"Exigua et celeberrima Verruca,,

"Exigua et celeberrima Verruca,, ] \ La rocca di Verrua e il campo di Vittorio Amedeo II sulla sponda opposta del Po. (Litografia ottocentesca che riproduce un quadro eli Giuseppe Bisi - Collez, BourJot). di Vittorio Amedeo II teneva campo a Crescentino per molestare con opportune diversioni c manovre dimostrative gli assedianti, appoggiare e vettovagliare la ròcca attraverso il ponte di barche e la «testa di ponte» (comandata dal conte di Vlllanova) stabilita nella breve pianura della sponda destra, sotto la fortezza. Verrua, com'è noto, era una delle tre piazzeforti imperiosamente chieste da Luigi XIV al Duca di Savoia a pegno di un'al-] leanza, durante la guerra per in' successione di Spagna, che non' esisteva ormai più che di'nome. Dichiarata la guerra allo strapotente sovrano con lo stesso animo fiero del 1690. stretta nuova al-\ leanza con gli Imperiali nel novem-' bre 1703, il piccolo Piemonte era di nuovo in armi contro la Francia; ed ecco che già il SO settembre 1703 il Duca ordina alla guarnigione di Verrua d'obbedire «al Conte della Roccia di Allery che' sì porta a comandare al suddetto' forte ». Quant'è bello, da parte del; Principe sabaudo, questo ifalia-1 nizzare il nome francese. Il 28 aprile dell'anno dopo, in una lettera da Trino, il duro Della Roccia, in luogo del molle De La Roche, ritorna sotto la penna del Duca. Vittorio Amedeo tien campo adesso a Crescentino, ottimo punto strategico per sorvegliare la minacciata pianura. Sono gli anni terribili, è l'incubo su tutto il Piemonte fino a quando giungerà] nel 1706 la liberatrice vittoria di] Torino. Piovono da ogni parte il messi di sventura. Perduta è or-\ mai la Savoia, invaso l'Aostano,] Susu occupata dal La .FeHÌ(lade,| cappsds \ ] | malgrado la difesa alla « Brunet-' a to ». Incalzati dal Vendòme i Pie- tigmontesi debbono lasciar Trino,.'sccade Vercelli, cade Ivrea, Bardi coapre le porte, la minaccia si prò-] Llende terribile suìlu capitale. Jm- fepavido il Duca resiste: occorre dar' cotempo al Principe Eugenio di ri- Lprendere l'iniziativa della guerra polti Lombardia; e di giungere: que-ràsta Verrua è la chiave del sistema tedifensivo: tenerla più che si possa, bestancar con essa e limare l'esercì- soto nemico. Verrua sarà la salvez-' caza di Torino; senza Verrua il voto-leai Snperga non sarebbe stato sciolto. Salut o a un eroe riqumcoE ben lo sa il Vendòme quando i reattacca la piazzaforte dalla parte hadelia collina, a Gherbignano che'nooggi si chiama Carbignano. La ri- podotta è difesa con tanto valore cache ad espugnarla occorre Pope- ni di mina; è una pausa, ed in- lelanto anche il Bie.llese è conqui- rustato. Giunge l'inverno, e nè la. Dneve nè il gelo sopiscono la lotta Tintorno alla ròcca. Brecce gtgan- cefesche s'aprono nelle mura, il pre-\trsidio ogni giorno s'assottiglia, nulla fa piegare quegli eroi. La notte del Natale 1701t Vittorio Amedeo stesso entra nel forte, fa saddpcorrer voce, nel campo avversa- ' brio, che ha deciso d'abbandonar ceVerrua, di raderla al suolo, di riparare a Torino. E invece ha introdotto nella piazza altri quattromila uomini, le ultime riserve, e Ve qsil 26 dicembre, in una nebbia fit-'iota, scatta con una formidabile] tesortita. Lo stesso quartier gene-Urate francese è minacciato, muore fil maresciallo d'Ymerconrt, gli assedianti sbigottiti son costretti a richiedere un nuovo parco d'ar tiglieria, a rifare i gabbioni, a scavar altre trincee. E l'assedio continua, e sdegnato e sorpreso Luigi XIV tempesta di dure ìet fere il Vendòme. Solo quando, per consiglio dell'ingegner militare Lupara, gli sforzi dei francesi si porteranno sul ponte, e questo sarà troncato, e la « testa di poli te » conquistata dal generale Vau becourt nella notte del 1" marzo, solo allora si delineerà, fatale, la