La vita di Paolina Bonaparte

La vita di Paolina Bonaparte La ActttMcfcA Ael mencie La vita di Paolina Bonaparte IB ISOGNA scendere a comprare da cena — disse la madre, perentoria e severa, ma nessuna delle figliuole si fece avanti, tutte e tre seguitarono nelle loro occupazioni. Maria Anna, la maggiore, una diciottenne ossuta, piatta e alquanto mascolina, ricamava accanto alla finestra e aveva nell'atteggiamento, nell'espressione del viso, la rigidezza contegnosa di una damigella che è stata educata a Saint-Cyr, e che è pienamente conscia di tale superiorità. Annunziata, la minore, fingeva di scalzettare, ma, In realtà, giocava silenziosamente con un gattino bianco, gettando, ogni tanto, una subdola occhiata alla madre, e c'era in lei, nel suo vlsino tondo, nelle sue manine candide e paffute, nelle curve del suo corpicino guizzante, qualcosa di felino che la rendeva rassomigliante al gatto col quale stava giocando. L'unica che facesse un po' di chiasso era Paolina, la secondogenita, che canticchiava accomodandosi una vesticciuola rosa. Poi, provandosela e cercando di rimirarsi in un piccolo specchio, sbuffava, piroettava sulla punta dei piedi, stiracchiava la stoffa e sembrava bisticciare con i gomitoli e con le forbici. — Fa rabbia non potersi mettere alla moda!... — La moda — disse prontamente la madre — non fa per noi. Seduta al tavolo della fredda cucina, ella allineava davanti a sè 1 pochi assegnati che le rimanevano e tirava le piccole somme sul logoro libricclno del conti. Ahimè!... Non era più la miseria nera dell'anno prima, ma era ancora la povertà. Bisognava ancora tener conto di ogni boccone di pane e di ogni indumento per consunto che fosse. E ringraziare Dio se si poteva adesso fare a meno del sussidio del Comitato di beneficenza. Il sussidio! A questo era stata ridotta lei, l'altera, la fiera signora Letizia!... Non era nelle sue abitudini abbandonarsi a sterili rimpianti, ma in quelle ore crepuscolari, quando il misero appartamentino dell'ultimo piano di quel casamento vecchio e corroso si riempiva di ombre malinconiche, l'onda amara dei dolorosi ricordi tentava di travolgere il suo cuore forte. Oh, dolce patria perduta, luminosa Ajaccio, adorata Corsica!... Rivedeva la casa dove era entrata sposa quattordicenne, dove aveva vissuto col marito tempi fortunosi ed eroici, dove i suoi figli eran nati, la bella casa che aveva dovuto abbandonare, in fiamme, alla furia dei nemici... Altri godeva, adesso, i caldi frutti del suo orto. Altri guardava, attraverso l'argenteo pallore degli ulivi il luccicare del mare selvaggio... A quel pensiero avrebbe voluto piangere la signora Letizia Rantolino, vedova Bonaparte, ma era sua ferrea legge che mai i figli la vedessero scoraggiata e vinta. Perciò alzò più aspra la voce: — Bisogna scendere a comprare da cena. Maria Anna non si mosse, Annunziata seguitò a giocare chetamente, solo Paolina si alzò, gettandosi uno scialletto sulle spalle e tendendo la mano a prendere gli assegnati e il paniere. — Lo so già che tocca sempre a me. Non le dispiaceva del resto. Solo mentre scendeva quei quattro piani di scale Buie e sordide, qualcosa — nostalgia?... le pungeva il cuore, ma poi, appena sbucava nella via Pavillon, accanto alla Cannébière, dimenticava tutto quel che non fosse l'aria marina, quel cielo di Marsiglia che la primavera ardente tingeva, a quell'ora, di rosso, il. rumore del porto, l'odore di pesce fritto che veniva fuori da certe bottegucce e gli sguardi dei passanti, che, rapiti dalla sua bellezza, sembravano abbracciarla. Paolina Bonaparte amava la strada, quelle ondate di umanità sconosciuta, piena di segreti e di tesori, le profonde correnti e i moti tumultuosi di quel mare della vita da cui scaturiscono gli avvenimenti imprevisti e gli incontri fatali. Dove, infatti, se non nella strada, ella avrebbe potuto incontrare l'amore?... » * L'amore — il primo — che aveva nome Stanislao Fréron e una bellissima figura di moscardino, capofila della Gioventù dorata, le si parò dinanzi all'improvviso, strappandole un grido di sorpresa e di felicità. — Tu?! Quando sei arrivato? — Oggi stesso. Ella avvampò, nascose il panière dietro la schiena e apparve ancora più bella: attonito, estasiato, egli non si saziava di mirarla. — Sai che ti trovo cresciuta?... Sai che sei diventata ancora più meravigliosa di prima?... Paolina aveva quindici anni. Le forme del suo corpo slanciato e flessuoso erano perfette, di un'armonia squisita, di una grazia rara e felice. La piccola testa bruna era un incanto e il viso ovale, dagli occhi scuri e sfavillanti, dal greco nobile profilo e dalla bocca in fiore, splendeva come il volto della giovinezza stessa. L'amore era in lei come una lampada accesa e, attraverso l'alabastro delle sue carni, raggiava la sua luce e spandeva il suo ardore. — Bella con questi stracci addosso?... — ella disse con una smorfietta adorabile indicando la sua lunga veste rosa dalla cintura alta, già scolorita e in tanti punti rammendata. Oh le sarebbe tanto