DUE STORIE DEL CENEMA

DUE STORIE DEL CENEMA DUE STORIE DEL CENEMA Vari Vincent, forse il critico cinematografico belga più apprezzato, e delegato del Belgio alle Mostre veneziane, pubblica la sua Histoire de l'art clnématographique in un elegantissimo volume (Ed. da Trident, Bruxelles), ricco di molte e significative riproduzioni. Una lettura riposante e convincente. Riposante perchè, contrariamente a un frequente andazzo della cosiddetta letteratura cinematografica, non è nè farcito di inutili e ascose civetterie tecniche, nè intonato a scorci arcani di profezia, o a svolazzi di romanzutura; convincente perchè, oltre a una solida preparazione e a un'indiscutibile cultura, qui si fa « iJ punto » all'arte del cinema cosi come questa può oggi apparire: certo considerandola nei suoi sviluppi e nel suo divenire, ma soprattutto considerandola come a una sua prima tappa. L'importanza dell'espressione cinematografica, il suo miracoloso sorgere dal nulla e il suo non meno miracoloso affermarsi con una diffusione semplicemente sbalorditiva, sono tutti elementi che a storici e a cronisti hanno talvolta fatto un po' smarrire il senso delle proporzioni. L'invadenza cinematografica è stata sovente intesa come egemonia; gli elementi industriali e commerciali di questa formidabile industria dello spettacolo hanno a parecchi scrittori imposto un peso d'informazioni e di co (relazioni che, agli effetti dell'arte e della storia dell'arte, risultano inutili; i retroscena complessi, pittoreschi e allettanti di tutto questo mondo, sono in parecchi scritti venuti sovente in primo 'piano; e pur riconoscendo tutti i meriti ai quali hanno diritto le trattazioni di un Ramsaye e di un Hampton, di un Rotha e di un Charensol e di un Margadonna, di un Kress e di un Bardèche e di un Brasillach, non è certo esagerato il dire che deve ancora essere scritta una storia del cinema, ariosa e succinta, che miri all'essenziale, e quell'essenziale sappia approfondire con sicurezza, in modo da rivelare tutti i punti che i vari autori sono andati stabilendo, donando così vita alla vera e propria arte del cinema. Queste vittorie e queste sconfitte, con molti lieviti di sviluppi futuri, potrebbero agevolmente essere contenute in trecento paginette. A patto, naturalmente, che si rinunciasse a citare almeno i due terzi dei registi e gli otto decimi dei film: che le biografie d'autori e d'interpreti servissero soltanto per quegli elementi che avessero a rivelarsi importanti per l'opera di quegli autori e di quegli interpreti; che le crisi e le avventure dei varii Moloch del cinema fossero cestinate senza pietà; e via dicendo. Forse, quelle trecento pagine, sarebbero ancora troppe; e tutto il resto, per chi sapesse allora farlo con precisione, potrebbe dar vita a un'appendice, fitta da togliere il respiro, e tutta dettata da criteri d'archivio, sia cronologici che alfabetici. E' giusto, che chi voglia sapere vita e miracoli del regista Pinco Pallino possa rapidamente e sicuramente saperlo; ma non è altrettanto giusto che il regista Pinco Pallino, con le sue date e i suoi titoli, debba ingombrare una storia, dell'arte cinematografica, dal momento che egli non ha mai fatto, nemmeno per un istante, dell'arte cinematografica. Un'opera del genere, se tanto essenziale quanto intelligente, potrebbe far capire più cose che non la lettura di un'intera biblioteca o l'affannosa visione di migliaia di film; e il primo inerito, se non il maggiore, di questo volume del Vincent è di sapersi di parecchio accostare a quel mòdulo ideale, limitando una precisa informazione a periodi che dell'informazione particolarmente necessitano, e ponendola quasi sempre in funzione di un giudizio. E subito colpiscono le prime nghe dell'introduzione, dovuta a Feyder: « Il cinema non ha ancora un mezzo secolo di vita. Appena l'adolescenza* No, la prima infanzia, se si confronta questa sua sta a quella della letteratura, dell'architettura, della musica. E' la sola aite della quale un uomo d'oggi possa vantarsi d'averne seguito tutto il cammino. E' ancora impegolata nella tecnica; e le capita di scambiare i suoi progressi tecnici per la scoperta di uno stile. E chi di noi, che la serviamo, poIrebbe vantai-si di non mai cadere in late errore? » Quando un artista ha coìninciato il suo discorso con queste parole; e queste parole servono da avvìo al critico, già si potrebbe, prima ancora di leggerne il vclnme, essere fidenti nei suoi presupposti estetici. Giudizi tutti sereni e sotto sotto severi di fronte all'opera e di fronte a si) stessi; ne vengono così in¬ terpretazioni che sorprendono per la loro calzante apertura (il germanesimo di Fritz Long, il volterrianesimo di René Clair); e parecchie figure si collocano nella loro luce più vera. Basterà citare la giustissima importanza data a Méliès e alla coorte dei primitivi; il romanzo di Gance e la fertile avventura dei movimenti d'avanguardia; l'attenta serena disamina del cinema italiano e la