LA STRADA DEI PIONIERI di Curio Mortari

LA STRADA DEI PIONIERI SOTTO ImA CROCE JDEIm SUTJ LA STRADA DEI PIONIERI (Dai. nostro inviato) CAPETOWN, aprile. «Si approda Sipra un molo costruito dai forzati ». Tutti sono concordi nel dare allo straniero che sbarca per la prima \vo"n a Capetown questa informaF°"e passabilmente sinistra. E' comunque, nell'anno di gra¬ "**0 3*61' vn he' ''"'oro.' Bisogna jcompiacersene con questi galeotti, \e.""che cm lo™ «lustri negrieri, che, pur d'ottenere il ciclopico scopo, non andarono tanto pel sottile... Il porto di Città del Capo è effettivamente imponente, ove si iicnnto che esso apre il suo eIabbraccio all'estremo lembo del l'Africa, tra altre baie popolate di pinguini e di foche, tra il paese degli Ottentotti e quello dei Cafri. Non lontano da esso si protende il ". Cubo Tormentoso », ti Capo delle Tempeste, come fu chiamato da Bartolomeo Diaz, navigatore por- tefftscana o i e e i a , e i i o , a l o ù a d di dij perfetto servizio di segnalazioni e -\il suo sfarzo novecentesco, questi o.'cupi ricordi, I suoi « docks » enor-|mi, i suoi «silos» alti 180 piedi, ai te sue gru, le sue attrezzature cosi JfHotlo a ogni costo fare Europa di e\questo estremo lembo d'Africa. Lo e] si esso panorama candido e anfil- teatrale della città, circondata di a-\uia>'din> sontuosi, oleografici, dove o.l'e orchidee e le watsonie si me- ctoghese, mentre andava con tesue caravelle alla ricerca delle Indie; ma poi ribattezzato dal Re Gio- vanni dì Portogallo in «Capo di Buona Speranza ». Nonostante\questo nome ottimistico, sempre,\davanti a questa estrema punta australe carica di nubi, vengono ad azzuffarsi coi loro opposti ina- rosi l'Atlantico e l'Indiano. oce.ani\di tifoni, di balene e di squali. Fu- ria d'elementi che giustificò le piti [nti leggende della marine-\' ppallucinanti leggen ria, tra cui specialmente tetra quella dell'Olandese Van der Decken e del suo vascello-fantasma, costretto ad aggirarsi, nelle notti australi davanti al « Cubo Tormentoso », senza posa e senza speranza d'approdo. La leggenda ha il suo fondamento nella tragica realtà. Molti furono infatti i navigatori che, nel XVI e nel XVII secolo, tratti in inganno dalla somiglianza di varie baie in questo punto fumi di esse si chiama anzi False Bay) vennero a infrangere le loro navi centro le scogliere del Capo, oppure furono costretti ad aggirarsi davanti a questa successione, d'insenature senza avere mai il coraggio di tentare l'approdo. Storia degli Olandesi 7t porto di Capetown sembra voler cancellare oggi, con il suo o o o a ue; l; onioaennia in i di re: lo è a ra o, il a re a li ., e, a er li n scolano alle rose e ai gerani, farebbe pensare al divino Mediterraneo, ove non fossero i colori fulvi della Montagna della Tavola e della Testa del Leone, che rivelano, con le loro enormi terrazze e i loro culmini deformi, i lineamenti caratteristici dell'orografia africana. Nonostante questo sforzo di europeizzazione .l'Africa trapela ovunque. Il suo alito leonino soffia a tratti i suoi fiati tòrridi, mescolati di strane fragranze. A questa atmosfera esòtica aggiungono i loro colori, i loro fumi, le loro acre dini le navi d'ogni paese, giunte dall'America Meridionale e dalla Australia, dal Golfo del Messico e dall'India, da Giara e dalla Cina I caratteri di un Continente così prepotentemente originale come l'Africa, non si cancellano con sce nari e attrezzature; soverchiano e trasudano attraverso strutture ed interstizi, come certe esuberanze vegetali tra le incrinature dei calcestruzzi. Del resto anche gli abitanti ultramoderni di Città del Capo, amano, nei loro conversari con gli stranieri, ritornare alle origini pionieristiche e indigene del paese. Capetown appare così come il primo scalino di quella gigantesca gradinata che, attraverso il Karroo, sale agli altipiani diamantiferi di Kimberley e ai « rands » auriferi del Transitai. Anche tra la circolazione febbrilmente meccanica che caratterizza