Viaggio in diligenza

Viaggio in diligenza Fosse lo stato febbrile in cui mi trovavo o l'oppressura afosa prodotta dal termosifone nella camera, che, in pieno inverno, mi destava nel sangue sensazioni estive, certo è che, addormentatomi, mi parve di viaggiare per una strada di campagna polverosa tra siepi di cardo ai prunasco e di, ginestra arsi dalla canicola. Affioravano di certo, al mio animo oppresso, insieme con certi pensieri che m'erano stati suggeriti dalla lettura di vecchie memorie, i giorni precedenti, anche ricordi di stampe antiche, e forse di passi danteschi ; perchè, mentre la diligenza entro cui sedevo , traballando e rimbalzando su pietrame, ora s'ingolfava in gole di tufo che pareva volessero precipitarla all'inferno e ora s'affaticava su montagnuole bruciacchiate da cui potevano vedersi ,trà cannuccia e folasco, occhi d'acqua limacciosa e ribollente, io pensavo come mai io-potessi vivere al di fuori di me stesso, come un altro, e in un tempo diverso dal mio. Difatti, sebbene confusamente, tuttavia mi domandavo perchè non si fosse pensato a provvedersi d'un'automobile e non si fosse imboccata una strada asfaltata e nemmeno si fosse cercata una stazione di ferrovia per prendere un treno qua lunque. Ma per un giuoco strano della fantasia, provavo la sensazione del tempo in cui nè si conosceva automobile nè strada asfaltata e nemmeno strada ferrata. Perciò, vivevo ancora più in dietro della mia infanzia, ancora e assai più indietro della mìa nascita. - • Mi sedeva accanto un cavaliere piumato con gli stivali rimboccati al ginocchio, il quale, tratto tratto, faceva piovere su di me uno sguardo di sbiego che mi pareva ironico. Poi, girava gli occhi in torno posandoli sugli altri viag giatori, che abbassavano i loro con timidezza. Accavallava gambe, lasciando risuonare i suoi speroni, e dava un'assestatina alle due pistole che portava alla alla cintola. Con quello sguardo e con quella risatina, egli voleva dire ai compagni di viaggio: « Guardate un po' fuori della diligenza, carini miei! Voglio ve dere quale effetto produce sul vostro animo il paesaggio!!.. Ai margini della strada, difat ti, non passava tanto che si vedevano snodarsi grovigli di ser- Ei, le quali, in fuga, si rizzavano schiando, prima di scomparire in botri e fossati. Le rane, tuf fandosi nelle acque sparse e mar ciscenti, emettevano un gracidìo che accresceva il senso panico della solitudine. Nè era questa' alleviata dal comparire, a lunghe distanze, di ■ grandi casamenti con merlature « torrioni da castello; disabitati e abbandonati, essi mostravano segni della rovina. Finestre sgangherate e buie come occhi vuoti, muri crepati, cornicioni corrosi... Ad ognuna di simili tristi ap- fiarizioni, il cavaliere strizzava 'occhio a questo o a quel viaggiatore, invitandolo a guardare, riuscendo, così, ad aggravare il senso di terrore che s'imposses sava degli animi. '; Mi destava pena, sovratutto, una damigella di forse vent'an ni, vestita d'una tunica scura, con alamari bianchi, che le conferiva un aspetto di collegiale Era accompagnata da un dig'ni toso prelato, u quale cercava con sommesse parole d'incoraggiarla; e, intanto, teneva il Crocefisso tra le mani con atto di supplice devozione. D'un tratto, la diligenza rimbalzò. La damigella si lasciò sfuggire un grido: dal suo pallore e dal tremore che l'assalì, potei misurare tutta l'angoscia di cui il suo animo era agitato. — Ancora non è nulla — mor " moro tra.la barbetta il cavaliere. — Tutto sta che,al passo del Gufo non ci assaltino i briganti. Non finì, che echeggiarono al cuni colpi d'archibugio. Urlando, il postiglione si gettò giù; i cavalli s'imbizzarrirono, Uno d'essi, rotti i finimenti, si mise a trot tare per la campagna. Ebbi soltanto il tempo di ve dere il cavaliere scaricare le sue pistolo e, scavalcato il finestrino, raggiungere il cavallo libero, saltargli in groppa e fuggire. Poi fui acciuffato e maltrattato, al punto che perdetti i sensi. Mi riebbi nel fondo di una grotta che prendeva luce da un largo buco. Vicino a me, la damigella della diligenza, mi medicava alcune ferite che avevo ri portato al capo. Un omaccione con il cappellaccio sugli occhi, piantato in mezzo aua Srott,a> ml diceva : — Ringrazia questa graziosa scimmietta che ci sta tanto a cuore. Altrimenti, ti avremmo già fatto la festa. Tenetevi, ora, buo: na compagnia, senza pensare di poter scappare: e quando giungeranno 1 soldi del signor conte padre, madama là contessina tpr: nera a casa con lo zio prelato, senza che le sia torto un capello. E anche tu, grazie a lei, andrai per i fatti tuoi. Volse le spalle e scomparve Mi sentii rianimare, rimasto nolo con la gentile personcina. Le presi le mani e gliele baciai con gratitudine. ' ,X Che cosa posso fare per lei f — le domandai. . — Togliermi l'oppressione che provo ancora. . . . — Sarei felice di riuscirvi ; ma con quale mezzo 1 Mi parli, mi dica tante cose belle ; mi faccia dimenticare d'essere qui. , , Stranezze della subcoscienza I . Al momento di confortare la piccola contessa del settecento, rinchiusa con me in una grotta di briganti, io riprendevo la mia personalità <li uomo moderno, e le dicevo : • — Non abbia timore. Che cosa.