La Spagna e gli arabi

La Spagna e gli arabi La Spagna e gli arabi // fascino del Residente Beigbeder, grande capo - Confidenza tra gli indigeni e i dominatori - 90 mila soldati per la guerra di Franco: 45 mila tra morti e feriti (Dal nostro inviato) TETUAN, giugno. La personalità di Juan Beigbeder riempie di sé tutto iì Marocco spagnolo. L'Alto Commissario di Spagna è uno di quegli uomini rari in cui il bisogno di un'esuberante attività s'allea a un'intelligenza privilegiata. E' della specie dei veri capi. Parla e scrive perfettamente l'arabo, cosa rarissima negli amministratori coloniali, el che gli procaccia presso il popolo musulmano, suscettibile e ombro-' so, avido di comprensione e di stima — pronto a pagare questa a qualunque prezzo — forza, e mezzi di penetrazione che molti colonialisti potrebbero invidiargli. Amico sincero degli Islamici, di cui ha conquistato la fiducia e l'affetto, e che sono pronti a tutto per lui, tanto da far dire ai Marocchini della zona spagnola: — Che peccato che egli non sia addirittura musulmano! — Beigbeder è, per dir così, il padrone del Protettorato. Un vero « conquistador » La sua forza e il suo prestigio al misurano da questo semplice fatto: che in una zona piccolissima, meno popolata d'una delle trentanove province spagnole, egli è riuscito durante la guerra a levare un numero di combattenti arabi che si valuta generalmente sui 90.000, di cui i molti e i feriti si valutano generalmente ' alla metà di questa cifra, laddove nella Spagna peninsulare l'arruolamento era ben lungi dal raggiungere una così enorme densità. Combattenti che sono andati a morire per una causa di cui in fondo pochi potevano rendersi esatto conto, e il cui addestramento, il cui armamento sempre maggiori fanno oggi dell'esercito spagnola d'Africa una realtà potente, non abbastanza apprezzala fuori di qui. La persona del colonnello Beigbeder è praticamente inaccessibile. I funzionari e i collaboratori stretti dell'Alto Commissario sono muti finché il capo non riceve, ciò che non accade mai. Poco propenso al colloquio giornalistico, il Residente di Spagna forse non si avvede che le barriere che Io proteggono dulie indiscrezioni della stampa, anche di quella umica della Spagna, non diminuiscono la ignoranza di circoli che non domanderebbero che di essere illuminali, aggravano l'incomprensione generale che avvolge la politica coloniale degli spagnoli, aumentano quell'alone di mistero che si è formato intorno alla sua azione. I francesi lo /unno passare volentieri per un nuovo Lawrence. Là dove nel carattere dell'Alto Commissario dovrebbero far risaltare l'intelligenza superiore, lo studio e la sottigliezza dello spirito, l'esperienza della società europea acquistata in dieci anni di diplomazia a Berlino, le profonde conoscenze d'arte militare ottenute alla scuola di guerra di Parigi, la padronanza di tre lingue europee e la compenetrazione più unica che rara col mondo islamico che è quasi il suo mondo, se ne fa quasi un avventuriero, un « conquistador » moderno: in realtà Beigbeder è un uomo serio e posato, un funzionario e un amministratore. Lasciamo dunque il romanzo e cerchiamo, attraverso la selva degli impedimenti polizieschi, di avvicinarsi a quest'uomo e alla sua politica, per studiarne gli aspetti. Impresa, come ho detto, ardua per un giornalista; se in Ispagna la bardatura di guerra e di polizia comincia a sciogliersi, nel Marocco la catena cartacea dei salvacondotti è ancora salda. A Siviglia avevo speso quasi una giornata per munirmi di timbri vistosi che dovevano spalancatami tutte le strade. Ma già ad Algesiras, porto d'imbarco, siamo avvertiti che U lavoro fatto è inutile: tutto è da riprincipiare; passano ore ed ore e a Tetuàn bisogna cominciare di nuovo per andare a Tangeri. Contrattempi che la squisita gentilez za dei funzionari rende perdona bili, poiché avete a fare con gente che si desola veramente di non poter rendervi più spedito il cammino; e in fin dei conti, in pochi giorni io ho fatto il giro del Protettorato. L'anima degli arabi Beigbeder conosce il Marocco come casa sua. La pratica della lingua gli rende accessibili tutte le pieghe dell'anima musulmana. Una promessa, una semplice