I primi tre villeggianti alla collina torinese

I primi tre villeggianti alla collina torinese I primi tre villeggianti alla collina torinese «Madama è partita In villa». Era questa la frase di prammatica con la quale l'unico famiglio rimasto, il fedele portiere che serviva la nobile casata da almeno vent'anni per tradizione di famiglia, accoglieva l'impreveduto visitatore che si fosse presentato alla porta? del palazzo torinese verso la fine di agosto. Madama infatti non andava in villa ai primi caldi. Seguendo l'abitudine di tutti gli altri del suo rango, essa rimaneva a sciropparsi la canicola per tutto luglio e quasi tutto agosto, facendo i bagagli soltanto all'annuncio che l'uva lugliatica cominciava ad indorarsi ai pergolati della sua casa di campagna. Faceva i bagagli e si preparava come ad un gran viaggio, sebbene la carrozza o meglio le carrozze che recavano Madama e la servitù, che recavano Morìssù e le fantesche — tutti si spostavano, tutti meno uno, il portiere — non dovessero percorrere che poche miglia, superare cioè le porte della cinta cittadina e avviarsi per i colli o attraverso la pianura. A dire il vero in pianura i nobili e i ricchi di cento anni fa non possedevano che i cascinali, i poderi di reddito, coltivati a grano, con i prati, come si dice da noi, « sott'acqua ». Per soggiornare gli stessi nobili e gli stessi ricchi preferivano le loro ville della collina, quelle deliziose ville « di cui si ammanta per lo spazio di cinque miglia all'incirca, dice il Cibrario, il colle torinese, sicché ne sembra ingemmato e forma quasi un'altra città ». Fin da quel tempo le case di campagna, dette allora casine o vigne, erano circondate da un piccolo parco, con le aiuole sul davanti, tutte splendenti di fiori vivacissimi e disposti a simmetria, di pergole e di frutteti e di orti sulla parte retrostante, generalmente esposta a levarite o a ponente in modo da consentire che la facciata rimanesse a mezzodi e fosse inondata di sole nelle ore del meriggio. Queste ville erano il fasto di ogni casata. Non si possedeva di meglio e per far buona figura vi si invitavano gli amici e i parenti a trascorrere qualche giorno nel tempo della vendemmia. Ecco la ragione per la quale Madama partiva così tardi per la campagna. La vendemmia costituiva il periodo di centro della villeggiatura, la epoca d'oro, piacevole e redditizia per il controllo sui raccolti. E Madama e Monssù non facevano ritorno in città che a novembre inoltrato, alle prime nebbie e ai primi freddi, per rincantucciarsi presso gli enormi camini, ove la legna, recata a carra poco prima di San Martino, insieme con i polli e con le uova in numero strettamente contemplato dal contratto del « vignolante », ardeva, con abbondanza senza limiti, dato che non costava nulla. E la vita in villa doveva pur essere piacevole: calma, tranquilla, salubre, Madama faceva ogni giorno la sua passeggiata in giardino a raccogliere i fiori più belli 0 nel frutteto a staccare le pesche, l'uva bianca o le prime pere e a mangiarsele cosi, con la buccia e tutto, ancora tiepide dì sòie, acquose, saporitissime. Cibo da re! Ottime le pesche nel vino, specie nel Barolo, paradisiache le pere con il formaggio. Cibo cosi paradisiaco e semplice ad un tempo da far nascere il detto che pretenderebbe di occultare al giardiniere la stupenda trovata di accoppiare al formaggio stagionato quelle tali pere che, per freschezza e sapore e burrosità, i contadini battezzarono « coscie di donna » o « pere burraie ». Monssù invece aveva il suo da fare. Il vignolante gli annunciava di mano in mano i luoghi ove erano stati scoperti i segni del passaggio di una lepre. E il signore usciva col fucile, col cane, col carniere, ritornando a casa spesso a mani vuote, ma con una fame che 1 toscani chiamano i piemontesi « da suonatore » cclamvefcsmMdcbRggadcffsilzttMdfiinnssld4da lupo» eidi questo