COLERIDGE E LA SUA VITA

COLERIDGE E LA SUA VITA COLERIDGE E LA SUA VITA Si è paragonata (dal nostro Qscchi) la posizione del Coleridge, rispetto alla letteratura inglese dell'Ottocento a quella di un ghiacciaio, celato nodo vitale di un sistema di montagne. «In lui si sente fermarsi un istante, pfcr refluir cambiate, il sangue fecondo: raccogliersi e mutarsi la coscienza dell'epoca». Accorti di più in più di tal posizione, gli studiosi son venuti producendo in questi ultimi anni ricerche sulla poesia e soprattutto, sul pensiero filosofico e politico del Coleridge; e quanto alla vita, c'è chi l'ha romanzata, e chi l'ha voluta ridurre a precisa cronaca, ma, in realtà, nessuno se l'è cavata con molte onore, neanche il più recente biografo, E. K. Chambers, che già ci aveva dato un fondamentale volume su Shakespeare, e che ora, pei tipi della C!arendon Prtess, ci presenta sul Coleridge un piuttosto arido «studio biograficoi così pieno di fatti che l'aria non sembra circolarvi punto. Invero, per ritrovare l'uomo Coleridge, bisogna ricorrere alle testimonianze di chi Io conobbe, soprattutto del Hazlitt e del Carlyle, e forse allora concluderemmo con quest'ultimo che egli fu un uomo strano, ma niente affatto grande; o meglio, leggeremo l'opera di un moderno professore americano, J. L. Lowes, The Rand to Xanadu, a Studi/ in the Ways of the Imaginatinn (1927), e in codeste veramente unico studio del modo in cui ]e id'ee s'associavano nella mente del poeta, troveremo tutto di Coleridge, e l'uomo e il poeta e il pensatore, poiché Coleridge fu in primo luogo un cervello ancorato in un essere fisico e morale falotico, in una creatura non dissimile dal signor Perelà del Palazzeschi, leggera leggera, fatta di fumo, color della nebbia. Un ghiacciaio, un luccicante azzurrino misterioso cristallo formato di strati e strati di antiche. Devi — letture e letture d'innumerevoli libri — ma non terso sì da escludere tritumi e marocchi', ma non profilato con sagoma propria, adagiato piuttosto, passivamente modellato sulle costole dei monti, e contuttoché dotato d'una sua inerte energia, d'una spinta causate dalla sua stessa mole: come il caos, ricco di latenti vite, seme primo dei numi, informe e venerando. Della condizione umana il Coleridge incarnò in se degnamente soltanto un aspetto, e dopo quan to siam venuti dicendo, può indovinarsi quale. Colui che in tutta l'età giovanile e virile era stato un'ombra d'uomo, potè essere perfetto come vecchio, quest'ombra, dell'uomo, in cui la volontà s'ottunde, la mente divaga e s'illumina di inflessi soprannaturali. A un vecchio è lecito sapere e non potere, a un vecchio è lecito predicare e non ascoltare, declinare il peso della responsabilità, servirsi d'una guida e d'un sostegno: essere soltanto un cervello. La canizie fa veneranda pur la stoltezza di re Lear, e non poteva non circon fondere d'un'aureola di santità l'impotente sapienza di Coleridge. Ultimo di una lunga serie di figli del pio e dotto pastore anglicano ilohn Coleridge, autore d'un'importantc grammatica latina in cui definiva l'ablativo come il caso quaìe-quarc-quiddil'ivo, Samuel Taylor, destinato alla carriera ecclesiastica nell'intenzione paterna, fu una crisalide di predicatore fin dai primi anni. Bambinetto, poteva ascoltare senza meraviglia o incredulità la spiegazione che il padre gli faceva dei moti dei corpi celesti ; dallo zio era mostrato come un ragazzo prodigio agli amici, nei caffè e nelle taverne; dai,compagni, in collegio, era sorpreso in atto di rivelare con intonazioni di voce profonde e soavi i misteri di Giamblico e di Plotino agli stupefatti estranei che passavano pei chiostri di Christ's Hospital, n Non pensai mai come un bambino, non parlai mai come un bambino»; nè di bambino doveva apparire il suo volto, a cui le adenoidi davano un'espressione di docilità confinante con l'imbecillità, non fosse stato per la fronte angelica e gli occhi ispirati. Uomo maturo, dirà una volta di sentirsi come un uccello dalle penne invescate; ma tutta la sua vita fu tale: lui che dell'uccisione d'un àlbatro, grande uccello dei mari, doveva far l'argomento del suo maggior poema (The. Rime of the Ancien/ .