offerta fatta da lui, un consiglio profferìfa» nell'idioma che è per i « caid » e per i sacerdoti l'idioma ecumenico e religioso della loro razza e del loro culto, acquistano nella bocca di Beigbeder un significato, una forza suggestiva e irresistibile che non hanno sulle labbra prudenti e gelide di un qualsiasi funzionario europeo. Il Residente ha fatto capire fin dal principio della guerra civile agli arabi che egli era, personalmente, l'uo- el o -' i a e i . i e o — l o e e i i e i a à. a n si a ri e, l si a a isi e. o o, a oe a e e an » n a e eva i. er a oo na a e le re a re di nz a non mhi oonle na ta ì » mo capace di comprenderli e di I neaiutarli; se n'è fatto amico e li ha C'persuasi che essi potevano dar tut to a lui e fidarsi in pari tempo di lui. All'adesione arabica alla causa di Franco, espressasi col tremendo contributo dì sangue a cui ho accennato, corrisponde certamente — non è basso inganno politico — l'adesione della Spagna al mondo islamico, un avvicinamento, un affratellamento, che fa sì che l'offerta non sia da una parte sola. Beigbeder incoraggia gli Arabi a prendere coscienza di se stessi, a non considerarsi un popolo schiavo, li aiuta a redimersi dall'ancestrale complesso d'inferiorità, a stimarsi capaci di agire, e poi ad agire; la sua è un'assistenza spirituale, che si fonda sulle risorse psicologiche nascoste dell'anima musulmana, le ridesta e le esalta. Per dir tutto, sembra che il colonnello Beigbeder non tema il risvegliarsi del nazionalismo arabo; all'opposto, egli permette la propaganda islamica e nazionale araba, che s'esercita nelle moschee e nelle pubbliche riunioni. Queste manifestazioni della sua politica così diverse, anzi contrarie a quelle della politica francese, danno un'idea dell'originalità dell'azione della Spagna d'oggi al Marocco. Di fronte al fatale ridestarsi della coscienza collettiva nei popoli arabi, dovuta al propagarsi dell'istruzione, dell'igiene, della statttpa, delle comunicazioni nell'interno dei territori, i paesi colonizzatori oscillano fra due politiche ciascuna delle quali ha vantaggi e inconvenienti. che il semplice buon senso suggerisce: la politica della diffidenza da un lato, la po litica della confidenza e dell'accordo dall'altro. La Francia ha adotìalo volta a volta entrambe queste politiche: c'è il Residente che crede abile e accorto largheggiare con le correnti pan-arabiche nognfrprrarasttetetecoserizavotaesrelevuovtupsploAmmdsdsonrispTpMpsecngssae presentare la Francia come ima] gsorella maggiore, e toglie dall''ere- Iomadia l'ormai vecchia veste dettai gnazione europea che non già do- nmina, ma protegge, consiglia, in- adirizza i pussi incerti della colo-iunia; e c'è quello invece che noni oscherza con le propagande nazio-\ chnoli destinate più o meno fatalmente a sboccare nell'insurrezione, nè ha paura di trattare la colonia per quello che è. Nè stranieri, nè inferiori irrspbPategpn1 Il colonnello Beigbeder e la Spugna non si trovano, di fronte a questo dilemma, nella stessa posizione in cui altri si trova. La ne- cessila, di ricorrere ■0^atMWMrt01 ^t^armato dell'intera popolazione va-\Ssloei'caaqbegslutcndtdvamqtaloilnscOspalida del Protettorato per fronteggiare la valanga umana, irta dì mitragliatrici, se anche maldestra e indisciplinata, dei sindacalisti anarchici e socialisti, ha messo gl amministratori spagnoli del Marocco in una posizione più che di dominatori, di alleati. Sarebbe stato impossibile ottenere con la rudezza quel sacrificio umano che solo un comando affettuoso poteva sollecitare. Ma a parte questa situazione specialissima in cui s'è trovata per la guerra, la Spagna ha sempre nutrito nei confronti degli Arabi e degl'Islamici in generale sentimenti diversi da quelli degli altri popoli; non li ha mai considerati come sudditi, ma come cittadini sia pure d'altra specie; non ha mai potuto dimenticare che l'Andalusia è il più bel museo dell'arte islamica, clic per sètte secoli Arabi ed Europei in Ispagna sono convissuti e vi si sono mescolati pur guerreggiando fra loro, che i principi cristiani, nei lunghi periodi di tregua e di pace che si aprirono fra guerra e guerra, mandarono i loro figli a educarsi alle corti moresche vicine., e