| vuole che facciano questi quattro miserabili briganti, che hanno pprofittato della circostanza ohe i costringeva a viaggiare in diigenza ! Quando vedranno giunere un paio d'automobili, o maari un aeroplano, o sentiranno coppiettare una mitragliatrice, se la daranno a gambe. E poiché la contessala, non capiva il mio linguaggio, io le spiegavo che cosa fosse un'automobile, un aeroplano, una mitragliatrice, e le parlavo con tutto l'entusiasmo di uomo di oggi, dei prodigi compiuti dalla scienza. Ed ecco che proprio al momento in cui credevo di avere con le mie parole rasserenato l'animo della gentile 'creatura, la vidi allontanarsi da me, pallida e tremante, guardandomi con occhi dilatati dal terrore. — Ajuto ! Ajuto ! — cominciò a gridare, mentre si rannicchiava in un angolo della grotta. ' Mortificato e imbarazzato, non provai nemmeno a raggiungerla. Era evidente che la piccola dama del settecento mi credeva impazzito, sentendomi parlare come parla un uomo del novecento. Rimasi immobile e mi copersi il viso con le mani. Quando credetti che si fosse rassicurata, le dissi: — Lei ha gridato/ ha chiamato aiuto. Quasi quasi, si sente a miglior agio con i briganti del suo secolo, che la tengono in ostaggio, piuttosto che con me: Ebbene, rimanga pure nel suo tempo, con loro. Io me-ne vado. — Se ne va? Come se ne va? •— Ecco, stia attenta. Gettai, traverso il foro superiore della grotta, un filo che andò ad agganciarsi ad un cavo telefonico, e telefonai in città. Poi attesi, paziente. La piccola dama mi guardava, ora, come si guarda un mostro mai visto. Un quarto d'ora dopo, sentendo un grande strepito, ai gettò ai miei piedi, scongiurandomi di risparmiarla chi sa da quale sorte. Inutilmente, le ripetevo ch'erano le automobili giunte dalla città, per salvarci. Mentre mi chinavo per prenderla e sollevarla di peso, lo strepito mi svegliò. ■ Che respiro di sollievo ritrovarmi in casa mia, libero dell'oppressione del secolo, sognato, e dalla incomprensione di quella povera contessina uscita d'educandato ! Ma lo strepito dei motori èra Ivero, giungeva di sotto la mia finestra. Un vocìo, un gridìo, un chiamachiam a... Compresi eh 'era una comitiva di ragazze e di ragazzi che partivano per una partita di sci. Rosso di San.Secondo i La Francia impoverisce Parigi, 19 febbraio. . La crisi economica, i conflitti sociali ed il fisco concorrono ad un graduale ed inquietante impoverimento della Francia. Secondo statistiche ufficiali, su 362.638 denunzie di successione dichiarate nel 1936 ben 315.326, ossia l'87 per cento, presentavano un attivo inferiore ai 50 mila franchi. Anche il numero di coloro che hanno un reddito superiore al milione è in crescente diminuzione. Da 702 che erano nel 1931 sono diminuiti a 494 liei 1932, a 391 nel 1933, a 344 nel 1934. a 309 nel 1935 ed infine a 300 nel 1936; e si nota che trattasi di milioni di franchi che valgono meno di un quinto del valore di anteguerra. Alla data del 12 febbraio il numero dei disoccupati registrati in Francia era di 409.534 con un aumento di 3.726 sulla settimana precedente. IL RADIUM, ELEMENTO MAGICO La grande collaborazione fra chirurgia e radiologia (DAL NOSTRO INVIATO) BRUSSELLE, febbraio. Alla mia domanda se, nella lotta contro il cancro, il radium sia superiore o meno, alla chirurgia, i grandi cancerologi belgi, poco su poco giù, mi rispondono così: — Al giorno d'oggi, con i prògressi realizzati nella curieterapia e nella chirurgia, un quesito del genere è malposto, è impreciso ed inesatto. — In che senso ? — Nel senso che non è possibile parlare di superiorità di un metodo sull'altro, perchè, in realtà, non esistono due metodi, ma esistono semplicemente due mezzi di cura IL PROF. MURDOCH, primario di radiologia all'Università di Brugselle. . —- diversi, ognuno con possibilità proprie di successo, ognuno con un proprio campo di esperienza, due mezzi, che, invece di combattersi, in molti casi possono e debbono integrarsi e completarsi a vicenda. — La statistiche, in ogni modo... — Le statistiche, egregio signore, affermano, che i successi còme le delusioni esistono sia per la chirurgia come per la curieterapia. Esse, però, affermano che le delusioni sonò assai minori quando i due mezzi di cura riescono saggiamente a completarsi. E la cosa si spiega. Tutti e due — l'atto operatorio e l'applicazione del radium — posseggono le loro frontiere, al di là delle quali non devono essere tentati, mentre al di qua devono sempre essere imposti. Non esistono, difatti, cancri radio-resistenti e non esistono cancri che, per la loro estensione e complessità anatomo-patologica, non possono essere sradicati dal bisturi? E non capita con estrema frequenza che l'ablazione chirurgica anche ben fatta e fatta a tempo non sempre guarisce il cancro, perchè ramificazioni e radici infinitesimali- riescono sempre a sfuggire all'occhio del chirurgo t Ora, come il bisturi pud asportare i neoplasma radio-resistenti, così il radium può raggiungere tutte le cellule folli sfuggite all'opera del chirurgo, bombardarle con i suoi raggi gamma, distruggerle, incenerirle, renderle inerti. Collaborazione — Perciò, — osservo — fo vecchia rivalità fra il radium e la chirurgia dovrebbe finire t — Da noi, almeno, è finita! — mi rispondono i cancerologi belgi. E il prof. Murdoch, primario di radiologia all'Università di Brusselle e capo-servizio al Dentro Uni versitario dei tumori, mi precisa — Nel nostro centro all'Ospedale Brugmann, la chirurgia, i raggi X e il radium vanno di pari passo. Bi aiutano e si integrano. Dopo 10 studio delle condizióni del malato, della sua resistenza e, naturalmente, della natura istologica e della posizione anatomica del can ero, io decido sul da farsi sempre d'accordo con il mio collega, prof, Loicq, capo-servizio di