IL QUATTORDICESIMO

IL QUATTORDICESIMOIL QUATTORDICESIMO Fatto bene il computo, Manue-1 l'] a decretò con .tenore ch'eravamo: plaD jin tredici. Che brutto scherzo ! — Ma come mai, Lula, non avevi fatto il computo giusto distribuendo gl'inviti? Ma. è esecrabile da parte tua. — Be', avete ragiona, bisognerà, provvedere —- fece Lula dopo aver esattamente contati i convitati che già si aggiravano impazienti attorno alla lunga tavola ';. aRparecchiata. —-Bisognerà pensare subito a un altro invito. .'Annunciata la terribile disgrazia all'assemblea, tutti si misero a pensare chi si potesse invitare. Gente lì della casa-nessuno la conosceva e quanto all'invitar fratelli o sorelle rimaste a casa, non era ìin bel piacer* che si faceva loro pregandoli a venir a fare da -stoppabuchi — Ah, aspetta... — fece d'un tratto l'avvocato G-rimoldi puntandosi l'indice alla, tempia. — C'è sempre l'awocatino Mezza ghetta. Allora la mente di alcuni invitati volò subito al giovane awo cat'o Mezzaghetta che già altre volte s'era gentilmente prestato a far da quattordicesimo in conviti in cui l'essere, in tredici minacciava di far crollare il mondo'. Anzi, a tal proposito, bisogna di re che l'awocatino era diventato una me-iza istituzione in città. Quando qualcuno lo chiamava a far da quattordicesimo, senza dir nè uno ne due, infilava il suo smoking e arrivava in tassì1 sul posto. Era compito con le signore, discreto con le fanciulle. Ave va un bel sorriso e sapeva raccon tare una barzelletta non troppo spinta. A convito terminato baciava là. mano alle dame e se ne andava ringraziando e pago del servizio reso all'umanità. Un vero tesoro. — Va', presto, telefonagli ! fecero le donne a .(Lula. — Digli che venga subito, e che gli daremo il.grappino, e anche il bacino Purtroppo, fra la costernazio ne generale, risultò che l'avvoca tino s'era fidanzato proprio in quei giorni e che era fuori pranzo. La faccenda si complicava Quei tredici convitati, tra i qua li c'erano un poeta e un bancnie re, con le loro relative donne < figliòle (un gruppo di brava gen te che amava di tanto in tanto defezionare dàl'désco famigliare per ritrovarsi insieme - a far un po' di chiasso in trattoria) si ag giravano ormai muggenti .intor no alla tavola, in attesa dell'an ti pasto. Qualcosa urgeva decide re, ■ trovare un quattordicesimo -Quanto a me, e con me scommet to un buon terzo della tavolata, me ne infischiavo del numero tredici : ma c'eran tre o quattro donne ch'erano inesorabili. E quelle tre o quattro trascinavano naturalmente tutti gli altri. D'un tratto io che da un bel po' me. ne. stavo, là col naso collato, alla-vetrata à guardar la gente che passava in strada, mi volsi e dissi: — Niente paura. Ho trovato. Mi furono addòsso tutti e dódici. — Ebbene? — Tra pochi minuti avrete qui il vostro quattordicèsimo. Lasciatemi soltanto pigliar pastrano e cappello'. Mi- precipitai all'attaccapanni, m'infilai questi.indumenti, aprii l'uscio e giù per le scàle,-'di furia, seguito da 'un'urlata generale. Quando di lì a non' molto pre sentai la mia conquista stradale alla compagnia, la fame, aveva così profondamente; demoralizzati tutti che.pochi invero vi badarono e nessuna la discusse. In 3nel momento non pensarono che i poter sedersi a tavola in quattordici. — E così fecero, fregandosi le mani, e subito i camerieri entrarono còme in una folata reggendo alto sul capo i piatti degli antipasti, Fu soltanto quando sedati alla meglio i primi vagiti dell'appetito che i commensali si decisero di togliere la testa dal piatto e co annoiarono .a interessarsi un poco-a Calla. Poiché Cilla si chiamava la ragazza che avevo portato su dalla strada a far da quattordicesimo. Adesso tutti erano volti verso Cilla. Non era bella, ma neanche un mostro. Era quel che si dice uri tipetto. Dal bel mezzo di un vi setto abbronzato le spuntava fuo ri un nasetto fatto a lesina e fiancheggiato da un par d'occhi vispi e neri come quelli dei tordi. Era una ragazza di Porta Ticinese, e faceva la modista. Appena tòltosi rapqsagfsnpdtrnpdccmsCbgrfflmrMnscclufrcldtdt 'impermeabile e- il tocco era appar»a in un modesto vestitino di anetta scura, ch'era forse anco- a quello del suo lavoro. — Be', adesso raccontaci un poco come l'hai pescata. — Semplicissimo; Poco fa, quand'eravate qui tutti così diastrosamente infelici,- guardando giù-in strada notai questa Cilla erma davanti à un pasticcere che si scéglieva le sue paste in vetrina. Ora io lo so come le ragazze povere si scelgono nelle vetrine dei pasticceri le paste che non po tranno inai comperarsi. E allo ra io le chiesi se invece di paste non avrebbe desiderato partecipare a un pranzo con altre tre dici persone perbene. Dopo qua! che esitazione ella accettò, ed eccola qua Era già uno. spettacolo