Alla Ca' Granda di Corrado Alvaro

Alla Ca' Granda ORE DI MILANO Alla Ca' Granda Mentre è quasi pronto il nuovo ospedale, nel vecchio tornano al sole per un giorno i ritratti dei suoi seicento benefattori, una società di 5 secoli: soldati e mercanti, preti e ballerine, Milano di una volta e di sempre MILANO, maggio. Poiché questo è un anno dispari, i giorni della festa del Perdono si sono celebrati all'Ospedale Maggiore, alla « Cà Grandn ». Voltate appena le spalle al centro della città, ci si trova davanti all'edificio dell'Ospedale Maggiore, come in un romanzo del Romanticismo: anche la gente che vi si incontra, in visita agl'infermi, è di quel vecchio stampo; è il popolo milanese e dei dintorni che riecheggia un vecchio accento diritto e bonario, l'accento del suo Manzoni nel quale la toscanità cetrmdi colevtaunapdodarituresanunon riuscì mai a struttura e l'accento intimo e 11 colore lombardo. Superata la porta sotto la grande decorazione di mattone rosso della facciata, di quel mattone che fu un vecchio colore di Milano come lo è ancora di tante città sorelle nella gran pianura, si scopre una scena non comune. cancellare lajaeDal Quattrocento... Tutto il porticato attorno al cortile, pei due ripiani, è coperto di ritratti a olio; sono seicento e più, dalla seconda metà del Quattrocento al 1939, e raffigurano ecclesiastici e nobili, uomini di spada e di toga, e poi borghesi, e poi mercanti, e poi industriali, con visi che in cinque secoli hanno lo stesso asciutto realismo. E' la società lombarda attraverso la sua storia intima e familiare, le fortune e i mutamenti dei tempi. Questi ritratti dei benefattori dell'Ospedale, si espongono dunque negli anni dispari, nei giorno detto del Perdono, per via d'un'ìndulgenza accordata da Pio II ai donatori. E basta un tal nome dato alla giornata per mostrare questi seicento ritratti in una luce di espiazione e di purificazione. E' qui una società di cinque secoli, che ha costruito la fortuna pubblica e privata, e di essa è rimasta alla fine un'ultima implorazione alla bontà di Dio, uno slancio di amore verso i poveri e i derelitti. Si tratta d'un documento della vita privata tra i più singolari, anche per chi è abituato a vedere le lapidi che sui Palazzi dei Comuni lombardi ricordano chi ha donato alla città e ai poveri. A scorrere i nomi dei seicento personaggi, ci si imbatte in qualcuno che ha superato la cerchia della storia comunale e il limite della fortuna familiare: come i Visconti, il Cardinal Borromeo o i Litta, e oggi Campari e Romeo; a scorrere i nomi degli autori dei ritratti, se ne trovano di pittori lombardi di qualche nome, come Hayez o Tallone o Novello. A cercare le biografie dei personaggi, vien fuori tutta una storia umana che ha per conclusione un ripiegamento nella carità e in Dio. La città cordiale e brusca, pratica e audace, è qui un'eco lontana: da questi quadri esposti alla luce del sole, come vecchi costumi messi a prendere aria, di uomini in toga o nell'avventuroso costume del Settecento, o nell'intimità rinchiusa e un poco oppressa dell'Ottocento, o nella vita all'aria aperta del Novecento, che descrivono nei loro stessi sfondi il tipo della vita e degli anni, esce fuori un'invocazione e quasi un rinnegamento •per tanto diligente affannarsi. « Fu un poo de ben ». Non rimane più che fare un poco di bene. Dai mantelli neri, dalle cappe, dai vestiti tubolari del nostro tempo, una mano si illumina e dà la carità. Le mani più moderne portano il brillante al dito. Questo luogo ha lo stesso senso di un luogo nella foresta dove le grandi belve si apprestano a morire lontano da tutto e dalla vita di lotta, in quella dimensione in cui la creatura rimane sola. Ma basterà poi di nuovo varcare quella porta, svoltare la strada, e si ritroverà la città sonante che crede e afferma il suo assalto quotidiano. Figure lontane I personaggi di questi ritratti sono raffigurati nei loro interni, tra le mura domestiche, presso il lcro tavolo, sulla loro poltrona o nel paesaggio più amato. Dal gruppo degli antenati di tre secoli fa si vede distaccarsi e formarsi la nuova umanità lombar' da, quella dei mercanti e degli industriali, visi aperti