chirurgia. — Normalmente, -quale dei due mezzi viene usato con maggiore frequenza* — Una risposta esatta non è possibile. In media, posso dire che si hanno 5 casi per cento di chi rurgia pura e il 20-25 per cento di chirurgia e radiologia. — E quali sarebbero i casi in cui 11 radium deve avere la preceden za sull'atto chirurgico T — Anche qui, nessuna risposta esatta 'è possibile, ogni caso esigendo una cura e uno studio speciale. In linea generale, tuttavia, si potrebbero stabilire tre categorie. JLa prima per i cancri curabili con il solo radium e contempla i tumori ganglionari, i tumori della pelle, i cancri della lingua, del colto, del collo uterino e certe forme del cancro all'esofago. La seconda raggruppa i cancri che esigono lo intervento chirurgico e la curieterapia post-operatoria: i più tipici sono i cancri del seno e dell'utero. Vengono, infine, i cancri per i quali il radium è inutile, sia perchè il bisturi guarisce sicuramente il male come per i- cancri dello stomaco o dell'intestino alla fase di operabilità netta; sia perchè il tumore è troppo diffuso e .attaccato a grossi vasi che il radium ris'ehierebbe di ulcerare, troppo profondo o legato ad uno stato di deperimento organico o di cachessia molto avanzato. — In conclusione f — Solo la collaborazione stretta fra chirurgia e radiologia è suscettibile di dare risultati fruttuosi. Occorre, perciò, che ogni caso particolare sia esaminato in comune fra radiologo e chirurgo e possa essere curato con l'arnia che più gli conviene — bisturi, raggi X e radium —. o, caso più frequente, con l'accordo di questi diversi manzi terapeutici. Le tre strade A Brusselle e a Lovanio, una simile cura razionale del cancro è facilitata dal fatto che i cancerosi, si trovano raggnippati in un unico servizio — il centro universitario dei tumori — e non sparsi nei vari servizi come capita in molti altri paesi. Una iniziativa del genere è dovuta alla Lega Nazionale Belga contro il cancroj lega sorta fin da quando le ricerche scientifiche e cliniche dimostrarono che il neoplasma per la sua frequenza e curtalità costituiva un pericolo sociale al pari della tubercolosi e delle malattie veneree e, di conseguenza, un pò', dappertutto apparvero i primi organismi di lotta anticancerosa, organismi che si moltiplicarono ben presto, passando ' dal campo teorico al campo pratico man mano che si perfezionavano la tecnica chirurgica e la tecnica dei raggi X e dei raggi gamma. /I costo del radium delle installazioni di ràggi X, tuttavia, non permetteva, in generale, ai mèdici di impegnare la lotta in modo individuale. In conseguenza, ' nei vari paesi, l'impulso generale tendeva a centralizzare gli sforzi, a creare — come dire* — un lavoro a squadre con direttive comuni e comuni mezzi di cura. Così la Lega Nazionale Belga contro il cancro, d'accordo col Governo, appena sorta, decide di fondare nelle i università — Brusselle, Lovanio, Liegi e Gand — altrettanti centri anticancerosi, dove la lotta avrebbe dovuto orientarsi lungo tre strade diverse, ma convergenti verso un'unica mèta che è la guarigione totale del neoplasma. Lungo la prima strada camminane i biologi e gli istologi che, nei laboratori dei centri cancerosi e in quelli universitari studiano la natura del neoplasmai il suo sviluppo, il modo di propagarsi e il rimedio specifico. Lungo la seconda strada, troviamo i clinici, i radiologhi, i chirurghi che curano i cancerosi con tutti i mezzi possibili e particolarmente col radium. Il problema clinico del cancro, tuttavia, non si risolve con la sola cura. Malattia, suscettibile di riapparire sotto forma di recidive locali o di metastasi, anche se curata con successo, deve essere seguita e riesaminata ad intervalli determinati. In proposito, la dott. Simon, assistente al Centro universitario dei tumori di Brusselle, mi informa: — La maggioranza delle recidive si producono durante i primi due anni, ma la sorveglianza medica deve continuare per un periodo di almeno 5 anni. Ed è quello che noi facciamo, il nostro centro, difatti, ha organizzato, d'accordo con la Lega Nazionale^' un corpo di infermiere, che per 5 anni visitano ogni 6 mesi i cancerosi da noi curati, si .informano delle loro condizioni, prendono nota dei possibili disturbi, provvedono ad accompagnare ai centri i « recidivi » o a segnalarli ai medici, qualora i malati non po tessero recarsi ai consulti: — Afa come potete ritrovare vostri ex-màlatit — In modo semplice: possedendone, cioè, i nominativi e gli indirizzi precisi. L'anagrafe dei malati E, con una certa soddisfazione, la dott. Simon m'accompagna in un ufficio, all'apparenza simile ad un qualunque ufficio amministrativo. Ma all'apparenza soltanto, che i classici armadietti Roneo dal colore verde scuro, allineati sulle quattro pareti, non contengono indicazioni contabili, nè liste di fornitori o clienti e nemmeno cataloghi di merci o volu mi, ma contengono bensì lunghe liste di malati con i nomi tecnici dei rispettivi tumori, le indicazio ra e i risultati delle visite successive, compiute dalle infermiere. — Li teniamo catalogati per nome e per tumore — mi'spiega l'assistente, aprendo un armadietto, dove l'orlo superiore delle schede appare tichettato di puntine nere, violette, verdi e gialle. — Le agrafes gialle indicano > cancerosi perduti di vista. Vedete t Bono rarissime. La media dei perduti di vista, difatti,- non supera il due per cento. — E le verdiT — / recidivi. Non sono molte, ne poche queste agrafes. In media, il 15 per