Tempo di sanzioni

Tempo di sanzioni RICORDI DI SCUOLA Tempo di sanzioni Il maestro ha parlato ai ragazzi delle sanzioni. Ila detto delle madri ohe hanno dato alla Patria la fede, d'oro per una di ferro. Molte hanno dato anche i loro gioielli. I soldati hanno offerto le loro medaglie, lina vecchietta che non aveva altro che un cer- chietto d'oro, sul petto, col ritrat- to del figlio, ha dato quel cer-: chietto, e. si vergognava di dare icosi poco: «Il Duce non lo vedrà'— diceva — in mezzo a tanti bei igioielli...». Ma le hanno detto che il Duce si sarebbe accorto an-1 chc del cerchietto. Allora s'è ras- serenata, ed è andata via conten-1 ta, col ritratto del figlio stretto sul petto, senza più il cerchietto d'oro. I Martinolli alza la mano. — Anche la signora Direttrice Ila dato la sua fede d'oro. L'ho vista stamattina, con quella di ferro. — Tutti, in questi giorni, danno alla Patria quello che possono. — Signor maestro, che cos'è la Patria? Sono ragazzi di terza, non vanno, ancora, più in là della mamma, della casa, della scuola, dei compagni... — La Patria è l'Italia. Noi siamo italiani, non solo la mamma., i fratelli, il maestro, i com- pagni di scuola, ma anche tutta la gente che vedete passare per la. strada, non solo gli abitanti di Roma, ma anche quelli di Mi- lano, di Torino, di Venezia, di Napoli, di Palermo... — Anche le donne di Palermo hanno dato la fede d'oro? An- che a Palermo c'è una vecchietta che ha dato al Duce quel cerchiet- to d'oro piccolo e si vergognava? — Anche. L'Italia è grande, finisce dove ci sono le Alpi, quelle montagne alte alte piene di neve, Tutti quelli che sono nati in Ita- Ila sono italiani, parlano nello stesso modo, hanno la stessa bau- diera bianca rossa e verde, vo- gliono bene al He e al Duce. Voi siete balilla, e. anche i ragazzidi Milano, di Venezia, di Palermo, sono balilla. Solo gl'italiani vogliono bene all'Italia, gli altri no. Gli altri cercano di farle delmale... — Gl'inglesi, signor maestro, — Gl'inglesi, i francesi, gli a- mericani, 1 russi... — Quelli che parlano in maniera, che non si capiscono... — Quelli buffi, alti alti, con gli occhiali, che pure quando sono grandi portano i calzoni corti... — Quelli. Cercano di far del male all'Italia, cercano di farci diventar poveri, vorrebbero che non avessimo più i soldi per mangiare. Perciò al Duce, che difende l'Italia, bisogna dare l'oro Martinelli stringe i pugni, ha gli occhi sfavillanti. — Signor maestro, se fossi grande andrei in Abissinia a combattere contro gli stranieri. — Papà mio c'è andato. — dice Manili — Da scritto che quando torna porta alla mamma un braccialetto di quelli che fanno i negli, e a me un leoncino piccolo che ancora non morde. Ma è un mese che non scrive più. La mamma piange. Tutte le sere facciamo la preghiera e diciamo «Gesù, non far morire papà, e, magari ferito, ma fallo tornare. E fagli portare anche il leone». Manili è un ragazzo buono. Magro magro. La madre lavora da sarta. La vedo, qualche volta, la mattina, al mercato, con la bolsa della spesa, quasi vuota. Sem bra che ancora debba comprar da mangiare, e invece l'ha già coni prato. Ha quattro figli. Il più grande è quello che fa la terza con me, gli altri due fanno la prima, l'ultimo ha tre anni, sta a casa, e quando la mamma va a far la spesa lo sorveglia una vicina. Ogni volta che la incontro: — Sono la mamma di Manilmi dice