DIETRO LO SCHERMO

DIETRO LO SCHERMO DIETRO LO SCHERMO Per Venezia - Malumori in Francia - La « carriera » d'un grande regista - Quindici milioni di posti - Il Moloch di Hollywood In uno dei suoi calzanti corsivi in Film, Mino Doletti lancia un appello per Venezia, anzi, per l'organizzazione della Mostra che avrà al Lido, nel prossimo agosto, la sesta edizione. Doletti afferma che quanti vi hanno un po' di voce in capitolo farebbero bene a dire serenamente la loro adesso, e non aspettare poi la chiusura della Mostra per fare i loro rilievi. Ha non una ma mille ragioni; e gli si potrebbe^tutfal più obbiettare che quanti affermano qualcosa quando una Mostra si chiude lo fanno per la Mostra... ventura: cioè, esattamente, con undici mesi d'anticipo. (Parlo, s'intende, per chi ha qualche discorso motivato e pacato da fare, non per recriminazioni sterili o per acide scontentezze, che queste farebbero meglio a tacersi). TI successo della Mostra del Lido, d'anno in anno crescente, è innegabile. Si prodigano tesori d'attività febbrile, in quei trenta giorni; S. E. Volpi è sempre larghissimo d'aiuti e di consigli; la Direzione Generale è presente con il suo stato maggiore; l'ottimo Croze, da principio, con un bel sorriso, si fa in quattro; poi, con un altro bel sorriso, in otto; poi, con un altro sorriso ancora, in sedici; e cosi via, fino a uno spettacoloso multiplo di quel numeretto che, da principio, pareva cosi piccolo e semplice. Ma, siano le esigenze sempre più vivaci e pretensiose dei molti appassionati e dei moltissimi tifosi; siano le fila di un tessuto tutto internazionale, e perciò difficilissimo dà seguire nel suo ordito; siano i formidabili interessi di prestigio e di scuderia e di « squadra » che quasi sempre sono contenuti nelle bobine di un film: è un fatto che se la Mostra di Venezia è una cosa bellissima, dai successi anche clamorosi, non ha forse ancora, scoperto la sua formula più vera. Questa benedetta formula. Al pensare che fra cinque mesetti, fra le capanne della spiaggia e gli schermi, ancora la « formu- a è ¬ la » sarà il nostro supplizio: e ciò soprattutto ad opera di ottimi ingegneri e di ottimi avvocati e di ottimi dottori e di smaglianti madame e di infallibili fanciulle, che han preso l'abbonamento agli spettacoli, ed hanno perciò ogni diritto di metterti in croce con la loro « fòrmula » (che non esiste) : c'è veramente da rabbrividire. La Mostra del Lido, dal suo inizio, si divide nettamente in due periodi: il primo è quello delle Biennali (1932-1934), nate alacremente in un felice clima d'improvvisazione; il secondo è quello delle Mostre annuali (1935-19361937), e vede lentamente lo stratificarsi d'una formula, direi, autoritaria. Chi conosce per davvero e da vicino quanto vive attorno allo schermo del Lido, può con serena coscienza affermare che, per quella via, ai sono spesi sforzi in/miti, di attività, di tatto, di abnegazione. Ma questi sforzi si sono troppo spesso spuntati contro ostacoli insormontabili, che possono tutti essere riassunti in poche parole: gli ostacoli dei varii interessi nazionali. 