PROSPETTIVE complicate di Guido Tonella

PROSPETTIVE complicate LA SVIZZERA E LA GUERRA PROSPETTIVE complicate Come può essere violata e come può essere difesa la neutralità - Subdola propaganda francese GINEVRA, maggio, L'insigne storico elvetico Gon- pule.zague de Reynold, che è senza dub- Svbio una delle menti più lucide del-1 dicla Svizzera d'oggi, ha passato in rassegna in questi giorni sulla Gazette de Lausanne le diverse giugirfaeventualità dinanzi alle quali po- i prtrebbe trovarsi la Svizzera nel ca-'maso di una nuova conflagrazione europea. Benché, come abbiamo rilevato in un precedente articolo, l'opinione pubblica svizzera si occupi appassionatamente' di tutte le questioni riguardanti la difesa militare del paese e non rifugga dall'esaminare con tianquillo coraggio quella che potrebbe essere la situazione della Svizzera in caso di invasione e ciò che bisognerebbe fare per rendere dura la vita all'eventuale invas 'e, nessuno ancora come il de Reynold aveva saputo o aveva osato esaminare veramente a fondo il problema della Svizzera di fronte alla guerra. Si ha infatti il torto di ridurre la questione a due termini soltanto; pace o guerra; e nel caso della guerra di considerare semplicemente le due eventualità: o che la Svizzera riesca a mantenere la sua neutralità o che sia essa stessa impegnata nella guerra in seguito ad un attacco diretto sulle sue frontiere. (Nella pratica, aggiungiamo noi, quest'ultima ipotesi è prospettata in modo ancora più semplicista, dato che per il suo particolare atteggiamento ideologico l'opinione pubblica elvetica finisce per ammettere come vera unicamente la minaccia di una invasione da parte della Germania). Due ipotesi La realtà potrebbe però rivelarsi assai più complicata di quanto s'immagina comunemente. E per cominciare, si può veramente considerare come probabile che, verificandosi il caso peggiore, cioè una violazione di frontiera tale da trascinare la Svizzera stessa nella guerra, tale violazione debba proprio assumere la forma di un'aggressione caratterizzata? Se cosi dovessero svolgersi le cose, osserva Gonzague de Reynold, sarebbe ancora, nel male, una grande fortuna, perchè la situazione sarebbe netta dal punto di vista morale e nazionale: il vecchio eroismo dei Confederati si leverebbe armato di tutto punto dalla sua tomba; e se anche gli svizzeri fossero battuti e cacciati fuori dai loro territorio, potrebbero essere sicuri di vincere essi l'ultima battaglia, perchè — dice lo scrittore elvetico riprendendo in altra forma il concetto mussoliniano — « un popolo che sa morire per la sua difesa, per la sua patria, per il suo onore si pone da sè stesso in stato di resurrezione ». Assai meno facile sarebbe invece la decisione, meno chiaro il dovere e quindi meno unanime lo slancio, se la Svizzera dovesse trovarsi di fronte alla situazione seguente: due eserciti avanzano quasi nello stesso tempo l'uno contro l'altro, l'uno per prevenire l'altro, attraverso il territorio elvetico, ognuno dei due dichiara di affrettarsi per soccorrere la minacciata neutralità elvetica; l'uno ha varcato la frontiera alle sei del mattino, l'altro appena un'ora dopo, alle sette. Quale dei due sarà considerato come il vero violatore della neutralità, quale il nemico contro cut dovranno far fronte le forze confederate e quale l'alleato di cui bisognerà accettate l'aiuto? Il ginevrino Pictet de Rochemont, negoziatore dello statuto di neutralità della Svizzera al Congresso di Vienna, aveva previsto una tale eventualità e aveva additato ai suoi compatrioti la necessità eroica di battersi su due fronti, contro l'uno e contro l'altro invasore. (Ma si può seriamente immaginare che il popolo svizzero, per fedele che sia alle sue più gloriose tradizioni, sia disposto a seguire un consiglio cosi disperato — e del resto inapplicabile coi moderni armamenti, che esigono per un minimo di resistenza utile un fronte ben più profondo di quello di cui potrebbe disporre in tal caso la Svizzera — e non si metta invece dalla parte di quello dei due invasori dal quale, a ragione o a torto, ritiene di avere meno a temere per il ripristino della sua integrità territoriale?). Diciamo subito che il de Reynold non solleva neppure queste obbiezioni, riconoscendo a sua volta implicitamente l'irrealizzabilità della soluzione prospettata da Pictet de Rochemont. La sua opinione è che occorre evitare a tutti i costi una situazione cosi pericolosa, facendo fin d'ora sapere a tutti gli Stati — compresi gli Stati Uniti, egli aggiunge, con maliziosa allusione al signor Roosevelt e ai suoi amici ammalati di garantomama — che in caso di aggressione la Svizzera non ammette alcun aiuto che essa stessa non abbia espressamente sollecitato. L'eminente scrittore friborghese accenna poi ad un'altra eventualità: che cioè delle forze armate straniere nel corso di un raid, all'inizio delle ostilità, taglino nella zona di frontiera un angolo del territorio svizzero: si tratta di occupare momentaneamente un punto strategico da cui penetrare sul territorio nemico. L'operazione ha un carattere periferico e si effettua in un momento In cui la