timidamente, come senon la riconoscessi. E mi ringrazia delle cure che ho per il figlinolo, si raccomanda per l'olio di fegato di merluzzo, si scusa per latessera di balilla: ^ — Appena potrò manderò lalira che resta da pagare. Per fortuna mio marito mi manda qualche cosa. Ma è un mese che nonscrive... Suo marito, prima di partireper l'Africa, veniva tutti i giorna prenderle i figliuoli. Era un muratore. Aveva in testa il berrettofatto di carta di giornale, comusano i muratori a Roma. Mi spiantava davanti e, battendo tacchi, mi faceva un gran salutromano. — Signor maestro, come vquesto ragazzo? Studia? Se è cattivo, ditemelo, che ci penso io. Guardava accigliato il figliuolo, ma si capiva che non sarebbstato capace di toccarlo con udito. — E' buono, studia, non mposso lamentare. — E deve studiare! Qui bisogna far presto, serve un aiuto pela famiglia, altrimenti... L'ultima volta che venne, mdisse che gli avevano accettata ldomanda e che sarebbe partitper l'Africa. — Ci imbarchiamo in SiciliaSi tolse il berretto di carta lo fece, in quattro pezzi. — Signor maestro, vi ringrazio di quanto fate per il mio bambino. Oh, lo so, che credeteche quelli scarpe non glie le hpassate la scuola. Mi piangeva cuore a farlo uscire, di novembre con le scarpe di tela. Ci avete pensato voi. Non vi ringrazio, perchè è inutile. Ma me ne ricorderò. E parto tranquillo perchè so che tutto quello che potrete fargli, al min figliuolo, glie lo farete. Se non tornerò... — Tornerete, tornerete — dis¬ su — con una bella medaglia, L'appuntamento è qui, all'uscita di scuola-, e, mi raccomando, con la medaglia! — Grazie, signor maestro I Gli luccicavano gli occhi. Bai tè i tacchi, mi fece uh gran sa luto romano e se n'andò a gran passi con i tre figliuoli che do ve vano correre per tenergli dietro. — Scriverà, Manili, dillo au- che alla mamma che abbia fidu- eia, che. scriverà. E ti porterà il leoncino... — Signor maestro — fa Giordani — basta anche un pezzetto d'oro piccolo piccolo, più piccolo del cerchietto della vecchietta? — Qualunque cosa. Portate quel che potete, ragazzi. La classe è in fermento. Tutti vorrebbero portar qualche cosa. Spadoni promette un anellino. Martini un orologetto. — E' mio, anche se la mamma non vuole, lo porto. Me lo hanno regalato alla prima conni- nione, Martinelli sta serio. Non ha niente. Nè orologetti uè anellini, Ma porterà qualche cosa, ne so- no sicuro. II giorno dopo, Spadoni mi consegna l'anellino, piccolissimo, con sopra un ferretto di cavallo, di smalto. Martini un orologctto con una rondinella, anch'essa di smalto, disegnata sopra. Ma non è d'oro, è d'argento dorato. Non glielo dico, per non rattristarlo. Lo restituirò fra qualche giorno. alla mamma. Martinelli non c è. Grippa ha strappato il pennino d'oro dalla penna stilografica del padre, lo ha lucidato bene bene, , e ora me lo consegna rosso, No Papà tuo lo sa? Abbassa gli occhi, diventa non lo sa ; — No non lo sa. I —Allora bisogna restituirglie- lo. Il Duce non vuole le cose prese senza il permesso dei geni- a a a e o a a a ù a a a a a i otori. No — fa Grippa — non bisogna restituirglielo. Glie l'ho chiesto, e ha detto di no, che lui non vuol dar niente. Perciò l'ho preso. Anche lui è nato in Ita lia, anche lui parla come noi... — Parlerò io, Grippa, con papà tuo. S'avanza adesso Jannicelli. E' piccolissimo, ancora sdentato, coi capelli tagliati a