. Questa lezione è che la Gran Bretagna ama i popoli forti e il successo della politica di Mussolini è di aver gettato nella bilancia il peso delle sue corazzate e dei suoi duemila aeroplani. Chautemps, dopo avere difeso sabato a palazzo Borbone la politica estera della Francia, si è recato ieri a difendere davanti al Senato il progetto del nuovo statuto del lavorò, sul quale, come è noto, le due assemblee sono divise da un profondo disaccordo concernente la scala mobile dei salari e la procedura di conciliazione. Egli ha precisato in modo categorico l'atteggiamento del governo salendo alla tribuna prima della chiusura della discussione generale. « Se il Senato mutilasse il testo approvato dalla Camera al punto da rendere la conciliazione impossibile fra le due assemblee, sarebbe impossibile al Governo di restare al potere. La commissione si è mantenuta nei limiti delle modificazioni possibili, ma se il testo proposto dal Senato venisse votato la conciliazione con la Camera sarebbe impossibile ». Queste parole che hanno prodotto viva emozione, confermano le voci che circolano e che vi abbiamo già segnalato, secondo cut Chautemps avrebbe preferirò cadere piuttosto che sulla questione di politica estera, su quella dello statuto del lavoro.

Persone citate: Delbos, Grumbach, Mussolini, Paul Reynaud