Attendiamo i giapponesi di Sandro Sandri

Attendiamo i giapponesi Attendiamo i giapponesi " La guerra occupa ben poco spazio in questo Paese. E' una calamità come un'altra. Se il fiume è chiuso, ci sono i canali. Il giorno in cui anche i canali venissero bloccati, le barche rimarrebbero immobili e i barcaioli si metterebbero a pescare tranquillamente,, - NANCHINO, novembre. Se qualcuno vuole avere un'idea del Grande Canale del riso, eh» attraversa la.Cina da sud a nord. 1s sul quale navigò Marco Polo, si immagini il Naviglio tra Milano è Pavia; largo il doppio e lungo duemila chilometri. Ad esso affluiscono centinaia di altri canali che sono le grandi arterie di comunicazione di questo sterminato Paese. Ci sono poi i canaletti minori, tra villaggio e villaggio, che si possono paragonare alle nostre strade provinciali. Di strade ce ne sono poche e pessime, quasi del tutto intransitabili in automobile quando piove. Ogni canale possiede una comoda alzaia per il traino umano dette giunche, case-barca e sampani. Non ho mai visto un spio cavallo trainare le barche ma solo uomini, donne, bambini curvi con la corda sulla spalla procedere sull'alzaia mentre nella barca un tizia sta al timone, la donna cucina i cibi e i bimbi con un'assicella legata dietro la schiena, che se cadono nel canale galleggiano, stanno a guardare il panorama. Sul canale del riso Passino le grandi .giunche o il piccolo «sropim, hi casa-barca o la barchetta del privato cittadino a diporto, ^lo spettacolo è'sempre uguale, quando si tratta di risalire la corrente. Con la correntein favore si usufruisce, della medesima e, quando il vento è favorevole si issa la véla, la classica véla rettangolare cinese. Sul grande canale del riso, in tempi normali, il traffico deve essere stato intenso e oggi, che il Yang Tsè è chiuso, è divenuto impressionante. La guerra non ha affatto arrestato i traffici tra il mare e l'interno del Paese, ma semplicemente deviato o mutato le vie di accesso o di sbocco. Noi stessi siamo costretti a questo giro di trecento chilometri sui canali che corrono sulla riva sinistra dello Yang Tsè non ancora occupata dai giapponesi, non potendo percorrere il fiume attraverso il quale in una ventina di ore avremmo raggiunto Nanchino da Sciangai. Siamo costretti ad osservare che la guerra occupa ben poco spazio in questo Paese e che non impressiona, nessuno. E' una calamità come un'altra. Se il fiume è chiuso non importa, ci sono i canali. Il giorno in cui pure i candii venissero bloccati dai giapponesi, le barche rimarrebbero immobili e i barcaioli si metterebbero a pescare tranquillamente. Basta vivere. Poi c'è la terra, grassa, buona terra cinese che dà da vivere a quattrocento milioni di esseri umani. Se-sulla riva destra dello Yang Tsè tuona il cannone e villaggi e città sono distrutti dalle granate e dalle bombe degli aerei, qui sulla riva sinistra la calma è perfetta. Secondo l'interprete la gente sa che c'è la guerra ma non se ne occupa molto. E' più importante il raccolto, la semina, le pioggie, il gelo, la siccità. E' più importante, per i più abbienti, mangiare; discutere sul sapore di certi cibi, studiare altri modi per cucinarli. Tutto è antichissimo in questa zona dove le diavolerie della civiltà, non sono ancora penetrate. Nel viaggio notturno ho notato che sono rari % villaggi con la luce elettrica, che tuttavia troviamo a Baian, dove c'è il telegrafo e dove il sindaco possiede un apparecchio radio. Alloggiamo in una casetta dove c'è una stufa minuscola ma da cui emana un calore notevole e dove alle undici delia sera ci viene servito un pranzo ohe non finisce mai, per fortuna. Poiché verso le Quattordici nella lancia, ci erano state servite delle minuscole tartine di mollica di pane con del caffelatte. Immaginando che si trattasse dell'antipasto ognuno di noi era stato assai discreto, Invece era la colazione. Verso le quindici, dopo una vana altesa,~ci eravamo accorti dell'errore ma era troppo lardi; i cinesi dell'equipaggio .ion l'appetito che caratterizza la loro razza avevano divorato tutto. Datteri e noccioline Verso le diciotto, dato