cento. Ma hanno tendenza a diminuire soprattutto da quan- IL PROF. 8LUYS il radiologo che curò Puccini. do esiste una più stretta collaborazione fra la curieterapia e la chirurgia. Le gialle e le nere indicano i cancerosi incurabili ed i morti di cancro. Sono piuttosto abbondanti, vero ? Esattamente, sono... La dottoressa apre un altro schedario, ne trae una cartella e mi dice: — Prendiamo i cancerosi da noi curati nel 1930. Sono SS1. Nel 19*5, dopo 5 anni, troviamo: guariti 11 (£1,5 per cento), morti per malattie intercorrenti (tubercolosi, polmonite, ecc.) 18, perduti di vista 1, morti per operazione 8, per cancro 242 (73 pei- cento). Nel 1931, i curati sono 396. Nel 1936, risultano guariti 79 (19 per cento), morti per malattie intercorrenti 22, per operazione 11, per cancro 277 (70 per cento), perduti di vista 7. Il numero delle morti non vi impressioni! Diversamente da quanto succede negli altri paesi, in Francia per esempio, il nostro centro accoglie ' i cancerosi di qualunque grado essi siano ed anche sui cosidetti « incurabili » vengono- esperimentati tutti i rimedi terapeutici. — / cosidetti a incurabili » sono molti? — Sì, ma possono essere assai meno, se il pubblico ed i medici si convincessero della necessità assoluta della diagnosi precoce. Arrivare in tempo Ora, la propaganda per là segnalazione precoce della malattia costituisce la terza strada che la Lega Nazionale Belga si è tracciata nella sua lotta contro il cancro. E non è la meno facile. Tan t'è che il suo presidente mi dice: — Fino a quando non si troverà il rimedio specifico, le sole armi, di cui la scienza dispone per combattere il neoplasma, sono la chirurgia e la radiologia. Ma, affinchè diano risultati efficaci, occorre che i cancerosi vengano cu rati in uno stadio non troppo avanzato. Ora, la metà dei malati si presentano ai nostri centri con 7estoni molto estese. E questo non deve più avvenire. — E' possibile dal momento che il cancro è un male sornione, che si sviluppa nel silenzio, e, quando si fa sentire con dolori e con febbri, quasi sempre è molto sviluppato? '— Sì. E' possibile, perchè sintomi premonitori ne esistono sempre, come certe emorragie'che le donne registrano fuori periodo, esaurimenti, pesantezze, nervosità. Il pubblico deve convincersi della necessità di consultare subito il medico all'apparire di disturbi anormali per. anodini ch'essi siano e il medico deve pensare di preferenza alla possibilità di un cancro che ad altro e, di conseguenza, fare senza ritardo gli esami necessari. La biopsia, ossia il prelevare sul malato un fram■mento di tessuto leso per farne l'esame microscopico, deve generalizzarsi. Se la nostra propaganda fra il pubblico ed i medici circa la diagnosi precoce raggiungesse risultati soddisfacenti, benché nessuna profezia sia possibile in questo campo, io non temo di esagerare affermando che le morti, come le recidive, andranno ni biologiche e istologiche, il mez-\sempre più diminuendo, sopratzo, la durata e i risultati della cu-\tutto perchè noi abbiamo la for tuna di possedere quello che,, da solo o in unione alla chirurgia, costituisce fino ad oggi il migliore rimedio contro il cancro: iì radium. Questo è quanto si fa. in un piccolo paese, che ha la grande fortuna di possedere non solo scienziati illustri, ma il rimedio migliore contro il cancro: il radium. E in Italia? In Italia, abbiamo studiosi, clinici e chirurghi, che nulla hanno da invidiare agli stra nieri. Nei laboratori, nelle cliniche e negli ospedali, essi studiano e curano il grande flagello con te nacia ed abilità servendosi dei mezzi che le nostre possibilità e il nostro* innato senso di iniziativa mette a loro disposizione: la chi rurgia, i raggi X con stazioni di un milione di volta e l'emanazione di radium. Non possediamo che quantità minime di radium. Ma possediamo colui che ha compiuto i più significativi studi sulla ricerca e produzione del radium artificiale: Enrico Fermi. ' In Belgio, mi hanno parlato con ammirazione vivissima di .Enrico Fermi. Paolo Zappa un CUImTO distruttore I vecchi... di 35 anni pesano sulla nazione americana L'autorità maritale ristretta in Francia Parigi, 19 febbraio. H Giornale Ufficiale ha pubblicato stamane.il testo di una legge che modifica 15 articoli del Codice Civile riguardanti la capacità, i diritti e i doveri'della donna maritata. Questa legge restringe singolarmente l'autorità maritale accordando alla donna dei diritti che essa non aveva mai avuto finora. Le disposizioni più importanti sono quelle che danno loro la facoltà di ricorrere contro la scelta di una residenza, giudicata abusiva, e di esercitare una capacità civile al di là di ogni autorizzazione del congiunto. E' diffi cile dire quali effetti tutto ciò avrà sull'andamento dell'armonia delle famiglie francesi. Ci sembra tuttavia che sia difficile formulare in merito previsioni ottimiste. La lègge entrerà in vigore domani a Parigi, e solo più tardi in provincia poiché è necessario per questo che il Giornale Ufficiale giunga prima alle sedi delle varie Prefetture di Francia. Ora, secondo il Codice napoleonico, il Giornale Ufficiale mette ufficialmente una giornata per percorrere 100 chilometri. Le versagliesi non saranno perciò liberate dalla... tirannia coniugale che dopo domani, le marsigliesi fra nove giorni e le nizzarde^soltanto fra dodici giorni. La Regina di Bulgaria è partita per l'Italia Sofia, 19 febbraio. S. M. la Regina Giovanna è partita oggi per l'Italia. NEW YORK, febbraio. L'America