GIOVINEZZA EROICA E BRILLANTE DI VITTORIO EMANUELE II

GIOVINEZZA EROICA E BRILLANTE DI VITTORIO EMANUELE II GIOVINEZZA EROICA E BRILLANTE DI VITTORIO EMANUELE II Anche per una utilizzazione avvenire, ci pare assai importante 11 volume di Antonio Monti « La giovinezza di Vittorio Emanuele II » (pagine 522. 33 illustrazioni e facsimili), apparso di recente nelle edizioni Mondadori, come quello che, seguendo il figlio di Carlo Alberto dalla culla all'assunzione al trono e poi. brevemente, nei primi passi come sovrano del Piemonte, illumina gli elementi che concorsero alla formazione del sue carattere e mostra il progressivo affermarsi, nel fanciullo e nel giovane, di quelle qualità che dovevano fare di lui un grande re. Quel che gradiva negli studi H Monti ha avuto la rara fortuna di lavorare su un materiale quasi interamente inedito, nel quale figurano ben dueoentoquaranta documenti di singolare importanza, usciti in gran parte per la prima volta dall'Archivio Reale. I più antichi di questi documenti riguardano, naturalmente, l'infanzia e l'adolescenza di Vittorio Emanuele: sono regolamenti per l'educazione dei principi reali — si sa che il futuro re d'Italia fu allevato ed educato con suo fratello Ferdinando, più tardi Duca di Genova, di due anni minore di lui —, relazioni degli educatori sul maggiore o minore profitto che essi traevano dagli studi, compiti scolastici e. infine, un certo numero di lettere scritte da Vittorio Emanuele ai genitori tra i 12 e i 18 anni. Gli studi, estesi e complicati, inquadrati in orari gravosi che risentivano dell'influenza diretta di quel lavoratore instancabile ch'era Carlo Alberto, interessavano mediocremente il giovane, principe, il quale li subiva un po' come un male inevitabile, assistendo indifferente al successi del fratello, allievo indubbiamente più brillante di luj. Il che non toglie, avverte il Monti, che Vittorio Emanuele imparasse per contro senza sforzo quel che gli andava a genio; e fra le cose che più gli andavano a genio va posto tutto quanto si riferisce alla vita e all'arte militare. Lealtà dignità e amore Col passare degli anni, la sua predilezione si orienta sempre più decisamente in questo senso; sempre piti gli studi vengono circoscrivendosi per lui alla stona politica, alla teoria militare e a poche altre materie d'applicazione pratica. Si direbbe che, per una specie d'istinto, Vittorio Emanuele respinga sin d'ora da sè tutto quello che, In definitiva, domani, quando cioè, si troverà dinanzi alla grande missione che il destino gli prepara, gli si potrebbe rivelare se non proprio inutile, superfluo. Cosi, d'anno in anno, attraverso i documenti qui raccolti e l'interpretazione spesso felice che il Monti ne dà, la personalità del giovane principe viene disegnandosi semplice, diremmo quasi lineare, configurazione coerente e convincente, tale, insomma, da poter essere abbracciata con un solo sguardo. Le caratteristiche di questa personalità sono: lealtà, schiettezza, dirittura, senso della propria dignità, equilibrio e pene¬ !jiii''i1|I,I!Ii'';!|j(tti ' ; I I ! I ' ; » trazione nel giudicare, buon Benso, e, su un altro plano, ardimento, sana giovialità, amore per la vita, il tutto accompagnato da una esuberanza che si manifesta in una vera passione per gli esercizi fisici — caccia, equitazione, scherma, danza — e In una più chej spiccata tendenza alla galanteria., A ventun anni, il nostro prin-: cipe è pronto a esaltarsi per ogni bel viso femminile su cui si posi- j no i suoi occhi: dinanzi a un ritratto dell'* adorabile contessa » Samoyloff inviatogli dal segretario particolare di Carlo Alberto,' conte Cesare di Castagnetto, tras-j portato dall'entusiasmo, esclama: « Io l'adoro! ». E in certe lettere piene di spirito, scritte allo stesso Castagnetto nel corso del 1841, i parla spesso scherzosamente delle sue « prodezze » e dei suoi succes-1 si: «Sto diventando cosi leggia-! dro che non potete farvene unai idea», scrive per esempio da Ales-j sandria nell'aprile di quell'anno, s mi comporto dieci volte meglio | che a Torino e foimo l'ammira-, zione delle signore ». Sempre