Svizzera non è in grado di opporci. Raggiunto l'obbiettivo, l'Invasore procede all'evacuazione immediata del territorio svizzero. La violazione ' della neutralità è patente, ma si *'-tta c" una violazione parziale e, mancata l'imme diata. resistenza svizzera, non si soavespechasflaunstaipgrorblstasmcisi o neegranosuposofotipostmgndispdiSvsiral'opeciunficbatrcedaLmbrfosutiinvademsugrepedepasaremficeranceSdotidevliteTpcasprdcocedcvqsidcgdsmqapideadapl'dpccrctpGcqdrzclslStTacdm può parlare di aggressione brutale. Come si può concepire che la Svizzera passi all'attacco per ven dicare l'affronto? E — si può ag- giungere — come altrimenti reagire per ristabilire l'equilibrio a favore della Potenza che- è stata pregiudicata dal suddetto colpo di mano? a n i n e e a l i n Amici... disinteressati Basta accennare a queste due sole fra le molte altre ipotesi avanzate dal de Reynold (il quale esamina anche le eventualità di pendenti dalle pressioni economiche a cui la Svizzera può essere assoggettata sia durante una con flagrazione vera e propria sia in un periodo di {riterrà bianca) basta accennare a queste due sole ipotesi per comprendere di quale grande influenza possa essere lo orientamento dell'opinione pubblica nel momento decisivo. Lo stesso Gonzague de Reynold, pur astenendosi dal fare dei riferimenti nominali e topografici precisi (eppure chi è che può astenersi dal pensare all'ansa di Basilea o alla direttrice Martigny-Sempione nella Valle del Rodano, quando egli parla di taglio d'angolo e di raid per'.Je .r.o?) lo stesso de Reynold non esita a mettere il dito sulla piaia, domandandosi a proposito del secondo dei due casi sopraccennati: « ... e se il violatore fosse una Potenza a noi simpatica? ». Per meglio comprendere l'importanza di quanto precede basterebbe stabilire un riavvicinamento tra le ipotesi fatte dal signor de Reynold ed alcuni fatti., diremo cosi tronblanles, in cui spunta lo zampino francese. Si sa di che solide basi può disporre in Svizzera la propaganda francese, sicura della straordinaria tolleranza, anzi della benevolenza dell'opinione pubblica in generale per tutto ciò che venga di Francia. O non è forse vero, per citare un piccolo dettaglio, che le onorificenze straniere sono messe al bando in Svizzera, purché non si tratti di rubans e di rosettes francesi, i quali, a giudicare almeno da quanto succede a Ginevra e Losanna, sono portati ostensibilmente ed esaltati in apposite rubriche giornalistiche? E non si è forse letto qualche settimana fa su di un giornale ginevrino la notizia, per nulla smentita, che un incaricato del Quai d'Orsay aveva rilevato il. famigerato Journal dea Nations, il quale trascorsa ormai l'interdizione di tre mesi a suo tempo pronunciata dal Consiglio federale, potrà di nuovo uscire, grazie ai quattrini francesi, per servire naturalmente la cause de ìa paix et de la soìidarieté des pays pacifiques?... ztucdtapgvegsTnBcnnrdddAsLafiofrsndlnCLirccfmcncidasLa parola al buon senso Né ci si può astenere dal pensare ai ripetuti richiami di autorevoli scrittori francesi di cose militari circa la opportunità che fin dal tempo di pace, dato per certo che chi minaccia la Svizzera non può essere che la Germania, si prendano da parte francese gli opportuni accordi con la Svizzera perchè la Potenza che dovrà venire in aiuto a quest'ultima in base al gioco automatico del diritto d'intervento per una eventuale violazione della neutralità, possa farlo nel più breve tempo possibile. Così giorni fa il Temps parlando del < dramma dei piccoli paesi di fronte alla minaccia aerea dei paesi aggressori », affermava senz'altro, sia a proposito della Svizzera che di altri piccoli Stati, come fosse necessario completare le previste misure di resistenza ad un attacco aereo, con una azione debitamente concertata da parte delle flotte aeree delle grandi Potenze cosidette pacifiche per modo che il loro Intervento possa essere soltanto una questione di ore... Lo stesso dicasi per la linea difensiva al di qua del Giura preconizzata ancora recentemente da non so più quale generale francese. Nonostante talune deplorate deviazioni, il tradizionale buon senso svizzero non dovrebbe però mancare di fare giustizia di tutti questi subdoli tentativi. Ma senza attardarci sul passato e ricordare per esempio come la passione ideologica sia stata altra volta esiziale alla Svizzera — nel 1798 al tempo del basilese Pietro Ochs, del romando La Harpe, e del loro appelli alla Francia — bisogna pur dire che al giorno d'oggi, all'epoca delle rotative e della ra dio, le cose non sono più cosi semplici come una volta per un piccolo Stato quale la Svizzera, incapsolato, proprio al centro d'Europa, tra le frontiere della democratica Francia e delle due Potenze dell'Asse. Le cose non sono più così semplici; ma ha ragione Gonzague de Reynold quando dice che la risposta all'angoscioso quesito « quale sarà la situazione della Svizzera in caso di guerra? » il popolo della Confederazione elvetica non può trovarla che nella sua politica interna, nella soluzione del dilemma « realtà svizzera, interesse svizzero o ideologia ». Guido Tonella