usci dalla grande guerra cosi scoraggiata, cosi disillusa e cosi moralmente e psicologicamente esausta che non si può comprendere quello che vi si |è svolto dopo quel periodo se non considerandola una nazione di neurotici. Il famoso « culto della gioventù » esisteva anche prima della guerra, ma era a fondo biologico. L'americano invecchiava, si esauriva, diventava inutilizzabile quando il suo coetaneo europeo era ancora nel pieno del vigore fisico e intellettuale. Molti fattori vi contribuivano: in primo luogo la razza. Prevalevano ancora le razze nordiche la cui media di vita è relativamente breve. Aggravavano la debolezza originaria r'alcoolismo, i sistemi antiigieniei e innaturali di vita (scarso riposo, esercizi fisici eccessivi anche in età non più giovane, alimentazione unilaterale) le preoccupazioni morali causate dalla insicurezza di vita, ma soprattutto gli ordinamenti prevalenti nel lavoro con orari di 12 ore che poco si differenziavano dai sistemi schiavistici. Quando si era ben bene logorata la macchina umana ed ottenuto tutto il prodotto che poteva dare, la si buttava nel mucchio del rifiuti al primo segno di rallentamento del suo ritmo accelerato. Il « culto della gioventù » ch'è stato ripreso ed esasperato fin dal momento in cui 1 primi scaglioni delle truppe inviate in Europa rimisero piede in ter-> ra americana, è. a fondo neurotico. A che servono le antiche virtù dei pionieri? Quelle di proseguire uno scopo, di lavorare assiduamente e coscienziosamente, di economizzare, di privarsi, di sacrificarsi ' E' meglio godere mentre si è al mondo: tanto non c'è alcuna sicurezza del domani. Un'altra guerra, un'altra crisi, un altro rivolgimento mondiale politico ed economico assorbiranno tutti i risparmi faticosamente accumulati, rovescleranno le posizioni sociali stabilite, imporranno miserie, stenti e dolori senza che li si cerchino. Perchè allora preoccuparsi In anticipo, limitarsi in anticipo, soffrire e stentare in anticipo? Non c'è più nulla di sicuro e di stabile: divertirsi, darsi alla vita gaia e spensierata è la via più sensata da seguire. Perchè P In base a questo ragionamento ogni capo di azienda, ogni esecutivo di organizzazioni industriali, ogni dirigente di opere importanti tende a dare ai suoi uffici e a quelli che li occupano un'aria é un aspetto di scena di Hollywood. Tutto questo non ha niente a che fare con la tanto vantata « efficienza > che i prefati personaggi amano metter avanti per giustificare la propria condotta. Anzi la efficienza è proprio quella che vie ne a soffrirne: Si sono fatte di recente delle inchieste e inviati dei questionari alle più grandi agenzie di collocamento di New York per conoscere quali fossero i limiti d'età posti dai datori di lavoro e le ragioni da essf addotte in favore della preferenza per i giovani. La maggioranza delle agenzie rispose che per il. lavoro impiegatizio il limite, per gli uomini, era dai 25 ai 30 anni, per le donne dai. 23 ai 25. Si è fatto il calcolo, in base a tali dichiarazioni, che la media per ambo i sessi si estende dal 22 al 31 anni. Solo un'agenzia riportò qualche domanda per uomini di 40 anni, ma neppure una al di sopra di quella età. Il limite d'età per gli esecutivi, persone, cioè, da cui si richiede esperienza accoppiata a maturità di giudizio, risultò variare dai 30 al 40. In base al numero delle agenzie che risposero al questionario, risulta una media di 10 anni in cui un esecutivo ha probabilità d'impie garsi, ed una media di poco più di 9 anni in cui un individuo qualsiasi può trovar lavoro. Questo significa che tutta una popolazione che ha superato i 36 anni è condannata in perpetuo all'ozio e all'improduttività. Quali sono le ragioni che' i datori di lavoro adducono in favore di tale modo di regolarsi? La risposta più comune è che le persone anziane mancano di adattabilità e di flessibilità di pensiero. Ma alle agenzie fu anche domandato quale fosse la loro opinione spassionata, quale, in altri termini, la ragione vera che induceva l capi di aziende a preferire 1 giovani. E le risposte furono più candide, rivelatrici e veritiere. « Culto della gioventù » — dicono le agenzie — oppure, con frase Intraducibile In italiano, «party looks »; ossia la apparenza di una comitiva giovanile durante una baldoria; « preferenza personale per l'attrattiva della gioventù » — risponde qualche altra — ed anche «_la maggior parte dei datori di lavoro preferisce impiegati giovani ed attraenti » o « le donne anziane non sono cpsl attraenti come le giovani >. Risposte, queste ultime, rivelatrici della psicosi postbellica, che fa preferire tutto ciò ch'è luccicante, piacevole, fuggevolmente divertente alle qualità solide che contribuirebbero a migliorare la produzione e l'andamento generale degli affari. Lo stesso John Lewis, il capo della C.I.O., l'organizzazione rivale della « American Federation of Labor », fece qual che tempo fa una dichiarazione della massima importanza a proposito di scioperi ingiustificati e proclamati senza ponderatezza < cioè ch'essi sarebbero meno frequenti se l'industria non usasse la politica di proscrizione verso uo mini di età matura. ELOGIO all' oratore Spesso si sente dire che, soprattutto in Italia, son tempi da azioni non da parole; e se ne trae la conseguenza che la figura dell'oratore, se non è scomparsa, ha da scomparire; e a quasi tutti quelli che dovrebbero far la fatica di imparare a parlare, non par vero di risparmiarla. E' ora di reagire contro questa