Napoli senza "prezzi di calore...,, ...ma con le sue canzoni di Giovanni Artieri

Napoli senza "prezzi di calore...,, ...ma con le sue canzoni Napoli senza "prezzi di calore...,, ...ma con le sue canzoni Gran parte della poesia napoletana appartiene ad una etnografia triste e superata; ma ciò non basta a condannarla; troverà altre ragioni di vita, altre mète ~"" , o (HAI, NOSTRO INVIATO) NAPOLI, giugno, Mi son messo a riflettere alla -jcondizione della poesia napolitana a a Napoli, mentre la città va mue ;tando forma e destino; mi son chie esto pure cosa potessero pensarne . e r i poeti, e al loro impaccio. Uno di loro scrisse la seguente amaraìprofezia che spesso — come la fu- d - rina del diavolo — anche quella del vate si muta in crusca: «...e fe- e 1 "esce spisso 'a vrenna — 'a fatica - d' 'o pueta... » ma si trattava certo d'un momento di malumore. Resta . ferm0 Per° cne ''arte dialettale in i jSenere è diventato un problema a•l molteplici riflessi, anche politici, direttamente connesso al carattere nazionale, all'uso della lingua, alprocesso di cementazione unitaria. INon si vuole, s'intende, la distru-zione dei dialetti che sono pode- |rose riserve espressive da cui la iIlingua trae un inavvertito ma conU!stante arricchimento, quasi le sue ìvitamine; ma organizzarne le in-fluenze. I Dopolavoro servono be- j nissimo a questo scopo. Figurine fuori moda A Napoli però l'arte e la poesia dialettale hanno avuto nella vita o L negn amori dc] popolo una trop- i po Krande parte. S'attribuì persino -|ai poetì la responsabilità d'aver a ! creata la cosiddetta «anima na-- ; poietana » mediante la suggestione |delle loro rirae e canzoni; carico amio parere troppo grave. Comun-que una conclusione è da cavarsi da quell'opera loro salita a tantafama. Il mezzo rapido e volante della «canzone» diffusa nel mon-do intero, contribuì a creare della città e dei suoi abitanti una im-magine fissa, che vedremo oggi.anto accettabile. Nella premessa alla raccolta del-| d'un momento di malumore. Resta II I lli i i: tr-, n- quanto accettabile. a kre n io oa nno ' a u aule poesie di Ferdinando Russo anni or sono Carlo Nazzaro con elegan-te spirito dissertò attorno a que-sfargomento. « Napoli e i napole- tani — egli scriveva — si identi-ficano con un quid vago e impon- derabile che è appunto l'anima napoletana: attributo inseparabile del meridionale come il pesce crudo dall'esquimese, il deserto del cammello ». Concetti approssimativi, aggiungeva Nazzaro ragionevol iiiiiiiiitiiiiiisiitiiiiiisiiiisiiiii tiiiiiitiiiisiiiiisiiiiiiiiit ■■ii( ; — ìmente, e alla fine rinunziava an- |ch'egli a catturare la fenice sfug- ! del don Chisciotte ». io cred'o che j!qui lo se- '.ore abbia scambiato il,' gente: «lasciamo dunque a chi I non )a conosce che definisca que- |Sfanima napoletana?-. Rinunzia cortezza di botto sfatata. Il Naz-l zaropiù oltre cedeva anch'egli alla iutomazione e pescava, con fortii- j noso colpo di mano, l'anima napo- [ ! utana nei sonetti del « Cantasto- : jrje»: «in quei cavalieri erranti I : generosi e guasconi, in quei morii ;infidi e traditori, nel dialogato vivo: : e colorito del dodoIo che interviene i ^commenta te rwlTcnSn de ngeste», nella rassegnata bonomia e Sfilosofia del volgare rapsodo, c'è |tutta l'anima delia città che ha an- cora del Rinaldo quanto la Spagna carattere del Poeta che amorosa-, mente presentava al pubblico con ! quello dell'intera gente napolitana. ( E non dico che qualcosa di verità j in questa felice trasposizione esi-| sta, ma, Dio mi perdoni, non mi|ipare che i napolitani abbiano a ' identificarsi in quei smodati