8e la Mostra del Lido avesse dovuto lottare soltanto con dei produttori, la cosu sarebbe stata in taluni casi addirittura antipatica, ma infinitamente più semplice. Si sarebbe trattato d'imporsi al singolo, di qualunque Paese esso fosse, e ciò per comuni e superiori scopi d'arte e di cultura. Ma questi scopi, pur essendo sempre verbalmente rispettati, si trovano poi contro enti nazionali, o rappresentative che si sentono in dovere (e chi farebbe diversamentet) di difendere fino] all'ultimo sangue le loro creature,} e tanto più in quanto chi le di-, fende è certo insospettabile di di-I fenderle per motivj non ideali. Di' qui, inevitabile, il compromesso; che, circa l'ammissione e la proiezione dei film, ripetuto oggi, ripetuto domani, non può non incidere su quella sacrosanta severità vlpztcgasdttcvtvb che tanto a cuore Starebbe a tutti Questo è lo scoglio più appari¬ scente. Per evitarlo, non ci sono che due vie. O imporre un'autorità indisctissa, inappellabile, a tutti i Paesi partecipanti, dagli Stati Uniti al Sud Africa, dalla Cina alle Indie le ciò appare bellissimo teoricamente, ma un tantino meno facile praticamente); o dare ai singoli Paesi la. più assoluta libertà di partecipazione, limitandone soltanto, proporzionalmente, il numero degli spettacoli. Che ogni « squadra » corra la sua corsa, e vinca il migliore. A Venezia tutte e cure (e non son poche) di approntare la pista: un'organizzazione impeccabile, in una ormai radizione d'ospitalità squisita; ai concorrenti, agli espositori, tutti gli oneri e gli onori per quanto avranno saputo farci vedere. Questa seconda formula è certo, delle due, la più saggia e la più concrea. Nè si creda che ne scàpiti l'autorità della Mostra. Quando il facilone, o l'ingordo, o il grossolano, venuto al Lido per sbaragliare tutti gli altri concorrenti, si sarà invece trovato castigato da altri ben più agguerriti di lui, per,forza cdepDsgSsrl3ncm di cose sarà costretto a pensare ai casi suoi, a prepararsi assai meglio per la Mostra seguente; e cosi quel tale criterio di scelta severa si trasformerà in una selezione progressiva e spontanea: c'erto il miglior risultato da raggiungere. (Queste cose, amico Doletti, sono state qui rapidamente accenna te il cinque settembre dell'anno scorso. Come vedi sono coerente; e sono state accennate con un'ennesima invocazione perchè al Lido siano organizzale anche mostre retrospettive e personali: un malinconico chiodino sul quale non mi stancherò mai di battere. Ciao). *** Istruttivi e confortanti, i preliminari per il Gran Premio del Cinema Francese 1938. Nel nome dì aipssHtdrtsnrdddsLèsp., D™,?~ "n^! «°"° J**. rS"!"J ! Srquattro film «finalisti»: Légions d'honneur, di Maurizio Gleize, Ccs dames aux chapeaux verts, di Maurizio Cloche, J'accuse di Abel Gance, e L'affaire du courrier de Lyon, di Maurizio Lehman, Gran scalpore, e non poche indignazioni, in giornali e riviste di Parigi, che si rifiutano di credere che il migliore e più recente cinema francese sia compendiato nelle quattro opere di Abele e dei tre Maurizi; e speranze, dichiarate fin d'ora, che il premio Delluc, fondato e attribuito dalla critica indipendente, abbia poi a riparare la troppo grossolana ingiustizia. # # * Sergio Maria Eisenstein, uno dei tre santoni del cinema russo, rinnegato da Sciumiàtzki prima che Sciumiàtzki fosse rinnegato da Stalin, lavorerà a Hollywood; e si dice con insistenza che il suo primo film sarà con Sonia Henie. Dalla Corazzata Potemkine allo sfarfallio di lustrini piroettanti sul ghiaccio; di questo passo, dopo Sonia, U regista di Lampi sul Messico sarà forse costretto a dirigere Shirley. . * # Statistiche d'Europa. Le sale di spettacolo europee sono 34.178, con 15 milioni di posti; e nel 1037 vi sono stati prolettati, complessivamente, 746 film: nemmeno due film al giorno, dà que- frcSsldcHT ai eoeoo eoa o e eo e an ). iidì sto cartellone che si suddivide esattamente in 34.178 edizioni, e con le più diverse esigenze, etniche, politiche, economiche. Il minimo, naturalmente, è offerto dalla Repubblica di San