sulla realtà, e non senza sogni, e non senza un certo velo di tristezza di chi ha toccato la cime della conquista. E ve ne sono anche ignoti, anche umili che hanno donato il gruzzolo risparmiato a fatica in tutta la vita; e ve ne sono di strani. Come quel tale che si recò un giorno a consegnare mezzo milione di titoli e sparì senza dare il suo nome; o come quell'altro, sordomuto e analfabeta, Luca Riva, che fece testamento in favore dell'Ospedale tracciando un disegno delle sue ultime volontà. Il pittore Giuseppe Novello presenta in un bel ritratto un uomo grande e corpulento, in un pastra no enorme, che guarda dalla sua grande statura con occhi pietosi e vacillanti sul limite della vita; era un ingegnere che negli ultimi anni suoi si recava all'Ospedale e cercava dei dirigenti per stringere ad essi la mano. Parlava ormai a fatica e si muoveva a stento. Ca tarsi, purificazione: fare un poco di bene. La vecchia generazione saprà chi è Emma Veda. Aveva interpretato Thais e Manon e Mimi; ebbe grandi successi; si diede all'operetta nel tempo maggiore dell'operetta, con incassi strabilianti, dichiarazioni di amore, proposte di matrimonio e regali anche da sconosciuti: ritirandosi dalle scene, ha regalato alla Ca' Granda una bella somma e una sua casa in Roma. Ricercando in queste biografie, si scopriranno tanti caratteri da formare un documento ricchissimo della vita privata. Ecco una signora che, »otto il matrimonio poco dopo la Bopodostnetrmcuraunbirevelosenoundaredevealprpe10chcie amlidscovgnleMdstgsoacsie infagnusgrsgrcdqptadgfeseMmndtfvbg3labaelirlal'sdpccztdlatpcrpupcmomdpzfEdrmslpnnscsIsrlruSlngqssse celebrazione, non parlò più di matrimonio nè di figli, odiò 15IÌ uomini e amò i bambini; è 'gestita di nero, seduta presso un tluvolo, con un foglio in mano, e il viso levato sotto i capelli bianchì', intatto, quasi virile, è conservalo in una giovinezza rasciutta ma, non appassita. E questo Tonlriillo: dopo essersi occupato di macelline da cucire, di salvagenti da '.marina, di pelliccerie, aveva messa tutta la sua fortuna in una stireria a vapore che sembrò impresa pazza, e che chiamò « Colli a nuovo ». E alfa fine, eccolo ai piedi aei malati poveri. Ed ecco Luciamo E a . n e , a n . o a i ; i e e a o e a e i i a a n o a e, a Bosisio. La sua biografia dice chi; portato fanciullo nel Brasile poeto dopo il 1855, poiché il governo austriaco aveva vietato l'emigraziso>-< ne dei maschi, fece il suo viaggioi travestito da fanciulla. E qui cominciò la sua vita avventurosa, da cui si ripiegò sui poveri come è raffigurato in questo ritratto, con un paio di mustacchi e un pizzo bianco audacissimi. E le due so-( relle Invernizzi, « les Soeurs In-i vernizzi»: ballerine, iniziarono laJ loro carriera alla prima rappresentazione dell'Aida al Cairo. Erano di bellézza non comune. Eccone una ritratta in età matura, scesa dai voli del ballo sulla terra sofferente. Un tipo bizzarro Questi ritratti sono tutti o quasi del tempo della maturità e della vecchiaia, quando l'uomo si trova alla fine solo davanti alle cose supreme. Vorrei ricordare ancora un personaggio, quel Luigi Bizzoze10, nato in una casetta popolare che era stato suo sogno di fanciullo poter comperare un giorno, e poi la comperò seguitando ad abitarvi. Vendeva carta ai salumieri, é accumulò oltre undici milioni. Li lasciò poi tutti all'Ospedale Maggiore. Portava dalla nascita uno sfregio alla bocca e un orecchio atrofico. I ragazzi lo avevano già soprannominato l'« oreggina », l'orecchietta. Non gli si conobbe mai un amore. Bensì aiutò le nozze degli innamorati poveri. Molto tardi si indusse a prendere due pasti al giorno, mentre era stato abituato nella sua squallida giovinezza a mangiare una volta sola, verso mezzanotte, quando aveva terminato il suo lavoro, cu cinando da sé su un fornello. Non si era mai scaldato a una stufa, e quando ebbe degl'impiegati si indusse dopo matura riflessione a far collocare una stufetta nel magazzino. Manie e infelicità, fortu ne vertiginose che si ripiegano in umili atti di carità riempiono que sta raccolta umana. Ecco una signora, in fama di donna brusca e risoluta, che alla fine ordinò si distribuissero