ere- iduli « patuti » pronti ad esagitarsi ! iper le fantasticherie del « canta-! storie » e quel ch'è peggio furoreg- !giare di impeti guerrieri seduti ! sulle scranne al buon sole del ÌMolo. O, evidentemente, quei na-' I politani non ci seno più. Allora, i ] ipoeti? Io credo ch'essi apparten- 'gano, per gran parte dell'opera itoro alla storia del costume. Chiù- 1 dono un'epoca, s'arrestano alla so-|assai saggia e mossa piena di ac- cortezza di botto sfatata. Il Naz-i glia della Guerra e della Rivolu-|| zione. Descrittori, quasi tutti si i' i tengono alla Napoli di Russo e di j di Giacomo. Il folklore imperante ; sulla fine del secolo mise di moda j certi aspetti della città che più non l o , esistono: il « quartiere », il vicolo, la « figliolella », il cammorrista, la « maestà », Montevergine, le « feste », quel cosmo limitato, sordo ed esteriore se pure annegato in uno sfarzo di colori e in quel po- (tiiiiitt«iiiiiiti«iisit«ililliiiiisisiiiiiiiiiiiiiit«iisiiiiiiiiii> i g —- ~" —_- stumo spagnolismo che il popolo s- sotto la pressione dei tempi è an- dosi più tardi una minima borghesia' filtrata traverso lo strato popolaresco, mondo meno violento e definito di questo ma psicologicamente più complesso e interese jsante. che i Poeti presero a osseril,vare fino a che la grande guerra| 'non seccò nei i Idato scrollandosi di dosso come - una vecchia pelle. Son vent'anni di a Napoli, all'ingrosso dall'80 al '900 z-lplù, dopo Ferdinando Russo det a itero l'avvio alle prime prove poe- jtiene della, generazione seguente: - [i Bovio, i Murolo, i Galdierl, i Ca- : purro. i I ii BOVIO Murolo Mario o: ' ' ' . e i Co1 risanamento andò forman- e e è - a a-, n ! Ji""!.^ a. (ispirazioni volsero anora aua vua|à j campagnola o ritornarono al pqi-|P°l° rimettendo a nuovo vecchie mi|scene ed effetti (la guerra poco o a nulla o mediocremente li ispirò, e- tema troppo sproporzionato al diasi ! letto, mentre tuonava 1 orchestra a-!dannunziana). In tutto il tempo g- del suo rigoglio, però, la poesia ti napolitana tra 1 incaponirsi sul coel lore di Napoli vecchia e la ricerca a-'affannosa del nuovo, interpretò ta i ] "ini affetti più rilevati dell animo n- popolare: amore, gelosia, maluicoa nia, dolore di emigranti, e sovraù- ^tto quella siriana tr!jo-|Napoli che il napo^eta^no migrato id- che dopo Salvatore di Giacomo, e,-ipiù, dopo Ferdinando Russo det-■ loro calamai anche !u-|ie, navigarle, »c..iu..c.u — ""-;si imune fuori — soffre nella sua ' citta E un sentimento assai deli-! càto che risolve tutta la lirica di,di j città. E' un sentimento assai deli- te a n o, la edo in o- questa terra, generando quella catulliana malinconia delle dolci colline, dei calmi pleniluni, delle notti costellate, dei giardini trasparenti sul mare, delle odorose campagne, dei bluastri toni d'autunno, dei nitidi inverni. E sul piano di questa pura lirica che il poeta napoletano i> iilliiliuiiiiiiMliiiillliiiiiiiiliHliiilillHllililHimiiniilli ,—_ " . s'affranca dalle forme e costumi caduchi ed apre l'ali, perchè, co¬ me, venne detto per di Giacomo, drdlud| agreste, marittimo, deli-1e|„„,„ -i™»t».~ ,i^„i«„v,- „!