VALORE di un sogno di Enrico Emanuelli

VALORE di un sogno VALORE di un sogno Desiderava compiere gesti logici, maturati e decisi lentamente ; invece, con inconfessata ammirazione .di se medesimo, Alberto Sanna sapeva d esser costretto dalla sua natura, insieme accésa e romantica,-ad agire in maniera sempre illogica, con decisioni attuate all' improvviso nelle quali non erano leggerezza ed' incostanza, /ma soltanto im" prowise reazioni ad entusiasmi o : scoramenti. In questa occasione però, 'voleva che i fatti si svolgessero .con un preordinato dise- §110, senza lasciare al caso od al estino nessuna parte. Così, mentre fingeva d'esser intento a leggere, andava pigramente rimugi•;_ nando una qualche soluzione al problema^ che da due giorni lo taceva inquieto, ma non gli riusciva di trovare quegli inutili discorsi od aggrovigliate spiegazioni che sono alla fine d'ogni amo' rosa passione; e, d'altra parte, non sarebbe poi riuscito a dirli ed a giustificarle : avrebbe perduto la pazienza nel mezzo della traf ficosa impresa :. . i Alberto lasciò cadere il giornale, allungò le gambe sopra un tavolo che gli era di fronte, cercando di non pensare più alle parole che1 avrebbe detto alla vecchia ragazza. « Le dirò quello che mi verrà in mente », pensóse chiuse gli occhi per procurarsi una beatitudine impossibile. Non avvertiva la tristezza della situazione, anzi una certa vanitosa sicumera che questo significasse forza di carattere, soffocava in lui quel vago senso di pietà che molte volte, per quella sua certa inclinazione romantica, gli nasceva nell'animo. Ma il pensiero del vicino appuntamento gli tornava ancora nella mente ed egli, più che dispetto, sentiva una grande noia. « Ad ogni modo, con lei è davvero finito », sì disse, quasi in risposta a considerazioni che pur non aveva fatto, od a qualche suo dubbio ; e, per liberarsi dalla tentazione di ripensare al discorso che doveva dire un'ora più tardi, ed anche da quello Btupido impaccio, con un misero piacere cercò di rievocare la nuova ragazza. La nuova ragazza era alta, aveva movenze svelte che, nel tempo stesso, parevano recare lontani ricordi, di placide _ morbidezze-, un'eco d'altri atteggiamenti, più misteriosi ed jntimi ; ed una dolcezza aveva sulla bocca e negli occhi, un po' infingardi, che certe donne mantengono dalla fanciullezza alla vecchiaia; ed i capelli biondi, un biondo acceso che faceva pensare ad un capriccio ; e le mani magre/sempre tenute immobili sul grembo, per abitu. dine forse o per calcolata astu zia ; e la voce era pesante, incarta, con un tono prima forzato che diventava poi carezzevole, come di chi parla una lingua non sua; ■ i' '^'--■ Al borio nòri*àveva altro 3 a ricordare, con la nuova ragazza era stato una volta soltanto in una di quelle vaghe passeggiate in cui contano maggiormente i pensieri non detti che le parole ; ma già aveva deciso, con ingorda raparila più verso se stesso che non verso la nuova amica, ch'era quella la fresca passione, sentiva anzi l'ingenua ed euforica sicurezza che s'appaia sempre alle cose nuove, per cui il buon risultato, pensava, oramai soltanto dipendeva dalla sua abilità e dalla sua pazienza. Riaprì finalmente gli occhi, .immaginando d'interrompere un • lungo e sereno riposo, quasi volesse ritrovare una nuova atmosfera e.scindere così ciò che sino ad allora aveva fatto, da quello che stava per fare. < E' già venuta l'ora d'uscire » pensò, mentre si metteva il soprabito con gesti meticolosi, «sono già le otto». Era una notte di nebbia, gli alberi del viale apparivano ogni venti metri, pareva sempre che fossero una cosa improvvisa, i rumori s'avvicinavano e s'allontanavano di colpo, vibravano soltanto un attimo in quell'aria timida. Giunse con dieci minuti d'anticipo al luogo dell'appuntamento e questo gli spiacque. Raramente era stato puntuale, l'esserlo adesso gli sembrava stupido, anche meschino, una ultima e vana premura. Arrivò la ragazza ; se la vide di fronte, sbucata dalla nebbia, improvvisa al pari di quegli alberi di cui nou sapeva mai prevedere la presenza dopo un certo numero di passi; La ragazza nemmeno lo salutò. Appena gli fu al fianco, strinse un suo braccio con mossa infantile e paurosa,- dicendo: « Oh che brutto sogno ho fatto, tutto il giorno, m'è rimasto nella memoria, questo sogno». Aveva la' voce un poco alterata, quasi l'angoscia la spingesse a parlare in mòdo vivace e puntiglioso, come i bambini. Le rispose, coti una serenità di cui egli stesso si meravigliava: iMi sptace che tu abbia fatto un brutto sogno. Evidentemente .