DALLA VITTORIA DI VITTORIO VENETO ALLA SCONFITTA DI VERSAILLES

DALLA VITTORIA DI VITTORIO VENETO ALLA SCONFITTA DI VERSAILLES , LA GUERRA E LA PACE DELL'ITALIA DALLA VITTORIA DI VITTORIO VENETO ALLA SCONFITTA DI VERSAILLES Due anni di storia nel diario dell' ex ministro Silvio Crespi - Una serie di errori » I dissensi tra Orlando e Sonnino « Come Nitti rinunciò alla Trans* caucasia, ricca di petroli, che ci era stata offerta «= II dramma adriatico ll diario del senatore Silvio Crespi, che fu, dal novembre 1917 alla conclusione della pace, commissario e poi ministro per gli approvvigionamenti e, quindi, delegato italiano alla Conferenza della pace, si aggiunge ai preziosi ricordi e ai frammenti di diario dell'ambasciatore Aldrovandi Marescottl per darci- una visione ormai piena e completa delle vicende politiche e diplomatiche di quel fortunoso periodo della vita italiana ed europea. (Silvio Crespi Alla difesa d'Italia in guerra e a Versailles (Diario 1917-1919) Mondadori, Milano 1937). Avemmo già occasione di notare che il contributo italiano, alla storia della guerra e della pace, appariva sino a ieri assai scarso rispetto a quello delle altre nazioni» sia vittoriose che vinte. Tutti 1 capi della politica e delle armi In Inghilterra, in Francia, in Germania e in America hanno lasciato le loro memorie e i loro diari. Gli italiani.hanno preferito tacere. Salandra ha scritto solo della neutralità e dell'intervento. Cadorna ha difeso la sua condotta della guerra. GII altri non hanno scritto nulla. Boselll, Orlando, Sonnino, Diaz non ci hanno lasciato nemmeno una pagina sulla loro vita pubblica. Tutto ciò non ha giovato alla causa italiana di fronte agli stranieri. Tutto ciò ha nociuto alla classe politica che, sia pure tra enormi errori e debolezze, ha pur sostenuto lo sforzo Immane della guerra e della pace. Nella notte dal 6 al 7 marzo '18 Molti giudizi polemici, pronunciati In quegli anni e non contradetti, seno entrati nella opinione comune. Molte difficoltà, frapposte con premeditata e dura ostilità dagli alleati, non furono, forse, conosciute interamente e non furono, qpiindi, sufficientemente valutate dagli oppositori. Gli errori furono, però, ipolti e gravissimi. Questo libro li conferma. Scrivemmo, a suo tempo, del diario di Aldrovandi Marescotti che ci pare fondamentale per un giudizio già compiuto e senza appello sulla condotta degli alleati rispetto a noi-durante la Conferenza della Pace. Il lungo e dettagliato diario di Crespi va, invece, considerato sotto un altro aspetto. Esso ci offre un quadro vivo e immediato della confusione e della Interna debolezza del regime parlamentare. Si aggiunge al libro dell'Aldrovandi Marescotti per ciò che riguarda il contegno dei nostri alleati, ma ci offre, In più, la possibilità di giudicare l'opera degli uòmini politici responsabili di quel tempo. La stessa semplicità di questo diario, scritto con molta bonomia e a volte con Ingenuità, costituisce un pregio del libro perchè aggiunge Immediatezza e verità ai fatti narrati e fa risaltare la sincerità dei giudizi. Gli studiosi di economia e del fatti sociali potranno anche trovare queste pagine assai interessanti per la descrizione che vi è. fatta di quella politica unitaria degli approvvigionamenti e, quindi, dell'alimentazione delle Nazioni e degli eserciti alleati che fu il fatto più originale dell'ultima guerra. Gli Sta* ti Uniti, l'Inghilterra, la Francia e l'Italia si sottoposero alla' disciplina di un Comitato di quattro persone che, per quasi due anni, dettero una organizzazione unitaria alla produzione e regolarono 1 consumi di alcune centinaia di milioni di uomini. Perchè fu fatto all'Italia un cosi Auro e ingiusto trattamento quando fu pesta sul tappeto della Conferenza la questione adriatica? Le ragioni appaiono assai chiare dopo la lettura di questo volume. Da una parte, I grandi alleati consideravano l'Italia, nominalmente una grande potenza, ma, in realtà, una