Lo spettacolo della potenza marinara dell'Italia offerto al Reggente di Jugoslavia nel golfo di Napoli

Lo spettacolo della potenza marinara dell'Italia offerto al Reggente di Jugoslavia nel golfo di Napoli Lo spettacolo della potenza marinara dell'Italia offerto al Reggente di Jugoslavia nel golfo di Napoli // Re Imperatore, il Principe Umberto, il Duce assistono con l'Ospite alla grandiosa esercitazione dalla tolda dell' incrociatore " Trieste „ (DAL NOSTRO INVIATO) Napoli, 11 maggio. Nella cerchia formata dal golfo di Napoli, per la terza volta nel giro di trenta mesi, la Marina d'Italia ha dato la misura di sè con una ardua e vasta esercitazione, di quelle che rivelano compiutamente la tempra delle macchina e quella, degli uomini. La prima fu nel settembre del '36, quando il Re Imperatore accolse sulle navi d'Italia il Reggente di Ungheria ammiraglio Horthy; la seconda, si svolse nel maggio dello scorso anno e fu. la dimostrazione della forza navale italiana offerta al Capo dell' amica Germania ; a quella d'oggi l'occasione è stata offerta, non diversamente, da un gesto di simpatia e di amicizia: si voleva onorare il Reggente di Jugoslavia, Principe Paolo, mettendogli sotto gli occhi uno degli aspetti più notevoli di quell'Italia nuova, che due anni or sono, con animo schietto e leale, strinse con la Nazione dell'opposta . sponda adriatica, un patto di cordialità e di collaborazione. Meno grandiosa di quella dello scorso mino, per numero di partecipanti e per ricchezza di temi proposti alle unità per un adeguato svolgimento tattico (non vi hanno partecipato, ad esempio, le nuove corazzate Cavour e Cesare, nerbo della nostra Marina) l'esercitazione odierna è stata, tuttavia, no?; ?neno interessante come dimostrazione di efficienza guerriera; e tale è apparsa al Principe Paolo, che porta alle cose marinare »n culto non dilettantesco e di cui è nota la passione per le discipline militari, tradizionale, del resto, nella dinastia e nel popolo di Jugoslavia. 116 unità in manovra Si trattava di vedere in azione, in vari episodi di guerra, una squadra di naviglio leggero e veloce, forte di 116 unità navali, 52 unità aeree, 418 cannoni, 712 mitragliere, 500 tubi di lancio, 2 milioni 462.000 cavalli vapore di potenza, 1032 ufficiali, 3198 sottufficiali, 16.800 marinai. I tipi di navi impegnate abbracciavano una gamma che andava dagli incrociatori veloci di 10.000 tonnell., tipo Trento e Trieste, ai minuscoli Mas, scattanti e insidiosi. Caratteristica comune all'intera formazione quella che è una delle qualità salienti dell'intera flotta del Littorio, flotta di un popolo giovane e animoso: la velocità. Basta dire che non facevano parte unità di velocità inferiore ai 35 nodi; e con esse era il Trento, il decano degli incrociatori da diecimila tonnellate, che è pure la nave più rapida di questo tipo (fino a 39 nodi )che mai abbia corso i mari. E' da bordo del Trento che abbiamo seguito l'esercitazione con un nugolo di spettatori privilegiati, tra i quali erano i giornalisti jugoslavi venuti in questa fausta circostanza al seguito del Reggente. La nave, quando abbiamo raggiunto sulla plancia ammiraglia il nostro posto di osservazione, era alla fonda lungo il molo di San Vincenzo, al centro di un simmetrico schieramento di scafi lucenti, che disegnano una geometria di acciai nel placido specchio del porto. Cento navi alla fonda non sono piccola impresa a sistemarle in così breve superficie d'acqua; e quella armoniosa disposizione, quella fila densa di torpediniere, di cacciatorpediniere, di incrociatori raggruppati per ordine di affinità e parentela, serrati come se una invisibile catena li tenesse avvinti uno all'altro, erano il primo bello spettacolo che la mattinata ci riservasse: un panorama ciclopico e pure ordinalissimo di torri, di cannoni, di