IL BACILLO FILATELICO

IL BACILLO FILATELICOL'flMIM/V PEL COMMERCIO IL BACILLO FILATELICO Dal francobollo del Gabon aquello della Tasmania-La propaganda delle facce - // regno dei calligrafi - Panie, Verdi e Beethoven « Ci sono degli Uomini che fanno la collezione di francobólli ». Questo ci dicevano quando eravamo bambini e la-massima nostra, aspirazióne era di possedere il 'francobollò del Gabon, con la testa -di guerriero cafro, ornata da penne di struzzo e da collane di conchiglie. ■ ■ Non era una bugia. Ci sono proprio degli uomini che fanno la collezione di francobolli. Se no, a che prò' esisterebbero in ogni città parecchi negozi e uffici di filatelia? Non sono certo i ragazzi del ginnasio e dell'istituto tecnico inferiore clienti così buoni da rendere i soldi dell'affitto, lo stipendio degli impiegati, l'abbona- \ mento del telefono, le imposte, eccetera. Ci sono uomini dì cinquantanni che, se fosse permesso dalla loro dignità; andrebbero davanti ad un liceo-ginnasio per vedere se mai si potesse fare qualche cambio" vantaggioso. ■ Bono signori in pelliccia e occhiali d'oro che sostano per ore davanti alla vetrina del filatelico, sospinti da adolescenti che appannano, col fia.to il cristallo oltre il quale, in bustine, bustone, soli, a due, a tre, in serie, stanno in parata i francobolli dei più, diversi paesi del mondo. Quello del Giappone e della Repubblica di Andorra, il primo .esemplare stampigliato dopo l'occupazione di Ródi e quello fuori corso—dell'Africa Occidentale Tedésca. E' tutto un paradiso che il vecchio. signore considera sollevando le lenti da presbite e allungando le labbra salivate, come davanti ad una ghiottoneria peccaminosa. Dentro il negozio, il padrone con una grossa lente studia Un esemplare raro. Lo ha deposto su di un vetro illuminato al disotta e lo rimuove adagio adagio con un paio di pinzette, contandone i denti e studiandone la filigrana. Sì tratterà forse del Ko-ht-nqor della filatelia? Di quel famoso francobollo della Tasmania, celebre da Parigi a Singapore, da New York a Città del Capo, da Londra a Pontianak (Isola di Borneo)? '■■ , . Francobollo .della Tasmania! Quante, volte ti abbiamo visto riprodotto sulla copertina di cataloghi filatelici, e abbiamo osservato, con estremo-interesse quel ritrattino della-Regina Vittoria, che valeva non ricordiamo più quanto, ma una cifra spropositata, iperbolica!'Pensavamo che qualcuno, certamente molto povero, scopando in un solaio, trovasse, una vecchia cartolina spedita da un prozio vissuto, alla Salgari ed emigrato tanti anni prima. La cartolina raccolta'e scorsa un momento era sul puntò di ritornare nel mucchio della spazzatura, quando, una mano fermava il gesto imprudente e una voce, la voce del filatelico, si faceva sentirei — Sciagurato! Voi state per- gettare un tesoro. E invece niente. A noi non capitavano che fraricobollacci comuni: 'l'eterna seminatrice della Repubblica Francese, l'eterna faccia benestante di Edoardo VII o quella più malinconica del figlio Giorgio V. (La signora inglese, che abitava al secondo piano, ci fermava sul pianerottolo: — Vieni qui, bel bambinau. Eccau un franchebollou per tei. — Ed era un Giorgio V in rosso. Sempre un Giorgio V in rosso!). In fondo i francobolli, più che per affrancare le lettere, .servono per far propaganda alle facce dei sovrani. Chi di noi conoscerebbe Guatavo V di Svezia se non ci fossero.quei ritrattini che viaggiano insieme con le lettere e sono accuratamente conservati nei più disparati punti del mondo! In questi tempi grande concorrenza alle facce dei re viene ■ fatta dai geni nazionali commemorati nel loro centenario. Anche Greta Garbo ha avuto un francobollo. f. Ma i francobolli, quelli veri, classici, inconfondibili sono ad esempio quelli del Congo Belga, con gli elefanti e le giraffe; dell'Egitto, con le piramidi e la sfinge; della Svizzera, con-Guglielmo Téli, figlio e mela. Avevamo da ragazzi un piccolo album ricevuto .in dono dopo molte preghiere (« Pensi solo ai francobolli e non studi mai »). Si aveva un bel dire che ci serviva per la geografia. Macché! Nessuno ci credeva. Invece è verissimo. Ha fatto più propaganda per il Dahoniey il suo francobollo che tutti gli atlanti, i. manuali e i libri di viaggi. Bono come certi romanzi. La pubblicità di Richelieu si basa- tutta, esclusivamente, sul libro di Dumas. Anche le cartolerie vendono i francobolli. I novizi, gli untorelli incominciano dalla cartoleria, con le buste a sorpresa, dove la sorpresa è sempre sgradevole. Ma tanfè, bisogna pure averlo il francobollo del Portogallo. Costano due lire, queste buste, e oltre i bacilli eventuali che possono alloggiare nel dorso del francobollo (pensate aUa linguaccia rosea di un bantu, che lecca la parte gommata con voluttà, trovandola dolce) il ph'i pericoloso germe è quello della collezione. Ma la cartoleria non è un pericolo solo per i francobolli. Quale aria densa di