macchinetta. Ride, non solo con la bocca, ma con gli occhietti, con le mani, con tutto. Sul grembiulino azzurro ha un collettone inamidato largo largo in cui entra anche il mento. — Che mi porli. Jannicelli? Dalla tasca del grembiule cava fuori un biglietto e me lo consegua. « Egreggio s-ignor Maestro, il iuj.itni bambino è tornato ieri o rasa diciendo chebisogna dare oro aìln Patria, gli abbiamo detto che già la inanima a dato la tua fede e che non cè altro in famiglia, ci la catenina colla medaglia della Madonna che luì porta al collo ma è un ricordo ma lui la vuole dare, per forza al Duce, diteglielo anche voi che è un ricordo ma se però lui la vuole dare per forza allora non cè. niente, da fare e prendetela pure. e. noi saremo coutenti, losle.iso suo devotissimo Junniceellì Edmondo i. — Hai letto — domando a Jannicelli — quello che scrive tuo padre ? — Sì, l'ho letto, ma la catenina la voglio dare lo stesso. — Ti devi levare il colletto. Si toglie il colletto e, tutto Bon¬ agttde tento, abbassa la t^sta. Dietro - sul collo, si vede il fermaglietto - della catenina, -j —- Te la tolgo? a; Mi fa di sì, con la testa, im|paziente. a ì Ecco, la catenina è nelle mie - nlani, fina fina, leggera, sulla - medaglietta c'è una Madonnina n c0) Bambino in braccio e, die ;tro, incisi il nome e la data di e nascita di Jannicelli che, felice, i s\ rimette il colletto * torna al - ; posto. o j Martinelli non è venuto. Sarà e ;n dell'oro, sii All'uscita, c'è il padre di Crip ijpa che m'aspetta. Il vostro pennino, vero? o a toe n mi oer mi a o a. e am?, a E' un signore ben vestito, con gli occhiali d'oro e la barbetta. Non ha il distintivo. Porta al dito un anello con un brillante. Grippa ha gli occhi rossi. Si vergogna. Il vostro pennino, eccolo Ho rimproverato il vostro figliuolo perchè non sta bene prendere la roba senza il permesso dei ge nitori. Ma vi prego di perdonar lo, la colpa è un po' mia. Ho patiate loro delle sanzioni, del dovere di ogni italiano di aiutare la Patria in questi momenti difficili. S'è entusiasmato. Tutti i compagni hanno portato qualche cosa, anche i più poveri. Il signore non dice niente. Mi guarda attraverso gli occhiali. Dei due sguardi, il primo ad abbassarsi non sarà il mio. — Crippa — dù» severamen- i ttrautoncimcilmpmcmcslpcdHwi—il te al ragazzo — non dovevi far e, ] questa. Se glie lo avessi chieste, penna, signor tuo padre non avrebbe esitato a dartelo, non è vero, signor Grippa? Non è vero, signor Grippa, che avreste dato subito il pannino al vostro ragazzo se ve lo avesse chiesto per offrirlo al Duce? — Anche la maestro ! Miracolo! Il signor Grippa si cava di tasca una penna d'oro, me la porge, il suo gesto è spontaneo, ha gli occhi pieni di lacrime, ma non li abbassa più dinanzi ai miei. — Il figliuolo un pennino, è giusto che il padre vi dia una penna. Tenetela, signor maestro, ve l'offro di cuore, non voglio vergognarmi di fronte a mio figlio... Fa per stendermi la mano, si arresta, fa il saluto romano, forse il primo in vita sua, prende il figlio per un braccio, fa per allontanarsi, ma sono allora io che gli prendo le mani, gliele stringo Signor Grippa gli dico vogliate bene a questo vostro fi-gliuolo, è un bravo ragazzo. Mi fa di sì con la testa, per- che non può parlare, e s'allonta-ila a braccetto col figliuolo chenon si vergogna più, ora, e sistringe a suo padre, orgoglioso di lui. Sono curioso