alberi, di sartie, di fiancate immani, di pennoni. Ad alzare gli occhi oltre la borierà dei moli per l'ampia distesa del golfo chiuso ad occidente dal morbido profilo di Capri, si scorgevano già i « Mas » e i sottomarini in navigazione, diretti ad appostarsi per l'agguato lungo l'itinerario della squadra. La giornata si annunciava promettente benché il cielo fosse coperto qua e là di nuvole di un biancore radiante, che il vento strappava soffiando a raffiche; il Vesuvio era avvolto in un manto di nuvole scure in cui il tradizionale pennacchio si spegneva quasi soffocato; l'anfiteatro partenopeo allargava sul mare l'anello delle sue braccia tagliate a zone violente di luce e di ombra. Per le strade e i pendii dei colli, sui belvederi, che s'aprono sulle grotte verdeggianti di Posillipo, lungo la via litoranea, coronata di scogliere sinuose su cui l'onda si sfrangia, si scorgeva ad occhio nudo, nella vibrazione della nebbia, mattutina, lieve di una leggerezza serica, la merlatura nera della folla in attesa. poppa delia nostra nave e l'avvolge passando a dritta rasente al moto. Il Duce è sulla scaletta, solo, appoggiato alla ringhiera di ottone, in divisa di Comandante generale della Milizia. Sembra guardare attento le formazioni delle navi, gli schieramenti dei marinai alle murate, le bandiere che sventolano a poppa e a prua. Dalle gole di ferro prorompono le salve tra bagliori di fuoco e fumate grigiastre che la brezza scompiglia e disperde; gli equipaggi lanciano l'« A noi! », che vibra di voci chiare e calde di giovinezza. Ecco: ora il motoscafo accosta all'ammiraglia, che è l'incrociatore Trieste, gemello del Trento all'ala estrema dello schieramento presso l'imboccatura del porto. Mussolini sale: in sommo alla scala è a riceverLo l'ammiraglio Cavagnari. jPoi, a un tratto, la formazione siSquillo di tromba, «presentate. le armi » e » gagliardetto del Du-\ce, azzurro e oro, sale sull'albero.^ Passato in rivista il picchetto d'o-{nore, il Duce si ferma in coperta'a poppa. Passeggia a passi lenii - e saldi sulla guida. Parla col Sot-\guida tosegretario Cavagnari, si trattiene col generale spagnuolo Garda Escamez, anch'egli presente a questa giornata navale. Poi chiama a Sè il Ministro Segretario del Partito e con lui si ferma a stretto colloquio appoggiati entrambi alle murate. Come l'arrivo del Duce, cosi tutta la storia di questa mattinata marinara ci è raccontata dal cannone. Sparano le salve per dird che il treno reale, col quale viaggia l'Ospite è giunto alla stazione di Mergellina. Sparano le salve per annunciare che il corteo delle macchine, lungo l'arco marino di via Partenope, è giunto sul molo. Poi partono i motoscafi in lunga fila. Nel primo scorgiamo il Re Imperatore, in piedi presso la scaletta, che porta la mano alla visiera per rispondere al saluto degli equipaggi. A poppa, presso la bandiera, il Principe Paolo è accanto a Umberto di Savoia. Negli altri motoscafi sono le personalità del seguito e, tra gli altri, c'è il Ministro degli Esteri di Jugoslavia Zinzar Markovic, col Ministro Ciano e il Ministro della Cultura, S. E. Alfieri. Il Re Imperatore e ifisuo Ospite, che sono ricevuti a ! bordo dal Duce e accolti con gli onori militari, passano in rivista gli equipaggi. Re Vittorio, col Principe Paolo a destra; quindi procedono il Duce ed il Prindpe di Piemonte; poi tutti salgono sulla plancia di comando. L'insegna del Re Imperatore sventola sull'albero di maestra a fianco di quella del Principe Paolo, La esercitazione sta per cominciare. Si inizia con l'esodo simultaneo nel volgere di pochi minuti dell'intera squadra. Precisione assoluta, meccanismo di orologeria. Uscendo per l'angusta imboccatura sfiliamo innanzi al Trieste, c/ie è l'ultima nave a lasciare il porto: ma poi l'ammiraglia entra risoluta nel cuore del gruppo in moviviento