caduta dell'eroica Verrua. Ma alle intimazioni di resa, imperler¬ rito il d'Allery risponderà, dopo quasi cinque mesi di bombardamenti e di assalti: « Solo adesso comincia l'assedio. Adesso è bello resistere! ». E pure sa che il Duca ha dovuto abbandonar Crescentino per ritirarsi a Cltivasso. e che polvere e viveri stanno per man care. Signor Conte della Roccia d'Al lery, voi che dopo aver difeso Ver rua foste chiamato dal vostro Duca a difender la Cittadella di Torino in un assedio anche più celebre, e che il III ottobre 1713 trovaste riposo là dov'era la chie- sa della vostra Cittadella, concedeteci di rievocarvi, dopo quasi due secoli, con l'immagine che più vi conviene: a cavalcioni d'un barile di polvere con la miccia ac cesa in mano, presso il mastio di Verrua, a giurare nel nome di Dio e di Savoia di far saltare tutta quanta la ròcca, uomini compresi, se non si eseguiscono i vostri 'iordini di smantellar l'intera for] tezza perchè almeno non cada aiUro che un rudere nelle mani dei francesi. Questo è Piemonte, Marziano Bernardi Piemonte guerriero baluardo d'Italia "Exigua et celeberrima Verruca,, VERRI)A SAVOIA, giugno. A Cresccntina, in una botteguccìa quieta della via principale dove nel giugno caldo è piacevole cercar frescura di penombre sotto i portici bassi, si vende con tanto di « edizione riservata » una cartolina divertentissima. Rappresenta a colori deliziosamente falsi la ròcca di Verrua appollaiata sulla sua rupe che domina il Po, il ponte di barche gettato al principio dell'assedio, la celebre « testa di ponte •» chiave di tutta la difesa e che molto da fare diede al duca dì Venderne, l'unico generale di Luigi XIV degno di stare a fronte, dice il Carutti, del principe di Carigna.no; e qui sul verde stridulo dell'erbosa sponda sinistra, sotto alberi fronzuti come quelli che dipingeva Massimo d'Azeglio, un gruppo concitato di cavalieri. Non è tutto. Lo stampatore ha taciuto che si tratta di un'immagine tolta da un vecchio quadro di Giuseppe Bisi, morto scttant'anni fa dopo aver insegnato anche a Brera e dipinto non so quante battaglie, ma non ha omesso alcun particolare. Nel follo di un boschetto,c'è una tenda a righe bianche e marrone, intorno stanno soldati con stendardi e drappelle, più innanzi alcuni guastatori atterrano piante e preparano gabbioni, noncuranti delle moschettate che li presso colpiscono a morte un dragone; al centro della scena, su un cavallo bianco, Vittorio Amedeo II si rivolge a un uomo a piedi col cappello piumato in mano. Chi è questo guerriero in corazza, dall'aspetto sofferente ma risoluto, ritto sul prato sgombro davanti al Principe? Forse un prigioniero francese di riguardo? 0 meglio ancora il conte Pietro de La Roche d'Allery, comandante della fortezza di Verrua, il quale, ferito a un braccio da una schioppettata, il 7 gennaio 1705, doveva esser trasportato per qualche giorno a Crescentino, quantunque fieramente caparbio protestasse di voler rimanere al suo posto? Il primo assedio Comunque, due cose mi fanno assai piacere di questa pittoresca veduta. Una che dopo duecentotrentaquattro anni in una pingue cittaduzza piemontese un fatto d'armi bellissimo e glorioso svoltosi là in faccia sulla nostra collina contìnui ad esser popolare c vivo c fresco — con manifesto orgoglio — nella memoria, quasi cronaca di ieri e non episodio ormai lontano su una prospettiva già storica: prova di come il sem¬ I Sa questo spalto monferrino bagnato dal sangue di dodici- I j mila francesi, fu scritta una delle più belle pagine del valore \ \ piemontese:e lastupendaresistenzadellarocca, logorando Ve- j | sex cito avversario, fu il preludio della grande vittoria di Torino I pre guerriero Piemonte sappia tener fede alla sua antica vicenda. L'altra, che sul rovescio della cartolina sia scritto: «Il Duca, poi