IL SOGNO DI CHECCO

IL SOGNO DI CHECCO I/C». IL SOGNO DI CHECCO ""ni""""11,,,,,, '"" """" 'VIGNANELLO, agosto. > Vignanello è un paese del La «io, ai piedi del Cimino. Il vero nome, anzi, è Vignanello nel Cimino: V.N.C, è scritto sullo 6temma del palazzo comunale; ma la gente: Vino Nocchi! e Castagne, dice scherzosamente, e in questo scherzo è un vanto, perchè tutt'intorno non vedi, di questa stagione, che nocciuoli piegati dal peso di mille frutti, coi rami che toccano terra ; e. non più quello di un mese fa, il verde dei ricci dei castagni già s'attenua per dar luogo al giallo, segno di maturazione, e la castagna, dentro, si gonfia e preme; mentre alle viti — disposte in filari lunghissimi — non maturi ancora pendono i grappoli, ma già si vede quali i neri sono e quali i bianchi, da quali si spremerà l'aleatico, da quali il greco, dolcissimo: già qualcuno ha sui chicchi i segni delle dita del contadincllo ghiotto che tutte le mattine, all'alba, viene a provare. Posto sul dorso d'una collina, Vignanello e tutto una strada, lunghissima, che parte dalla Porta del Vignola e arriva in piazza, naturalmente piazza Vittorio Bma.nuele, davanti al Castello Ruspoli, un castello col fossato, ancora, e col ponte levatoio. La sera. Quando la campana della chiesa grande annunzia che fra poco il sole tramonterà. Già scuri sono i vicoletti, e le vecchiette aguzzano gli occhi per vedere i numeri della cartella, col cuore che trema e spera di vincere cinque soldi ; ma c'è ancora luce sulla strada che dalla Porta del Vignola giunge al Castello Ruspoli, la lunga strada che naturalmente si chiama Corso Umberto I, col Ristorante Roma, il Caffè Moderno, il Caffè del Progresso... E comincia il passeggio: dalla Porta al Castello, poi si torna indietro, e si ricomincia, o si ritoma indietro, fino a un'ora di notte, fino a quando, cioè, la campana dirà che da un'ora è tramontato il sole. Passeggiano i vignanellesi, le vignanellesi, i villeggianti, le villeggianti. Le case sono vuote. Tutti qui, sul Corso Umberto 1 che ha i balconi fioriti e qualche vecchietta alla finestra. L'aria è limpida, sonora. Il cielo, perduto l'azzurro luminoso, tende al viola, e le nuvolette al cenere. E' caduta. l'ombra, ma la facciata del palazzo comunale, a toccarla, è ancora calda per il sole da poco sparito. Le voci si sentono forte. Non le voci dei vecchi seduti davanti al caffè, col mento sopra le mani giunte sul manico del bastone, mani con le vene grosse e dure: perchè i vecchi non parlano, guardano solamente i giovanotti e le ragazze che passano e ripassano, e anni fa fra quei giovanotti c'ero anch'io, io che oggi scendo trionfalmente dalla Porta del Vignola con moglie, figli e domestica e, naturalmente, non posso più fare l'amore. Mi chiamano signor Mosca. Prima mi chiamavano Nanni, e anch'io passavo e ripassavo, e, giunto sotto un certo balconcino, guardavo su, col cuore che batteva forte... Ma oggi c'è una vecchia al balconcino, tra quegli stessi fiori, una vecchia che si meraviglia ch'io la guardi. Passeggiano i vignanellesi e le vignanellesi, e dal retrobottega del Caffè Moderno viene un suono di clarino, un ignobile suono di clarino che danneggia il Rigoletto: è Checco, il figlio del caffettiere, che ha nel cuore un sogno: quello di far parte della banda, una bellissima banda che ha le divise coi galloni e i bottoni d'argento, quasi come le divise degli accademici... e Checco vorrebbe suonare anche lui, in piazza, il giorno di San Biagio, eh'è il Patrono del paese, con tanta, gente intorno che applaudo, e la sera, poi, ci sono, alla Valle, i fuochi artificiali della premiata ditta Pulcinelli di Ca•prarola: luci di tutti i colori nel cielo stellato, scoppi, razzi matti, girelli, e la folla, venuta da tutti i paesi vicini, da Canepina, da Bassanello, da Capranica, da Ronciglione, manda lunghe esclamazioni di meraviglia. Ogni anno la folla gode e si meraviglia, anche se i fuochi sono sempre gli stessi. Riuscirà Checco a far parte della banda? Ecco che il suono del suo clarino, ora, non si sente più, perchè dai sotterranei del palazzo comunale, proprio di fronte al caffè, vengono su gli accordi della banda