potenza a interessi limitati, con ambizioni eccessive rispetto alle proprie possibilità e, quindi, tale da dover essere contenuta e frenata nelle aspirazioni e nello rivendicazioni; dall'altra mancava alla classe politica dirigente una piena e concorde coscienza del propri! diritti e del fini della guerra combattuta e vinta. I primi mesi del 1918 furono assai duri. Un Governo diviso Gli uomini più rappresentatividei Gabinetto erano Orlando, Son-nino, Bissolati e Nitti. L'autoreesalta, in genere, l'opera di Orlan-do: dissente da Sonnino che giù-dica troppo riservato, troppo chiù-so, incapace di cattivarsi simpa-tie, ostico a tutti, negato ad ogninormale giuoco diplomatico; osti-nato, sì, ma sommamente Inabile; awersa apertamente Nitti giudi-cato come disfattista e peggiorLa mattina del 7 marzo 1918, il ministro Crespi si reca al suo ufficio e trova sul suo tavolo da lavoro sette telegrammi rossi che annunciano dodici siluramenti. Nove dei dodici piroscafi affondati portavano viveri e carbone. E' ama battaglia perduta nella notte. Il Ministro corre dal collega della Marina. Lo trova esterrefatto. Cinque sue navi sono state colate a picco, sembra da un solo sommergibile, tra Genova e Capo Mele. A Genova esisteva un perfetto servizio di spionaggio. II 28 giugno, dopo la vittoriosa battaglia di messidoro, si ha consiglio dei Ministri, a Roma, dalle 9,30 alle 12,30. Il diarista annota: « Si discutono varie questioni di politica interna e di ordinarla amministrazione. L'accordo non regna tra i colleghi e Orlando deve dare prova di molta pazienza e di tatto ad ogni seduta. Non si ha nessun piacere ad assistere ai consigli ». Le rinunce di Siamo costretti a procedere in fretta. Nulla di nuovo può dirci l'A. sul conflitto determinatosi tra Wilson e la Delegazione ita liana tra il 19 e il 23 aprile 1919 Per quei giorni è bene riferirsi al volume di Aldrovandi. L'Autore rimane solo a Parigi, con il Con sigilo degli Ambasciatori, sino al sette maggio e cioè sino al ritorno di Orlando e Sonnino, Ho avuto occasione più volte di dire la mia opinione su quell'epi sodio. Fu grave errore abbandorare le trattative senza essere de¬ Quanto a Bissolati egli era un wilsoniano avanti lettera. Un Governo cosi diviso non può tenere in pugno il paese e tanto meno i partiti e i giornali. Si iniziano cosi, nell'estate del 1918, delle dolorose, polemiche sul fini della nostra guerra. Orlando ha favorito, nella primavera, il Congresso di Roma tra i rappresentanti delle nazionalità oppresse dagli Absburgo. Sonnino si è mostrato contrario a questa politica, ma con quel gusto dei contrari che distingue tutta la sua opera; egli ha avuto l'Imprudenza di dichiarare nell'ottobre del 1917 non potersi annoverare tra gli scopi di guerra dell'Italia 11 disfacimento dell'Impero austro-ungarico. I suoi avversari si attaccano a questa imprudente dichiarazione e mostrando di - volere l'annientamento dell'Austria finiscono, in sostanza, col fare il giuoco dei jugoslavi a danno dell'Italia. Ne nasce una polemica che è, all'Inizio, assai confusa. Comunque, più tardi, a guerra vinta, non vi fu possibilità di confusione e di errore tra i rinunciatari e gli altri. Siamo al 12 ottobre del 1918. Nlttl e Crespi discutono della situazione del tesoro, dei debiti interalleati e dei cambi. Nitti è sfiduciato e pessimista all'eccesso. Il diarista nota: « E' U solo pessimista tra tutti i Ministri dei Governi alleati... Nitti conclude che falliremo ». Credo che dopo venti anni Nitti continui ad annunciare che l'Italia è... sull'orlo del fallimento. L'offensiva liberatrice incomincia il 24 ottobre. Per quattro giorni si combatte duramente sul Grappa. Il Piave è in piena e travolge 1 ponti gettati dal nostro Genio. La truppa non può passare. Il 28 Orlando chiama Crespi e gli fa leggere una lettera di Nitti che porta la data dello stesso giorno: «Hai voluto scatenare l'offensiva contro il mio parere. Le nostre truppe sono battute, l'offensiva