_'.a o a a o !jsappia della « canzone del Piave ») |D uontenuto e difficile pel Ril mezzo espressivo vien superato ; tadalla suggestione dell'arte. Il poe-;la,ta diventa salmista dell'opera di d■ Dio. E dove meglio di qui ispirarsi jcal canto? (Con buona pace dijlaquel pittore partenopeo che vo- j cleva pigliarsela, una volta, con lajparchitettura del Golfo: «Caro mio, |til Vesuvio non ci sta bene a quel : \\posto... »). irChi sono dunque questi maestri:dcantori? Bovio: fosco, stracittà-1 adino, intelligenza greve e palpitan-;gte nel mezzo del popolo, variabile ;asuo interprete, sensibile doloran-1 nte, tenero sciatto potente, un de- ! tscrittore della scuola « tenebrosa » j natura fotografica e caravagge- ! r 3ca' 11 sol° io credo caPace di mu-'c!tar volto alla canzone; Murolo :ccato armonizzatore d'egloghe pi-;tscatorie, trasparenti d'orti e giar dini sospesi sulle acque smaltate di Posillipo, un Sannazaro minimo; Gaeta (E. A. Mario) e Nicolardi che occorre appaiare per quel comune amore terragnolo della campagna napolitana rurale gusto di pometi e di vigne, di stagioni odorose trascorrenti sui solchi sulle alberate, le fontane, le aie, le fronde ricamate di luna, il grano fuso nel sole. L'uno anche musico, creatore di melodie che i Pesvsmcnnrtmnon morranno (e per chi non lolt-;suo dialetto denso, calloso come a -ita mollica, entrambi ra- -! «; , , ' , ,, i,mlflcatl ±e\t?0* - i i , a o sia georgica latina e arcadica. Uccidere la canzone? Impossibile nominare la schiera dei minori; i morti affidano al tempo ciò che della loro poesia ha dji rimanere: Galdierl l'amaro stoicismo e il senso della morte, tmtlnrdvlliiiliiiiiiilililiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiitiiiiiiiu talvolta disperato d'accenti e modi leopardiani; Postiglione la florita, dolcezza digiacomiana; Capurro il tratto plebeo e schietto. Tutt'insieme sono questi i maestri cantori partenopei che formano un capitolo dell'arte, nazionale, e, giova ripeterlo un titolo d'orgoglio per la città. Ma occorre non insistere su quella parte della loro opera — è ciò che interessa la nostra indagine — che s'attenne a modelli sorpassati, a ispirazioni oggi prive di rispondenza nell'animo popolare, a epoche sociali trascorse e cancellate insieme con i luoghi che ne caratterizzarono la bruttura, nemmeno sanata dalla loro volenterosa arte. Dico insomma che il <c colore », i quadri di ambiente nella loro documentaria e veristica crudezza son decaduti d'ogni interesse anche se illuminati dal prestigio della mano digiacomiana. Sempre più s'allon- e/in epoche tristi, ha rappresen .*._ A Da « Michelamma' » di Salvator Rosa all'ultima Piedigrotta, quan. tana il tempo che ne condizionava la intelligenza. Già oggi è molto difficili» rani-e « 'A Francisco» come i «Sonetti di malavita » per la chiara ragione che a Napoli il carcere di S. Francesco non c'è più (nc hanno fatto sede di Preture) ne' la malavita. Estendete \\ discorso agli altri e concluderete che gran parte della poesia dialettale napoletana appartiene ad una etnografia locale assai trigte; n regto come ho detto s'affida a qUci nucleo di pura lirica che na cantato la natura e alcuni sentimeriti primordiali, Ma, la canzone, si deve far morjre la canzone di Napoli, quella cho ha portato per il mondo la luce> n nome il profumo della città. tato talvolta all'estero tutta la Patria? Sarebbe sommamente antipatico e ingiusto pronunziare una simile sentenza. Finché vivrà Napoli, vivrà la canzone, dicono i suol sostenitori più accesi. Noi non siamo lontani dal crederlo, malgrado che il fresco zampillo del canto non appaia più alto svelto giovane, e ci fa dubitare della sua perennità. Il canto, la musica appartengono all'anima napolitana come U verde alla foglia. Ma gli au- tunni vengono, gli inverni pure. stagioni... Nella città che decisamente muta scorza e sostanza volgendo a metropoli da ex capitale rassegnata alla sua quete provinciale e alla irresolubile « questione meridionale » anche la canzone, per vivere, ha da mutare. Col tempo — dice Leonardo — ogni cosa va variando. Giovanni Artieri