ai suoi amici i suoi gioielli e i suoi mobili. Dopo una visita di questo genere, sembra di conoscere meglio la città. Questi benefattori hanno dato circa settanta milioni, di cui quarantadue soltanto durante la presidenza di Massimo della Por ta. E il nuovo Ospedale del Per dono che è già quasi finito a Niguarda, ne costerà cento. La differenza sarà colmata dalla ces sione della Ca' Granda, il vecchio edificio del Filarete, al Comune di Milano. Ricadrà nel silenzio delle memorie questo ospedale della Rinascenza, già tra i più famosi d'Europa, e parleranno fiocamen te di antichi dolori gli anelli di ferro fissati al muro, cui si lega vano i malati sotto la lama del barbiere che li operava. Il nuovo Ospedale è forse 11 migliore dell'Europa d'oggi: occupa 340 mila metri quadrati, ha una lavanderia per dodici tonnellate di biancheria al giorno, batterie di accumulatori che oltre all'energia elettrica delle centrali di Valtel lina e di Domodossola gli asslcu reranno in qualunque circostanza la corrente necessaria; e cosi per l'acqua. Ha una centrale del latte, sale ad aria condizionata, quasi due milioni di materiale di Im pianto, una cucina centrale per la cottura delle pietanze fisse, e cucine a ogni reparto per le pietanze speciali, poiché una importan te innovazione permetterà di rendere più individuale e particolare la cucina dei malati; ha poi set tantotto elevatori, e si svolge in profondità in passaggi sotterranei che formano una vera e propria rete di comunicazioni coperte, e poi porticati che comunicano da un padiglione all'altro, un edificio per le suore, cinque chiese, un collegio per le infermiere. I 1700 malati acuti che sarà in grado di ospitare avranno ottocento infermieri chiamati in tutto l'ospedale da numeri luminosi che si compongono in tutte le corsie per mez zo del telefono e cui risponde l'infermiere che porta quel numero. E' una grandiosa organizzazione del dolore e del soccorso; qui arriva come a un vertice la vita moderna per tanti versi crudele, Nella casa vuota Mi diceva l'ing. Giuseppe Ca salis, un piemontese che dirige lavori, che l'ospedale deve essere popolato prima dell'inverno, per la necessità che ha un simile orga nismo d'essere custodito, e che soltanto la presenza dell'uomo può custodire, e soltanto la vita pre servarne la vita; che è l'impera Ilvo di tutte le azioni umane. Cosi si troveranno uomini che lavore ranno in questa compagine come l'equipaggio d'una nave, e vi sta ranno come in un mondo loro, in un loro paese. Afferma il prof, Sollazzo, il Direttore dell'Ospedale, che oggi, nella società moderna, le infermiere si reclutano negli ambienti più elevati: c'è una quantità di amore nel mondo che si ripiega sulla collettività e sulla sofferenza umana, e un istinto materno che qui trova una delle sue più grandi abnegazioni. In una società che appare a tratti cruda e dura, queste schiere di donne, asscpdPnts appartenenti alla buona borghesia, sono una delle tante prodigiose apparizioni. E bisogna notare che le donne hanno più passione per l'assistenza che per la tecnica di laboratorio. Costruttori dell'Ospedale del Perdono sono stati il Prof. Marcovigi, il prof. Ronzani, l'architetto Arata. Questo edificio ancora spopolato dà lo sbigottimento d'una tecnica svolta sul tema del dolore fisico. Già la passione del corpo umano si scorge nei colori degli elementi: i riquadri azzurri delle lampade nel muro rievocano le veglie, e le mattonelle rosse nella sala di operazione il dolore. Le batterie dei lavatoi dei chirurghi sono a posto dietro la parete di vetro da cui si può osservare il lettuccio delle operazioni. Le nichelature dei mobili incastrati nel muro e contenenti i ferri, danno un acuto baleno. E in tutta questa precisione, esattezza, dove tutto è pronto, al suo posto, e basta una mano per mettere in moto la città degl'infermi, le immagini della Crocifissione sono ancora quelle antiche in ogni stanza e in ogni sala, ricordi dell'antica pietà nell'esattezza di uno stile tutto tecnica e ragione. Si sente inatteso il grido di Dio. Fuori, l'edificio si presenta sulla pianura con le sue torri di pietra, e cosi desinilo sembra una fantasia. Corrado Alvaro