Comincio a intendermene troppo...

Comincio a intendermene troppo... DIARIO DI QUADRONE Comincio a intendermene troppo... Trento, 16 maggio. Ultima e definitiva giornata di riposo a Trento. Abbiamo lasciato la neve a Passo Rolle e domani ne troveremo un metro al Tonale. Almeno cosi ci dicono. Dichiaro per conto mio dì essere pienamente soddisfatto delle giornate trascorse e che non vedo l'ora di mettere un bel punto fermo a questa fatica. Non parlo della mia, che quando mi permetto appena appena di accennarne i colleghi mi saltano addosso, ma a quella dei ciclisti. Alcuni hanno già abbandonato la durissima prova. La corsa a cronometro da Trieste a Gorizia ha appiedato qualche atleta e non del peggiori. Voi non sapete qual pena vi prende nell'assistere al crollo di un lottatore. Avrete forse, veduto la fase finale di una sconfitta, ma non avrete assistito ora per ora all'agonia di un uomo in bicicletta. Ne ho veduto uno sedersi.sulla pista del campo Berta a Firenze e piangere come un fanciullo: dopo aver condotto tutta la corsa magnificamente, a pochi chilometri dal traguardo un banale incidente l'aveva fermato ai margini della strada: lo sguardo stralunato dei suoi occhi seguiva, dietro la frangia dei capelli che gli piovevano sulla fronte, il veloce passaggio di tutto il plotone. Ne ho veduto un altro, ieri, che aveva rinunciato alla lotta e a bordo. di un'automobile scortava i compagni a capo chino, mortificato e avvilito. Aveva indossato gli abiti civili, i poveri abiti un po' stinti, un po' sgualciti, dentro ai 'quali spariva la sua bella muscolatura. Eira un uomo qualunque, meno di un uomo qualunque. La folla, che è pur sempre cosi generosa, sorrideva e lo chiamava per nome, e lui nascondeva il volto e si rannicchiava sul sedile per non essere veduto. Avrebbe potuto prendere 11 treno, direte voi, ma dove prendere il denaro per pagarsi il biglietto? In un'altra città ne ho veduto un terzo correre affannosamente in cerca di un amico pietoso che gli imprestasse un paio di gomme, e nessuno ne aveva. Poi il dirigente sportivo di una delle Case concorrenti glielo ha generosamente regalato. Ieri il nostro oravo Valetti ha perduto il Giro d'Italia, almeno cosi dicono i competenti, tabelle e tempi alla mano. L'atleta piemontese non è crollato; ha trovato uno che ha approfittato del suo momentaneo amar rimento. Ho assistito al passaggio di Valetti al Passo Rolle quando Bizzi, afferrandolo per la maglia, 10 ha trascinato per gli ultimi metri di salita, sino all'arco tagliato nella neve e che segnava il traguardo. Bizzi, il bravo livornese, mi è parso superbo nella sua cordiale fatica. Non devo rendere tecnicamente conto a nessuno di quello che dico e confesso che Bizzi è uno degli uomini che nil piacciono di più. E' generoso, pronto, volitivo, guizzante. Forse di tutti i ccrridori è quello che mi ha procurato le più belle emozioni. Comincio a Intendermene troppo per scrivere quello che da me si richiede. Ieri avrei dovuto procedere con la testa nelle nuvole attraversando il paesaggio delle Dolomiti, e invece sono restato con gli occhi attaccati alle gomme dei ciclisti. Andrò a finir male. Anche perchè Ambrosini e Varale, che a tappa compiuta sono per me di una gentilezza fraterna e commovente, durante la corsa mi trattano come un cestino da viaggio. Come sapete, La Stampu segue 11 Giro con due macchine, e ieri, senza sapere bene il perchè, sono stato trasbordato dall'una all'altra fiarecchie e parecchie volte. I coleghi avevano stabilito un piano strategico telefonico, del quale sono rimasto la vittima. E mi dicevano che dovevo scendere dalla « 1500 » e salire sulla « 1100 », lasciare la vettura di Bertolazzi per saltare su quella di Barozzi. Appena cominciavo a chiudere gli occhi e a sognare ruote e montagne, Ambrosini