L'uomo in cerca della formichina

L'uomo in cerca della formichinajfjjt casa &e£ gjgjjggl j|* SerltftfcA» L'uomo in cerca della formichina Il morso di un coleottero lo fece fremere di gioia | ed egli visse lunghi mesi su uno scoglio per ] esplorare il segreto di una chiocciola : sulla tomba | di Enrico Fabre aleggiano farfalle innamorate | Questi a cui è affidata, nel Museo Zoologico della mia città, la custodia d'una celebre raccolta d'uccelli, è uno di quegli uomini che hanno imparalo a credere nel creatore frequentando le creature. E' da qnaranl'anni ch'egli serre la scienza, sia. pure in umile qualità d'impagliatore, ed ha finito per trovare la fede nello studio, così naturalmente come si trova la fragranza nel fiore. Nello sgabuzzino annesso al Museo che gli serve da casa e da studio, una candela, è accesa a Santo Stefano, un'altra a San Lorenzo, nel nome di due morti figlioli dello stesso nome; e intorno stanno, imbalsamati, ibi. smerghi, folaghe, aironi, un astore ad ali tese, due colombe avvinte in un bacio: in tutti i quali, fissi al lume dei ceri gli occhi di vetro, si direbbe che ad ogni piHpito della fiamma torni un sussulto di vita. C'è poi an che un ritratto, tra le immagini dei due martiri, ed è quello d'un vecchio: un santo viso, che me' rilerebbe d'essere il viso d'un santo. Pronunzio, interrogativamente, il nome di Enrico Fabre Con un cenno del capo, e un sorriso fra. tenero e triste, l'altro conferma. Il primo pianto i—"L'avete conosciuto? — Sono stato suo assistente per dodici anni. Si può dire che abbia cominciato con lui. Gli so no rimasto vicino a Serignan, nella famosa. Casa dei Platani sino al giorno della sita morte. Giusto venticinque anni fa: set tembre 1914. — Oh, ricordo. Cominciava la guerra europea, e moriva Enrico Fabre... — Aveva 91 anni. E magro patito così. Non pesava più di una foglia. Eppure aveva ancora tanta forza! Volete credermi? Io, che allora ero sui quaranta, invidiavo la sua. vitalità. Si coricava~a mezzanotte, e alle quattro del mattino era. già in giro nei campi, sole od acqua, caldo o freddo, per non perdere l'ora in cui i grilli si rintanano e risbucano le formiche... — Lo so: non è morto di vecchiezza. Forse neppure di dolore per la guerra, come s'ó detto di lui prima che si dicesse d'un pontefice. E' morto, semplicemente, ■perchè la sua esistenza ormai era inutile su. questa terra. — Inutile? — Dove interviene la mitraglia, non restii più. niente da fare all'uomo in cerca della formichina. D'altra parte, sul punto d'abbandonare la terra egli ben sapeva di averla già tutta posseduta. Oh, lui sì l'aveva posseduta, conquistandola in profondità! Sparito, con Ivi, l'ultimo dei grandi Francesi, subentravano quei Francesi molto più piccoli che agognavano soltanto di conquistarla in superficie. Nulla più restava da fare al genio di Fabre, nel momento in cui trionfava la politica di Delcassé... — Un anno prima di morire aveva fermato il pendolo di casa. Diceva che tutte le ore avevano lo stesso significato, per lui. — Certo. Per giganti siffatti il tempo non è più tempo, ma eternità. — Dieci mimiti prima di spirare aveva avuto una crisi di pianto, essendogli letto un bolteliino del 'fronte. Non l'avevo mai visto piangere prima d'allora. — Non doveva averlo fallo nemmeno settantanni prima, in piena miseria, quand'era ancora il vaga, bando della fiera di Benucaire. Era troppo generoso, troppo sereno per patire di se stesso. Ma per gli altri sì, sapeva soffrire: poiché il culto degli animali non era stato per lui che la conseguenza di un infinito amore degli uomini. Quelle lagrime in punto d'agonia, le capisco. — Aveva lasciato a mezzo un capitolo sulle cicale: e proprio da quel giorno che s'ammalò, in piena luce d'estate, le cicale seguitarono a cantare come impazzite. Pareva si fossero date convegno II, a Serignan, da tutta la Provenza. E tutte morirono con lui. Migliaia di persone l'accompagnarono alla