ad ! I Alessandria, nel novembre, ha la! I soddisfazione di comandare il prò-: ! prio reggimento davanti a «una i folla di bellezze», e pochi giorni) j dopo può scrivere da Genova : « Vi ; | dirò che mi diverto molto, che sono sempre molto gaio e che mi ; faccio ammirare molto da tutte le ! belle genovesi. Che bel paese! Vi, j sono tante belle dame, che io non i voglio più ritornare a Torino! C'è i da impazzire... ». Le nozze e i figli Queste lettere, come s'è detto, i sono del 1841. L'anno dopo, in a-i ' prile, Vittorio Emanuele sposava 'la giovanissima figlia dell'Arcidu-, ca Ranieri, Maria Adelaide. Egli i amava e amò poi sempre la mo1 glie, ma non aveva la tempra di un | marito fedele, per cui il matrimoI nio non mutò di molto il suo mo, do di vita. E' probabile, però, che la vicinanza d'un essere dolce, intelligente, riflessivo, qual'era Maria Adelaide, e poi la nascita dei figli, uno ogni anno, Maria ClotilIde nel 1843, Umberto nel 1844, ! Amedeo nel 1845, Oddone nel 1S46 I Maria Pia nel 1847, contribuissei ro alla progressiva maturazione del suo carattere, maturazione che 'g\i avvenimenti del 1848 portaro' no a compimento. La guerra, attraverso l'esercizio quotidiano del ; comando, gli diede un senso più ! preciso delle proprie responsabi| lità e lo preparò ad affrontare le j situazioni più ardue non già col (fatalismo religioso e con le incertezze spesso fatali di suo padre, t ma con quella sicura fede nel successo e quell'acerrima volontà di conseguirlo che, nove volte su die ci, forzano la mano al destino. La guerra egli l'aveva sempre desiderata. Sin dal gennaio del 1841, scrivendo ad un suo ex-preI cettore, il padre Isnardi, lo ave! va esortato a pregare per ottenerI gli di poter combattere la * tanto desiderata guerra ». E per la guerra egli s'era pronunciato risolutamente quando, nel 1847, dopo la occupazione di Ferrara da parte delle truppe austriache, era stato chiamato per la prima volta a partecipare al Consiglio reale. Aliai j j , : In guerra fine, poi, di quello stesso anno, inseguito alle voci insistenti di unaprobabile abdicazione di Carlo Al-berto, aveva scritto al Castagnet-to: « Cercate di convincere il Re a soffrire con pazienza, ditegli di non abdicare, giacchè egli deve avere ancora un bel nome nella storia; se egli abdicasse ora, io.sarei nell'impossibilità di far!marciare le cose; dopo la guerra, tutto sarebbe diverso... Ma egli, è ovvio, pensava ad una guerra vittoriosa; la sorte volle invece che a sospingerlo sul trono fosse il vento d'una disfatta. ; Si sa. con quaii esitazioni Carlo :Alberto, « vivissimo all'indipen- denza », come dice il Balbo, ma i lentissimo alla libertà ». affrontò|una guerra della quale si diceva | dai «benpensanti» ch'era in di- fesa di un popolo ribelle al proprio ; sovrano. Vittorio Emanuele, ere-.sciuto in un ambiente pieno di pie- concetti assolutistici, doveva ne-'cessariamente partecipare degli scrupoli paterni. Lo stato d'animo idella famiglia reale al momento;d'iniziare le ostilità ci pare bene:espresso, da quanto, più tardi, i\\secondo figlio del Re. Ferdinando, Duca di Genova, scrisse in una sua: relazione sulla campagna del '48: i Quando partimmo per la guer- ra, andavamo a combattere per1 una causa la quale era grande e!generosa se si vuole, ma affatto 'opposta a tutti i principii in cui eravamo stati allevati. Tutti san- no che l'Esercito da noi era stalo ,sempre educato ai principii mo-narchici. Ad un tratto si cambia i la forma del governo, ed eccoci a combattere per sostenere l'in- surrezione contro una potenza che nci era stata amica, per andare ad appoggiare i principi repubblica- ni... ». Ma il sentimento con cui cle cose si fanno ha. secondo noi, un peso relativo; importante è che le cose si facciano. Varcato il Ti- cino, sin dal principio e'poi sem- pre fino al termine deila campa- gna, il re e i suoi figli furono, senza obiezione possibile, i primi e più valorosi soldati dell'Esercì to piemontese. A Goito, Vittorio Emanuele, combattè « intrepido fra le spade nemiche come un ca- : valiere del medioevo», a Santa Lucia fu visto « caricare con la spada