Demostene

Demostene Demostene chiamava proprio così : De ene. E nel porgli questo nosarebbe detto che il padre presago della sorte che ae arriso al figlio. Questi in- Compiuti con rapida faciali studi, s'era dato cori fertenacia all'esercizio dell'avara, e dopo essersi bene addato nel modulare ed esten«Ifl-la voce, senza però andari declamare sulla riva del .tempestoso per imparare a jire con le sue parole il fra: elle onde,.ed avendo corstudiatamente i suoi gesti, fdo a meno di ricorrere alla pendente sulla spalla, co,suo antico omonimo di Pea[tentò i fastosi cimenti oraottenendo subito i più cla■si successi. Non le Filippile Olintiache, ma arringhe i di grande respiro, e orapolitiche dense di concetti propositi. La gente faceva per udirlo parlare, e i suoi orsi erano immancabilmente Sonati dall'entusiastico consenMegli ascoltatori. Voce calda, e igua sciolta e lungo respiro., sì ohe la sua eloquenza fluiva come un fiume maestoso, senza che, per frangere a tanta spedita abbonarne,, egli avesse dovuto succhiarsi per qualche anno un sassolino. flP$ftàmai effli era, come s'usava dire in passato, un principe del faro ; e con la sua eloquenza tra"va tutto e tutti. Quando al bocca, se uno non voleva acere, doveva darsela a gam?■ fuggire persino l'eco delle _'arole. Era odiato ed ammi",.combattuto ed adulato, procome un uomo potente che w in torno a sè movimento ta. E la'sua strada nel monfaceva sempre più larga, la vita dell'uomo, anche Siù favorito, non è tutta luil punto d'ombra che v'era in.quella del nostro Demostene «vjÉM la forma d'una donna. Una donna che gli era stata messa accanto, una cugina, dal padre itójfente. I moribondi, è cosa risaputa, hanno la mania di occuparsi di cose che non li riguardano, e valendosi della loro condizione privilegiata, dettano disposizioni d'ogni genere, creden«nBimsì di legare i superstiti al^^Bro memoria. Pretendono, da opi che sono intorno al letto «d- assisterli, che si obblighino a onesto e a quello, e dove non arjgno con la voce, giungono con (lettere e con le parole del teintento. Son queste chiamate ^Siltime volontà, ed in esse si éjÈBrcitano anche quelli che in vitaioli volontà ne ebbero ben po<jk,'.e che all'avvicinarsi dell'ombra diventano addirittura dispotici, ben sapendo che il loro sfor10 sarà di breve durata, e che non dovranno rispondere delle lóro imposizioni. Fu così che il idre di Demostene, sul punto ^trapassare, si fece giurare dal elio che avrebbe sposato la eulna Maria, tanto brava tanto buona ; e Demostene, in quell'ora di, smarrimento giuro tutto quel«Riche il moribondo gli chiese, sembrandogli bello di consolare quel poyeretto dandogli quell'ultima gioia. Messe così le cose a ^-«fco il moribondo chiuse gli oc1 /soddisfatto, e non se ne parlò u; e Demostene, già uomo cere, si trovò legato alla cugina sia, e senza la possibilità di Jógliersi da lei, che quel giuramento gli era sembrato un iraégno sacro. La cugina Maria era bruttina, non più tanto giovane, povera-e balbuziente. Se si fosse voluto indagare sulle ragioni che avevano mono il padre a combinare quel fidanzamento, si sarebbe potuto immaginare che avesse voluto méttere la balbuzie di Maria accanto all'eloquenza del figlio perhe le servisse di freno, ben saVado che l'eccesso del parlare Knduoe sempre ad impegni fa_|idiosi. Ma Demostene che amaVa la sua eloquenza, che tante soddisfazioni continuava a dargli, non la pensava a quel modo, < «enza staccarsi dalla sua fidanza jtyj, trovò il modo di convincerla a; differire le nozze fino al giorno in cui Dio le avesse fatto la grazia di scioglierle la lingua.' Sarebbe stato inopportuno, le aveva detto, che un oratore della fama avesse avuto una conila balbuziente; ed anche pecioso, perchè è risaputo che n difetti sono contagiosi Ca... ca... ca... pipi... sco be... nissimo —' aveva ritto Maria con aria sottomessi;— Mmma io ti a... a... mo Sto che il b... b... buon Dio li fa... farà la grazia di li... , libera... a... a... armi la fa... . velia. )al canto suo Demostene penche il buon Dio aveva altro [fare che occuparsi della parJbina d'una zitella stagionata, |èra certo che le cose sarebbe|pini aste a quel punto la una zitella inacidita può igere a quello che la Provvi za trascura. atanto Demostene continuava iempire il mondo di discorsi: corsi al chiuso e all'aperto, punmatici e lirici, aggressivi e intensivi, cascate di parole a cononto delle quali quelle del Niara, quando non sono gelate, abravano fontanine da strada. Terra era inondata dal suo rlare, e tutti vi annegavano (antro esalando la loro ammilione. Anche la cugina Malo ammirava, e quando era lui seguiva con certi ocletti furbi il movimento di elle labbra, che sembravano da un motore sempre aentato. Ella non parlava li di matrimonio, e contilava a balbettare ; e perciò Deòstene si credeva al sicuro. Ma li può essere al sicuro contro le jrti diaboliche d'una zitella che jjuol farsi sposare ? Un bel giorno, era di prima cftrg«Asn1dasfarrIhgcmamdrgsrglssqsijfera, la cugina Maria andò a troyare Demostene. Un po' di quella primavera sembrava che fosse in lei. Demostene era ancora a $asa, ma si disponeva ad uscire, per andare a tenere un discorso molto importante. Quando se la vide davanti, chiese : — Che c'è? — Mio caro Demostene — fece lei — nulla più s'oppone al felice compimento dei nostri voti. Mi odi, mi ascolti!... Guarita, guarita sono, e la mia lingua e divenuta franca e veloce «>me quella di ogni altra donna. Ah, se tu sapessi con quale ansia ho atteso questo giorno benedetto, e con quanta diligenza 1 no affrettato!... Mio caro, mio diletto sposo, perchè mi guardi a quel modo?... La sorpresa, la sorpresa nel sentirmi guarita?... E allora, con una velocità che forse nessuna donna aveva fino allora raggiunto, ella si mise a raccontargli del medico, della cura, della guarigione. Demostene la guardava con gli occhi sbarrati; e s'era fatto pallido, e le labbra gli tremavano. Poi, cogliendo un istante nel quale ella s'era fermata per riprender fiato', domandò: — Co... co... come hai fa... fa... fatto a cu... cu... cucu... CUCU.i. _ — Demostene ! — gridò la cugina Maria. Demostene la guardò, e un bianco, terrore era nei suoi occhi. Si mise a correre per la stanza, agitando le braccia, e tentando di completare la parola che non voleva uscire: — Cu cu... cu cu... cu cu... — Curare, vuoi dire? — Sì, cu cu... cu cu... In quella entrò il segretario di Demostene per avvertirlo che era l'ora di andare, che il discorso era fissato per le cinque. Luigi Chiarelli

Persone citate: Luigi Chiarelli, Riche