è infranta, si profila un disastro. Tu ne sei 11 solo responsabile davanti al paese esausto ». Il disastro si chiamò Vittorio Veneto. II 2 novembre Diaz chiama al telefono Crespi perchè spedisca viveri a Trieste con la massima urgenza. Crespi non può mantenere la gioia e diffonde la notizia. Nitti chiama .al telefonò:. «Che cos'è questa storia della liberazione di Trieste? Mi dicono che tu hai messo in giro la voce », Wilson, Bissolati e Sonnino H 1919 finisce assai male. Bissolati è uscito dal Ministero proprio alla vigilia dell'arrivo di Wilson e Nitti aspira a succedere ad Orlando e cerca di creargli degli imbarazzi. Wilson è assai festeggiato a Roma e a Milano e ha un colloquio con Bissolati. Cosa si sono detto 1 due uomini ? Noi non sappiamo, ma è certo che Wilson parti dall'Italia con l'impressione che il paese fosse assai diviso sulla questione adriatica. La delegazione italiana parte per Parigi. Sonnino diventa subito la bestia nera degli alleati. Lord Cecil grida, rosso in viso e battendo il pugno sul bracciolo della vettura : « Fiume ? You will never get it! » (Non l'avrete mai). Apro una parentesi. Perchè l'autore continua in più punti a manifestare sensi di simpatia e di amicizia verso questo funesto-ideologo e nostro dichiarato nemico ? A pagina 282 lo chiama perfino il « grande apostolo inglese della Lega ». Chiudo la parentesi. Siamo al 25 febbraio. La situazione interna in Italia è senza dubbio grave, ma i nostri Delegati dovrebbero ricordare che sono per cominciare le trattative più delicate e più importanti per noi. Ed ecco che invece il Crespi presenta una nota sulla situazione alimentare italiana la quale conclude: « L'effetto generale di quanto precede dimostra che l'Italia è minacciata dalla morte economica e dalla rivoluzione ».- Ora, dunque, siamo giusti. Come e in che modo, gli alleati potevano considerarci loro pari? Non ci mettevamo noi, per vizio di coscienza, costantemente, su di un plano diverso di potenza e di resistenza ? L'autore non se ne accorge nemmeno ora: i delegati politici come Orlando, Salandra, Sonnino si lasciavano trascinare dalla corrente che annunciava 1' Apocalisse. Le sedute della delegazione all'albergo Edoardo VII a Parigi non procedono meglio delle sedute in Consiglio dei Ministri a Roma. Il diarista scrive: «Io intervengo quando mi chiama Orlando, ma non intervengo mai con piacere. So che gli attriti sono frequenti e difficili le conclusioni. Sonnino specialmente rende difficili le discussioni ». .Sonnino esce assai male da questo diario. Vi è descritto come «uno spirito contrario ad ogni presa di amichevoli contatti, limitato alle recriminazioni sulle nostre disgrazie, chiuso ad ogni manifestazione di vita serena». (Pagina 622). Purtroppo Sonnino non ci ha lasciato una sola parola in sua difesa. liberati ad agire da soli. Fu poi gravissimo errore lasciare Parigi per correre a Roma e convocarvi il Parlamento allo scopo di dimostrare a Wilson che Orlando era sorretto dalla fiducia della Camera. Il pregiudizio parlamentare noedue ad Orlando. Ho sostenuto sempre che nel colloquio seguito all'intervento premuroso di Lloyd George, dopo la scandalosa pubblicazione del manifesto di Wilson agli italiani, Orlando e Sonnino avrebbero potuto concludere. Avrebbero potuto ottenere senz'altro l'osservanza del Patto di Londra. Dobbiamo ripetere qui che Sonnino in quell'occasione si portò bene. Orlando non volle concludere. Orlando non pensava che al sentimento popolare per Fiume. Ora poi voleva dimostrare che il Parlamento e il popolo erano con lui. Questo' diario mi conferma nella mia opinione. « Se mi offriate — disse Orlan-, do a Wilson nel colloquio di commiato — quello che io stesso Ieri vi ho chiesto, oggi non potrei accettare ». Ebbene tutto questo era un giuoco di fanciulli. La politica tra gli Stati, in tempi cosi duri, è ben altra cosa. La statura gigantesca di Mussolini appare più chiara quando la si confronti con quella di