La fiaba

La fiaba La fiaba Mìllenovecentodiciotto: la stagione invernale si annunciava, in quell'autunno, brillante come non era mai stata non diciamo negli anni che i salotti erano rimasti chiusi e i mobili inguainoti nelle federe bianche per via della guerra, ma neppure, forse, dall'inizio del secolo in poi. L'armistizio concluso e la pace certamente onorevolissima della quale nessuno allora dubitava, la gioia di rivedere i volti cari, a uno a uno — un ab braccio, un pranzo in famiglia tra le vecchie pareti che pareva si chi nassero anch'esse a riconoscere le sembianze del reduce e poi via, dì nuovo, in zona d'armistizio —, gettava balsamo sulle ferite ancor recenti, nei cuori di tante madri, di tante spose. Si pensava un po' meno, in quei giorni, a chi non era e non sarebbe tornato mai e un po' di più ai mariti, ai fratelli, ai figli sui quali aveva vegliato Iddio. I giovanissimi, quelli che già contavano i mesi che li separavano dalla chiamata alle armi, sì guardavano intorno pieni di stupore per quel mondo così cambiato, così sorridente, così anormale. Ed era difatti anormale, quel mondo, ai loro occhi avvezzi a considerare da 4 anni — una eternità — cosa normale lo stato di guerra. Le ragazze s'abbandonavano con riti-ovata gioia al piacere di scegliere i -vestiti da ballo. Si consultavano affannosamente le riviste di moda, per sapere che cosa si portasse. E poi era anche importantissimo, oramai, sapere che cosa si ballava. Le guerre e le rivoluzioni hanno esse pure i loro sottoprodotti. Un sottoprodotto dell'immane conflitto fu il fox-trot. Era arrivato a Torino, dal fronte, un reggimento di cavalleria, i cui ufficiali, un po' induriti, dopo quarantotto mesi trascorsi al fronte, non dovevano essere malcontenti d'un po' di musica diversa da quella dèi cannone. Quanto a ballare era un'altra faccenda, ma con un po' di pazienza e di buona volontà si poteva anche imparare, alla meglio. Le signorine d'oggi, forse, arriccierebbero il naso all'idea di doversi improvvisare, in pieno ricevimento, maestre di ballo, ma quelle d'allora erano più semplici. Lalla lallà lolla lolla la un-due-tre! E spiegavano, con voci di bimbe, piantando in volto all'ufficialetto /che, poverino, non sapeva, perchè si capisce è stato in guerra), % loro occhi pieni di . o a a a a o n ù a n o i candore, spiegavano, dicevano, che quell'un-due-tre era il caratteristico soprassalto della volpe quando sta per balzare nel pollaio. Tutte le grandi case di Torino si aprivano a una a una, a due battenti ed era, ogni volta, tutta la società invitata, totalitariamente. SI aprivano le sognanti ville alle soglie della città, la storica Verrua in corso Peschiera, gli Amoretti sulla strada di Orbassàno. I giovanissimi, troppo giovani per aver fatto la guerra, dopo il primo istante di stupore, sì tuffavano con gioia in quel mondo cosi nuovo e cosi bello: qualche mese dopo molti di loro si sarebbero cacciata una bomba a mano per tasca (dopo essersene fatto spiegare il funzionamento da. un camerata anziano) e sarebbero andati ad ingrossare il numero delle squadre fasciste. Qualcuno si è anche immolato, di quelli che allora ballavano. Erano presenti a Torino il Principe di Udine — l'attuale Duca di Genova — che tornava dall'occupazione delle Ìsole Curzolari, il Duca di Pistoia, in uniforme di dragone di Nizza, il Duca di- Bergamo, con i colori dei Lancieri di Novara, comandante di quella superba compagnia mitraglieri che fu ed è ancor oggi legittimo van-r to del Reggimento. La Duchessa Maria Adelaide era ancor troppo giovane per apparire in società, ma la sorella Bona, oggi sposa al Principe Conrad di Baviera, era ad ogni festa. E c'era tutto uno stuolo di ragazze che, avendo raggiunto.l'età stabilita dagli usi, che a quel ' tempo erano ancora^ rigidissimamente osservati, facevano il loro primo ingresso in società. Accadeva talvolta che un vecchio signore si chinasse all'orecchio detta vicina, per dire: — Ci si accorge che si diventa vecchi quando si comincia a raccapezzarsi meno fra i giovani che intanto son venuti su! Per esempio, chi è quella bellissima ragazza' vestita di rosa che balla con'quell'ufficiale}" — Quella bambina