Comitato di beneficenza

Comitato di beneficenza Comitato di beneficenza In via 8. Giuseppe, l'Antica •trada patrizia, si sono fermate molte macchine l'altro giorno, lille quattro, davanti al portone clie porta il numero Bei. Ne sono disceso signore frettolose, alcune kì sono incontrate sotto il portone, sono scivolate via stringendosi rapide la mano o dicendosi «buongiorno cara .. 11 portiere ad alcune, ha detto « buongiorno signora contessa, eignora marche sa » ; le altre le ha interrogate ripetendo il titolo e il nome dcll.i tua padrona- Gli hanno risposi o o sorrisi cordiali o compunte anJiuizioni. Nessuna ha chiesto « da che parte? *, ma nessuna ha sba- gliato e tutte ìianno infilatole jscalone. Le macchine sono rima- ete sulla, strada, allineate lungo il1marejapiede, e alle quattro e uniquarto qualche autista se. ne è scostato di qualche passo e |)a sorriso ai colleghi. La rr)rnl]n brilla d'oro sul berretto, qualcuno accende una mezza sigaretta. Nei |doppiopetto di panno verde o nero o blu si sentono grossi e fasciati, imbottiti di sussiego. Al primo piano invece le signore hanno sfilato la pelliccia, e si sono sentite più libere, quasi' prevedendo che, con quell'impaccio anche, il prossimo lavoro sarebbe stato più complesso e più greve Si conoscono tutte ad ogni modo •nehe se c'è chi ncn concede eccessiva affabilità e pretende maggior rispetto. C'è una gerarchia anche nella preparazione delia beneficenza. La marchesa X, quando la signora Bartolini le si avvicina sorridente, la guarda annusando lana e ferendole, la scollatura con uno sguardo di civetta. E' più giovane di lei. la signora Bartoni, è stata ammessa al comitato perchè il marito è benefico, ma non appartiene al patriziato; Senza rispondere al saluto: — Non t'ho vista. - - dice -alla predica di Padre Dal ti. _ Ed è un acerbo rimprovero, gj |capisce, un modo per ricordar la propria autorità. La nuova, che aspira alla considerazione della marchesa, sento morderle l'orgoglio nel petto, s'indispettisce un po', ma non osa rispondere- Le sfavillano però gli occhi, la marchesa ne gode e chiede senza attendere che l'altra si riabbia dalla mortificazione: _— Ti sei fatta restituire i buoni del latte dalla nostra protetta di via Jlanin ? -- A proposilo. — interviene la contessa Y — bisogna intendersi sulla faccenda dei buoni. Non devono essere rilasciati — e alza la voce perchè tutte la odano — non devono essere rilasciati che dopo aver riferito al comitato sullo stato di moralità e di povertà. Quella di via Manin, per esempio, l'ho visitata anch'io ieri, per rendermene conto, e aveva smarrito — e sottolinea la parola con una risatina ironica per tornar? d'un subito severa — la preghiera del Cardinale. Gliela avevo lasciata io stessa nella mia visita di conforto di una settimana fa. ]cri sono tornata per dirle di «versaputo che Don Serafini, che è iì suo parroco, o che per meglio dire vorrebbe esserlo, non la conosce neppure. — Niente buoni, niente buon: in questo caso — chiosa la marchesa. — C'è un fatto più grave — interviene la contessa Z. Qualche visitatrice — e guarda la Bartolini — insiste nel lasciare alle protette regali in danaro. TI nastro statuto parla sortano di buoni, e non di offerte. La contessa Y apre la borsetta, spinge col piede una seggiola contro il tavolo, siede di traverso, e depone sul tavolo un libriccino coi foglietti quadrettati. Ne sfoglia alcuni, poi, la matita diritta tra il pollice e l'indice irrigiditi, (pare un bastoncino di comando con il carboncino breve che fa corona al legno ritagliato con cura), dice : — Oggi bisognerà risolvere molti problemi. — E tutte le dame seggono, in silenzio. — Anzitutto — continua — ci occorrono mille lire. Ci sono state varie proposte, ma io scarterei •ubito l'idea del ballo. Si sa quanto ha re9o, 1 anno scorso, e s« non si fosse sposata Clara — e la marchesa X, compiaciuta al ricordo della generosità di suo genero, sorride — non avremmo avuto in cassa che cinquecento lire. — Ma avremo presto la nascita del piccolo Manfredo, e con la t l!11111 a e , e o e si si e o e i.i o na a- soddisfazione eh* ci sarà in famiglia... — Dopo quattro