vederla mangiare. Pareva che non avesse mangiato da una settimana. Co! musino sul piatto, il coltello brandito nella manina rossa di geloni, smandibolava lestamente rispondendo appena con piccole frasi.mozze alle domande che. le facevano da ogni parte. CoB'era laggiù' a faref... Aspettava l'amico... E chi era l'amico? Un bel ragazzo che fa il meccanico Ma già da un'ora lo aspettava e non si faceva vedere... Come al solito! Già adesso se la spassava con un'altra, e a lei non dava che busse e busse. Ma lei gli vo leva bene lo stesso. Ma aveva una fame quella sera, e con la fame non si ragiona. ti dentista Faélli « il banchie re Poli che le sedevano vicino fa covano intanto a.gara a riempir le il piatto di roba e il bicchiere di Lambnisco; e il poeta Nepente le inneggiava da lontano col dito alzato ; <tE la sartina de Porta Ginis - la mangia per dès, la intingiti per dès...*. E lei che" sorrideva un po tutti, ma con un sorriso mesto come per dire: « Tanto che fa? tra un giorno il mio stomaco sarà vuoto come prima». E tutti con templavano quel cosino. A Milano la carità è una ape eie di seconda natura. Sicché quelle quattro o cinque signore che sulle prime eran rimaste un po' seccate per la presenza della modistina, a poco a poco si sge larono, e allora fecero a gara ; prendere Cilla sotto la loro prò tezione. Manuela le diceva "che cara » e le -prometteva di darle un cappellino' da fare, la contessa Laura le promise una pelliccetta e di stipendiarla per. un banco di beneficenza, Lula le regalò la sua' borsetta e, di ripicco, Marisa le sue galosce. — Grazie! Grazie! — badava Cilla a-dir da tutte le parti. Pòi a pranzo finito le venne rifatto il viso con la trousse di Doda. Cosicché colma di regali.di cibo « di buone promesse Cilla sedeva umile in tanta gloria in mezzo alle sue benefattrici quando fu messo un disco sul grammòfono e si .cominciò a ballare. Gli uomini trascinati dall'esempio, gareggiarono a stringersi fra le Draccia quel pie- tdusqvnnscdcolo, corpo- popolare di Cilla, e a farle un po' di corte. Ma d'un tratto un cameriere mi si appressò. — Che c'è, Torino? — C'è di là un individuo che... reclama la ragazza... Dice ch'è suo amico. Ah. Non mi par un bel tipo... Vuol venire a parlargli? Stavo per farlo quando all'improvviso lo strepito di un alterco all'uscio ci fece volgere tutti da quella parte. E vedemmo affacciarsi alla sala, a malapena, trattenuto dai camerieri, il più brutto figuro di barabba che ancora si vedesse circolare per Milano. Aveva un viso pallido e scarno, una berre'ttaccia-sulle ventiquattro; una ciocca spenzolante sulla fronte. —- Ah eccola là 1 — gridò con voce roca tendendo un pugno verso Cilla appena l'ebbe scorta in mezzo al nostro gruppo. — Eccola là quella brutta sgualdrina ! Fin quassù mi fai venire a riacciuffarti... Te la caverò io la voglia di star eòi signori ! Vieni via. Su, fila, presto ! Come ubbidendo a qualche mistico appello, quasi automaticamente, Cilla si levò dal divano dove stava, imbracciò i regali Invano le donne tentarono rattenerla. — Mi scusino... mi scu sino'... — balbettava appressali-dosi all'uscio. — E'' il mio ami co... debbo andare... Il mio impèrmeabilo... il cappello... — Le furono portati.' Cilla se li infilò e mosse decisamente all'uscioCornei mi passò accosto la presi per un braccio. -—Adesso, Cilla, noi siamo an cora in tredici. E tu sai che inostro patto è che tu fungessi da quattordicesimo. ..'■■ ■ — Ha ragione... ha ragione... ■ balbettò confusa, esitante. — Ma il mio amico mi attende... Era a pochi pàssi da lui. Egli un balzo l'afferro e la trasse a . — AndemmJ — fece, perentori o.^ Poi tutti e due sparvero come nghiottiti dal corridoio. Ci fu un lungo silenzio. Le signore erano indignate e disilluse. , • — Pecca'to — concluse Manue. — Avrebbe potuto diventare una brava _ figliola, sotto la nostra protezione. — Già, ma e di quelle che quando cominciano a ruzzolare... Allora furono approntati i tavolini da bridge e le quattro donne vi si sedettero, accigliate. Quanto a me, io tornai alla finestra e pensavo a Cilla, a fluél suo selvaggio amore di strada, da cui probabilmente stava pigliando fior di busse. Che destino. Per attimo io avevo fatto fiorire nella sua. vita un po' di luce, di bontà, di benessere, poi eccola di nuovo a ruzzoloni giù per il buio la débauché. — Le hai chiesto il suo. indirizzo?- —r- chièse Lula alla contessa Laura mentre distribuiva le carte. — Mene sono'dimenticata... Definitivamente perduta anche per quelle braye signore. A un certo punto Donna Laura scosse le spalle e ruppe il silenzio dicendo in pretto milanese : Oh, del resto, poi, che la s'arrangi,.. * Carlo Linati

Persone citate: Carlo Linati, Doda, Donna Laura, Lula

Luoghi citati: Lula, Milano, Torino