appetiti aleggia in questi negozi impregnati dall'odor di colle, carta e gomma da cancellare, dove ogni oggetto è una tentazione t La mania della cancelleria prende tutti. Esistono impiegati ■e capuffìci fanatici che darebbero l'onore, se non la vita, che farebbero le barricate per un .temperalapis a manovella, per quelle matite automàtiche con le mine di vario colore (-tonte la lyre.'J; per quei pennini gobbi, storti, oblunghi, panciuti, coronati, con tre con due con cinque buchi, lanceolati, spampanati, gotici, per la: scrittura inglese, l'aldina, la fondina... Pensale: esisteva nel 1900 quello, a forma di torre Eiffel! Ora è finita. Le stilografiche da tavolo hanno chiuso definitivamente l'epoca dell'impiegato richiesto e additato per la bella ■calligrafia. Questo re dello - svolazzo, questo acrobata del ghirigoro vive i suoi ultimi giorni dimenticato, derelitto, come le carrozzelle di piazza tra l'imperversare dei tassì. Egli ripensa al tempo in cui, richiesto dal collega di apporre il titolo sopra una cartellina, lo scriveva in uniforme e perfetto tondino; e poi, afferrata la penna dell'Inglese, prendeva lo slancio ghirigorando in aria e, volto-l'occhio al cielo quasi a cercarvi una ispirazione, piombava giù la destra come un falco e attaccava quella tal móssèitina leggèra di tutto l'avambraccio, di tutto il fianco, di tutto il còrpo. Allungava la lingua, strabuzzava gli occhi e giù! come il trapezista si butta dal trampolino più alto, quando l'orchestra tace .e le donne rabbrividiscono. Attorno al titolo in tondino si stendeva bello,' fulgido, lirico, il ghirigoro spettacoloso, denso di filetti e di pieni, come i quadri di Rembrandt sono densi di luci e di ombre. Ne faceva anche a più inchiostri, a vari colori. -.. ' ■ Ora passa il pomeriggio della domenica a miniare una sua vecchia opera che rimarrà famosa nei secoli: un cartello in gotico a cinque. colori, con duecentotrenta svolazzi. Glielo ha richiesto la portinaia.. Dovrà ammonire sulla soglia della casa: E' vietato introdurre biciclette. .. E come vorreste che un'tal uomo non fosse appassionato di cancelleria? Egli si ferma con l'occhio velato idi cupidìgia, di fronte alle ampie vetrine dei cartolai. Dal rotolino: di carta gommata all'asciughino dondolante come la culla dei sogni; dalle matite bicolori ai calamaietti tascabili, dalle gomme per cancellare alle scatole di coccoina... tutto è un attentato ai suoi risparmi. Che dirèmo dei tagliacarte- artistici? dei tagliacarte-temperino (sottospecie: praticipità ed eleganza, utile e dilettevole) ? I fermacarte ih-cristalto, quelli in marmo con e senza cagnolino, gli almanacchi-perpetui-e non, le agende, i notes in pelle e in tela? E' tutta un'orgia di meravigliose cose, è tutto un mondo dove la invenzione ha la sua parte; dove il nuovo scaccia il vecchio. La- gamma degli oggetti di cartoleria arriva fino agli articoli per regalo. Per regalo, Chissà perchè si deve regalare ad un amico quella tal ■ cartella in cuoio sbalzato tutta bernoccoluta, nel bel mezzo della quale, proprio dove ci si dovrebbe appoggiare a scrivere, campeggia ur. testone di Dante col. naso da caricatura. (Dante fa biblioteca, fa studio, fa serio, fa dignitoso. In cuoio o in alabastro, in gesso o in marmo, ce lo debbono mettere. E' quel tal Dante standardizzato al tempo del centenario, col mento da vecchina, il naso che gli piove in bocca, il cappuccetto sulla nuca. Il Dante delle riviste goliardiche, insomma, che — per tirare l'applauso —.va in bicicletta e balla il charleston. Povero, sdegnoso e altissimo poeta, a che punto ti hanno ridotto!). Il raro buon gusto applicato all'almanacco dà alle cartolerie il profumo artistico. L'almanacco ne è l'espressione più sostanziósa e convincente, cui starino a paro soltanto le cartoline di paesaggi montani e campagnoli, di tramonti e di albe, suffragati dalla lirica di Bertacchi e di Zanella. Il calendario, dal canto suo, esalta ancora dopo anni e anni dalla morte dell'autore, l'Edera di Tranquillo Cremona, Beethoven di Balestrieri, l'Angelus e le Spigolatrici di Millet, così come . l'arazzo ha dato la celebrità alla Madonna dell'ulivo del Barabino. Ci sono i pittori presi di mira per tutte Queste cose, come ci sono le statue che si prestano gentilmente a ridursi di dimensióne e a figurare in alabastro sotto specie di statue e fermacarte. Specialmente Giuseppe Verdi posedeva una fàccia assai adattabile alla riduzione in alabastro. Come la maschera di Bèethhoven, fece consumare vagoni e vagoni di gesso per moltiplicarsi innumere ■ volmente. Con gli occhi socchiusi, il volto composto allo sdegno anche nel gesso, il ciclopico sventurato Beethoven è dannato ad avallare con la sua presenza quanto si perpetra sui pianini orizzontali delle case per bene. L'autore della Nona e del Chiaro.di Luna ascolta Za centesima applaudita esecuzione del Petit Montagnard e della Voix du Coeur. Nizza e Morbelli.