di vedere, domani mattina, che cosa porterà Marti- nel 1 i Tutti hanno portato qualche cosa, tranne Martinelli e Mattili. Manili sempre più magro, sempre più triste perchè suo padre non scrive. Martinelli arriva trionfante con. un gran pacco Dev esserenesante perche lo sostiene sul pet-lo. con tutte e due le braccia, eLo poggia sulla cattedra. — L'oro, signor maestro. Martinelli fa le cose in grande. porta l'oro a chili. Apro il pacco. — Ma sono sassi ! — Li ho presi al Colle Oppio, signor maestro. Sono sassi, ma c'è l'oro, dentro. Tutti questi puntini che luccicano, sono oro.Me ne gira uno davanti agli occhi. — Li vedete, signor maestro?i lihii? Di t l — Li vedete, signor maestro? anno. Dentro ci ho messo un bigliettino con il nome mio, Martinelli Mario, così, quando portate al Duce, sa che glie le ho date io. I ragazzi sono convinti che io luccichini? Domani ne porto al tri. Al Colle Oppio ce ne sono;tanti. Lo sappiamo io solo e un ragazzo di quinta, ce ne siamo accorti l'altro giorno. Forse è una miniera. Martinelli, convinto di aver trovato una miniera, è felice, gli occhi gli brillano come i luccichini dei sassi del Colle Oppio. Dirgli che non è vero, che non c'è l'oro in quei sassi? Sarebbe inutile, non mi crederebbe, e non mi crederebbero nemmeno i suoi compagni che lo guardano con invidia, e faranno di tutto, all'uscita, per farsi dire dov'è la miniera. Ma non basta. Martinelli ha portato qualche altra cosa. Se la cava di tasca religiosamente. Stavolta è un pacchetto jggero. Contiene stagnola da cioccolatine. Sono stagnole d'oro, signor-maestro. Le inetto insieme da un V|ciato, une il uuce saprà eoe lastagnola l'ha offerta Martinelli la catenina con la medaglietta personalmente, consegnerò al Du- ce le piccole cose che m'hanno\dato. Che il Duce saprà che la|Hella Madonna Tannicelli "l'oro wtin \lart;,,;' l'anollivn «in-, ioBetio .Marnili, i anellino opa- o'i Tir T l Solo Planili non ha portatoniente. — Signor maestro — mi dice— quando tornerà papà. Adesso non abbiamo niente. Ti porto io alla miniera! —fa Martinelli — Pana non ha scritto? do-, v,, ii'- i .mando. E qualche giorno che rìmercato, venendo a scuola, non incontro la mamma. _ — Non ha scritto, aspettiamo sempre. Torna al posto con gli occhipieni di lacrime perchè gli dispia-ce di esser runico a non aver por-tato niente per il Duce All'uscita c'è lida, curva, sembra vecchia. j -p , — Non ha scritto ancora? —domando. — Non scriverà più, signormaestro. E' morto. E' arrivatala, notizia. Saudritio, anco-ieri .. ra non lo sa Diteglielo voi, si-gnor maestro. E' morto combat-tendo, gli daranno la medaglia... ir. *£~J.»i;. la „„fllP a (La medag ha con la quale a- yrebbe dovuto venne ali appun-tamento, ali uscita di scuola. I,amedaglia l'ha avuta. Ma ali ap-puntamento non verrà. Povero Manili Tua madre non na, il coraggio di darli la notizia, e neanch'io Dovrò dartela domani, nattina,a scuola Come non leso Ti diròt«^A^n^B^\™ p,. ',. uce! " ,,. *.w-]aportatoli gli orologetti, gli anei-lini, la stagnola d'oro di Marti-nelli, diro: «Questo e di trippa, questo di Spadoni, questo di Martinelli. Di Manili non fiosso darVj niente, ma posso dirVi il nome di suo padre, perchè Ve lo ricordiate, di suo padre, un operaio, eh'è andato a combattere in Africa, doveva tornare, aveva promesso a sua moglie un bracciale e a suo figlio un leoncino,.. Ma non torna più I. Mosca