— continuo mutando appena la cadenza delle parole — ò una sera per le brutte cose, anch'io ne ho una da dire». Ma la ragazza non intese quella prima insinuazione: infatti, con . la innaturale gaiezza di chi sta per raccontare vicende tristi e al di fuori, della realtà, ma che nella realtà potrebbero essere, e quasi trafelata, continuò: cPrima ti racconto il mio sogno, ho sognato che tu eri cou una signorina». «Ah «ì», rispose Alberto, con accento in cui curiosità ed interesse volevano non esserci ; ■ hai sognato una cosa simile?». Alla ragazza il dubbio non parve offesa, anzi, per lei era una prova che tutto era,stato veramente uno stupido sogno. «Ti ho sognato l'altra notte, quando non sei venuto da me. Non so, è difficile ricordare come un sogno comincia. Io dormivo — disse con improvviso tono fiabesco —r e tot vedevo camminare vicino ad una signorina». Alberto, già rassegnato, non stava attento,, capi¬ ddczagvEfaftdèfc va che quello sarebbe stato buon pretesto per dire ch|era proprio così, lui aveva un'altra ragazza, non quella del sogno, ma ciò non contava molto, era pur sempre una nuova ragazza ; però era stizzito, quasi gli spiacesse che da lei, ancora allegra, scaturisse l'introduzione a quanto voleva dire dopo. «Mi pare che uscivate da una casa — diceva intanto lai ragazza; — ma non ricordo bene. Poi andavate a passeggio,- ma tu non guardavi nessuno, parlavi e ridevi con lei, eri molto contento. Eri come nei momenti in cui yuoi fare lo spiritoso e ti dai delle arie, vuoi spiegare tutta, come facevi con me nei primi tempi. Vi fermavate a guardare le vetrine e tu sentenziavi, questo è di cattivo gusto, questo invece è bello ed io volevo chiamarti, fridare Alberto, ma non potevo. Ira la cosa, più sciocca del sogno » e si fece remissiva come per cercar perdono, «questa impossibilità ad aprire la bocca o ad allungare le braccia per toccarti la spalla e farti voltare. Vi vede¬ vo da vicino, mi pareva d'esser ad un metro, per questo sentivo dolore e rabbia». Si pentiva d'averle lasciato raccontare questa stupida storia, eppure non sapeva reagire: erano vere la passeggiata, le soste davanti alle vetrine, e, sebbene la vanità sua non fosse toccata, e nemmeno la povera singolarità del caso lo interessasse, non voleva farla tacere. Niente di strano quel sogno, nemmeno quanto in esso aveva visto, si diceva mentre l'altra continuava: «Lei era alta, magra, camminava con passi lenti ma leggeri. Era molto bella, ti parlava tenendo sempre ferme le mani, e io sentivo anche la sua voce, una voce profonda, un po' forzata ». Questi particolari gli davano rabbia quasi sentisse da una bocca sguaiata svelare cose sue intime o segrete e sogguardava la ragazza, fingendosi divertito e paziente, mentre ella finiva di parlare: «E aveva i capelli stretti attorno al capo come una corona, erano di un biondo acceso. Poi non ricor¬ do bene, continuavate a cammi-> nare, ma la strada si era fatta solitaria e tu stavi zitto. Così per molto tempo, mi sono svegliata a Questo punto». Tacque, ansiosa 'aver sùbito una di quelle frasi scherzose che il momento com- Itorta va, ma Alberto rimase sienzioso e per questo, quasi ad incitamento, disse ancora: «Perchè ho sognato una storia così brutta?». Alberto non ebbe voglia di rispondere : perché è vera », un suo improvviso scoramento aveva già influito sulla decisione, e poi quella gli sembrava una risorsa, oramai, troppo meschina e volgare. Stava in silenzio, con un'aria seria che voleva essere anche preoccupata, con un atteggiamento ipocrita, ma in buona fede. I fatti capitati nella realtà e nel sogno gli tornavano alla mente, e si indispettiva ma invano, come fosse davanti ad un giuoco di prestigio, in cui sapeva esserci l'inganno, senza però riuscire a liberarsi dalla curiosità e dal desiderio di scoprire il trucco. Si sentiva impacciato, ogni reazio- ne gli pareva sùbito inutile od esagerata e le parole della ragazza la quale ora, seppure in maniera retorica ed infantile, voleva sentirsi dire che davvero quello era un sogno, gli giungevano da una lontananza ridicola, per cui non valeva la pena rispondere. Camminarono in silenzio sino alla fine del viale, adesso la luce delle vetrine e delle insegne pareva rendere meno tetra la nebbia. Ad un tratto e con vivace premura, come per farsi perdonare d'aver dimenticato, la ragazza disse: «Che cos'hai? Avevi da darmi una brutta notizia?». Alberto sorrise, cominciò col dire che non aveva niente, poi inventò un piccolo contrattempo per cui un suo progetto di lavoro veniva ritardato : una cosa da nulla, e lo sostenne con una inutile abbondanza di parole. Attraversarono la strada per entrare nel solito caffè e mentr'egli la precedeva di poco per aprirle la porta, allungando il braccio, pensava «le parlerò domani». Enrico Emanuelli

Persone citate: Alberto Sanna