Siamo a bordo della "Panay,, di Sandro Sandri

Siamo a bordo della "Panay,, Sancivo Sancivi racconta... Siamo a bordo della "Panay,, "E' una barchetta armata di un cannone e di quattro mitragliatrici. Lacco gllenza è cordiale. Alloggiamo nel locale della mensa dei sottufficiali su brande smontabili. La sera si cena in due turni per mancanza di spazio. Poi c'è il cinematografo all'aperto, Lo spettacolo mi rimarrà indimenticabile... Si conclude oggi la serie delle ultime corrispondenze di Sandro Sanar!, inviate come è noto a «La Stampa» dal collega Luigi Barzini junior che,.dopo 11 tragico episodio dello Yang Tee,, potè trovarne le copie dattiloscritte. Sandri si proponeva evidentemente di rivedere queste cartelle a bordo della « Panay » e forse di aggiungervi qualche periodò conclusivo. Il dattiloscritto non -presenta, infatti, una sola' cancellatura e manca della Arma. Non ne ebbe il tempo. In fondo all'ultima cartella si leggono cinque parole e la Bigia dell'inviato del « Corriere della Sera» che rimase virino al morente sino alla Une: «Sandri non ha scritto altro. - L. B. j. ». NANCHINO, dicembre. 8 Dicembre. - Oli avvenimenti incalzano e il ciclone nipponico avanza con lento ma irresistibile. ritmo. Due giorni fa, mattino del 6 dicembre, si è udito per la prima volta il cannone. Stavamo nel salone centrale dell'Ambasciata di Italia quando il lontano rombo dello scoppio ha fatto vibrare i vetri. Siamo corsi sulla terrazza credendo si trattasse del solito bombardamento aereo, . invece il rombo continuava con una cadenza netta che non ammetteva* dubbi: il cannone. Nella « zona neutra » Più tardi il brontolio della cannonata si è fatto più distinto' e sulle lontane colline verso la strada di Sciangai, abbiamo potuto distinguere le vampe degli scoppi. La sera, sotto un cielo cosi stellato da rendere felice un astronomo; il rumore da temporale lontano è continuato; si è spento verso mezzanotte ed ha ripreso alte prime luci dell'alba: dura ancora. Tuttavia la fisionomia della città non ha mutato. Tutti i Capi sono partiti, compreso Ciang Kai Scek e sua moglie. Un grosso quadrimotore americano ha atterrato sul campo d'aviazione sostando pochi minuti per imbarcare il Generalissimo, « madame » e ti consigliere privato di quest'ultima, lo australiano Donald; poi ha ripreso il volo, verso Hankow, a quel che pare. Dopo di lui sono partiti tutti i capi in sottordine, i generali minori, gli uomini politici, il sindaco. E' rimasto il Capo della Polizia, signor Pang, il quale proprio oggi è venuto in Ambasciata a informarsi della nostra salute; parla italiano quasi correntemente, il signor Fang, avendo soggiornato tre mesi nel nostro Paese. La « zona neutra » è stata de limitata da bandiere internazionali nella giornata di ieri, e, da stamane qualche centinaio di miserabili cinesi, quelli .talmente poveri da non possedere i pochi soldi per pagarsi la barca per traghettare sulla riva nord del Yang Tse, sono venuti a stabilircisi con i loro miserabili stracci. Dalle finestre della palazzina dell'Ambasciata si vede il loro accampamento. Cucinano all'aperto e dormono in una baracca di legno che sorge nelle vicinanze. Gli ultimi « risciò » di Nanchino giacciono con le stanghe in aria nella a zona neutra ». Sulle colline attorno, nell'interno delle mura della città, i soldati stanno scavando trincee e alle porte si lavora giorno e notte ad ammassare sacchetti a terra per' chiuderle con una barriera a prova di cannone. La re. sistenzà, si dice, avverrà sulle mura che circondano interamente Nanchino e la cui circonferenza misura venticinque óhilometri. Sono antiche mura merlate costruite con bastione a terrapieno verso l'interno e alte una decina di metri all'esterno dove strapiombano su un fossato allagabile. Da mane a sera crepitano le mitragliatrici per le prove della difesa. Soldati vanno e vengono, a gruppetti, con strane bandiere gialle, vestiti di tela e molti a gambe nude con quel terribile freddo notturno che abbassa il termometro a dieci gradi sotto zero. Tuttavia non c'è molta truppa nella cerchia delle mura; poche migliaia di uomini non si sa da chi comandati poiché non si vede mai un ufficiale in circolazione. Da ieri sera il cielo verso sud si è coperto di bagliori rossastri: gli incendi. Ritirandosi, i cinesi incendiano i villaggi lasciando il deserto. Stasera gli incendi si sono moltiplicati e tutto l'arco del cielo verso Sciangai rosseggia per una decina di chilometri. Lo spettacolo 6 impressionante, apocalittico. \ Occorre imbarcarsi La nostra,sorte ha subito curiosi mutamenti in questi ultimi giorni. La sera del 6 fummo