Re, Vittorio Amedeo II gravemente ferito sotto Verrua Savoia sta fermo alla difesa. Anno l'OJi ». E' un grosso errore. Non all'assedio di Verrua del 1704-1705 un Principe sabàudo ebbe il volto solcato da una palla di carabina giunta fortunatamente di striscio e deviata dalla tesa del cappello, ma quasi un secolo prima, all'altro assedio del 1625; e non Vittorio Amedeo II, il salvatore di Torino, bensì l'intrepido figlio di Carlo Emanuele il Grande, Vittorio Amedeo I. «Le Prinse (sic) mon fils porte la marque de cettc blessure... » scriveva orgogliosamente il Duca al Re di Francia suo alleato il 26 settembre 1625 da Torino, come documentò Pietro Orsi dopo le sue ricerche negli archivi parigini. Anche allora Savoia teneva il campo a Cresccntina, ne allacciava la sponda mediante un ponte di barche sul Po con quella opposta sotto la ròcca, dava per questa via rinforzi e viveri alla fortezza premuta dalla parie della collina dal colosso spaglinolo, sventava diabolicamente ì piani, con attacchi improvvisi, colpi di mano fortunati, gioco di mine e contromine, fuoco nutrito d'artiglierie, del borioso Governatore di Milano. Don Gomez Silarei de Figueroa, Duca di Feria, che aveva promesso al suo re di prendere Verrua in meno di tre giorni senza nemmanco far uso del cannone e proseguir quindi la marcia su Torino: — questa Verrua che, secondo l'efficace espressione contenuta nella Relatione dell'assedio pubblicata a Torino dal De Ribera nel 1625, era null'allro che una «colombara», una cinquantina di case protette da un vecchio castello, il tutto cinto da un debole muro: — questa « colombara » i cui mille difensori piemontesi al comando di Francesco Dumas conte di Saint-Rcran resìstettero non tre giorni ma cento, dal 9 agosto alla notte del 17 novembre, e videro alfine la fuga spaglinola che lasciava dietro di sè — fu detto — ventimila caduti nei vani assalti. E gli uomini di Carlo Emanuele e del maresciallo di Créqui non erano che diecimila (che quelli del malfido Lesdiguières giunsero soltanto in ultimo) contro i venticinquemila fanti e i cinquemila cavalli che con venti cannoni il Duca di Feria aveva condotto dalla Lombardia in Monferrato. Quand i verr manggran cous^'ua ji Spagneui pijran Verua... Cosi la gente del luogo, fiera dì una vittoria che aveva meravigliato l'Europa, parafrasava un antico motto che pare fosse stato apposto sulla porta del castello fin da quando il Marchese di Monferrato, nel 1S87, aveva portato aiuto ai signori canavesani contro Amedeo VII, il Conte Rosso: « Quando questo porco pigliarà l'uua — Il Marchese di Monferrato pigliarà Verrua » ; e l'epigramma si riferiva — dice la citavi Relatione dell'assedio — ad I uno stemma, poi passato nella ìaraldica verruchese, nel quale «si | vedetta un porco in piedi ch'apriiva le fauci per aggiungere un grappolo d'una pendente sopra il \suo capo». Nè ciò bastava ad esprimere la gioia della liberazione e il vilipendio del nemico; che un soldato che aveva partecipato alla difesa, tal Pasqualin da Mazorbo, componeva e stampava una Fischiada Navarinesca sopra la fuga de Spagnuoli da Verrua dove si diceva che costoro, piegate le bandiere e senza rullo di tamburi: Han lassa quel bel Castel Dond han pers ol so cervel Con l'assedi di tre mes Chan ben mo impara ai so spes A vorè fa dol gradas. Meno d'un secolo dopo l'epìgrammutico distico sarebbe ancora stato argutamente trasformato sostituendo « ji Spagneui » con « i Fransseis ». Ma intanto il suc¬ cessore del Principe sabaudo ferito sotto Verrua, il duca Carlo Emanuele II, faceva murare sulla porta del castello un'orgogliosa epigrafe in cui il linguaggio storico prendeva il posto della Musa vernacola : « Exigua et celeberrima - Verruca - Quam Car. Emm. I Sab. Dux - Immunitam fortissime defendit - Car. Emmanuel II Ut ipsa sese