e fila a raggiungere — come si dice in gergo marinaro — passando tra le navi come in mezzo ad un canale, le rimonta tutte e assume il comando dell'intera formazione. Si va così per qualche minuto ad andatura sempre più veloce. Le prore incidono la superficie marina di ferite profonde, da cui sgorgano candide tornate di spume; il vento inebriante della gran corsa turbina violento sulle acque sconvolte flagellando le pareti metalliche lanciate sem pre più forte verso la porta delgolfo che si apre tra Capri e Pun-ta della Campanella all'estremo li-mite della penisola sorrentina. allarga; si esegue quella che i ma-' linai chiamano una costata di novanta gradi ed è come vedere die-' cine di scafi che, a un tempo, con\ un movimento da quadriglia st| volgono di fianco e proseguono per; la nuova rotta in formazione ugualmente perfetta; le colonne laterali, così divergendo, si allontanano mentre la. Ili Divisione degli incrociatóri — il Trieste col Trento ed il Bolzano — prosegue la sua marcia nella stessa diresione. Le torpediniere E' qui che si svolge, con drammatica aderenza alla realtà supposta, il primo episodio di guerra. A dritta le squadriglie di torpediniere simulano un attacco improvviso: piombano veloci sul bersaglio e, non appena giunte a distanza di lancio, si scaraventano ad- i'cfte interessano Vivamente il Prin . . \doss° ' s,lur[! °°» eversione ^ rapidissima di rotta si allontanano {occultandosi in ima fitta cortina 'dt nebb,a artificiale. L'attacco si f»fow 0ondate: aquattro a quat\tro'J P'?col\ scaf} ^b'teano dalla nebbia, lanciano i siluri e scom paiono celeri e guizzanti, come se saltassero sull'onda. E' uno spettacolo entusiasmante, un vero prodìgio di agilità: ma quanta bra-\ vura e quanto rischio in una ope-\ razione come questa! La nebbia in cui le siluranti si nascondono, per sfuggire alla reazione delle navi attaccate, rappresenta la classica arma a dopino taglio. Il minimo errore, la minima svista nella manovra possono portare le torpediniere, tuffate a grande velocità nella fitta oscurità di quei vapori, a cozzare una contro l'altra con conseguenze facilmente immaginabili. Per fortuna, qui, comandanti e marinai conoscono tutti il mestiere alla perfezione e sono assolutamente padroni dei propri nervi. Nessun incidente è mai avvenuto u funestare queste pericolose esercitazioni, in cui eccelle la nostra Marina. Ma la rotta dei tre incrociatori è seminata di insidie. Siamo appena fuori del golfo ed ecco sbucare dalla Punta della Campanel-\ la, al cui ripuro si era raccolto inj agguato una flottiglia di sedici iMas. Balzano risoluti sulle navi, ! tanto più grandi e potenti, si pon gono un attimo di fianco, lanciano i siluri, fuggono. Nel rapido corso della manovra seguono un cammino serpeggiante, disegnando dei vasti 3, bianchi di spuma sull'azzurra lavagna del mare. Si ha il senso preciso di tutto il partito che si può trarre da queste armi meravigliose. A tutta prima potrebbe sembrare impari il combattimento fra unità grosse e potenti come questi incrociutori formidabilmente armati e quei gusci di noce, eppure non È cosi: in condì- zioni adeguate di sorpresa un Mas è un Davide che può atterrare conla fionda più di un Golia del mare;tanto più, che una volta sottobor-do, può ridersi dei potenti cannoniche lo minacciano dalle torri tiinate: è in angolo morto di fronteal loro tiro. L'essenziale è che ilMas sia condotto da uomini esper-fissimi nel suo maneggio e di Min fegato eccezionale; ma non sonotali uomini che difetteranno maiall'Italia, la quale, pure senza sopravalutarlo, considera il Mas per quel che vale come strumento di guerra e ne ha costituite flottiglie agguerrite, che non tradiranno la fiducia in esse riposta. Usciti dal golfo, compiamo il periplo dell'isola di Capri che il \mutevole cielo, corso da erratiche \torme di nubi, ci mostra in un >aspetto strano sotto luci fantasti |coniente cangianti. Sono luoghi ' ' \ | ; \ \ \ j \ ] -, . , e, li \ n o* il r i e l l e n i cipe Paolo risuscitandogli memorie della sua giovinezza, dei suoi soggiorni sul mare di Napoli, che una volta lo ritemprò nelle forze e nello spirito durante una lunga convalescenza. Dalla contemplazione di questo specchio, che per giusti titoli gode una celebrità mondiale, ci distrae, però ben presto, un'altra scena di guerra. Ecco all'orizzonte la caratteristica sagoma della nave radiocomandata San Marco. Assistiamo alla ripetizione di una esercitazione che già fu svolta nella giornata del Fiihrer. Oggi, però, il tiro non è eseguito da una sola nave, ma da due navi a un tempo: è quello che si chiama un tiro di sezione di divisione. Uno degli incrociatori che sparano è il Trento. Incontro tra due flotte Cessato il tiro, la divisione riprende la sua formazione in linea di fila e prosegue la rotta verso Ischia e Ventatene. Qui incontriamo altre divisioni della Squadra, che ci lasdarono all'inizio delle esercitazioni belliche e che hanno compiuto il giro dell'isola in senso opposto al nostro. L'incontro fra due flotte in alto mare è un episodio traboccante di bellezza e di poesia. Le unità defilano di 'controbordo, cioè in senso inverso, a una distanza inferiore ai duecento metri, perfettamente allineate a distanze che sembrano disegnate col compasso: ogni volta che una delle navi dell'opposta fila giunge al traverso della nave ammiraglia, saluta: prorompono le salve dalle possenti torri binate e gli equipaggi, immobili alla murata, lanciano il triplice grido di « V'iva il Re! ». Così salutano il Sovrano e l'Ospite che accompagnano sui mari d'Italia, i marinai delle navi che presidiano le fortune imperiali della Patria; delle navi nuove e lucenti che il Fascismo ha lanciato per le grandi strade equoree, con la bandiera (PItalia sull'albero di maestra; le navi dui nomi dei grandi Condottieri. Cadorna, Diaz, Di Giussano, Attentlolo, Montecuccoli, Duca d'Aosta. Eugenio di Savoia, Garibaldi e Duca degli Abruzzi. E' una processione maestosa e solenne, una scena allucinante di potenza, da cui si leva a volo tutta la poesia nuova e antica del mare, tutta l'epopea della vita marinara. E che dire quando, dopo essere passate tutte al traverso dell'ammiraglia queste navi, e le divisioni delle minori unità che le scorteranno eseguendo una costata di 180 gradi, a un tempo, invertendo la rotta e si accodano a noi? E' la manovra di insieme più affascinante e spettacolosa di questa grande giornata. Nel mare mosso e festoso, battuto ora dal sole folgorante del meriggio, l'intera squadra ricongiunta procede veloce nella compostezza dei suoi inquadramenti verso l'aperto mare, in una luce trionfale; poi il Trieste e.sce dulia formazione e si allontana per assistere a un simulato attacco di sottomarini a cui non presenziamo perchè rientriamo, invece, nel porto e ci schieriamo alla fonda a semicerchio lungo la sinuosa linea dell'abitato, dal Capo di Posillìpo fino ai Comuni vesuviani. Nel pomeriggio, l'ammiraglia rientra, passa dinanzi all'imponente schieramento di navi, accoglie il saluto rombante dei cannoni e quello squillante degli uomini. Da un albero all'altro alita la policroma festosità del gran pavese; al bompresso è il gagliardetto listato d'azzurro con la croce bianca su campo rosso. Ecco, ora, l'incrociatore Trieste che passa dinanzi alla nostra nave nel golfo risuonante del marziale rimbombo nel cli¬ ma guerriero creato dui bagliori e dulie polveri. Siamo a duecento metri, forse a meno. Nella plancia di comando il Re è sempre vicino ai Principe Paolo. Poco discosto è il Duce. La sinfonia tempestosa si leva ancora una volta come un aiuto di potenza e di gloria nel cielo di Napoli; e copre i clamori