OTTOCENTO E NOVECENTO

OTTOCENTO E NOVECENTO Una grande storia dell'arte OTTOCENTO E NOVECENTO dispensabile al pubblico di media cultura, al lettori non strettamente specializzati nello studio delle arti figurative: una storia universale dell'arte aggiornata al gusto moderno, informata alle più recenti scoperte e tendenze della critica. Giustamente Paolo Schubring aveva- ;-eso onore alla memoria di Antonio Springer salutandolo autore — egli affermava — del più vasto e comprensivo manuale di storia dell'arte che mai fosse stato Bcritto; e Corrado Ricci s'era associato all'omaggio. Ma da allora parecchi anni erano passati, scomparso, dopo un'esemplare vita operosa, era lo stesso Ricci, e l'insigne opera dalle tante edizioni, traduzioni, manipolazioni e aggiunte sembrava ormai alquanto in ritardo sui risultati degli ultimi e più seri studi artistici. Come accontentarsi ancora — tanto per citare un solo esempio — delle poche magre righe che lo Springer-Ricci forniva quali premesse teoriche al movimento dei Macchiaiuoli toscani, dopo le sempre più frequenti ed acute indagini sulle cause e sugli effetti del rinnovamento della pittura italiana in- Jtorno alla meta del secol° scor30? Dopo il fortunatissimo, e tuttora assai letto, manuale in sei volumi dl Springer-Rlcci, minuto, anali- tlco, oggettivo, più nessun editore italiano aveva tentato un'opera in-1 Anche 11 medio lettore, semplice mente colto e non partlcolarmen te erudito, aveva diritto di parte cipare a una visione, agile e sicu ra, geniale e sintetica, che dal- l'Ojetti al Cocchi, dal Somare al Tinti, tutta una schiera di storici e di critici aveva definitivamente acquisito all'esatto intendimento di un determinato momento artistico. Senza quindi sminuire i molti meriti di un testo che fu a lungo apprezzato nel campo culturalmente divulgativo, salutiamo col migliore augurio e col più vivo compiacimento l'apparizione del primo volume d'una nuova Storia universale dell'arte che l'Unione Tipografico-Editrice Torinese ha intrapreso a pubblicare. Composta di sei volumi di circa seicento pagine ciascuno, quest'opera di cui si sentiva urgente necessità s'inizia con la parte più viva e^nteressante perchè la più vicina a noi, la più direttamente partecipe del gusto nostro, dei nostri dubbi, delle nostre simpatie, delle nostre polemiche, delle nostre speranze e, se si vuole, illusioni: con l'Ottocento e Novecento, vasta e suggestiva sintesi tracciata da Anna Maria Brizio, una delle nostre più scaltrite, competenti e risolute docenti e scrittrici d'arte. Splendidamente stampato, ricco di quattrocento il1 lustrazioni riprodotte in rotocalco e scelte con un'intelligenza che tosto rivela, con le decise preferenze ed anche con le partigiane esclusioni, un metodo critico aderente al testo, il libro (Torino, 1939, L. 165) è di quelli che immediatamente s'impongono, avvincono, appassionano. Tutti i pregi, tutte le intuizioni, tutta l'intelligenza, tutti 1 vizi della critica più attuale — di cui la Brizio è esponente insigne ed agguerrita — vi si rispecchiano nel modo più limpido. Subito va detto che il disegno storico è tanto sicuro quanto eccellente. Le mosse — con un piglio che pare episodico ed è invece agile accorgimento d'impostazione — son prese dal contemporaneo lavoro in Madrid di Giambattista Tiepolo e d'Antonio Raffaello Mengs: i due secoli sono ormai nemici, e se anche Canova può in un certo senso sembrar perpetuare il Settecento, ormai il gusto europeo, tolta l'Inghilterra, sta per riassumersi in uno stile: Neoclassicismo. Centosessant'annl circa: e dopo David, Canova, Piermarini, Chalgrin, Schinkel, Adam, attraverso il Romanticismo ed il Realismo, il Verismo e l'Impressionismo, l'albeggiare e il maturare del Novecento, le esperienze del Cubismo e del Futurismo, le pagine si chiudono coi nomi che sono viva cronaca e spesso acuta polemica, talvolta ammirevole ardire e tenacissima azione, ma non ancora storia, nel senso di quel giudizio che, pacato e libero da contrasti di parte, solo il tempo, sia pur breve, può fornire: Carrà o Martini, Kokoschka o Picasso, Gropius o Terragni. Ciascun vede quanto un simile panorama possa esser suggestivo anche perchè, per una sua parte, vi viviamo in mozzo. Chiunque abbia seguito l'attività critica e didattica della Brizio, influenzata senza dubbio ancora dall'insegnamento di Lionello Ven turi, già prima di aprire il libro sapeva quali sarebbero state le sue preferenze, le sue esclusioni, ^c sue riabilitazioni, i suoi spunM polemici. Sapeva che vi avrebbe trovato pagine bellissime e cai- dissime su Goya e sugli inglesi da Turner a Constable, su Dela croix e su Daumier, su Manet anche più che su Degas, sugli Im pressioriistl culminando in Renoir, e che a Cézanne sarebbe stato da to il più ampio capitolo. Sapeva che le più forti ed acri riserve sa rebbero state fatte per ogni arti che avesse in quals asi modo considerato l'importanza del « sog- igetto», della sostanza narrativa, di Un contenuto umano e non esclusivamente pittorico. Sapeva che delle varie «scuole» italiane soltanto la toscana e la napoletajna. ed in parte quella lombarda ]*! sarebbero salvate nel giudizio della Brizio. e che una se alba di gnità artistica sarebbe stata ava- iramente concessa a quelle piemonitesi, liguri, venete. Sapeva che ! l'eccezione, il frammento, la dei formazione, il soggettivismo che I rifiuta, ogni aderenza aà una Tea! tà naturale, avrebbero avuto le più sch ette e scoperte simpatie. Conquiste e vizi, s'è detto, di tutta una mentalità critica. E' su questa linea che bisogna seguire ed ammirare la logica stringente, la commossa coerenza, i sinceri entusiasmi di Anna Maria Brizio. Possiamo cordialmente e decisamente (e chi ci legge lo sa) dissentire da lei non solo in moltissimi giudizi ma fors'anche nell'intero sistema intellettuale che li determina. Comprendiamo tuttavia ch'essa — risolutamente marciante su un simile cammino ideologico — non citi neppure un M gliara, un Calandra, un Tito, un Calderini, un Andreotti, un Grosso, un Canonica, un Trentacoste, uno Zandomeneghi, sorvoli su Favretto, faccia di Fontanesi -i e'iuna creatura di Ravier, se la sbri- Khi frettolosamente coi piemon-\lesi (limitando la scuola di Riva/ìra a ^uai soIiti 1uattr0 noml men" »| lionati dal Signorini di cui uno. quello di Giordano, non è e n e a a a s ¬ non è controllabile su alcuna opera nota), ma non lesini citazioni ed elogi pei Rouault, Dufy, Soutine, Pascin, Chagall. Appunto in questa coerenza intrepida sta il pregio, la robusta ed eloquente tessitura del libro. Il quale — si potrà obiettare — più che un testo di « storia », è l'espressione viva di una personalità critica che spregiudicatamente riduce la storia dell'arte ad una storia (in molta parte) di preferenze individuali e di gusti d'un determinato momento. mar. ber.

Luoghi citati: Inghilterra, Madrid, Torino