alla testa della brigata » vogliamo queste citazioni dalle d« Memorie ed osservazioni sulla sguerra dell'indipendenza d'Italia » ndettate da Carlo Alberto dopo che l'armistizlo Salasco ebbe chiusa, latprima parte della campagna); il scoraggio del giovane principe non Ssi smentì mai. neanche nella di- sgrazlata giornata di Custoza, t* al finire della quale » scrive il sn 11Monti £ si distese, stanco morto, In un campo lavorato di fresco, coi solchi pieni d'acqua caduta la lissera precedente e vi dormi senza ;aaccorgersi della pioggia che ri prese a cadere nella notte ». L'incontro con Radetzki p«sèrDi questo periodo Antonio Mon- eti offre al lettore, tra l'altro. 27 trapporti scritti da Vittorio Ema- tnuele nella sua qualità di coman- dante della Divisione di riserva e l45 lettere di Maria Adelaide al marito. Queste ultime sono parti-H n|colarmente Interessanti, ed è spiaajcevole che lo spazio non ci con-j senta d'illustrarle come merita-1 no. Questo breve epistolario mete ; te in piena luce, come nessun ali I tro documento potrebbe fare, l'anie mo di Maria Adelaide, di questa a donna che. nata del sangue d'Abo.sburgo, ma sposa d'un principe r!italiano, madre di principi italia, ni, in piena guerra, il 6 aprile , 1848, scriveva: «. Io sono e sarò a italiana di cuore e d'animo, e dope piamente anche, per amor tuo», l U lettore troverà le 45 lettere ri ; prodotte per intero nell'originale francese in appendice al volume del Monti. Noi vogliamo parlar qui, sia pur brevemente, delle pao :gine che lo stesso Monti dedica al- incontro di Vignale tra Vittorio a Emanuele e Radetzki e al susseò|guente armistizio che preluse al a | Trattato di Milano del 6 ago- sto 1849. o ; Queste pagine hanno intona-.zione polemica: esse vogliono es- sere una risposta allo storico ame-'ricano Howard Me Gaw Smyth che, qualche tempo fa, pubblicò nel i« Journal of Modem History » di ;Chicago uno studio sull'armistizio :di Novara con questo sottotitolo: \«A le'iend of a liberal King*. Se condo lo Smyth nulla prova che a: Vittorio Emanuele a Vignale as sumesse l'atteggiamento di difen sore istituzioni liberali pie¬ 1 montesi attribuitogli dagli storici !e sintetizzato dalla fiera afferma 'zione con cui eSu avrebbe rispo sto a Radetzki che gli poponeva d'abrogare lo Statuto e d'abolire ,1' tricolore: ì Savoia conoscere le vie dell'esilio, ma non quelle del i disonore. Semmai, i documenti Piu recenti dimostrano proprio il contrario: e lo Smyth, per soste nere la sua tesi si vale d'un raP" Porto ril Radetzki sull'incontro di Vignale, datato 26 marzo 1849. che Francesco Salata trovò a Vienna e pubblicò una dozzina di anni fa' nel 1"ale si 'PgSono que- ste Parole: - Egli [il rei mi di- chiaro apertamente il suo fermo volere di dominare il partito de¬ mocratico rivoluzionario a cui suo padre aveva lasciato la briglia sciolta ». Inoltre, lo Smyth pub- bllca un 1 preliminare darmisti 210 » che °en poco differisce dal : l'armistizio definitivo firmato il 26 marzo, come per dimostrare cne l'azione personale di Vittorio Emanuele per migliorare le con dizioni imposte da Radetzki allo sconfitto Piemonte fu pressoché nulla. 11 Monti, in un capitolo riccatente documentato, rimette le co se a posto. Naturalmente egli non S1 Prefigge di dimostrare la sto rici,à della frase attribuita a Vit torlo Emanuele; sa benissimo che sarebbe fatica vana: nessuno udì 11_ n„..n|n ,.\. il ni ,ctn le parole che, il 24 marzo 1849, il giovane re e il vecchio maresciallo, si scambiarono in mezzo ;a"'aia della fattoria di_Vignale per cui. come scrisse il Brofferio, « volerle senza certezza riferire sarebbe improntitudine ». Ma non è impossibile sorprendere e fissare attraverso i documenti antichi e recenti l'atteggiamento di Vit torio Emanuele in quelle prime tragiche ore del suo regno, Tra le carie dell'Archivio Rea le. il Monti ha trovato un altro . preliminare d'armistizio», che Ho Smyth, naturalmente, ignora e che certo va considerato come ili primo dettato da Radetzki che lo fece pervenire a Carlo Alberto' pel tramite del generale Cossato. ] prima dell'abdicazione. Non v'ha! dubbio che