ormai questa città come tante altre; nell'or i o re nha ri \gasmo delle automobili e dei filo¬ bus pachidermici a due piani, ar lecchinoti di scritte cubitali recla mistiche; tra il viavai della folla standardizzata e l'esibizionismo ambizioso dei negozit i ricordi co tonfaii riappaiono. Fra gli stessi'sedifici pluripluni del centro, si rìaf--facciano talvolta quelle casette a fastigi rotondi, candide come tor- te di zucchero, che riportano allo stile coloniale, lo stile — come lo chiamano qui — « Dulch ». E' una atoria che ha soltanto la tradizio- ne di tre secoli, ma è tuttavia ric-\ ca di avvenimenti e di contrasti, ^sQuando infatti il navigatore o-.nlandese Jan Van Riebeck approdò^gintorno al 1650 netta Baia della gTavola, e, sotto la Montagna del-' f Tavola, con un pugno d'uomini\c P*»»W la prima palizzata contro ;l gli att'ucchi degli Ottentotti; i suoi s compatrioti olandesi sbarcati sulle \r,ve dell'Hudson scavavawj, per \d'fendcis< dal Pellirosse, quel fos- s"to c!,e doveva chiamarsi Wall r Street e divenire l'asse della futu- n ra New York. In un certo senso, d\,e d"e ■,'one appaiono parallele, v Così " piccolo forte di Table Bay, c [fondato dallo stesso Van Riebeck, g\d"vcva sostanza essere l'uovo f' (l'uovo di struzzo, se vogliamo mun'immagine africana) dal quale lsarebbe naia Città del Capo. [aAddcrley Street, è oggi l'arteria Lprincipale di Capetown. Partendo'ndai Molo essa sale fino alle prime dpropaggini della Montagna della, vTavola. Ma apprenderemo tosto^O che il'suo tracciato non è artifi- gciale e cervellotico, perchè è sta-'Slo suggerito dal corso d'acqua che tscendendo dalla montagna sbocca- sva nella Baia. Fiume esiguo, ma astorico; per due secoli infatti es- so aveva costituito l'unica risorsa qdelle caravelle che, giunte a metà tstrada fra l'Europa e l'India, cer- icuvano rifornimenti d'acqua dolce vper i loro barili e i loro galloni. Odisseccati dalle atmosfere equato- cl'ioti. sPiù che gli edifici sesquipedali Cdelle loro banche e dei loro depo-i siti, gli abitanti dì Capetown indi- citeranno allo straniero t bastioni rocciosi di Riebcck Casteel, ove sta puntato ancora il vecchio canno-Ine che faceva parte della muta di)bronzo installata sulle rupi dai pionieri olandesi e pronta ad ab-baiare, non appena fosse slata av-vistata una torma di Ottentotti L'ora di ripartire Epoca eufòrica e piena di spe-striscianti all'attacco della posizio ne forte. Oppure il turista sarà pregato d'ammirare la Collina del Segnale, donde partivano le salve festose quando era avvistato qualche vascello dall'alta poppa e dalle vele gonfie, che lo facevano ras somigliare a un carico di nuvole rame! Di anno in anno tutta una nuova Terra Promessa si apriva davanti a questi primi coloni cu venivano ad aggiungersi, di sbarco in sbarco, immigranti e perseguitati d'altri paesi: — Ugonotti francesi e calvinisti svizzeri; amerioani e tedeschi, portoghesi e levantini. Le opere si volgevano allora soprattutto all' agricoltura.L'uomo è sempre biblico e buono nei primordi! Sì seminavano biade e si piantavano vigne; si coltivavano orti e si fiorivano giardini. Ogni casa si annetteva un proprio granaio e una propria cantina Si cenava intorno a tavole pa triurcali, e quindi si pregava Dio sotto l'incanto delle costellazioni australi. Ma un vento strano soffiava di quando in quando dal Nord, met tendo nel sangue inquietudini, sti inoli e manie. Si profilavano ni/o vi sogni di ricerca e di avventura Osservando i caratteri del terreno circostante, alcuni uomini sagaci scopi irono, intorno a Città del Capo, otto sorgenti d'acqua calda, indisi di segreti sotterranei e di ricchezze minerali. Sì profilava già nel mondo l'epoca delle .mate rie prime. Gli Ottentotti e i Bosci ntani, orinai addomesticati e asservi ti, narravano lontane storie di diamanti e di pepite, di Eldoradi attendenti i picconi e le venghe dei cercatori, lassù, sugli ul)ipiani, olire il Karroo misterioso. HtcsuzpifpvpTcflsi"tnnnadi