sepoltura, Il popolo appariva, il più commosso. Secondo una sua volontà testamentaria, quattro fanciulli fiancheggiarono il feretro... — E' vero ch'essi sospendevano i giochi, quando il vecchio studiava ? Muratore zingaro — Dov'egli appariva, la gente sostava con la reverenza dovuta agli uomini dal destino superiore. Non sempre sapevano, capiva, no l'oggetto dei suoi studi; però ne indovinavano la grandezza, e si facevano da parte col cappello in mano. Indovinavano il santo, e lo trattavano come tale. Ne riguardo V immagine. Come pacato, come dolce sorride! Dei bianchi capelli gli. alitano sulla fronte, e in mano ha una copia dei Souvenira entimologiques. Di qua. e di là del ritratto, nell'oscillazione dei lumi accesi a Salito Stefano e a San Lorenzo, si direbbe che i due colombi imbalsamati siano per riscuotersi dal loro bacio con colpo d'ale, mentre un guizzo diamantlno passa nell'occhio dell'ibi religiosa. — La Casa dei Platani, anche priva della sua presenza, seguitò a parlarci di lui. Non pareva neppure credibile ch'egli non fosse più. Tutti gli oggetti, tutti i risultati dei suoi studi erano radunati là dentro; tutti lo figuravano vivo e parlante. Conoscete la sua esislenza? Oh, un romanzo. Bambino, era slata la nonno ( una nonna che si ricordava di Luigi XV!) a insegnargli l'amore per le bestie, a persuaderlo che il lurido verme, ■t ■ 11111111111 ti ■ ■ ■ i ti ti il uni imi i mi quanto la farfalla meravigliosa, sono uno stesso alito di Dio. Egli la ricordava sempre, quella sua avola in crinolina che gli parlava sempre sottovoce, «come nelle preghiere ». Cominciò da allora a tener dietro ai voli delle api, alle mutazioni dei fiori. E se marinò qualche lezione di latino, fu. solo per rifugiarsi nei campi: dove il maestro lo scopriva mentre cercava una semenza o esaminava un insetto. Allora cominciò a interessarsi di Ini un altro vecchione, un patriarca rusticano che aveva fatto il pedagogo, il campanaro e il sonatore di contrabbasso alle nozze dei villaggi. Fabre l'à ricordato spesso, quel suo affettuoso educatore; confessando che i professori di Avignone, al contrario, non credettero mai in lui, dichiarandolo élève inauffisant. Seguirono gli anni d'abbandono e di miseria. Fu muratore, bracciante, zingaro; vendette, per vivere, i poponi sulle fiere; visse d'un bicchiere di latte o d'un grappolo d'uva spina; dormì il più delle notti in riva ai fossi, svegliandosi, come poi ebbe a scrivere con quella sua ilare freschezza « pieno di rugiada e di fame ». — Oh, ricordo. E quel giorno di suprema gioia, in cui fu morsicato da un coleottero raro! — / suoi studi ebbe a continuarli così, da vagabondo. Mi diceva d'aver indagato allora, per la prima volta, il mistero della vita, dagli amori d'un fagiano e d'una gallineila- nera; quello della morte, dal] vadtccpctcssucLsalatltecssfdeclinare d'una rosa troncata. EÌnon furono pochi gli anni di stentiA ma trenta, quaranta. La sospirata casa fra i platani non potè guadagnarsela che da vecchio: quando ormai la testa — altre parole sue — non poteva rinverdire come gli alberi intorno. Ma per altri trenta e qnarant'anni gli studi continuarono. Le indagini nei campi e nei boschi seguitarono a prendergli quel tempo che i libri e le lezioni gli lasciavano. Dai primi chiarori dell'alba agli ultimi del tramonto, la fatica era continua, e sempre la stessa. Non si ferma- l in i il m i imi i mi i il it li i ■ il i inni ] va che per mordere a un pane, o ad'una mela: poiché il sapiente d'ottant'anni viveva ancora esattamente come lo zingaro di venticinque. E quante volte, ancora, gli capitava d'addormentarsi sulla proda d'un fosso, accanto al lumicino rosso delle esplorazioni notturne! Acceso il suo fornitolo, era capace d'addentrarsi solo, in una selva, anche d'inverno, e di restarvi sino a che non avesse ben chiarito un certo amore di libellule o una certa acrobazia di saltamartini. La campana dell'alba era la sua Etedadeprdpetusucausinotodosveglia, e subito tornava alle sue'.poadorazioni. Ma se partiva con]frle allodole, tornava coi grilli. E anche avendo preso sonno, dopo tanta fatica, bastava, che una falena battesse dell'ali contro i vetri, perchè il vecchio si destasse e corresse fuori, nel buio, a riconoscerla... Il pentimento d'un ladro — E' vera la leggenda-, che di notte la sua tomba sia sempre aleggiante di farfalle innamorale? — Non so. Ma si può crederlo. Diceva che gli amori degli insetti, ,. .Tj j,2 „..