poltroneria. Proprio perchè, soprattutto in Italia, ogni giorno meglio si comprende il valore dell'azione, sempre più grande avrebbe dà essere il rispetto della parola. Operare in silenzio può soltanto chi possa far da sè ciò che vuole. Ma quante sono le opere che noi possiamo compiere da noi stessi? Il vero è che accanto al fare c'è il far fare; e il far fare è il miracolo della trasmissione del pensiero da uno ad un- altro, spesso da uno a più altri, spésso da uno a tutti gli altri; ora il'veicolo della trasmissione è la parola. Meglio che la parola è detto il discorso, che è un costrutto di parole; e bisogna che queste siano ben congegnate affinchè si prestino a'ricevere e a travasare la divina corrente del pensièro; ma a mettere insieme questi costrutti di parole, che vuol dire poi a caricarli di pensiero, e soprattutto con quella qualità o anche, oserei dire, con quella tensione del pensiero, che è la volontà, ci vuol natura ed arte, impeto e pazienza, fortuna e fatica. Perciò la antitesi frequente della eloquenza con la azione non è tanto un luogo comune, quanto una sciocchezza. Mussolini'è un uomo di azione? Ora, se mi bastasse di mettere in imbarazzo i facili, spregiatori della eloquenza, dovrei domandare ancora: Mussolini è un oratore ? Per mio conto (e chi mi conosce sa che non dico quél che non penso) è uno degli oratori più grandi, che mai ci siano stati. Aggiungo che non solo Egli è nato, ma è diventato oratore; anzi sta « Mopon Alcune delle ragioni addotte daij^j'^™*^*^®'^^^^ datori di lavoro non meritano nemmeno di esser combattute perchè si vede chiaro ch'essi nello scegliere i loro impiegati usano i criteri che potrebbero valere per un « film » cinematografico, una comnfedia musicale o un « night club» -non quelli necesari a valutare un buon contabile o un esperto meccanico. Ma altre obbiezioni all'impiego di persone mature possono trarre in inganno perchè hanno un'apparenza di verità. Quelli d'età media — si dice — hanno concezioni lente, mancano di spirito di adattamento, sono troppo fissi nelle loro abitudini e caratterizzati da quella che qui chiamano « one-track mind » ossia una mentalità che corre su di un binarlo unico. Un esame accurato rivelerà chetali caratteristiche sono individuali piuttosto che Inerenti ad una data età. Chi nasce con una mente versatile e adattabile è versatile e adattabile a venti come a ottantanni. Ed a coloro che hanno avuto in sorte la mentalità del binario unico la gioventù non contribuisce a modi ficare l'attitudine del loro spirito. Specialmente nel campo intellettuale si possono moltiplicare gli esempi sbalorditivi di persone che in età inoltrata si sono dedicate ad attività del tutto nuove. Que sto è ben altra cosa dall'adorazione della senilità per la senilità com'esistéva ed esiste ancora in molti paesi europei. L'America è andata all'estremo opposto e tanto l'uno che l'altro non giova affatto al progresso umano. La scelta dovrebb'esser fatta in base alla efficienza e alla capacità Individuale e non in base all'età. Anche perchè quest' adorazione della gioventù, in America sta producendo una. nazione di «moroni» ossia di deficienti intellettuali e morali. La folla dei disperati Per rendersene conto basta parlare per un quarto d'ora con uno studente di « high school » o anche di università. Un pizzico di questo, un sentore di quell'altro, un frammento di una terza cosa e il disordine caotico di semi-conoscenze non tenuto assieme da nessuna idea generale che le indirizzi a qualche cosa di proficuo. Il macchinismo s'incarica di completare il quadro della progressio ne verso l'imbecillismo. Dice Ford in un suo libro autobiografico che « come aumenta la necessità della produzione si rende evidente che non solo non si può avere un sufficiente numero di meccanici, ma che gli operai specializzati non sono necessari alla produzione ». Ma un'altra cosa si rende evi dente a parere di coloro che hanno studiato a fondo il tipo'della produzione moderna ed è che Tuo mo più adatto ad operare le mac chine automatiche è l'uomo senza immaginazione e generalmente l'uomo con una mentalità inferiore alla media. Il che significa che tra il diffondersi del macchinismo au tomatico e il pregiudizio in favore della gioventù il lavoratore esperto ed abile di 35 o 40 anni viene scartato in favore di qualsiasi de fidente di 20 o 25 anni che abbia una bella presenza. E le innumerevoli schiere che vanno a far la fila davanti alle istituzioni di beneficenza, alle agenzie di collocamento, agli asili notturni come il numero di coloro che preferiscono metter termine a una vita diventata senza speranza prima di cominciarla realmente a viverla aumentano fino a comprendervi buona parte della nazione. Amerigo Ruggiero IL PRINCIPINO VITTORIO EMANUELE in un'altra bella istantanea recentemente'eseguita dal fotografo Vaghici Parma. La Regina Imperatrice . visita la Regina di Romania a Merano Merano, 19 febbraio. Questa mattina alle 8, in forma privata, è qui giunta S. M. la Regina Imperatrice, la quale si è subito recata alla casa di cura Fonti di San Martino, a visitare la Regina Maria di Romania che, unitamente alla figlia Principessa Elisabetta, da Ieri si trova qui per cunl tra 1 più recenti discorsi mostrano come dai primi Egli sia ancora salito; e altresì che tanto più quei discorsi' son belli, quanto è più grande la azione, che ne forma l'argomento, onde le orazioni del 2 ottobre e del 9 maggio sono state, secondo me, grandissime, anzi le maggiori, che . Egli