anche il freddo intenso, avevamo tutti ina fame tale che ci rendeva di malumore e fu il missionario presbiteriano che salvò la attuazione. Apparvero delle scatole, dei piccoli pacchetti, dei cartocci tra i quali lui e la moglie scoprirono del datteri etnext canditi' con delle noci nell'interno, delle nocciole, dei dolciumi cinesi, del cioccolato, dell'uva passa. Abituati a lunghi viaggi in Cina I coniugi presbiteriani avevano prese le loro precauzioni. Come vuole il Vangelo distribuirono in parti eguali tutto quel ben di Dio e cosi potemmo resistere altre tre ore. Poi cantarono dei salmi. Più tardi mi pregarono di cantare qualche arietta italiana, che come è noto ogni italiano deve saper cantare. Li pregai di non insistere. Era buio nella lancia e freddo e le ore dello navigazione notturna passavano lente, esasperanti, monotone. E tutto ricadde nel silenzio. Solo V pilota, ad ogni barca che avvistava nell'oscurità, lanciava un lungo grido; triste nom-e un lamento La camera nella quale dormimmo ad Hainan conteneva quattro brande prive di materasso e di lenzuola ma con due grosse coperte di ruvida lana che ci protessero abbastanza dal freddo, lo. il collega' Barzini, il signor Remedios e il cinese passammo la notte in quella stanza; il missionario e sua moglie dormirono altrove e la tribù delle donne e dei bimbi cinesi sparirono appena sbarcati. Alle sei precise II cinese ci svegliò e ci disse che dovevamo ripartire al più presto polche ci attendevano dieci ore di navigazione sul canale. La guerra è lontana i gAlbeggiava e la brina caduta nella notte stellata era tale che pensammo avesse nevicato. Paco dopo uscimmo attraverso le strette viuzze del villaggio e raggiungemmo le rive del canale. lai gente era, come il solito, tutta nella strada a vederci ripartire. Imbottiti nei loro- vestiti di cotone bleu fatti a trapunta i bambini somigliavano a dei lapponi. Sulla porte gruppi di ragazze in pantaloni e trapunta ' ci guardavano stupite. Vecchissimi cinesi con la classica barbetta bianca, soldati in pantofole, vecchie donne spettinate, gendarmi in elmetto di tela cerata lucida, una vera folla assistette alla nostra partenza. La lancia si mise In moto. E le ora sfilarono lentissime, una dopo l'altra, mentre il panorama non mutava e i villaggi si susseguivano e la gente vestita di bleu ci guardava a passare e, sulle alzaie, un uomo solo, o un ragazzo o una bimba trainavano la barca, o in lunga ordinanza, una fila di uomini trainavano la grande giunca. Il pomeriggio lo passammo sul tetto della cabina. Davanti a noi il canale si stendeva rettilineo a perdita d'occhio, e, ai lati la piatta campagna cinese, popolata di contadini di lavoro, Verso le quindici il motore si guastò e dovemmo sostare per ripararlo. Accostammo alla riva e gruppi di contadini si affacciaro- no a curiosare. Ridevano. Chiedemmo loro, servendoci dell'interprete, se'sapevano della guerra; non sapevano niente. I barcaioli del canale, provenienti da Han Ku, avevano detto loro qualcosa in nierito ma da tantijtnni correvano le stesse Voci alle quali la gente non dava soverchia importanza. In ogni modo.se la guerra c'era era lontana, tanto lontana da non farci caso. Ripartimmo. Il sole era bassissimo all'orizzonte quando notammo che il canale si faceva molto più largo andando a finire in una specie di lago: il Yang Tsè, il grande fiume. Alle diciassette avvistammo la grossa nave inglese « Wohusoung » all'ancora sul fiume, circondata da alcuni rimorchiatori e da .una vera folla di sampaniun respiro di sollievo ci usci dal petto. Eccoci a bordo. Incontriamo dei colleghi americani partiti da Sciangai due giorni prima di noi e arrivati da poche ore, delle signore che fuggdno da Nanchino e che sperano di fare in tempo a. raggiungere Sciangai prima che i giapponesi sbarcando sulla riva sinistra del fiume non blocchino anche l'unica strada libera. Il « Wohusoung » è un trasporto di circa duemila tonnellate addetto al carico delle merci sul fiume tra Han Ku e Sciangai ed ha poche cabine disponibili. Dormiremo nella sala da fumo, stanotte, e domani all'alba con un rimorchiatore