Il problema del film

Il problema del film In margine alla moda Il problema del film Le direttive Impartite da S. E. il Capo del Governo per l'attrezzamento di Torino come centro di Irradiazione della moda aggiungono — se ancora ve ne è bisogno — nuovi motivi di attualità ad .una vecchia questione ohe non ha mai cessato cu essere viva nella coscienza, civica, pur attraversa, .te. fortut»».vicere alludere alla ben nota questione dell'Industria cinematografica locale. CI si domanda: esistono ra- Sioni per le quali la clnematograa, nata e fiorita nel propizio dima della nostra citta industrlallssima, debba non mai più aver vita fra noi ed i cantieri che ancora sussistono in piena efficienza debbano essere mantenuti deserti, quando più ferve la battaglia per l'autarchia? A chi giova il soffocamento d'una peculiare nostra attività, dal momento che esso non giova alla Nazione ? Vecchia questione sempre nuova, che acquista oggi speciale risalto, in virtù della funzione di centro irradiatore della moda assegnata a Torino. Moda e cinematografia hanno fra loro non trascurabili rapporti di interdipendenza: se, difatti, lo schermo, con i fanatismi che suscita frequentemente attorno a sè, specie nel pubblico femminile, può essere strumento validissimo di rieducazione autarchica, l'attrezzatura spirituale, artistica e tecnica della moda può, a sua volta contribuire, nel modo più efficace ed impensato, all'incremento della cinematografia nazionale. Un ambiente comune di vita e di lavoro gioverebbe, in modo sensibile, all'una ed all'altra attività. Si parla spesso della indagine retrospettiva che i figurinisti della moda dovrebbero compiere per ispirarsi, negli splendori del nostro passato, olla creazione delle nuove fogge: orbene, qualche cosa di simile, sè pure con più modesti obiettivi, ài fa correntemente nei grandi centri cinematografici, nella fase preparatoria d'ogni nuovo film in costume. Il vestiario non è prelevato in blocco dal magazzino e distribuito alle parti cosi com'è. Il figurinista si preoccupa giustamente dell'effetto che l'abbigliamento autentico di due o tre secoli fa può produrre, in funzione di quel determinato film, sullo spettatore d'oggi. Suscitare stati d'animo è un imperativo dell'arte ed a prescindere dal fatto che un vestito da indossare nella vita vera raramente si adegua alle esigenze sceniche, bisogna altresì tenere presente che il gusto di oggi non è quello di ieri ed è precisamente nello spettatore di oggi che noi dobbiamo provocare, con l'intera messinscena, vestiario compreso, il voluto stato d'animo. Bisogna scongelare le immagini del passato, farle vivere — sia pure per la sola durata, di uno spettacolo, ala pure im una sala buia e davanti ad un pubblico già predisposto all'incantesimo — nel nostro tempo. Bisogna svuotare il costume antico di tutto ciò ohe agli occhi nostri potrebbe farlo apparire arcaico e goffo, come ci appaiono goffi, se noi per un istante ci liberiamo dalla sottile malia dell'arte, i personaggi del quadri antichi. Bisogna far si che lo spettatore medio creda nel personaggio: ora è evidente ohe egli non potrebbe assolutamente credere neppure in Fanfulla da Lodi, se lo vedesse vestito dei suoi autentici panni. Bisogna aver pazienza, prendere il signor Fanfulla come sua madre lo fece e rivestirlo, ei, alla moda del primissimo Cinquecento, ma di un Cinquecento visto da un figurinista moderno. Fra i molti motivi di insuccesso di film eterici vi è, appunto, la mancata aderenza allo spirito dello spettatore medio moderno, risultante da questa e slmili negligenze, ohe non si verificano quando l'attività si svolge nel fervore di cento altre attività, ognuna delle quali non è fine a se stessa, nè seconda a nessun'altra, ma concorrente e insostituibile con ripieghi. La perfezione non è che ila risultante delle forme applicate'ad un solo scopo. Nè l'influenza della moda si esercita sul film in costume soltanto, che, anzi, essa è ben più decisiva nei soggetti di ambiente moderno. Qui il vantaggio reciproco può essere tale da giustificare un vero e proprio collegamento artistico, é tecnico, sul'plano dell'autarchia» Vestire una- diva in armonia1 con la parte che essa deve interpretare ed in modo da imporre la sua personalità allo spettatore è una delle cose più Importanti, in una buona regia, ed è purtroppo quella cui, forse, il regista bada meno: impreparazione spirituale del regista o difetto di ambiente? Propendiamo per la seconda ipotesi. Un regista è, senza dubbio, un esteta, ma non è e non si può improvvisare sarto, come non si può Improvvisare architetto. Potrà disapprovare, nell'intimo suo, il vestito dell'attrice, e in quel determinato gruppo di quadri, potrà magari arrischiarsi a darle qualche consiglio, col pericolo d'una intemerata, ma non- potrà mal, da solo, ovviare al difetto di tutto un complesso artistico ed artigiano. Non basta invitare l'attrice a servirsi da una buona sarta, perchè la migliore delle sarte non risolverà nulla, se non ha, a sua volta, l'ambiente attorno a sè, ma occorre che attorno al' film si formi tutto un mondo d'artisti e di artigiani, grazie al quale, durante il periodo preparatorio, tutto si crea, tutto si ottiene' quasi senza chiederlo, per un prodigio di coesione e di affiatamento. Bisogna formare una specie di intelligenza collettiva senza di che è povera cosa l'intelligenza dei singoli. Non ci si accusi di presunzione se affermiamo che questa intelligenza collettiva della moda, applicata a quella mirifica arte del tempo nostro che è la cinematografia, non può svilupparsi che a Torino, anche perche in germe essa esiste già. Ci si potrà obiettare che la moda rappresenta un aspetto soltanto, nella composizione d'un film, e non basta da sola a giustificare tutto un orientamento nuovo d'una produzione, che è fatta di tante, tante altre cose ed ha soprattutto bisogno di essere nettamente industrializzata. Senonchè, sono appunto quelle altre molte cose, è appunto la necessità di industria lizzare la produzione che, se condo noi, consiglia una ripresa cinematografica torinese, sia pure accanto a quella romana. Massimo Escard

Luoghi citati: Lodi, Torino