femmine, c'è poco da fidarsi dei maschi di casa Pardiani. Le dame ridono, quasi tutte, quelle almeno che sanno le speranze dei Pardiani e cosa significhi per le loro finanze la nascita di un nuovo erede da offrire al nonno Manfredo, che dal suo secondogenito ha già un nipote. Pòi la conversazione si anima, si parla di Cicci e di C'ocò, di Giulia, di Carla e di Carlino. La signora Bartolini non è certa 60 si liarla di Giulia do re mi fa, oppure, di Giulia sol la si do, delle, fie j ^He insomma che. a detta delle a- l,la,e l'"eup- il fl" San Gottardo il1 na avuto dalla principessa Torbini111 fi r'a donna Pia Ambo: la pri è ,na IWando lo prese la passione a l>cr la musica, e la seconda quann do riuscì a sonare per la prima e o 11',,ma vo't;a.'n un concerto di ei | beneficenza, diciotto anni fa. D'un tratto una signora bruna, seduta ultima della fila, in fondo alla tavola, convinta di essere dimenticata, decide di farsi notare; si sporge, cerca di vedere almeno le mani della contessa che giocherellano con la matita eopra la tavola e interrompe: — Meglio sarebbe che qualche nostro benefattore morisse. — Potrebbe morire anche qualche benefattrice, forse qualcuna di noi — ride sarcastica la contessa. Le dame le fanno eco, la signora bruna arrossisce, si sente perduta si fa forza, capisce di dover aver coraggio se non vuole naufragare. — Invece che per i fiori, — insiste la malcapitata — potremmo quotarci per un'opera di bene. , — Ad ogni modo qui non c'e nessuno che pensi di morire — taglia corto la contessa, e la signora bruna si curva all'orecchio del¬ iodlfcpaldleaosi eo e e o cga a iro a ù oto a o; -azbiqettlntcpdssvo_ la sua vicina per giustificarsi, perigj |spiegare, ma l'altra non risponde, |noli apre bocca, non vuol sentire. Ora c'è un parlottare fitto, un dire ridire e ripetere; alcune, so- no d'accordo, per altre proprio il hallo è inutile, vuol dire imita- re quell'altro comitato, sigmfi; ca l'obbligo di tre quattro inviti in casa propria per offrire poi, dopo un mese, i biglietti a quaranta lire. La contessa si agita, riesce a rimandare ogni decisione alla settimana ventura. Ma la testa le scoppia, deve avere l'influenza, tossisce, ecco che si sente addosso la febbre. Corre a casa, cerca il termometro (trentotto), si mette a letto, passa il tempo a ripetersi le frasi delle amiche. — Da Bartolini. Che sciocca, che maleducata. Già si sa, chi sa di dove viene. Voglio informarmi chi era suo nonno. E quel; l'altra ! Quell'idea che uno di noi dovesse morire... Ormai è sera. Sta peggio- Ha chiamato il medico. Con lui si è sempre intesa, (quanti ricordi), e anche se ha deciso da qualche anno di dimenticare il passato, di lui ha fiducia, e un'influenza può degenerare in bronchite, si sa, e in polmonite. 11 termome Irò segna trentanove. Risentendo le mani del medico sulla schiena, si rammarica ancor più di non essere andata in chiesa, quella mattina, anche se per dare l'esempio ai figli e alla servitù ha chiamato Don Valentino per la comunione. Non ha avuto bisogno di confessarsi, ha la dispensa lei, e la comunione, l'ha messa in pace con gli uomini e con Dio. a, e e iei, nboa a rn za — he là. mer ron r? eata a. di i, er on n: r— he ooro e toaiti. ta rdi ve to re a ci aei sa e e riemo to cila Alle undici di sera la tempe-j ratura. è salita a trentanove e cinque. Verso mezzanotte si sveglia, crede sia mattina, le pare di aver dormito tante ore. Invece sente il marito che torna dal circolo. Ode la voce di lui e un'altra voce che gli risponde sommessa. E' quella del medico, non si sbaglia, ma perchè è tornato? Chiama il marito, si informa. — Ho incontrato il dottore davanti al portone. Ci sono novità politiche, siamo saliti per non prendere freddo e bere un liquore. La contessa tace, lo guarda e non gli crede. Forse sta molto male, tutti sono preoccupati, e Arturo ha finto di incontrare suo marito per passare la notte accanto al suo capezzale. Lo sa au cora capace di grandi sacrifici perlloi fi'ò iff»~,;»i. .ii>....:»». .11. lei. S'è affacciato airuscio ; élla Igli sorride, gli fa cenno di entrare. — Dottore — chiede — mi sen¬ io tanto «tanca, le mie povere