questo sia il documen-| to del quale — secondo scrive il i Cibrario nel suoi ; iJirorrfi d'una I missione in Portogallo » — poi che l'ebbe letto, Carlo Alberto; disse: « Ecco la risposta fattami dal nemico sulla mia proposta di un armistizio. Vedete, signori, che. non è possibile aderire a tali patti». Orbene, basta confrontare questo « preliminare » con l'Ar- 1 mistizio firmato il 26 marzo, per misurare l'enorme peso dell'intervento personale di Vittorio Emanuele. I testi di un armistizio Col primo di questi due doniménti, il re di Sardegna si sarebbe impegnato a riconoscere i trattati del 1815 rome base per le] clausole territoriali della futura pace; a congedare immediatamente i Lombardi, « ribelli al loro Imperatore e al loro Re», che' fossero nel suo Esercito; a i con- I segnare a S. E. il maresciallo Radetzki » la fortezza d'Alessandria e il territorio oltre Tanaro sino' alla strada da Alessandria a Ca- i sale, compresa quest'ulama città: e a garantire l'effettuazione di questa clausola dando in ostaggio 11 Principe ereditario; a ritirare la : flotta sarda dall'Adriatico e a da-1 re ordine a quelli dei suoi soldati e dei suoi sudditi che si trovassero a Venezia di rientrare in patria » sotto pena di non poter es-, sere più compresi in una Capito-1 lazione delle autorità militari im-1 periati con quella città insorta >. Nell'Armistizio definitivo la prima di queste condizioni — che | avrebbe riconsacrato l'assetto ter-i ritoriale italiano uscito dai tratta- ', ti del 1815 — scompare: le altre! appaiono modificate nella sostanza o nella forma: il re di Sarde-1 gna non consegna >• più, ma I . permette, tinche dura l'armi- ' stizio ». l'occupazione ^ del terri- ] torio compreso fra il Po, la Se- ; sia e il Ticino, e della metà della piazza d'Alessandria»; di Casale e dell'- ostaggio » a garanzia del'-' l'esecuzione di questa clausola, non una parola. I Lombardi arruolati nell'Esercito piemontese; non sono più «ribelli»; nè Vene-| zia è più definita - città insorta -0 Inoltre Radetzki si impegna, a nome dell'Imperatore, •< perchè sia accordata piena ed intera amnistia » ai Lombardi, Ungheresi e Polacchi che, dopo aver combattuto nelle file dell'Esercito piemontese, desiderassero tornare negli Stati dell'Impero austroungarico. Ma la soppressione che più ci interessa è quella di parte dell'articolo VII che nel primo documento suonava cosi: <r. S. M. le Roi de Sardniync — ayant le riroit de dcclnrer la guerre et de concilile, la pni.r. par consèquent, aussi de conciare un armistice camme preliminare de la paix — rcgttrdr. pur cette raison mème la convention de VArmistice inviolable et inrièpendtinte de Vapprobation des Chambres... ». E' evidente che con le ultime parole di questo articolo, Radetzki tentava, con subdola abilità, d'indurre il re a una dichiarazione incostituzionale, tale da svalutare in qualche modo lo Statuto. Vittorio Emanuele resistette alla suggestione: nel documento definitivo l'articolo VII figura cosi redatto: Avendo il re di Sardegna il diritto di dichiarare la guerra e di fare la pace, per questa stessa ragione ritiene inviolabile questa convenzione d'armistizio ». In realtà, osserva giustamente il Monti, era praticamente impossibile che il Parlamento potesse ratificare un armistizio concluso rapidamente sotto la spinta irresistibile degli avvenimenti. Col suo atteggiamento. Vittorio Emanuele difendeva dunque unicamente una posizione morale: affermava, cioè, la sua ferma intenzione di mantenersi fedele alle istituzioni costituzionali largite da suo padre e. sopprimendo poche parole sul ■ preliminare d'armistizio » redatto da Radetzki, salvava lo Statuto. Prova, questa, ili lealtà; di quella fondamentale lealtà che varrà a Vittorio Emanuele di passare alla storia come il Re galantuomo; ma prova, anche, di oculatezza politica. Più realistico di suo padre, il nuovo re aveva ceto intuito quali fossero le nuove forze che conveniva sfruttare per far reale il grande sogno dell'indipendenza italiana e. col suo gesto, si schierava, implicita menta con esse. Cesare Giardini Vittorio Emanuele in un ritratto inedito