parabola di Griffith; la messa a punto di Ince, di Macie Scnnett, e l'assurdo della pretesa letterarietà del cineina scandinavo. E poi, con i tedeschi, l'espressionismo e l'evoluzione di un Miunuit; con i russi, le vicende degli emigrati e la simbologia dei migliori registi sovietici; con gli inglesi, l'importanza di un Feher; fino ai cinema minori, dal ceco all'austriaco, dallo spaglinolo al polacco, dal belga all'olandese e allo svizzero, con infine alcuni accenni ai cinema orientali e a quello dell'America del Sud. La ricca e persino tumultuosa materia si placa e si distende in prospettive efficaci; i piani dei varii valori si succedono armonicamente, chiaroscurandosi a vicenda; e, dopo l'ultima pagina, è come aver percorso un lungo cammino, condotti da una guida esperta e sicura. * * Se il volume del Vincent s'intitola Storia dell'arte cinematografica, il gr'osso volume di Francesco PasineMi s'intitoZa Storia del cinema (Ed. di « Bianco e nero », Roma). Là, il proposito di sceverare nella molteplice produzione di ogni tempo e d'ogni paese i filoni e le opere che possono avere una importanza d'arte; qui l'intento di radunare e di ordinare tutto ciò che è stato ed è cinema. Un compito, anche questo, utilissimo, mirante sopratutto a soddisfare l'informazione e la consultazione: non per nulla l'edizione è a cura di « Bianco e nero », ossia del Centro Sperimentale di Cinematografia, che viene così ad avere il « mannaie » per i suoi corsi e i suoi allievi. Se il Vincent, e prima di lui parecchi altri storici, ha suddiviso la sua materia in capitoli-monografie, dedicato ciascuno al cinema di questo o di quel Paese, dalle origini a oggi, Pasinetti affronta una formula che è tante }>erentoria quanto coraggiosa: la cronologia per lu cronologia. L'anno 19.10, ad esempio, vede sfilare i film prodotti in quell'anno nei più diversi paesi; e il rigore dell'annata per l'annata è appena temprato dal sostituirvisi di brèvissimi periodi di due o tre anni, non di più, quando gli scorci e gli accostamenti lo consentivano. Tutta la produzione cinematografica diventa così come un immenso fiume che dalle sue più remote j sorgenti proceda per un corso, ricchissimo di deviazioni e di, braccia collaterali. Naturalmente, non potendo seguire con una assoluta simultaneità le varie correnti, queste sono di continuo abbandonate e riprese; e sei ciò rompe per forza di cose il tes-, suto connettivo di questa storia, le, dà però le puntuali varianti delle \ varie riprese. Un lavoro del genere presuppone un'esattezza assoluta di dati; altri sarà certo più bravo di me; ma per quanto abbia cercato, non ho potuto incontrarmi con qualche errore. Tutt'al più, qualche dimen¬ ticanza, sempre veniale; che forse dev'essere attribuita al desiderio di un poco alleggerire la formida bile, implacabile rassegna. Che è ancora arricchita di indici davve ro meritori, di un dizionarietto di termini tecnici, di un elenco dei film esistenti presso cineteche o enti italiani; e la precede una crono logia tanto interessante quanto co- Alida Valli in «Ballo al castello». scienziosa della cosidetta preistoria del cinema, dal Charles che nel mo riproduce silhouettes su carta sensibilizzata con un preparato di formula ignota, al Daguerre che nel 1820 presenta il « Diorama », teatro per rappresentazioni di visioni panoramiche con effetti di luce; dagli studi del Roget (1825) sulla persistenza delle visioni sulla rètina dell'occhio, alla ruota di Faraday (ISSI); dal Child che riesce a presentare uno spettacolo (1839) di lanterna magica, nel quale appaiono immagini che si dissolvono, alla « Ruota vivente » del Von Uchatius (1845); dal cinetoscopio di Wenhan (1852) al cinematoscopio di Sellers (1861), il papà del cinema « a libretto »; e via via, fino al tamburo di Muybridge (1877), al fucile fotografico di Marey (1882), al cinetoscopio di Edison (1889), e al 15 febbraio 1895, la data del brevetto ottenuto dai fratelli Lumière per il loro « cinematografo ». Sono le tappe miliari per le quali, dal nulla, è sorto un nuovo mezzo espressivo; e l'insistenza dei tentativi e delle ricerche è talvolta impressionante: come iV Pasinetti ricorda, si pensi che gli apparecchi derivati dalle cosidette « ruote viventi » furono ccntoqnarantasei; e che i brevetti concessi nella sola Francia per apparecchi cinematografici furono, dal 1890 al 1896, centocinquantatre. * * Oggi il cinema è già oggetto di storia; e sia che si tratti di una avveduta e serena indagine, come quella del Vincent; sia che si tratti di una scrupolosa raccolta di dati, come quella del Pasinetti; questi due volumi, diversissimi e importanti, vanno ad accrescere quelli che li attendevano, in uno scaffale che ogni giorno si fa più corposo. Mario Cromo Doris Durante, Elsa De Giorgi, Beeozzi e Malnati visti da Cattaneo, Da « La conquista dell'aria », di Marcellini: il tentativo di Lilienthal con il suo aliante.

Luoghi citati: America Del Sud, Belgio, Bruxelles, Francia, Roma