Marino con una sala (400) posti e 36 film; «tallonata > da presso, come dicono gli sportivi, dalla Repubblica di Andorra con una sala (500 posti) e 30 film, n massimo, Invece, lo raggiunge la Germania, con 5312 sale (2 milioni di posti) e. 183 film. Sapete chi è al secondo posto, seguita a poche 'decine d'unità, nell'ordine, dall'Inghilterra e dalla Francia? L'Italia. (Son cose che fanno piacere). Con 4471 sale (1.500.000 posti) e 352 film. (Il numero dei film, su per giù uno al giorno, fa invece meno piacere: sintomo crudo ed eloquente della lamentata inflazione di film stranieri, di mediocri film stranieri), »** Il Moloch di Hollywood sta divorando altre vittime. Passati i tempi in cui il cinema americano poteva disprezzare i mercati stranieri, sia perchè dalla produzione non eccessivamente significativa, sia perchè i proventi dei « circuiti » americani erano più che sufficienti a dare alle Case editrici di Culver City larghissimi margini. Oggi, in molti casi, l'industria americana deve contare sugli altri mercati; bastando quello nazionale a comvensare i costi, quando vi riesca, costi ormai saliti a vertici ancora pochi anni or sono insospettabili. Di qui l'accanita difesa contro eventuali concorrenze; che ne vengono sistemati camente smantellate a suon di dollari, soltanto apparentemente spe si in pura perdita. E'-risaputo l'uso americano d'accaparrarsi quanti in altri paesi si rivelino elementi positivi cinematografici, siano essi reyisti, o attori, o tecnici. Ma se per il passato il cinema di Hollywood voleva accaparrarsi tutto e tutti, perchè insaziabile di collaborazioni, ora si « incamerano » firme quasi coti il deliberato proposito di non utilizzarle, soltanto per toglierle altrui. Si anemizza, o si tenta di anemizzare, un mercato a suon di migliaia di dollari in inutili stipendi; quei dollari torneranno, e largamente, dai proventi del film americano su quel mercato cosi anemizzato. L'ultimo a destare preoccupazioni è stato quello francese; ed ecco, soltanto per gli attori, nuove e perentorie importazioni: Danielle G., Darrieux, Mireille Balin, Simone J ! Simon, Gemutine Aussey. La Dar- rieux, dopo mesi, non ha ancora ns cs di el de n oi, il a le re n aila no o, ma to d; uo e. lo ul po seano e ti, me- fatto nulla; la Aussey è stata, pa re, costretta a un esordio infeli ce; sono note le incertezze della Simon; e ora la Balin torna al paesello natio, dopo aver mandato all'aria contratto e burattini: stufa di non far nulla. * * Minime. — John Barrymore, dopo una non breve assenza (alcool, bizze, divorzi) torna allo schermo con Non ho ucciso, di Murphy. — Cukor dirigerà la Hepburn in Holiday. — Robert Taylor con una gran barba, e con magari le rughe del caso? Lugete Venerea: sarà in Passaggio Nord Ovest. — Anche Buster Keaton (alcool, semi-pazzia) ritorna allo schermo, con Troppe leggi. — Wllcox, dopo La Grande Vittoria, produrrà Vittoria e Alberto, un bell'esempio di monarchica fedeltà. — Due Rasputin francesi: uno con Harry Baur, e un altro con Ivan Mosjuskln. — Oltre a Germinai, Von Sternberg dirigerebbe, e si dice sempre con la Dietrich, anche Teresa Raquin. — Il maestro Stokowski è sbarcato a Napoli, si tratterrà un po' di giorni In Itatalia. Vedrete il quasi ed ex fidanzato della Garbo In Cento uomini e una ragazza, con Deanna Durbln, m. g. hoavretesopepisomzaprgitulail pestmdegLmtrcoincapchpsucuramininmtetipvrssopdtmsgdzdsCtesFpcrdpmdsIplaa Pierre Richard Willm e Antonio Centa, interpreti di «Tarakanova» Jacqueline Wells e Robert Paige, della Columbia. ■1 Pa «Verso nuove rive», dell'Ufa,