rimiriire"Fu 'all'ora 'stempo di ripartire. F«.""ora l. pesanti carri a cuffia dei pri- ^Hi E, coi venli del Nord, arrivavano già anche gli Inglesi, sempre buoni ultimi come tutte le razze non intuitive ma esperie, le quali sanno che il raccolto va. in generale, non ai divinatori ma 'ai furbi. Era quindi venuto, per i pionieri, il che i pesanti carri a cuffia dei p mi « vortrekkers ». i massicci carri di quercia trainali da parecchie paia di buoi, si misero faticosamente in marcia verso un nuovo destino. Cominciava il grande esodo verso i « rands », verso i <miraggi dell'oro. E' quella stessa via che, da domani, conto anch'io di seguire, pioniere ritardatario, innamorato di avventure e di Fate Margone. Non marcerò sul carro patriarcale, ma sopra un espresso. E' la malinconia dei sopraggiunti.' Capetown non m'interessa più. E' quel che è rimasta dopo l'esodo di un secolo fa: — ima città moderna avviata a disafricanizzarsi: capitale politica e commerciale'; centro ricco di comodità, ma ormai senza leggenda. Lungo le sue vie i negri circolano ancora, ma addomesticati e infagottati in abiti europei. Uomini di color tabacco in paglietta o in tuta; veneri ottentotte che comprimono i loro palloni quasi addominali solto vestaglie bianche; ragazze boscimane che, in abiti da magazzino, sembrano porgere scimmie vestile. Le antilopi sud-africane, i « koodoo » dotte corna torte, che un tempo pascolavano su queste alture, non figurano ormai che nei teschi cornuti che adornano, trofei di caccia, le verande di qualche vecchia dimora. L'ultimo leopardo I leoni, i leopardi, le zebre, i babbuini che si aggiravano ancora, un secolo fa, nelle foreste vicine, sono emigrati verso il Nord. (L'ultimo leopardo che ancora si nascondeva nelle forre del Capo, presso Constantia Groot, fu, nel 1933, vanamente cacciato da una muta di cani troppo moderni...). Ci sono oggi troppe automobili, troppe Banche, troppi villini, troppe comodità, perchè si possano impostare distinzioni coloristiche tra un mondo e un altro. In abito da sera i discendenti e le discendenti dei pionieri si divertono (o si annoiano) sotto le verande del « Mount Nelson», primo albergo di Capetown. Essi sono ben provvisti di banconote; ma ormai sprovvisti di illusioni. Non si interessano più alla Croce del Sud. che scintilla come un reliquiario di diamanti sopra un altare di stelle nella notte degli Antipodi. Cenano e bevono: ecco tutto. E mentre questi figli privilegiati degli antichi pionieri passano le loro ore nelle sontuose òasi degli alberghi e delle ville; fuori, oltre le cancellate, striscia, cauto e silente, il brulichio nero degli Ottentotti e dei Boscimani degèneri, randagi della notte, tristi di quella tristezza che viene dalla coscienza delle origini perdute. Essi non sono più dei negri, ormai! Sono dei manichini negri. Forse essi ascoltano con nosfalgia inconscia i gridi laceranti, quasi femminili, delle locomotive manovranti nella notte, prima di partire verso la costellazione del Cane. dell'Idra o della Corona Australe. Le locomotive, uniche, vere nòmadi dei deserti: le locomotive che. in pochi giorni di corsa folle, vanno dal Capo ai confini della Rodesia. attraversando sabbie e altipiani, fiumi e jungle; tutto ciò insomma che di invincibilmente desertico rimane ancora, sempre nel Continente Nero. Questa genie oscura sente la nostalgia di queste * pantere nere » dai grandi occhi spalancati e radianti: ne ha sempre terrore e ammirazione. E le loro grida sembrano toro inviti alla partenza verso gli orizzonti pi rduti del Namaqualand. del Karroo. dell'Orange e del Transvaal, verso le terre delle prime avventure e delle prime lotte: le terre dell'oro e dei diamanti. Curio Mortari Su un comodo treno espresso lungo % l'itinerario, una volta durissimo, dei \ pesanti carri a cuffia che i buoi tra- 1 scinavano verso un nuovo destino. 1 Lo storico edificio di Constantia Groot.

Persone citate: Bartolomeo Diaz, Casteel, Re Gio, Tavola, Van Riebeck