abbia pronunziato; e potrei anche chiedere quanta parte del miracolo, che fu la conquista dell'impero, sia dovuta alla prodigiosa carica di volontà,1 che il 2 ottobre Egli ha saputo dare alle sue parole ed è culminata in quel grido « Italia, in piedi », che ancora, a ricordarmelo, mi rimescola il sangue. #*# Ora bisogna sapere che a far fare non solo occorre la parola, o meglio il discorso, ma senza confronto più serve il discorso parlato che il discorso .scritto e perciò senza confronto più vale, a tal fine, l'oratore che lo scrittore. Se ne cerco il perchè, mi sembra che il pensiero sia come certe acque risanatrici, le quali, affint che non perdano la virtù, bisogna che siano bevute alla sorgente. Questo è ancora più vero, di quel pensiero ad alta tensione, che è, come dicevo dianzi, volontà. Ci sono delle formule perfette, le quali come vasi ermetici, io conservano lungo i secoli; certo è però che, poco o molto, se la trasmissione non è immediata, e cosi se il pensiero non si apprende mentre si forma, la sua forza va perduta; questa è anche la superiorità incomparabile del discorso improvviso sul discorso recitato; e la differenza tra l'oratóre autentico, e quel tipo intermedio tra ' l'oratore e l'attore drammatico, che. è il cosi detto oratore mnemonico; e la verità dell'insegnamento: rem tene verbo sequentur, che vuol dire che quando il pensiero c'è, le parole vengono e" In questo loro formarsi originario sta il segreto della loro efficacia. Certo non oserei negare che, se ciò che Mussolini, il 2 ottobre, a-' veva da far sapere agli italiani, fosse stato scritto, dei buoni risultati si sarebbero pure raggiunti; ma lo avrebbero essi ugualmente capito? Ecco una parola che noi usiamo spesso, senza pensare al suo grande significato. Capire, da capere, vale prendere, ricevere In sè. E', nel più alto dei sensi, la comunione tra un uomo e la natura come tra un uomo e un altro uomo. Allora, ciò che doveva entrare in nói era la volontà del Capo. Se tale volontà non ci fosse stata trasmessa con quel grido, siamo certi che l'avremmo interamente ricevuta? *** Ecco perchè l'Italia fascista ha da avere, anziché il dispregio, il culto dell'eloquenza. Spregiate hanno da essere non le parole, ma le parole vane, che son parole vuote, scariche di pensiero. Non direi neanche che questa sia retorica invece di eloquenza; ma se vogliamo prendere retorica in questo senso improprio e pessimistico, guardiamoci dallo scambiare il retore con l'oratore. Ecco perchè, quando mi trovo nelle àule della giustizia e assisto a quella triste parodia, che son spesso diventate le discussioni civili o anche penali, e rimpiango ogni giorno di più la decaduta eloquenza forense, mi domando se costoro, difensori e giudici, che non sanno o non vogliono nè parlare nè ascoltare, rispondano a quella figura dell'italiano nuovo, che sta in cima ai nostri pensieri. Ecco perchè so di non sbagliare affermando che la parola deve essere educata almeno tanto quanto muscoli della gioventù. La eloquenza è la forma più schietta di atletica del pensiero. E ognuno sa che atleti, non dirò che non si nasca, ma certo, anche essendo nati, bisogna diventare. . Francesco Carnelutti GIUSEPPE FUKLANI: «Storielle ciuasi vere per ragazzi quasi adulti» (Istituto Edizioni Accademiche, Udìne). L. 12. LOUIS HOLDING : « Via della magnolia > (Edizioni Corbaccio, Milano), li. 15. Dott. GEORGES C. MUBOLS: «Non seppellitemi vivo!» (G. Beltrami ed. un periodo di convalescenza.. J Firenze), l. 8. Viaggio in diligenza Viaggio in diligenza Fosse lo stato febbrile in cui mi trovavo o l'oppressura afosa prodotta dal termosifone nella camera, che, in pieno inverno, mi destava nel sangue sensazioni estive, certo è che, addormentatomi, mi parve di viaggiare per una strada di campagna polverosa tra siepi di cardo ai prunasco e di, ginestra arsi dalla canicola. Affioravano di certo, al mio animo oppresso, insieme con certi pensieri che m'erano stati suggeriti dalla lettura di vecchie memorie, i giorni precedenti, anche ricordi di stampe antiche, e forse di passi danteschi ; perchè, mentre la diligenza entro cui sedevo , traballando e rimbalzando su pietrame, ora s'ingolfava in gole di tufo che pareva volessero precipitarla all'inferno e ora s'affaticava su montagnuole bruciacchiate da cui potevano vedersi ,trà cannuccia e folasco, occhi d'acqua limacciosa e ribollente, io pensavo come mai io-potessi vivere al di fuori di me stesso, come un altro, e in un tempo diverso dal mio. Difatti, sebbene confusamente, tuttavia mi domandavo perchè non si fosse pensato a provvedersi d'un'automobile e non si fosse imboccata una strada asfaltata e nemmeno si fosse cercata una stazione di ferrovia per prendere un treno qua lunque. Ma per un giuoco strano della fantasia, provavo la sensazione del tempo in cui nè si conosceva automobile nè strada asfaltata e nemmeno strada ferrata. Perciò, vivevo ancora più in dietro della mia infanzia, ancora e assai più indietro della mìa nascita. - • Mi sedeva accanto un cavaliere piumato con gli stivali rimboccati al ginocchio, il quale, tratto tratto, faceva piovere su di me uno sguardo di sbiego che mi pareva ironico. Poi, girava gli occhi in torno posandoli sugli altri viag giatori, che abbassavano i loro con timidezza. Accavallava gambe, lasciando risuonare i suoi speroni, e dava un'assestatina alle due pistole che portava alla alla cintola. Con quello sguardo e con quella risatina, egli voleva dire ai compagni di viaggio: « Guardate