che prova per il giorno di San Biagio. Si sente anche il maestro — un maresciallo in pensione — che ogni tanto batte con la bacchetta sul leggio. . Pi fuori, seduti sui gradini del palazzo, gli ammiratori della banda, per lo più vecchi, avvertono le stonature, discutono sul maestro, ricordano la banda di un tempo: « Quella sì che era brava! «... Allora la prima cornetta era Sbracia, faceva furore, la gente veniva da Roma per sentirla... e Sbracia sta lì, adesso, sui gradini del palazzo, ha il petto vuoto per aver tanto suonato, non parla, non discute: ricorda i bei tempi, quando, con tutte le ragazze ai balconi, passava per il Corso Umberto, subito dopo il maestro, in testa -illa banda, e la cornetta, illuminata dal soli- fino a sembrar d'oro, mandava al cielo gli squilli... Ora Checco sogna, e Sbraci'! ricorda. Checco s'illude. Sbricia piange. Chi è felice è il barbiere, basso, tarchiato, ricciuto, con le unghie nere, come tutti i barbieri di paese, che, seduto sulla poltrona dei clienti, tra cosmetici e rasoi, in un odor di brillantina, di sapone e d'acqua di colonia, suona il mandolino e canta, contento, come tutti i barbieri di paese.' Che cosa ci sia nel cuore dei barbieri non si sa. Certo è un cuore più fresco di quello degli altri, che ancora crede a tante ""' » ■■inni ...ti mi i cose cui noi non crediamo più... Cuor di barbiere, come t'addolori, a Natale, s'io rifiuto o accetto senza gioia il calendarietto profumato, con le avventure di Casanova o la toletta della da mina del Settecento, che a te sembra così bello! Con la nappina di seta e la custodia di carta velina... Cuor di barbiere, ancora tu canti le serenate, la notte, sotto balconi, accompagnandoti col mandolino, e aspetti la mano bianca che appaia alla finestra, il rosso fiore di geranio... Dove li custodisci questi fiori, cuor di barbiere, che batti e spargi intorno odor di violetta di Parma? Forse, secchi, nelle pagine dei tuoi calendarictti profumati, tra un'avventura e l'altra di Casanova, tra un amore e l'altro del Satiro e della Ninfa, così come i suoi la fanciulla che ora passa davanti alla tua bottega li custodisce nel libretto da messa, tra una preghiera e l'altra. Ma forse questa fanciulla non ha fiori: guardatela: ha le scarpe nere e le calze bianche, poveretta, a cannolè; un vestitino giallo che sembra fatto con la carta dei paralumi, e un fermaglietto a cuore sui capelli col ciuffo dietro. Passeggia, in su e in giù, dalla Porta al Castello e dal Castello alla Porta, tra un giovanotto e una ragazza, bella, questa, elegante. Anche bello il giovanotto, non del paese. Non parlano. La gente li guarda. Le vecchie si sporgono, con colli lunghissimi, daìle finestre. Povera ragazza senza amore, lo sa che nessuno la guarda, anche se giallo, terribilmente giallo è il suo vestito. Vive all'ombra dell'amore di quei due, triste no, rassegnata. Le parole che i due innamorati si scambiano le passano davanti, ma non sono per lei, — Ti voglio bene — sente dire, e china il capo. — Anch'io — sente rispondere, e si guarda le scarpe nere. Si chiama. Maria, come l'altra. E' lei che riceve le lettere perchè i parenti dell'amica non s accorgano di niente. — Cara Maria — legge — quando, finalmente, potremo essere felici, insieme? Quando ? Legge, e consegna la lettera all amica, col cuore pieno di tutte quelle parole, d'amore, nessuna delle quali è per lei. Ma forse, in segreto, due o tre, ogni volta, se ne conserva dentro, appena due o tre, per assaporarsele... Ora passeggia • ai guarda le scarpe nere. ' Non solamente il suo vestito 4 giallo: ce ne sono venti, trenta d'abiti gialli che vengono giù, per il Corso, dalla Porta del vignola, e altri tossì, altri azzurri, altri bianchi, altri verdi Vestiti di scuro, invece, i giovanotti Con calzoni uè lunghi nè corti i ragazzetti, scarpe alte, calze a calinole, giacchette strette e corte e, in testa, cappelli come gli uomini, senza, però, lo spacco. Giovanotti e ragazze camminano insieme, in riga, quasi senza parlare, e i fidanzati li riconosci perchè sono sempre i più distanti fra loro. Anni fa, non ancora signor Mosca, ma solamente Nanni, io passavo e ripassavo sotto un