altrettanto facevano gli emiri arabi accolti fra i castellani di Spagna con gli onori del rango; che anche in lizza non sempre i campi furo'no ben divisi fra seguaci di Cristo e del Profeta, poiché più d'una volta principi cristiani e maomettani erano alleati per combattere altri signori d'una delle due razze. S'Ita'un bel dimostrare oggi sulla carta che la fusione [del sangue non è giunta al grado che s'era creduto, la fusione è esistita e gli Spagnoli non ne hanno mai fatto mistero. Gli Arabi non sono per loro degli stranieri o degli inferiori. La loro amministrazione africana ha un carattere paterno che si sente molto bene sul posto, dove colpisce chi viene dalle vicine colonie francesi quel senso di fiducia, di confidenza, che mettono gli Arabi nei loro rapporti coi protettori, C'è da parte loro un vero abbando- no alle direttive che dà la Spa gna; l'anima araba è disarmata di fronte alla Spagna. Ecco il fatto basilare da tener presente. Aggiungo che secondo le rapide impressioni che ho potuto raccogliere sul posto, l'amministrazione spagnola nel Marocco è tecnicamente buona. Se nel Protettorato spagnolo non si sono fatte le grandi cose che si possono contemplare nel Marocco francese, ciò deriva dall'enorme inferiorità di mezzi. Le opere di assistenza e di educazione compiute a favore degl'indigeni impressionano tanto più in quanto in gran parte esse sono state eseguite durante la recente guerra, cioè quando tutte le energie della Spagna erano tese verso ben altre mète. Tetuàn è una città pulita, per bene, dove ogni cosa è al suo posto, ogni servizio si compie con fedeltà e puntualità. La campagna è ordinata prospera, raccolta. Gli amministratori, gli interventores, compongono uno dei migliori corpi coloniali che si vedono all'opera in Africa. Accolta di gente di prim'ordine, sia tecnicamente, sia moralmente: probi, inattaccabili dalla cupidigia e dalla corruzione; svolgono la loro opera nell'ombra della modestia e della discrezione, soli nelle lontane sedi dell'interno, eredi moderni dell'antico spirito missionario e colonizzatore spagnolo.. Tetuan: una grande famiglia L'amministrazione spagnola è pacata, fidente, fraterna verso i Marocchini; a essa corrisponde da parte degli Arabi una preferenza sentimentale, affettiva, che non si complica con tagionamenti, che non discute se neW autorità più guardinga di altri colonizzatori ci sia un'onesta prudenza, che giustificano i grandi sforzi fatti per accrescere, anche a beneficio de- gli Arabi, la prosperità della co Ionia; che non sì domanda se il i governo un po' distante degli altri non sia altrettanto fattivo e non assideri una garanzia più solida ulle sia pur limitate libertà che oggi l'Europeo può dare all'Arabo; che si rivolge alla Spagna con un irresistibile sentimento di familiarità e dì fraternità fisica più che spirituale. La politica del colonnello Beigbeder non rassicura tutti nè nel Protettorato nè fuori; quayido ho accennato al quesito sulle incognite che poteva presentare l'incoraggiamento dato ai partiti arabi, le persone con cui ho parlato m'hanno risposto con un sorriso: — Que- 1 ^t^'^te^^rinMmTSìW^LJnte' «3to«s^Kta^ \S(ll.jo che per mostrare di saperla lunga, per chiudere il colloquio. Le relazioni fra gli Arabi e la Spagna sono così strette e i'ascendenfe di Beigbeder è tale, che si segue con fiducia la sua azione anche quando può parere arrisch iuta. Sarebbe interessante seguire questa politica più davvicino; ma basti averne accennato gli aspetti e le caratteristiche originali, le giustificazioni lontane e recentissime, le ipotesi a cui essa può dar luogo. Tetuàn, in cui ho passato troppo brevi giorni, «li lascia il ricordo d'una grande famiglia coloniale raccolta intorno a un buon despota di grande forza, che ha trasformato il volto tradizionale dell'Europa nei paesi che egli governa e ha creato per davvero, non a parole, l'affiatamento ispanomarocchino. La forza schietta di questi risultati è tale che permette di indicare i punti non ancora abbastanza luminosi; e il colonnello Beigbeder è uomo che non ama il panegirico deliberato e detesta nel giornalismo l'invenzione. Parto per Tangeri. Riccardo Forte L'interno suggestivo d'un caffè arabo.