della folla che attende, più che mai gioiosa nelle vie e nelle piazze, per salutare il Re Imperatore e l'Ospi te jugoslavo allo sbarco imminente. Enrico Matte! Re Imperatore ed il Principe sostano per rispondere al saluto del popolo. Subito dopo si forma il corteo delle macchine: il percorso per via Caracciolo si svolge in una cornice mirabile, e già giunge la eco delle acclamazioni che si levano dalla folla assiepata. Si spegne appena la eco delle salve d'onore delle batterie costiere, quando il corteo sorpassa i cancelli del molo Razza. Aile 10,27 ha inizio l'uscita della flotta dal porto. La grande parata sta per cominciare. Alle ore 16, S. M. il Re Imperatore, il Principe Paolo ed il Principe di Piemonte sbarcano dal Trieste e coi motoscafi raggiungono coi rispettivi seguiti il molo Beverello. Allo sbarco, ii Sovrano ed il Principe sono salutati dal Duce, mentre la compagnia d'onore presenta le armi e lo Stato Maggiore si schiera a babordo. Il Sovrano ed il Principe Paolo, nel momento in cui lasciano il Trieste, esprimono al Duce, Ministro della Marina, il loro alto compiacimento per la formidabile esercitazione, che ancora una volta ha dimostrato l'efficienza della nostra gloriosa Marina da guerra e la perfeta preparazione degli ufficiali e degli equipaggi. Il corteo reale percorre lo stesso itinerario della mattinata e, tra rinnovate acclamazioni ed applausi, giunge alla stazione di Mergellina. Il Sovrano e il Reggente, ossequiati dai Ministri Ciano ed Alfieri, dal Prefetto e dalle altre autorità, prendono posto nel treno speciale, che alle ore 16,30 riparte per la Capitale. Esattamente mezz'ora dopo lo sbarco del Sovrano una nuova salve di saluto si sprigiona dai fianchi del Trieste, in onore del Duce che lascia la nave. Il motoscafo del Capo del Governo accosta rapidamente. Il Duce risponde alla folla, salutando romanamente, e col sorriso luminoso sul volto saluta pure gli equipaggi del sommergibili. Quindi balza agilmente sul molo, percorre il lungo fronte delle truppe che presentano le armi. Fuori dei cancelli la folla che indovina, più che non oda, la presenza del Capo, lancia il suo saluto e la sua invocazione. Frattanto da altri motoscafi sbarcano le autorità che hanno assistito alla manovra, e al momen-i to di salire nella sua macchina eremisi, il Duce è salutato dal gene; ale Garcia Escamez. Ma Mussolini invita il prode generale della! Nazione amica a salire nell'auto! con Lui e col Segretario del Par-I tito. Il breve corteo delle macchine lascia il recinto del porto, sbocca in piazza del Municipio, dove si solleva il fragore senza fine dell'entusiasmo popolare. Il Duce è sempre in piedi, come lambito e ravvolto da tanto calore di applausi. Egli sorride e risponde col braccio levato; sorride alle miriadi di Balilla che dalle due tribune lanciano incessanti invocazioni e sventolano bandierine. I tamburini fanno rullare i loro strumenti; le Donne fasciste, le Massaie rurali si sporgono avanti, gridando il Suo nome ed agitando i fazzoletti. E' con questa visione di giovinezza fresca e sorridente, marzialmente inquadrata, che si conclude il tragitto dal porto alla stazione di Mergellina. Qui Mussolini passa in rivista la compagnia d'onore e sosta brevemente colle autorità. Poi prende posto nel treno, su cui salgono anche S. E. Starace ed il generale Garcia Escamez. Il Duce si fa al finestrino e vi resta sull'attenti, mentre la fanfara intona c Giovinezza ». Il Duce riceve il Reggente Paolo e il Re Imperatore. (Telefoto). 11 Duce sul « Trieste » II primo rimbombo che ha rotto la quieta atmosfera del porto è stato quello che ha accolto l'arrivo del Duce. Erano le 9: un vo dare che viene da terra, un clamore di applausi, una esplosione di grida; poi un motoscafo che si stacca dal molo Beverello taglia lisoluto le acque raggiungendo <a