Incontro

Incontro Incontro Sin da fanciullo, provai una particolare attrazione per la luce del crepuscolo. I lumi che si accendono nell'ultimo bagliore del giorno erano, per. me, come tante fontane ; le cose stesse, intorno, mi parevano da racconto di fate. Ecco la ragione per cui se devo compiere un viaggio, amo'iniziarlo quando il giorno sta per languire. Il viaggio, a questo modo, acquista una sospensione di sogno. Non riconosco più, a quest'ora, la stazione che ho pur veduto mille volte ; mettendovi il piede, con il biglietto in mario ed il facchino che mi porta le valige, mi par già di prendere contatto con un luogo del tutto nuovo. Salgo in vettura, cerco un posto; anzi, lascio che lo cerchi il facchino, per aver la sensazione di affidarmi alla sorte. Finalmente mi siedo, e, quando il treno si muove, lotto per un pezzo tra due attrazioni ; quella di fuori, del mondò che passa nella luce crepuscolare, e quella. di dentro lo scompartimento, che tormenta la mia curiosità di sapere con chi viaggio. Può darsi che la corsa nella notte si svolga senza nessun particolare notevole e, in questo caso, la mia fantasia mi aiuta a inventare favole, prendendo lo spunto dall'espressione dei viaggiatori, dai loro modi, dai loro atteggiamenti. Ma altre volte, mi pare che la mia fantasticheria comunichi come un. fluido a qualcuno di quelli che mi siedono vicino, e, allora sprizza una scintilla di vita che può avere un risultato. ■ Non so perchè, ecco, una piccola eignora che si raggomitola di fronte a me nel suo mantello, ad un certo punto, si mette a ridere d'un gesto che inconsciamente ho compiuto. Ha parlato con questo e con quell'altro, ha ceduto il posto migliore ad un'altra signora più attempata che viaggia nello stesso scompartimento, ed ora che tutti sonnecchiano nella luce azzurra della lampadina notturna, ride di me, che ho gli occhi spalancati e forse parlo, senza sapere di parlare. — Non ha sonno? —, le domando, punto offeso. — Perchè me lo domanda? — Ride di me I — Non è colpa mi». E' lei che fa ridere. — In che senso? — Nel senso che... parla da solo e gesticola. t — Mi perdoni; non lo farò Épiù. . , — No, anzi!... E' divertente. — Già ; ma se voleva divertirsi, non doveva mostrare d'osservarmi. Ora so di essere osservato, e non posso più continuare il mio soliloquio... — Peccato I Mi dica, almeno, con chi parlava.., — Ci dovrei riflettere: perchè 10 stesso non so mai dove sia giunto quando m'accade di fantasticare.., Se le fa proprio piacere... aspetti... Mi raccolgo un momento, per ricordare il filo delle mie fantasticherie; mentre la sconosciuta mi osserva tra curiosa e ironica. — Ecco — dico, avendo trovato. — Vado a Milano, per affari; invece, cosi, sognando, scendevo ad una stazioncina ai piedi d'un colle... — Scusi — interrompe la signora — questo treno è un espresso e non ferma alle stazioncino. — Già ; ma con la fantasia lo facevo fermare. — No, non mi va; a me, piace la verisimiélianza. Diciamo, dunque, che lei scendeva a Bologna, e da Bologna prendeva un treno secondario che lo portava alla stazioncina ai piedi del polle. Guardo con ammirazione la mia interlocutrice: — Accetto la sua collaborazione — le dico. — Collaborazione? \— Certo, lei collabora al romanzo che sto inventando. — Per me, è facile — osserva la graziosa signora, con l'aria più serena del mondo. — E' facile, perchè questo romanzo, almeno per quel che riguarda il capitolo della sosta a Bologna e del viaggio con un altro treno verso la stazioncina a pie' del colle, appartiene al mio itinerario. Rimango sorpreso. — Lei, dunque, si reca in un paese sul colle. . — Precisamente. — Un paese dove c'è un vecchio convento e intorno un_ piazzale con molte fila, d'alberi, dal qualsia vista spazia per un largo orizzonte... —- (Lei c'è stato. — Dove? — Al mio paese.a ' — No, mai. La signora mi guardi con diffidenza; poi, insiste: — Lei c'è stato, ed ora vuol burlarsi di me.. — Sarei proprio uno sciagurato. Il paese sul colle, il convento... gli alberi... li stavo inventando, quando lei mi sorprese e si mise a ridere.;. — E con chi parlava ? — Con un fraticello che se ne stava al sole, seduto su di un muricciuolo. Gli dicevo: «Che vita beata quassù, tra il verde, tra la musica delle fontanine e 11 canto degli uccelli... quanti uccelli !...». _ . ■ — Uccelli I... Tanti uccelli!... .— m'interrompe la signora più diffidente che mai. — Lei mi conosce... lei sa chi sono... lei mi spia!... Casco dalle nuvole : il mio sbaloidiinento è tale che riesce a impressionare la viaggiatrice. — Ma come parla di uccelli, di fontanine, se lei non mi conosce ! — Le dico ch'è un romanzo !... . — Ed io le dico che lei mi conosce. Per poco, non litighiamo. Finalmente la signora propone: — Se lei è in buona fede, non può avere nessun timore di venire con me al paese e di fare la conoscenza di mio marito... — Sul colleu con il oonyen-. to... il fraticello... le fontanine e tanti uccelli... Fatto, scendiamo a Bologna. Qùal'è al mattino, -la mia sorpresa di trovare, dopo un breve viàggio, da Bologna, una stazioncina a pie' d'un colle, press'a poco come l'ho sognata nella notte. Si va su con un autobus, e si vede in cima un convento. — Ci sono* anche fontanine ed uccelli? — domando .alla signora che mi conduce come un prigioniero da suo marito. Giungiamo. Mi stropiccio gli occhi, nel dubbio che sogni ancora. Il signor Donzelli, esimio consorte della viaggiatrice, è un ometto ancor più piccolo di lei, e vive in un giardino, con tante fontanine, e una miriade di uccelli di tutte le specie e di tutte le varietà che svolazzano in cento e cento gabbie. Fornisce uccelli a tutta la Penisola. Rosso di San Secondo

Persone citate: Donzelli, Fatto

Luoghi citati: Bologna, Milano