-.„„„7j '„,„ j t„„[qsono tutti dei miracoli, come i (oro!"j.._« a „i..jì„.„ „..„ \ivoli. A studiare una passata crepuscolare di vespe, di cui non riusciva a capire nè l'orientamento nòia causa, restò una settimana in¬ rilasacòpabfocodcaIltiMnegso„.mtera. Veqlio tre notti sopra «ili. tn*,*\trstformicaio, in cui gli pareva fosse avvenuta una rivoluzione: e alla fine della terza veglia lo raccolsero Ìsfinito, quasi morto, già piene le A canizie d'un brulichìo di formiche rosse. — Quanto ho ancora da fare! — diceva, già novantenne. Aveva vissuto lunghi mesi sopra una scogliera della Corsica, solo per esplorare il segreto d'una chiocciola. Un'altra volta, mentre intento a una coccinella cercava di interpretare quella « voce » che, secondo i boscaioli, il rosso insetto fa sentire nella paura, un vagabondo ebbe a rubargli la giacca dimenticata, con tutto il denaro ch'egli possedeva, nell'erba. Ma\zfu lo stesso ladro a riportar,aZie!a,| reludtei stnlonpgcsqp iiiiniiiii ini il limili uni i in i inni un i imi oìì appena saputo ch'era la sua... — La venerazione era dunque generale. Toccava alla sua sapiena, o alla sua bontà ' — A tutte e due. Era rimasto un semplice, e forse per questo lo amavano tanto. Già celeberrimo, aveva sposato una contadina. E non si nutriva* che di pane nero. E rifiutava qualunque onorificenza, cominciando da quella offeragli da. un Principe imperiale. Non c'era alcuna ostentazione, badate, in quella sua modestia. Egli era veramente l'uomo della erra, inseparabile dalla pianta e dall'animale. Diceva di sentirsi delle radici nei piedi. Diceva, a primavera, di sentirsi prudere le, dita: come il mandorlo che stia per gettare. Dichiarava l'archilei-1 ura del Louvre cento volte meno supietilc della cosina della fuma-! ca; e la sola volta che cedette ai un invito regale, fu per convincersi che i cortigiani delle Tnileries\ non sapevano portare il loro abio nero come gli scarabei. La sua dolcezza, la sua letizia avevano un potere senza limiti. Bastava, sofrendo una delusione o un rancore, quel grande uomo una cosa, prima j, , ,, ,. , i* tulio, s imparava: a stimare la ricordarsi di lui: e si era consoati. Stuart Mill ha potuto confesare, in un suo libro, che se mancò d'uccidersi dopo un dolore apparsogli lungo tempo insopportabile, fu dopo esserne stato conortato da Enrico Fabre, in un colloquio dì un'ora sotto i platani di Serignan... — Tornereste a visitarla, quella casa dei platani? — Ormai sono vecchio anch'io. Il mio mondo è qui, e ci sto volentieri. Sono rimasto solo, è vero. Ma mi rassegno. Perchè vicino a s impa, nostra vita. La vita è crudele: — egli ci diceva sempre — però bisogna amarla lo stesso. E' una mamma che ci picchia un po' , ' ' tr°PP°> forse: ma sempre per nostro bene... — Oh, sulla bontà ter- Gzi°ne rena egli non si faceva alcuna ilusione. Egli sapeva pure come si divorano fra loro, ferocissimamente, anche le formiche esemplari e grilli sognatori! Li aveva troppo studiati, anche gli esseri più innocenti, nelle loro gelosie, nelle loro guerre, nelle loro stragi. Ciò non gli impedì di piangere, per la prima volta netta sua vita, per una guerra di uomini. Che volete? Il cuore del sapiente, per quanto semplice, non lo è tanto come quello della, farfalla, e può seni pre soffrire di qualche contraddi esssdvMarco Ramperti nfmmpinrntpcst

Persone citate: Enrico Fabre, Fabre, Luigi Xv, Stuart Mill

Luoghi citati: Avignone, Corsica, Provenza