spiccatissimo gusto del I villeggiare che i piemontesi sug-lgono nascendo dal seno materno, jAncora oggi i più vecchi i tradi-1 zionalisti attaccatissimi ai dialetto | t-,, _f„ji„-0 i0 ~f„_ÌQ .'jl miraDiie studiare la storia e|il divenire di questa consuetudine, ] dicono « Vado in campagna » anche se partono per una spiaggia o per una stazione montana. Si chiama sempre « campagna ». E' la abitudine della villa che è rimasta nel sangue. A memoria d'uomo il primo che si costruì una casa di campagna sulla collina torinese fu il cele-1 ctnrrlmo storico Filiberto di Pin- ngane, il notissimo Monssù Pingón, nche a Torino è conosciuto anche cdalle pietre che qui ha « i suoi gtrmni> pr,rira indefinita che ri- csale a 'molti e molti anni addie- d?,n p„"1 rio !2E tTr. I dTftvnLtro. Per dir che una cosa è vec chia si dice che è di quei tempi Non è privo di significato il fatto che questo torinese, stravecchio per definizione sia stato il primo!villeggiante deila collina torinese ì kV'nnmn'rrr infàttC~tm'~c^cìnòttà i _i_^_^5fr _!?Ìt.iTÌ.,""_i ,il "™|che ampliò ed abbellì nel 1565, con'i denari della moglie, Filiberta dijBruello. La villetta era in Val dei (Salici, in piena collina dunque, in.uno di quei posti che ancor oggi fra i torinesi di buona tempra i,,Vr,nn ™, ì/mn-rtrinrr \i» f i„« ,.iiio„,iar,t= Ma questo primo \iuegbianie |non fuggì dalla citta in cerca di|frescura, nè ebbe la smania di [possedere una sua villa con la vi-! gna e col frutteto. L'ambizione ' in torturava e neDDure la Inon lo torturava, e neppure m, n°or,i!°rfoiUnns1<:trWeC wilihprto dTsmania nei pusaeucic. ""^^.vì Pingone andò a stare ui vai aenSalici non precisamente a estate o. d'autunno, ma di fresca primave- : ra per sfuggire la pestilenza che.infìeriva in Torino e trovarvi ri- ■ „nn ,„ S1]a fedele consorte 'paro uni '« afFprtiin«e e' iche egli ricorao con aneti uose e- ispressioni proprio nella lapide cne| ancor oggi figura sulla facciata | rìdila cascina di campagna. mE molti altri torinesi seguirono jd il suo esempio. Per farji muoveree correre in cerca di verde e di aria salubre ci voleva la peste, maquando vi si decisero non la smi-sero più. E le ville, le case, dicamppgna, 1 cascinotti sorsero come per incanto, anche perchè la collina intorno a Torino era ormai resa più sicura, contro le invasioni e il passaggio di francesi e spagnoli, dal consolidarsi della forza del Ducato e dell'esercito che serviva sotto le sue insegne. E a dar l'esempio, a creare l'usanza del villeggiare contribuì in modo definitivo Madama Reale Maria Cristina, che per riposarsi dai lunghi travagli della guerra civile e della vittoriosa plurillustre battaglia contro il predominio di Richelieu, si costruì sul luogo ove già possedeva una villetta, un luogo di riposo sopra i colli, a breve altezza, in faccia al Valentino. E die prova della sua saggezza facendola erigere su disegni di un frate. E' risaputo che la gente di fede è calma, ponderata, e non isdegna le comodità poiché segue il precetto di servire Iddio in letizia. Il padre Costaguta, Carmelitano scalzo del convento di Santa Teresa, teologo e consigliere di Madama Reale, ilevò per ordine della Duchessa un grandioso edificio a tre piani la cui costruzione, iniziata nel 1648, durò cinque anni ed i cui abbellimenti (pitture, stuccature e decorazioni) richiesero ben dieci anni di lavoro. Questa seconda villeggiante della collina troinese creò cosi la moda di far campagna. La Vigna di Madama Reale diventò celebre, tanto celebre che il principe Maurizio ne volle costruire un'altra a breve distanza dalla città, in faccia a] ponte di Po (quella che attualmente si chiama Villa della Regina). Essendo Cardinale a Roma, il Maurizio sreTse e l'architetto e i pittori e i decoratori nella città dei Papi. La costruzione sorse su disegno del romano Viettoli e le mura furono dipinte a fresco con fatti della storia