quegli uomini. Fu poi gravissimo errore, una volta partiti con la promessa di tornare, non riprendere 11 treno immediatamente dopo il voto favorevole del Parlamento. Fu, Infine, imperdonabile errore indugiare nel dubbio tra la sollevazione nazionale promossa da D'Annunzio e il ritorno a Parigi. L'unico risultato fu quello di inasprire gli alleati e di accrescere il «deficit» nel bilancio già negativo della nostra pace. - Le pagine del diario relative a questo periodo sono molto importanti e cosi quelle relative al Consiglio dei Ministri tenuto ad Oulx presso Bardonecchia. Appare chiaro da esse che il dissenso costante, di pensiero e di metodo, tra Orlando e -Sonnino impediva ogni progresso della questione italiana verso la sua soluzione. Nei primi giorni di giugno la posizione presa dagli alleati rispetto al bolscevismo offre una Insperata possibilità di rivincita all'Italia. Ci si dice di occupare la Transcaucasia, regione ricca di petrolio, situata tra la Russia,' la Turchia e la Persia, chiave del commercio tra immense regioni. La spedizione viene discussa dai capi militari e deliberata. Ma la situazione interna in Italia peggiora. Il ministero-Orlando è sostituito, in quel mese, con il Gabinetto Nitti. Tittoni arriva alla fine di giugno a Parigi a capo della nuova delegazione. Egli dice subito a Crespi a proposito della Transcaucasia: « Nitti non vuole avventurarsi In una impresa che presenta indubbiamente grossi rischi e molte incognite ». La Nemesi Nitti basava la sua eloquenza politica su di un solo motivo: « l'Italia è un bel paese, ma è povera e gli alleati' possono condurci al fallimento e affamarci ». Il fallimento e la fame : questo grande professore non ha mai tratto altro pronostico dai suoi lunghi studi. Ed ecco, il l.o luglio del 1919, gli alleati presentare a Tittoni un memorandum durissimo e offensivo che minacciava l'Italia di isolamento e di fame. Gli effetti del memorandum furono immediati. Nei due mesi di luglio e agosto l'Italia abbandonò l'Asia Minore, abbandonò le rivendicazioni coloniali appagandosi del Giubaland, rinunciò alla spedizione Transcaucasica, accettò, infine, per la città di Fiume le oltraggiose conclusioni del Consiglio Supremo dei Cinque. U 12 settembre la polizia inglese avrebbe occupato la città italianissima se D'Annunzio non avesse marciato da Ronchi con 1 granatieri e gli arditi. La notizia della occupazione di Fiume giunse a Nitti mentre sedeva in Parlamento al banco del Governo. Egli esclamò forte: « Siamo alla vigilia della fame. Con questi atti si vuole affrettarla». La fame: il grande professore non aveva evidentemente che un solo spunto per la sua eloquenza politica. Crespi si era dimesso da 15 giornL Egli rivendica a sè e a tutta la delegazione Orlando il merito di non aver inai ceduto alle prepotenze e alle insidie degli alleati. La storia degli ultimi 20 anni si è incaricata di rendere giustizia all'Italia. I due maggiori nostri nemici Wilson e Clemeiiceau pagarono immediatamente con la follia e con l'isolamento il loro tradimento dell'alleanza italiana. La delegazione Orlando fu costretta ad abbandonare Parigi e a tornarvi precipitosamente. Ma le gravi e per noi offensive deliberazioni, che furono prese in quei giorni, non ebbero fortuna. I Greci inviati a Smirne per farci dispetto furono ributtati dall'Asia Minore, mentre le colonie tedesche, distribuite tra tutti i vincitori senza tener conto dei diritti italiani, torneranno assai prima di quanto non si pensi ai tedeschi. Ancora: ci avevano cancellati dal preambolo del trattato di pace di Versaglia ed ecco che quel trattato è caduto, negli ultimi anni, pezzo per pezzo. E la sua massima costruzione, quella che doveva aprire un'era nuova, la Società delle Nazioni, crolla fragorosamente dopo le dichiarazioni di Mussolini dell'ultimo dicembre scorso. Mal forse Nemesi storica, giunse cosi pronta, folgorante e armata di giustizia nel corso della vita del popoli. Ugo d'Andrea'