raggiungeremo il battello fluviale in sosta a CeklaUk coi quale raggiungeremo finalmente Nanchino. E' il crepuscolo e i colori sul fiume assumono toni prodigiosi, apocalittici. L'aria stessa sembra divenire violacea, e, laggiù, dove il sole è da poco scomparso, strisele rosse e gialle avvampano riflettendosi nelle acque sporche del grande fiume dalle rive basse, popolate di fitti canneti. Qualche vela lontana e una chiarità elettrica dell'atmosfera a zero gradi di temperatura nell'aria immobile. Poi annotta. «La nostra odissea è finita...» -, 86 novembre. Giungeremo a Nanchino alle venti. Il viaggio in rimorchiatore è stato detestabile: cinque ore in piedi, gelati, col viso schiaffeggiato da un vento frizzante, fi rimorchiatore rasentò sempre la riva sinistra del fiume lottando contro la violenta corrente, che c'era pericolo delle mine alla deriva abbandonate dai cinesi. Colline sulla destra, le prime che vediamo durante il viaggio, riva piatta a destra dove pacifici pescatori al cormorano fanno pescare l'intelligente volatile che si tuffa, afferra ti pesce col becco e 10 riporta a galla. Pensiamo che 11 cormorano sia ammaestrato, invece gli hanno applicato un anello al collo che gli impedisce di in¬ ìghiottire la preda e il povero ve lutile accorre fiducioso verso l'uomo della barca col pesce nel becco. Rimasto a bocca asciutta e affamato si tuffa una seconda una terza volta e cosi via Alla fine della giornata gli si toglie l'anello e gli si regata un pesce. Ogni barca di pescatori possiede una ventina di cormorani Hltt sul bordo, immobili. Altri pescatori sostano presso grandi rnti che funzionano verticalmente su dei trampoli di bambù. Non c'è altro da vedere se non il delo senza una nube. Infine, lontano, appaiono » due colli di Cekiang tra i quali lo Yang Tsè passa ribollendo per dilagare in una-specie di grande lago. La cittadina si adagia a destra In una specie di ridente vallata. Ecco it battello fluviale che ci attende. E' stracarico di cinesi che si affacciano alle murate a curiosare. Accostiamo. La nostra odissea è finita. Tra sei ore saremo a Nanchino. 86 novembre, notte. Abbiamo salutato calorosamente il missionario e sua moglie e II cinese perito cotoniero i quali proseguono per Han-Ku stanotte stessa. Il signor Remedios scende con noi, ci dice che deve smontare a Nanchino non sappiamo quale macchina che deve venire spedita in giunca verso Han-Ku prima che arrivino i giapponesi. Nanchino è illuminata. Sostiamo su una nave da guerra americana dove il primo marinaio americano col quale prendiamo contatto è un... barese, naturalizzato americano. Non parla la nostra lingua ma il natio dialetto. Infine una lancia ci trasporta a terra. Non esistono autopubbliche, niente risciò. / colleghi americani telefonano alla loro Ambasciata e arrivano delle automobili con le quali raggiungiamo l'Ambasciata d'Italia, in Sciangai Lu, cioè in via Sciangai. Tutti hanno sgombrato per Han-Ku, tuttavia c'è, ad attenderci, il signor Ros. Situazione-? La città è calma, almeno per ora; non ci sono sigarette, manca il burro, lo zucchero, un solo negozio è aperto In Taipltig Lu; ma fino a quando? Il signor Ros è ottimista. Porse, dice, non accadrà niente e l giapponesi occuperanno la città senza colpo ferire. Bombardamenti? Si, due, tre al giorno. Ma bombardano il campo d'aviazione. Giorni fa si sono sbagliati ed hanno colpito un collegio uccidendo un centinaio di ragazzi. Le truppe che sono in città sono abbastanza di scipllnate; c'è una buona polizia, organizzata da un austriaco. Etutto. Non ci rimane che attendere per assistere all'ingresso dei giapponesi nella Capitale della Cina. L'avvenimento merita l'attesa paziente nella città abbandonata dal suoi abitanti, silente al cospetto del suol monumenti nuo vissimi dipinti di grigio. Sandro Sandri tm—i SANDRO SANDRI SULL'ISOLOTTO DI HOSIEN QUALCHE ORA DOPO IL NAUFRAGIO DEL « PANAY ». Un giaciglio e stato sistemato con paglia sacchi e coperte. Sandri è assopito. In ginocchio è Barzini junior che durante II; bombardamento è rimasto miracolosamente illeso.

Persone citate: Barzini, Sandri