Gl'Inni della Chiesa

Gl'Inni della Chiesa Gl'Inni della Chiesa «Era un anno, o poco più, cheGiustina imperatrice, ingarbu-aliata dagli Ariani, avea preso, per amore dell'eresia, a persegui- tare Ambrogio. Il popolo, pronto morire col suo vescovo, veglia¬ va a guardia della chiesa dov'erasi rifugiato. Mia madre (santa Monica), la prima in quel travaglio e in quella veglia, non viveva che d'orazione... Allora, perchè il popolo non morisse di noia. Ambrogio trovò di cantare, al modo delle parti d'Oriente, dei Salmi e degl'Inni; e da indi in poi si continuò quest'uso, imitato oggimai in quasi tutte le chiese... Quante acrinie io sparsi I sentendomi abbracciare il cuore ; dalla soave melodia dei cantici ri-j eonanti nel tempio! Le salmodie m entravano per le orecchie, la verità versa vasi nel mio cuore». Così sant'Agostino, nelle Confessioni, narra, il sorgere degl'Inni cristiani ; quell'inni, per cui ciascuno di noi può ripetere: sentìa nell'inno In dolcezza amarri — ila canti uditi da fanciullo; seuonchè, a differenza dei canti d'amore dell'adolescenza (che non si possono udire più, se non quando un organetto, una nota di pianoforte, una voce vengano improvvisi a battere alle porte del cuore), iascuno di noi può risentirli, sol che voglia varcare le soglie di una chiesa nelle ore e nei giorni prefissi: ed allora è quella dolcezza senz'ombra di amaro, per cui più di un miscredente rimane assiduo, dissimulato nella pia folla, agli Uffici del Vespro, della Settimana Santa, ai cauti delle profezie di Natale. «V'ha chi ha attribuito al vescovo s. Ilario un libro d'Inni, da lui composti per il suo clero e popolo di Poiticrs: ma se egli fiorì qualche anno avanti s. Ambrogio, certo è eh' ia questo secondo può veramente dirsi creata la lirica della chiesa occidentale... Così, per l'alito vivificatore del gran vescovo di Milano, l'Innografia toccò quasi subito il sommo della sua gloria : - se i canti suoi rapidamente si diffusero nell'Italia, nella Gallia e nelle altre provincie d'Occidente, fu perchè egli seppe trovare una. forma pienamente adeguata all'idea, e trarre dal classico antico un nuovo stile rispondente alla nuova civiltà i. Siamo allo scorcio del IV secolo, l'Impero romano vacilla fra. sempre più cupo fragore d'armi, fra sempre più radi bagliori di vittoria; la capitale stessa comincia a diventare peripatetica, da Poma a Milano (dove, per l'appunto, sui gradini del tempio, Teodosio umilia la porpora al pastorale di Ambrogio) a Ravenna a Bisanzio, come nel giuoco degli scacchi, quando il Re minacciato lascia alfine la propria sede, in cerca degli estremi ripari: ma già sul ceppo fulminato e corroso vigoreggia l'albero nuovo, già fra le fronde echeggiano strani canti, gridi di gioia liberati al cielo, a celebrare e consacrare il nuovo ordine che, fra tanta caligine, pur si va instaurando nel mondo. E da quel tempo, da quel primo spontaneo fiorire, lungo secoli e secoli di storia iiiimimnimi niiiiiiiiiiiiiiini ; sacra e profana, è una gara: sono . grandi Pontefici, da Gregorio | Magno a Innocenzo HI, vescovi, ->-<■ abati, eremiti ; sono re di coronai come quel Roberto di Francia, che dalle tenebre delle contrastate origini caipetingie, e fra le ambascio di una scomunica, intona il Veni temete Spiritut; e fino a Carlo Magno, o almeno al suo fedele e dotto Alenino — sono dunque, non solo spiriti disoccupati, contenti nei pensier contemplativi, ma gente piena di cure pratiche, a sollevare di quando in quando il pensiero dai crùcci del secolo per ricordare la 'o avvolge, e scio eternità che lo avvolge, „ gliele ispirati inni al Signore. E la Chiesa li accoglie nel suo sa erario, e (più avventurati dei profani poeti nei secoli laici) non si limita a consegnarli, quali fredde spoglie, negl'ipogei dei muti libri, ma ne fa cosa ad ora ad ora viva e vissuta, li canta nei suoi templi fra splendore di ceri e tuonare di organi, al cospetto e col coro del popolo fedele. Ogni ora del giorno, e ogni giorno della settimana, e ogni stagione dell'anno; tutte le solennità, tutte le feste, tutt'i santi più insigni hanno il loro inno, che fa parte dell'Uffizio, e periodicamente è cantato: quale invenzione più gentile? Kcco Gregorio Magno ispirarsi al n mattutino delle domeniche d'inverno » - In. dominimi ad mattitimini tempore hi/emali-: Primo diertim omnium Quo mundus extdt condilus... a Si celebra — nota il pio commentatore — la dignità del giorno di domenica, il quale nell'ordine del tempo, della natura e della grazia, primeggia su tutti gli altri della settimana, come quello in cui Dio diede cominciamento alle opere della Creazione, e Cristo risorse da morte: e si eccitano i fedeli a consacrare a Dio le ore notturne....»: e questo della notte, dell'Ufficio delle tenebre, è un altro estroso pensiero. «La più celebre nell'antichità fra le ore dell'Uffizio è quella della notte. Ell'era per i primi Cristiani un culto di religione, in quanto seguivano l'esempio del coronato profeta Davide: Di mezza notte mi alzavo a dar lode a Te, o Sii)norc.it; ora notturna, la quale al merito della preghiera unisce quello dell'imitazione di Cristo, di cui è detto nel Vangelo che pausava