con quell'au reola di capelli biondi f E' Igia Ricaldone. Maria Luisa di Ricaldone era difatti poco più d'una bambina, esile esile, dagli occhi luminosi, con una grazia di modi un po' antica, ma senza ombra di affettazione, dalla quale traspariva la gentilezza dell'animo, che la rendeva estremamente sensibile a sua volta a 'qualsiasi manifestazione di gentilezza. E cosi è rimasta, anche quando ha dovuto affrontare coraggiosamente la vita, inconsapevole com'era del destino a lei-riserbato, di udire un mattino, come in una bella fiaba creata apposta per lei dal popolo che l'ama, la voce commossa di un principe die, al ritorno da un lungo viaggio attraverso tutti i mari del mondo, le chiedesse di voler diventare sua sposa. Cosi si sono incontrati Ferdinando di Savoia e Maria Luisa di Ricaldone: ad un ricevimento d'autunno, nella regale Torino. Ora si «posano. Gli anni trascorsi non-contano netta loro storia d'amore. Qualche anno fa, mi tro vavo a Fiume, a bordo del «Da Balblano », nave ammiraglia di squadra, issante l'insegna del Du ca di Genova. Il Principe aveva cortesemente acconsentito a .trasportarmi col suo bastimento a Fola, donde avrei ripreso il treno per Torino. Quella sera, in rada, mentre già la bella formazione stava allestendo per la partenza, si dava un ballo a bordo, in onore della dttà. Tutta la coperta, a poppavia, era stata trasformata in una immensa veranda, ornata di fiori. Sui conienti di terso legno era stato disteso un immenso tappeto. Una folla elegantissima nella quale gettavano una nota di sobria, marziale distinzione le marsine dai bottoni dorati degli ufficiali, invadeva la nave dal tagliamare al coronamento: Le danze erano animatisdme. Sotto ai due pezzi di poppa, attorniato dallo Stato Maggiore, il Duca di Genova, dopo avere aperto il batto, sostava, osservando la scena col sorriso sulle labbra del perfetto padrone di casa che partecipa alla letizia dei propri invitati. A tratti si volgeva a chi gli stava vicino, per una di quelle osservazioni argute di che è fatto il suo conversare, quasi che egli si sforzi, senza peraltro riuscirvi, di celare sotto il tono lèggerò, il suo profondo sapere. Poi, d'un tratto, il suo sguardo pareva si velasse, come se ti pensiero fosse lontano, lontano. Conservo, ai quelle trop¬ pddgnv&tccpsndaFzcrcamMSsgsm•tdstbdpmnMscccdsplLmmmlcpdnn po brevi ore trascorse usuila nave del Principe, alcuni ricordi nitidissimi: un caccia della squadriglia, forse il « Nicofera », ro e linea di rilevamento », che appariva e spariva nel ritmo del rullio, &MM«SJo »rtre, nel quadrato, eravamo raccolti in silenzio attorno al Principe marinaro che, con i gomiti puntati sulle ginocchia ed, il capo stretto fra le mani, ascoltava chino, sull'apparecchio-della radio, un discorso del Duce alla Camera; le acque grigie del Camaro,' mentre Ferdinando di Savoia, al davanzale della sua cabina, discorreva celiando, come un qualsiasi camerata, con alcuni giovani ufficiali che si trovavano in coperta. Quando cominciarono i primi accenni ad un probabile fidanzamento fra il Duca Ferdinando e Maria Luisa di Ricaldone, ero in Siviera. Recatomi una sera a visitare, a Paraggi, alcuni miei cugini, trovai, loro ospite, Igia. Era seduta con un suo lavoro fra le mani, come una donna del buon •tempo antico. Non si fanno mai domande di carattere troppo personale, neppure in forma indiretta, neppure quando le relazioni di buona amicizia e le circostanze dèi tutto eccezionali potrebbero in parte scusare l'indiscrezione, ma mi sorpresi a cercare di indovinare, di sfuggita, negli occhi di Maria Luisa, il Suo segreto. Ed i suoi occhi erano luminosi e sereni, come quando, quad bambina, faceva il suo primo ingresso in società. Il tempo non era passato, da allora, che nella misura necessaria a far sì che di una semplice presentazione, di córte nascesse l'amore. Quando me ne andai, Maria Luisa di Ricaldone mi salutò col mio nome di battesimo, come prima d'allora, come sempre ed io mi chiesi se, la prossima volta che l'avrd incontrata l'avrd ancora chiamata col nome di Igia. . Massimo Escard

Persone citate: Duca Ferdinando, Duce, Maria Luisa Di Ricaldone, Principe Conrad, Verrua