piaciuto indossare quei bianchi abiti alla greca, di stoffa più leggera di una ragnatela con Io spacco fino al | ginocchio, o con metri e metri di strascico da portarsi sul braccio = con elegante noncuranza!.... Furoreggiavano sempre a Parigi? | — SI — disse Fréron sorridendo — furoreggiano sempre e | o te ne comprerò quanti vorrai, quando sarai mia moglie... = — Davvero?... = Ella lo abbracciò impetuosamente sotto lo sguardo meravi- | gliato dei passanti, poi lo prese a braccetto: — E adesso andiamo a casa. = Fréron fece un po' di resistenza, avendo una certa soggezione di 1 madama Letizia, ma poi cedette. E a sa- 1 lire quei quattro'piani di sordide scale, | i due innamorati impiegarono un tem- | po infinito, dovendo giurarsi innume- | revoli volte fedeltà e amore. I loro § cuori palpitavano con impeto folle, le I loro vene erano gonfie di un'inespri- i mibile languore, assorti nella loro I estasi, sembrava loro che intorno le I mura scure e corrose crollassero e che = in alto spuntassero le prime stelle. In f realtà in alto spuntò la signora Le- | tizia che si affacciò alla ringhiera a | rimbrottare Paolina del suo ritardo. | ■—■ Mamma — disse subito Paolina, E — Stanislao ha portato lui il paniere, 5 sai! ' | — Bella figura per un commissario | del governo — osservò freddamente la 5 madre e dopo un breve saluto si volse § rigida e precedette i due giovani in | casa. Subito la piccola Annunziata ac- = corse per sentire le notizie di Parigi = e vedere i doni portati, e anche Anna | Maria si degnò avvicinarsi. La signora | Letizia chiese: — Avete veduto il ge- = nerale mio figlio?... | Sì, Fréron l'aveva veduto. V'era | stato un tempo, quando il bel Stanislao 1 era membro della Convenzione e Na- ì poleone Bonaparte un se ìplice ufficia- = letto di artiglieria, che egli aveva ere- = duto di poter proteggere il fratello | della sua Paolina, ma adesso aveva la = sensazione di Veder se stesso scéndere § e l'altro salire, ciò che lo metteva in = una strana situazione, e gli dava uno = strano senso di inferiorità. Eppure | egli era cosi elegante e bello in confron- i to del magro e taciturno generale!... | — L'ho veduto in casa della signora Tallien. | — Davvero?... Napoleone frequenta la signora Tallien? = Tutte quelle ragazze s'interessavano incredibilmente a quella I regina della moda. Fréron raccontò che adesso ella portava una E parrucca nera, stufa com'era di averne portate tante bionde, e | al ballo metteva solo una tunica che la rendeva simile a Diana. | A rivaleggiare con lei in eleganza ed eccentricità c'era la sua ; amica Giuseppina di Beauharnais, una creola che la ghigliot- | tina aveva reso vedova non inconsolabile. E — Dicono che Napoleone la voglia sposare — egli sussurrò E poi a Paolina — ma è amica mia e favorirà la nostra unione. | Paolina trasalì, la notizia le faceva un poco paura, intuiva, E senza capirne la ragione, che il fratello era ostile al suo matri- § monio. E come sarebbe stata questa cognata?... Poi sorrise, pen- = sando che anche lei, appena sposata, avrebbe potuto mettere E un abito bianco, che l'avrebbe resa simile a Diana. * * Sul tuo volto s'io ti miro | Fugge l'alma in un sospiro E poi riede nel mio petto E Per tornare a sospirar... E Paolina posò la penna e sospirò davvero, appoggiando il go- | mito sul tavolo e il visino dimagrito sulla mano. La lontananza E di Fréron la rendeva malata di malinconia, e il ritardo che il | fratello, adesso comandante in capo dell'armata d'Italia, met- | teva nel rispondere alla sua ultima supplichevole lettera, la | faceva spasimare di ansietà. Che fare, in quello stato d'animo, | se non scrivere versi da dedicare all'amato?... Riprese la penna | e stava per rimettersi a scrivere, quando la porta s'apri e la. | signora Letizia comparve. Adesso nel suo vestito nuovo, ella I appariva più alta e maestosa e il suo lungo viso sembrava riflet- | tere una dignità nuova, come il presentimento della gloria futura, s — Paolina — ella disse, e nella sua voce vibrò un'impercet- E libile nota di tenerezza — mettiti il cuore in pace, tuo fratello E ha scritto, e non vuole saperne del tuo matrimonio con Fréron. | La penna cadde dalla mano di Paolina e l'Inchiostro macchiò | la veste rosa, che era nuova. Ella non disse una parola di prò- E testa: anche per lei, come per la madre, come per tutti, Napo- E leone, benché fosse il secondogenito, era il capo della famiglia; E sussurrò soltanto: — Sua moglie non l'ha pregato per me?... | — Sua moglie è più ostile di lui a Fréron; mettiti il cuore | in pace, ti dico; l'amore è un male che passa... | Le sorelle vennero a vederla piangere. Maria Anna scosse il E capo e ripetè le parole della madre: — E' un male che passa | l'amore... —. Annunziata, curiosa e un poco crudele, l'osservò | a lungo poi chiese: — E adesso?... — Adesso morirò, ecco tutto. Ed era così pallida che sembrava che qualcosa In lei fosse | morto davvero. E (Continua) Carola Prosperi. |

Luoghi citati: Corsica, Fréron, Italia, Marsiglia, Parigi