ìfariuer), e "a su questa terra a disagio proprio come l'albatro di cui Baudelaire fa il simbolo del poeta, l'albatro che, catturato dai marinai e deposto sul ponte della nave appare una goffa melanconica creatura: Ce voyageur aite, cornine il est fgauche et venie! Bambino senza fanciullezza; giovanotto senza energia giovanile che, quasi per accentuare le proprie grottesche deficienze, fugge dall'università e si'arruola in un reggimento di dragoni, soldato da farsa, che spesso capitombola giù dal cavallo, e all'ufficiale che chiede : n Di chi è questa carabina arrugginita?», replica: «E' molto arrugginita?». «Moltissimo». «Allora, signore, dev'essere la mia». Si sposa senza amore, o, piuttosto, per amore d'un progetto filosofico, la Pantisocrazia, società ideale da fondarsi da dodici coppie in un delizioso e remoto angolo d'Ame¬ rica il cui nome, Susquchanna, lo seduce, e, nel fervore d'una fratellanza universale, rivolge i suoi versi a un asino chiamandolo fratello, senz'ombra d'ironia; ma alla moglie, poi, scrive lettere di questo tenore: « Permettimi, mia cara Sara, senza offesa per te, come, sa il Cielo ! senz'alcun sentimento d'orgoglio in me, di dirti che quanto a sesso, istruzione, e per quantità e qualità di doni naturali, vuoi di sentire che d'intelletto, tu sei la mia inferiore». Padre, non sente affatto le responsabilità della sua posizione, lascia che altri provveda all'educazione dei suoi figli, e neanche per uno stipendio di duemila volto duemila sterline vorrebbe rinunziare alle sue pigre letture di vecchi in-folio e al soggiorno in campagna; poi, di tutte quelle letture (si veda il magnifico passo di Hazlitt in proposito, in The. Spirit of the. A gè) che conclude? «Ahimè! Debolezza, il tuo nome è Genio' Che cosa è divenuto di quel poderoso cumulo di speranza, di pensiero, di dottrina, di umanità? E' finito con l'inghiottimento di dosi d'oblio e colla stesura d'articoli per il C'aurier». Il sognatore s'è trasformato in un inveterato mangiatore d'oppio, il genio speculativo che contemplava un sistema filosofico che avrebbe superato tutti gli altri, è divenuto un giornalista e un conferenziere, un cattivo giornalista che non sa contenere il proprio pensiero nei limiti d'un saggio, un irritante conferenziere, che dimentica gli appunti a casa, o non si reca affatto all'ora annunziata, o dev'esser trascinato a forza dinanzi all'uditorio dagli amici che lo sorprendono attaccato alla sua bottiglia (che l'alcool gli è necessario per combattere la depressione causata dall'abuso dell'oppio), o, infine, sfiora appena il tema del suo discorso, perdendosi in interminabili prolegomeni. Vita piena d'episodi grotteschi, di spunti che oggi chiameremmo pirandelliani. Una volta fu trovato un impiccato la cui camicia recava il nome di Coleridge (il poeta, infatti, nei suoi viaggi, perdeva regolarmente una o due camicie) ; e a più riprese, nella casa d'un amico elio aveva un grande specchio a muro, fece peruscire attraverso quello specchio. Un uomo strambo, di quelli destinati a passare in proverbio per le proprie distrazioni e bizzarrie. Finché, rassegnate nelle mani del dottor Gillman le sue dimissioni da uomo indipendente, fuggito dalla battaglia, della, vita, apparve, anziché un disertore, finalmente un uomo arrivalo. Arrivato in vista della Morte, per cui egli, francescanamente, ringraziava la saggezza e la bontà di Dio, arrivato a quella condizione a cui tutta la sua vita sembrava avesse aspirato: una serena vecchiaia. Ci dicono che pochi momenti dopo la sua morte, il 25 luglio 1834, una pianta di mirto che era sul davanzale della sua finestra improvvisamente fio ri, riempiendo la camera della sua fragranza. Il vecchio sognatore meritava questo tocco finale di leggenda aurea. Mario Praz