avvertiti che occorreva imbarcarci sulla cannoniera americana Panay alla fonda sul. fiume. Siamo partiti con i nostri bagagli, le coperte, un cuscino. Prima che- la lancia accostasse, alla cannoniera i cinematografisti si sono messi in postazione con le loro macchine ed hanno « girato » la scena dell'imbarcò; con l'ufficiale americano che stringe la mano all'ultimo diplomatico del suo Paese che abbandona il territorio cinese per trovare asilo sulla nave della Patria: quadro. Poi siamo saliti noialtri; una decina di persone in tutto, sempre sotto il fuoco dell'obbiettivo cinematografico, implacabile. La Panay è una barchetta armata di un cannone e quattro mitragliatrici costruita in America per la navigazione fluviale sullo Yang Tse e inviata smontata in Cina dove fu ricomposta e messa in condizioni di navigare. Il suo equi paggio di una ventina di persone ha usufruito, come avviene sulle navi del genere, di tutto lo spazio disponibile per crearsi una relativa comodità che il nostro . arrivo scompiglia. Tuttavia l'accoglienza è cordiale e l'ospitalità confortevole. Alloggiamo nel locale della mensa dei sottufficiali su brande smontabili. La sera si cena prima delle diciannove nel quadrato ufficiali in due turni per mancanza di spazio. Poi c'è il cinematografo... all'aperto, con- dieci gradi sotto zero, che alla fine ne usciamo tutti intirizziti. Tuttavia quello spettacolo cinematogràfico sulla piccola nave ancorata sul - fiume di fronte alla città dove, brillano i fuochi degli incendi dell'ultimo bombardamento aereo, mentre in lontananza tuona il cannone nella notte mi rimarrà indimenticabile. Alle sei del mattino successivo ci hanno svegliati: regime di bordo. Alle otto, siamo sbarcati per rimanere a terra sino al momento in cui il pericolo diverrà cosi grave da richiedere un'altra volta il nostro imbarco. Eccoci perciò di nuovo all'Ambasciata d'Italia che lasceremo forse domani per la Panay un'altra volta o un'altra nave qualsiasi dove rimanere sino al momento in cui i giapponesi non saranno in possesso della città. L'imbarco di ieri l'altro ha costituito la « prova generale » del vero imbarco in caso di « emergenza ». Stasera, in ogni modo, tutti i diplomatici americani e molti dei giornalisti sono già a bordo della Panay, mentre noi due soli italiani, io e Barzini, siamo qui nei locali della nostra Ambasciata dove i « boys » ci guardano interrogativamente per sapere se rimarremo o se ce n'an¬ dremo a nostra volta. Siamo gli unici due uomini bianchi rimasti a Nanchino da stasera. La città è calma e silenziosa come il solito e se la lontana cannonata non facesse vibrare i vetri di tanto in tanto, avremmo dimenticato la guerra. Addio a Nanchino 9 Dicembre. — Si esce dalla porta sud, si percorre un violone alberato le cui piante sono state tagliate e gettate in mezzo alla strada per... fermare i giappone si, si lancia la macchina sulla strada di Sciangai e dopo qualche chilometro eccoci a contatto con le linee cinesi. E' il pomeriggio. Giornata solatia, ventò frizzante, gelido; secco Incontriamo dapprima dei soldati che dormono sdraiati ai lati della strada. Confusione di uniformi: bleu e kaki, caschi d'acciaio cine si, americani, tedeschi; uni/ormi imbottite e tela. Atmosfera di stanchezza mortale, fame, freddo, sonno. Gli uomini sembrano inebetiti e si muovono lenti, tardi sfiniti. Gruppetti di «coolies» portano delle marmitte di riso; trot terellano con il carico scortato da uomini con la baionetta innastata sul fucile: il rancio va difeso da gli affamati della seconda linea, Più avanti crepita la fucileria: martellano le mitragliatrici, ma con un ritmo lentissimo.'Non c'è linea.- Ci sono degli uomini sparsi con delle armi che non vogliono ritirarsi senza prima avere sparato, che si raggruppano attorno a un graduato. Discussioni tra soldati prima di appostare una mitragliatrice; fuoco all'invisibile che avanza, al niente che sta di fronte. Poi quattro granate che esplodono tutte assieme, dei feriti che gridano, degli uomini che fuggono. TI terreno, se sfruttato, ai presterebbe a una difesa ad oltranza, ma qui non c'è ormai alcuna coesione tattica, non si vedono ufficiali, non esiste alcuna organizzazione militare. Dei soldati abbandonati a se stessi fanno fuoco e si ritirano di fronte ai giapponesi appena questi vengono a contatto. Attraverso l'interprete veniamo a sapere che soltanto su questa strada si trovano truppe di sei Provincie frammischiati e Confusi e che, salvo qualche subalterno, non si trovano ufficiali: sono fuggiti tutti. Sandro Sandri

Persone citate: Barzini, Ciang Kai Scek, Fang, Luigi Barzini, Pang, Sandri