balconcino, quel balconcino dove oggi c'è la vecchia che si meraviglia che la guardi. A quel tempo c era Giulia, il mio primo amorcv Un amore grande che non si può dire, non si può raccontare, un amore che se ci penso, dico: « Ma come poteva contenere il cuore tanto amore? ». E come, un giorno, posso averla lasciata, Giulia, che solo a sfiorarle una mano sentivo tutte le musiche del cielo, e solo a vederla, di sotto il balconcino, diventavo pallido, e il cuore dovevo tenerlo con la mano perchè non uscisse, perchè non volasse come i girelli della notte di San Biagio? Si vuol bene così solo a vent'anni. Solo a vent'anni l'aver sfiorato, di furto, una mano, diventa un fatto enorme, e ai torna a casa senza parlare con nessuno, turbati, felici, d'una felicità che fa piangere... Io, in tre anni, l'ho baciata solo una volta, Giulia, sulla fronte, e poi scappai, mi ricordo, e lei rimase sulla soglia di casa sua, sbigottita. Era di sera. Rimase, vestita, di bianco, sulla soglia di casa sua.. Poche ore prima le avevo detto — dopo tanto tempo — che le volevo bene, dopo tante passeggiate fatte insieme in campagna, passeggiate furtive alle due del pomeriggio, sotto il sole,_ per quelle stradicciole bianche di polvere, e bianche di polvere le siepi, e, intorno, gialle le stoppie con tanti papaveri sparsi, passeggiate fatte senza parlare perchè troppo grandi, per i nostri anni, erano le cose che sentivamo in cuore — le avevo detto: — Signorina... (mai, per tutto il tempo del nostro amore, le ho detto: Giulia) ... signorina... (parole che da tanto tempo covavo dentro, e le sapevo a memoria, perchè ogni giorno glie le volevo dire, ma poi mi mancava il coraggio') ... signorina, e se vi Isdicessi che il sentimento che prò- ^vo ner voi \Stavamo alla Valle, dove la notte di San Biagio fanno i fuochi artificiali: lì finisce il paese e comincia la campagna. Polvere e sole, e le cicale, nascoste nei castagni, cantavano da assordare. La mia voce si sentiva appena. — Signorina, e se vi dicessi che il sentimento che provo ner voi. da tanto tempo, è qualche cosa rH piì«.di una semplice simpatia... è... E dissi : — E' amore — senza sentir la. parola. Ma la sentì G'iilia. Non parlammo più. uh iiiitiiin ..........,.,,....„ ,!,„, La sera, sulla soglia di casa sua, le detti un bacio sulla fronte e scappai. E oggi, voi mi scuserete, non è vero?, se quando passo sotto il balconcino non posso fare a" meno di guardare in su. E la vecchia mi guarda accigliata. Ma oggi, da signor Mosca, non prendo parte al passeggio: seduto davanti al Ristorante Roma guardo la gente passeggiare, dal tramonto a un'ora di notte, e il campanaro, qualche volta, ritarda il suono della campana: capisce che gl'innamorati, pur con l'amica in mezzo, non si sono ancor detti tutto, e i vecchi del Caffè Moderno cavano fuori l'orologio e si guardano impensieriti: come mai ancora la campana non suona? La sera è scesa, quanto mancherà alle stelle? Forse un minuto, forse un attimo solo, forse, a chiudere un momento gli occhi, si vedrà, nel riaprirli, la prima stella tremare sul Corso Umberto quasi deserto, oramai. Il passeggio è finito. Tutti tornati a casa. Anche Maria, la ragazza dal fermaglietto a cuore e le calze bianche, poveretta, a cannolè. Maria che fra tanti anni sarà una vecchietta come quelle che adesso, nei vicoletti bui, giuocanq a tombola, sui gradini della chiesetta. Vecchiette senza ricordi, che giuocano un soldo per vincerne cinque. Maria, però, nel cassetto, avrà una lettera, una delle tante che giungevano all'amica, mai consegnata. Ancora è pentita, Maria, del tradimento. Ma erano tante, e se n'è tenuta, in fondo, una sola, la più breve, con poche parole... Ma è passato tanto tempo, oramai, i ricordi sono così confusi nel cuore della vecchietta, che le sembra, sua quella lettera, o per lo meno non si ricorda, più se il bel giovane elegante di tanti anni fa. volesse bene all'amica o a lei, che aveva il vestito giallo e il fermaglietto a cuore sui capelli. E Checco? Checco ancora suona nel retrobottega, vecchio vecchio. Non entrerà mai nella banda. Mosca

Persone citate: Bassanello, Casanova, Ruspoli, Vignola, Vino Nocchi