arrivava come un bolide e mi consegnava a Varale che Partiva come una freccia. Avevo impressione che giuocassero alla caccia alla lepre. Primo al Rolle ci sono arrivato io solo, e mi sono attaccato al telefono. Lo stenografo de La Stampa mi parlava da lontano: erano esattamente le 13,15. — Pronto... Stampa. Pronto... Stampa. — Sì, pronto, vai avanti. — Caro, andrei avanti se sapessi cosa dirti. Dietro a me il camerata dell'Eiar pestava 1 piedi, dicendomi che era un'indecenza, che gli dovevo lasciare la linea. Ma io non potevo lasciare il microfono fino all'arrivo di Varale che avrebbe dettato le sue cartelle con la descrizione del primo tratto della tappa, da Cortina al Rolle; e quindi seguitavo. — Parlami di Torino. Dimmi qualcosa che mi faccia vivere le ore ardenti della mia città. — Ma Quadrone, sei tu che de vi parlare a me. — No, tocca a te; dimmi cosa succede in questo momento. — Insomma, io sono lo Steno grafo e non il cronista. — Dimentica il tuo passato. — Come? Come? — Dimentica te stesso... Parla, improvvisa... Il pubblico forse non sa che non si può tenere la linea se non si parla, e cosi andavo dialogando per rispettare il regolamento. Intanto un altro camerata era entrato nella saletta della tratto ria dove c'era 11 telefono, poi un terzo, e quindi un quarto. Le macchine arrivavano, puntavano il radiatore nelle trincee di neve per lasciar libero il passo alle altre e al gruppo dei primi ciclisti che sarebbero tosto arrivati. C'era chi mi tirava per la giubba, chi per le orecchie; chi mi met teva la mano sulla bocca e chi proditoriamente mi pestava 1 piedi perchè aprissi la mano e lasciassi cadere il microfono. Eh no, amici miei; la so anch'io la favola del corvo che per rispondere alle insidiose domande della volpe ha aperto 11 becco lasciando cadere 11 formaggio che quella, subito, si è preso e mangiato. E io non mi sarei certo lasciato cadere il microfono dalle mani. E gli altri mi fulminavano con improperll e maleparole. — Pronto... Torino.. Pronto... La Stampa... Signorina, vi prego, lasciatemi in linea, ho urgente bisogno di chiedere una cosa importante al mio stenografo. E sono un'altra volta in linea. — Come sta tua moglie? — Grazie, bene; ma che c'entra ? — E i bambini ? — Anche; ma io mi domando se sei impazzito. — Si, grazie, sono impazzito. Nevica, fa freddo, Bartali è in testa tutto solo. I colleghi gridano che è troppo, e mi minacciano. Sì, signori, anche le minacce. Ebbene fate pure. Colpitemi se volete, ma io non mollerò questo micofrono sino a quando non avrò dettato la mia corrispondenza. — Afa se non detti nulla? — Lo dite voi... Il mio è un linguaggio convenzionale. Noi abbiamo un cifrario misterioso, siamo organizzati, noi de La Stampa. — Pronto... Torino... pronto... Sì, sono ancora io. Raddoppio, signorina, triplico, quadruplico, quintuplico... Quanto è bello il Giro d'Italia! In questo momento Bartali, bianco e imbrinato come babbo Natale, taglia il traguardo, entrando sotto il trionfale arco di neve, in cima al quale stanno le statue azzurre di tre sciatori. Ed ecco, finalmente, Varale, il furibondo amico che mi prende il microfono dalla mano. — Pronto... La Stampa... Pronto... Un accidente... Si sente male. — Tua moglie sta bene? — Me ne congratulo, ma taci e ascolta... Sono io che parlo. Una persona seria... Al trentesimo minuto... Mentre Varale seguita a dettare, Ambrosini entra, mi prende per un braccio, mi trascina fuori dalla trattoria e mi ficca nella sua macchina. — Si mangia? — No, caro, non si mangia. Siamo in piena battaglia. E giù nella discesa a capofitto. Chiudo gli occhi e sogno che il Giro è finito. E. Quadrone NOTIZIARIO L' A, C. Verona ha iniziato la prr.parazione per la nroftéima ."tacitine calcistica accaparrandosi il centro mediano Formenti, dell'U. S. Audace di