un po' fuori della diligenza, carini miei! Voglio ve dere quale effetto produce sul vostro animo il paesaggio!!.. Ai margini della strada, difat ti, non passava tanto che si vedevano snodarsi grovigli di ser- Ei, le quali, in fuga, si rizzavano schiando, prima di scomparire in botri e fossati. Le rane, tuf fandosi nelle acque sparse e mar ciscenti, emettevano un gracidìo che accresceva il senso panico della solitudine. Nè era questa' alleviata dal comparire, a lunghe distanze, di grandi casamenti con merlature « torrioni da castello; disabitati e abbandonati, essi mostravano segni della rovina. Finestre sgangherate e buie come occhi vuoti, muri crepati, cornicioni corrosi... Ad ognuna di simili tristi ap- fiarizioni, il cavaliere strizzava 'occhio a questo o a quel viaggiatore, invitandolo a guardare, riuscendo, così, ad aggravare il senso di terrore che s'imposses sava degli animi. '; Mi destava pena, sovratutto, una damigella di forse vent'an ni, vestita d'una tunica scura, con alamari bianchi, che le conferiva un aspetto di collegiale Era accompagnata da un dig'ni toso prelato, u quale cercava con sommesse parole d'incoraggiarla; e, intanto, teneva il Crocefisso tra le mani con atto di supplice devozione. D'un tratto, la diligenza rimbalzò. La damigella si lasciò sfuggire un grido: dal suo pallore e dal tremore che l'assalì, potei misurare tutta l'angoscia di cui il suo animo era agitato. — Ancora non è nulla — mor moro tra.la barbetta il cavaliere. — Tutto sta che,al passo del Gufo non ci assaltino i briganti. Non finì, che echeggiarono al cuni colpi d'archibugio. Urlando, il postiglione si gettò giù; i cavalli s'imbizzarrirono, Uno d'essi, rotti i finimenti, si mise a trot tare per la campagna. Ebbi soltanto il tempo di ve dere il cavaliere scaricare le sue pistolo e, scavalcato il finestrino, raggiungere il cavallo libero, saltargli in groppa e fuggire. Poi fui acciuffato e maltrattato, al punto che perdetti i sensi. Mi riebbi nel fondo di una grotta che prendeva luce da un largo buco. Vicino a me, la damigella della diligenza, mi medicava alcune ferite che avevo ri portato al capo. Un omaccione con il cappellaccio sugli occhi, piantato in mezzo aua Srott,a> ml diceva : — Ringrazia questa graziosa scimmietta che ci sta tanto a cuore. Altrimenti, ti avremmo già fatto la festa. Tenetevi, ora, buo: na compagnia, senza pensare di poter scappare: e quando giungeranno 1 soldi del signor conte padre, madama là contessina tpr: nera a casa con lo zio prelato, senza che le sia torto un capello. E anche tu, grazie a lei, andrai per i fatti tuoi. Volse le spalle e scomparve Mi sentii rianimare, rimasto nolo con la gentile personcina. Le presi le mani e gliele baciai con gratitudine. ' ,X Che cosa posso fare per lei f — le domandai. . — Togliermi l'oppressione che provo ancora. . . . — Sarei felice di riuscirvi ; ma con quale mezzo 1 Mi parli, mi dica tante cose belle ; mi faccia dimenticare d'essere qui. , , Stranezze della subcoscienza I . Al momento di confortare la piccola contessa del settecento, rinchiusa con me in una grotta di briganti, io riprendevo la mia personalità <li uomo moderno, e le dicevo : • — Non abbia timore. Che cosa.vuole che facciano questi quattro miserabili briganti, che hannopsmglptmdlmdaitsgpgegipdesp pprofittato della circostanza ohe i costringeva a viaggiare in diigenza ! Quando vedranno giunere un paio d'automobili, o maari un aeroplano, o sentiranno coppiettare una mitragliatrice, se la daranno a gambe. E poiché la contessala, non capiva il mio linguaggio, io le spiegavo che cosa fosse un'automobile, un aeroplano, una mitragliatrice, e le parlavo con tutto l'entusiasmo di uomo di oggi, dei prodigi compiuti dalla scienza. Ed ecco che proprio al momento in cui credevo di avere con le mie parole rasserenato l'animo della gentile 'creatura, la vidi allontanarsi da me, pallida e tremante, guardandomi con occhi dilatati dal terrore. — Ajuto ! Ajuto ! — cominciò a gridare, mentre si rannicchiava in un angolo della grotta. ' Mortificato e imbarazzato, non provai nemmeno a raggiungerla. Era evidente che la piccola dama del settecento mi credeva impazzito, sentendomi parlare come parla un uomo del novecento. Rimasi immobile e mi copersi il viso con le mani. Quando credetti che si fosse rassicurata, le dissi: — Lei ha gridato/ ha chiamato aiuto. Quasi quasi, si sente a miglior agio con i briganti del suo secolo, che la tengono in ostaggio, piuttosto che con me: Ebbene, rimanga pure nel suo tempo, con loro. Io me-ne vado. — Se ne va? Come se ne va? •— Ecco, stia attenta. Gettai, traverso il foro superiore della grotta, un filo che andò ad agganciarsi ad un cavo telefonico, e telefonai in città. Poi attesi, paziente. La piccola dama mi guardava, ora, come si guarda un mostro mai visto. Un quarto d'ora dopo, sentendo un grande strepito, ai gettò ai miei piedi, scongiurandomi di risparmiarla chi sa da quale sorte. Inutilmente, le ripetevo ch'erano le automobili giunte dalla città, per salvarci. Mentre mi chinavo per prenderla e sollevarla di peso, lo strepito mi svegliò. ■ Che respiro di sollievo ritrovarmi in casa mia, libero dell'oppressione del secolo, sognato, e dalla incomprensione di quella povera contessina uscita d'educandato ! Ma lo strepito dei motori èra vero, giungeva di sotto la mia finestra. Un vocìo, un gridìo, un chiamachiam a... Compresi eh 'era una comitiva di ragazze e di ragazzi che partivano per una partita di sci. Rosso di San.Secondo i