defenderet - Communivit ». / due frammenti, incompleti, della lapide stanno riuniti in un androne del castello, oggi, dopo tante vicende di guerra, pacifica proprietà dei marchesi di Invrea. Il pauroso pozzo Evidente, dunque, l'equivoco fra l'uno e l'altro Vittorio Amedeo. Ma felice errore, perchè in uguale nome e nel medesimo eroico luogo si perpetua la tradizione guerriera dei Savoia. Che importa il numero d'ordine della successione ereditaria, un secolo oppur l'altro, il primo od il secondo dei due assedi famosi? Dove un Principe sabaudo scende in campo con la spada in pugno seguito 'dal suo popolo, qui è l'onore, il | valore, il sacrificio: è soprattutto . la forza spirituale che vince quul, siasi forza materiale: « Immunijtam. fortissime defendit», strenuamente difese la ròcca sguarnita. Per questo è davvero celeberrima Verruca. Ecco Verrua, bel nome che suona in tanta ampiezza d'orizzonte come un rullo alto di tamburo che dai monti limpidi, laggiù biancazzurra corona, chiami nell'immensa pianura solcata dai fiumi gagliardi le forti schiere alla difesa dell'arduo castello. Ecco Verrua Savoia, nobile avanzo di quella che fu temuta fortezza, oggi fiorita di rose sulle mitra sbrecciate, sereno sor/giorno sull'estremo spalto monferrino fra il grande anfiteatro delle Alpi e il mareggiare immobile dei colli ulerumici dote la vite profuma l'uria ed i buoi candidi incidono possenti la zolla. Sale la Storia grondante dì san¬ ! is..■.' e e a a a , e e i . ¬ gue e di valore da Staff arda al-] l'Assietta, dai Campi Rattdii alle Chiuse, da Snperga a Palestra, e\ ferma qui la sua onda a questi prati in declivio sui quali donne e ragazzi allargano cantando il fieno al sole. Muti i bastioni e le torri che un giorno chiedevano ai santi il patrocinio di un nome. Santa Barbara, Sani' Amedeo, Sant'Andrea, San Giuseppe; muta la campanello della chiesuola dì Santa Maria in Castello che nel munito recinto accomunava i difensori in una suprema fede in Dio e nella Croce di Savoia; scomparse quasi ttttte le case che intorno e sotto all'antico manie! ro, come si vede nelle vecchie stampe, s'accucciuvuno sulla luniga costiera che unisce la ròcca al paese, ad ottener protezione. Prima un cannoneggiamento incessante valutato a centomila colpi e le mine, poi la dura volontà del d'Allerti, infine l'ira del Vendòme .non lasciarono di quello ch'era, stato un borgo fortificalo che unì campo bagnato dal sangue di do-' dicimila francesi. Oltre l'odierna' .dimora signorile e i ruderi degli' ■ smantellati baluardi, non resta pitti .qui, a documentare le opere di guerra, se non il vertiginoso poz-\ zo-cisterna che dai sotterranei del 'castello paurosamente s'inabissa fino circa al livello del Po. Largo cinque metri, profondo centodieci, in caso d'assedio forniva l'acqua alla guarnigione e agli abitanti. 1 francesi lo interrarono in parte,] ma tuttora a gettarvi un fascio, di paglia accesa la fioca fiamma' scende fino a novanta metri guizzando con soffocati buglioli in' quella cupa tenebra che - rievocai incubi alla Edgar Poe; ed a lasciarvi cadere un sasso, dopo una] attesa che sembra interminabile,] invece del tonfo sale dalla nera] voragine un'eco lunga e lamento-] sa, quasi un grido umano die sii perda in cavità misteriose. Salvezza di Torino L'assedio di Verrua da parte dell'esercito francese, forte di venticinque battaglioni di fanteria, di ventotto squadroni di cavalleria, di quattro reggimenti di dragoni oltre le truppe che venivan da Casale, di quarantotto cannoni d'assedio, di tredici mortai, ed al comando di un grunde generale ìqual era il duca di Vendòme, durò quasi sei mesi, dal 1% ottobre 170ti al 9 aprile 1705~, contro un presidio di non più di cinquemila uomini comandati dal conte de La Roche d'Allery, ed il piccolo esercito che sotto la personale guida