la notte in orazione a Dio: e ancora, nella parabola narrata da san Luca, promette, pietà a chiunque si presenterà a lui pregando a mezzo la notte: Noete snri/entes vìailemns amnes, Sctnper m psalmit meditemiir, [atqne i Vìribus Mi» Domine etmani ut Dtilciter hymnos insiste il gran Gregorio in un altro canto dal suadentissimo ritmo; e qualunque miscredente il quale, sforzando la vita oltre lo automatismo delle funzioni fisiologiche per caricarla di bei sensi simbolici, ripeta dai fraticelli il pio uso d'interrompere il sonno nelle ore piccole (in cui tutto, immillimi mmmimmi mimmmm iiuiimiiiiiiniiiiiMiiiiiHHiiiiiiiiiiinntiiiniiiiiiimiiiianche ogni più familiare aspetto di casa, diventa così deliziosa mente misterioso !) per concentrarsi in degni pensieri, può benissimo elevar l'animo a un Ente o ad un Disegno plausibili, solo alquanto più enigmatici di quelli indicati dal dogma. Onorare e riconoscere Iddio nella volta stellata del firmamento, come nello imperativo della coscienza morale — dicevano, al seguito di Kant, i liberi pensatori del secolo scorso ; però con riprovevole intenzione polemica anticléricale, e senza un sufficiente afflato poetico, cioè sbagliando due volte. Così già prima dell'alba tu consacri il tuo giorno, ti prepari a spenderlo come una preziosa moneta, nella sua vicenda inquadrata in un trittico di gusto arcaico, di tre in tre ore ritmata dai ricorrenti molivi mistici: e l'ora terza, che ricorda il giudizio di Pilato, e l'ora sesta, in cui Gesù fu crocefisso, e l'ora nona, in cui spirò — fino alla sua dolcissima conclusione serale, i canti di compieta : Te lueis ante terminimi, If fruiti Creator, pasciutila... Te hicis ante, sì divotamente Le uscì di bocca, e con sì do! unTic• C/ie fece me a me uscir di mente... ode cantare Dante sul far della sera, nella valletta, del Purgatorio; e su in Paradiso ricorda nostalgico la sua chiesa di Badia, sonante al bel tempo antico le ore della preghiera: Fiorenza dentro dalla cerchici [antica Oiui'ella toglie ancora e terza e [nona Si stava in pace sobria e pudica. * * " Io non credo che la «profanizzazione» e la dissacrazione progressive, e ormai quasi totali, della vita quotidiana siano una necessità intrinseca e inderogabile del modo di vita contemporaneo ; siano un prodotto fatale del suo laicismo e del suo attivismo materialistico, il quale non consenta altre alternative. Penso che si tratti, piuttosto, di semplici cadute in disuso, di decadenze e di imbarbarimenti transitori dovuti al sorgere e al prevalere, in r . I mimmi mimimmmim imi iiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii daun primo tempo (e per difettoin"• ••' 'stmsotrnrì!w£rVCra 1,atUra Uma"a' {frTnòv : <\<-'°'"Pensare, con un impoverimento da una parte, un' arricchimento che avvenga dall'altra), delle preoccupazioni pratiche inerenti al progresso t,ecni-,dco-scientifico degli ultimi secoli, |,„che hanno ipnotizzato 1 attenzio-|sne dei più sul quadro materiale\bdelia vita umana — così prodi-Ugiosamente mutato — a detri- j'amento del quadro ideale, che resta, in definitiva, quello che conta di più, e a cui l'altro deve subordinarsi, alimentandolo dei nuovi apporti. Penso, pertanto, sia compito dei maestri spirituali, degli inventori poetici, morali e religiosi restaurare (innovando, e giovandosi di tutta la nuova materia) 1' antico stile . di vita : press'a poco come, in un campo infinitamente più modesto, le fumose e fragorose e sgraziate fabbriche ottocentesche, che sembravano fatale retaggio dell'età delle macchine, han fatto luogo a leggiadri edifici, in cui silenziosi e lucidi ordegni captano e trasformano discretamente le energie della natura. La ricchezza nuova è difficile da digerire. e dapprima ingombra fastidiosa- e ; o e i e n mente; ma poi tutti i pamniis Ina.nnn nin n ni/», in diventai' i più o meno diventar si gnori. In questo compito di ridare forma ideale alla vita contemporanea — per condurre a buon termine il quale non sarà troppo fare appello a tutti i motivi sorgenti dalla terra e dal cielo — le alte e gentili invenzioni adombrate ed implicite negl'Inni sacri, potranno essere (come ci lusinghiamo sia apparso da questo scorcio) una fonte eletta d'ispirazioni. Quella ispirazione che ne trasse, quindici secoli dopo Ambrogio, pervaso da un eguale spirito appassionato di catecumeno, un ambrosiano fedele: «Il Manzoni, il quale non aveva sulla coscienza che il peccato mitologico dell'Urania, scrisse allora gl Inni Sacri... Questi Inni, che tornarono a rinsanguare la nostra poesia delle divine bellezze bibliche, abbandonate o adulterate dopo la morte di Dante», faran ilcloedeis\lafssfsstsdcdilrvilspcvecsgno la nostra gioia, quando, ìina,\prossima voltai ne parleremo. Filippo Burzio \ imimiimiiiiiiiiimimiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimi Un pesciolino dorato che era saltato fuori dalla vasca è stato ricondotto in vita dopo sette ore e mezzo. Il suo padrone ha praticato al pesciolino una specie di massaggio e gli ha alitato in bocca restituendolo alla vita. Il pesciolino, rimesso nella sua vasca, ha infatti ripreso a nuotare

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