anti- ca da diversi pennelli. La Villa o-spitò per anni l'Accademia dei So- linghi, i quali, come voleva il loro statuto, al rezzo dei verdi alberi si davano a recitar sonetti o madrigali, Si abbandonavano a ricerche filosofiche, a dotte disputazioni, a indagini profondissime. Tanto profonde che oggi non ne rimane più segno. Ora noi andiamo cercando, pelle nostre vacanze, località discoste e spesso disagiate. Col pretesto che l'auto è una comodità, ci sottoponiamo a faticosissimi viaggi. Con una semplice sedia disposta a molle la gente di quell'epoca se ne andava beatamente a poche miglia di distanza, senza cambiar aria, a riposarsi gli occhi sull'inconfondibile verde della collina e a sollazzarsi il palato con la frutta di questi stessi colli, la quale, se ben matura, ha inegua-ghabile sapore, fragranza paradi- siaca. I tre primi villeggianti Pin-gone storico, Maria Cristina Dti-chessa, e Maurizio Cardinale, la sapevano lunga. L'onomastico della Regina Gli auguri della Città di Torino In occasione della fausta ricorrenza dell'onomastico di S. M. la Regina Imperatrice, il Podestà si è reso interprete dei voti augurali di Torino presso l'Augusta Sovrana col seguente telegramma: «Gentiluomo di Corte di Sua Maestà la Regina Imperatrice Sant'Anna di Vaiatevi. — Pregavi di volervi rendere cortese inter prète presso Sua Maestà la Regi¬ na Imperatrice dei fervidi voti au gurali e dei sentimenti di profonda devozione che la Cittadinanza torinese e la Podesteria formulano nella fausta ricorrenza dell'onomastico della Augusta Sovrana. —■ F.to: Podestà Cesare Giovala». Nel pomeriggio di ieri il Segretarlo Federale ha convocato, nella sala dei rapporti a Casa. Littoria, i Fiduciari dei Gruppi Rionali ed ha impartito loro le direttive sull'azione da svolgereTutta la città rivolge un devoto affettuoso pensiero alla Regina Imperatrice, nel giorno del Suo onomastico riconoscendo in Lei le più alte e nobili virtù delle donne italiane. Alla amata Regina che sa essere, in ogni momento della vita nazionale di esempio, giungano i reverenti auguri della popolazione di Torino sabauda. Fiduciari di Gruppi Rionali a rapporto dal Federale L'avventuroso ragazzo ritrovato a Novara La foto pubblicata nel nostro giornale lo ha fatto riconoscere Ci tclel'onann da Novara: 11 rapazzo Giuseppe Arcato, l'avventuroso undicesimo liplio di Giovanni Acculo, addetto al M unici pio di 'R> tino, olie era ruggito per la seconda volta, di casa il 27 luglio scorso, dopo di aver lasciato scritto che andava nd imbarcarsi per il Giappone, è stato ieri ritrovato presso Novara e consegnato airnutorHti di l*. S, Il vivace ragazzo In rintracciato in base al ritratto pubblicato martedì mattina dal nostro giornale. .11 Fattorino del giornale «La Gazzetta di Novara », Giovanni Colli, nientre percorreva , in bicicletta, lo stradale per allora, lo renna va doma lutando dove fosse diretto. Allora al Colli venne in mente ebe si trattasse del ragazzo di cui si era occupata «lai. Stampa» e volle rivedere il giornale stesso, persuadendosi subito che la fotografia era assai somigliante alla figura del ruguv.zo, cosicché ritornava indietro per ritrovare l'Accato ed interrogarlo, e riusciva n fermarlo con l'aiuto di due guardie di Finanza, 11 ragazzo non ha negato le sue generalità e ha raccontato che per tre giorni aveva mangiato con la somma di IO Uro che aveva portato con sè, e che aveva sempre dormito in aperta campagna. Ha ammesso di essere fuggito di casa, soggiungendo clic fuggirà ancora un'altra volta. Oonsecnato al Municipio di Nibbio!a, veniva rifocillato perche era sfinito dalla rame, e poscia- consegnato ai carabinieri che l'hanno tradotto in Quo stura. Gai-bagnii. incontrava un rogamo cheilnll a-ppito di pareva uno sperduto,

Persone citate: Carmelitano, Cibrario, Giovanni Colli, La Vigna, La Villa, Maria Cristina, Maurizio Cardinale, Podestà Cesare