tntossa, e gh occhi mii bruciano. Cre- ,dete che dovrei chiamare il ^n-ìalesaore- Loe credete che questo possa),■ farvi bene... se vi può far pia- dcere... . cLo sa che Arturo è ateo, e le jprime parole che gli sono venute dalle labbra sono state un po irò- aliiche, ma poi s'è corretto per non mdarle un dispiacere, perche sa eh lei sta tanto male. Ora è sola. Il medico se ne è andato col marito nell'altra stanza. Cerca di non pensare, vorrehbo dormire, ma ha paura. Che idea le è mai venuta di fargli quella domanda. Il respiro le si rpcsmfpe ■ » n ili tapm anannoso, e avieObe volu-ìnto sentire ridere il medico a quo la sua paura. Anche il marito non le ha detto nulla. Non è certo un buon cattolico, ma un'educazione religiosa lui l'ha ricevuta, ed ora è stato preso dagli scru- lpoli, m ironto alla, gravita dei dir. m a o II »ir.n ti 1 vti iiln onri _ ssuo male. O non ha voluto con t raddirla, ora che è maiala? Non ha voluto anche in questa occasione offendere le sue convinzioni \pm sacre? Masè invece fosse dav-\vcro grave I Hanno avuto roscien- za dell al di Ja, eh Ironie, alla morte... ìLa morte. Questa parola le;orna alla niente di continuo, non ha voluto mai pronunciarla, ma jora, dopo essersela sentita affiorare alle labbra tante volte, le è sfuggita. La morte, la signora Bartolini, le colleghe, il ballo di beneficenza, la ragazza di via Manin alla quale è stato negato il buono del latte. Ha un bambino, ma la Bartolini le ha lasciato cinque lire. Ha fatto male. Soltanto buoni, e il parroco non, la conosce perchè non va in chie- sa neppure alla domenica.. jSi butta supina, sente gli oc- chi che le bruciano, vorrebbi piangere. Se morirà non accasare la sua figliola, tanti anni; ■ po --iaìT^tiché'Vorm^ |nerali, forse quel benedetto i 14. ne lui- legne del comitato si quoteranno per una corona, yuella signora bruna... come si ctìama? Voleva Iche qualcuno morisse. Dovevatoccare proprio a lei che l'ha con-\ „azzo che r,i la. corte alla figlia da qualche tempo, si deciderà n di-1 chiararle il suo amore quando avra perduto la mamma. Allora |a slla d0te sark libera. Le col traddetta. Ora piange, si sente! tanto stanca, il marito non ode i i suoi singhiozzi, si sente tanto so- la, non ha avuto mai niente di I bello nella vita. Masè guarirà... E' giovane ancora, può guarire. I Ora dorme e sogna. La signora Bartolini, sua figlia, la donna di via Manin. Quando si sveglia brilla il sole. Non c'è nessuno nella stanza, mal il sole le illumina il lenzuolo, el'astuccio del termometro sfavilla sul comodino. Le piacerebbero anche due rose rosse, due sole,nel vasetto d'argento accanto alla finestra, e le sarebbero di buonj augurio. Suona per la cameriera, sa così che il marito è già uscito, e che il medico è tornato ma chcl'ha lasciata dormire. Trepidantesi mette il termometro sotto l'a-scella, ne aspetta la sentenza. Trentasette e cinque. E' vero che sta meglio. La testa non le duole quasi più. Fa aprire la finestra, Col sole più limpido una folata d'aria entra nella stanza, smuove le tendine, le accarezza le tempie. E' bello essere vivi. Non pensa che questo: E' bello essere vivi. La frase tanto semplice le pare immensa, profonda. Che vasto significato hanno le parole! Non j l'aveva mai supposto. E' bello .essere vivi. Le ripete, e le pare i di udire una musica. Ora ha fatto chiudere la fine-\stra e le piace aspettare che nella jstanza aumenti il tepore. Poi si!alza a sedere sul letto, i cuscini |ie sorreggono la schiena, il len-izuolo le si stende candido sulle: ginocchia. Si fa portare un foglioidi carta e la penna stilografica.'Quasi non sa cosa scrivere, ma pensa alla signora bruna, le rive- de occhi vivaci e intelligenti. |iì Amica carissima, perdonami, se ieri non ho apprezzato la tua proposta. Per fortuna nessuna di |noi è morta e siamo tutte felici !di sentirci vive. Invece di orga-|nizzare il ballo, vuoi che sotto- scriviamo cento lire a testa, come se una di noi non ci fosse più'iE' bello non dover piangere per!nessuna, ed è soprattutto bello; le.9Sere v'vi' *je e**}}0 ''.re ce „nei Idaranno la prova. Non tj pare „r» ni'aniUtn Ho-mTre t rauo ,^ a pre P»«»UÌ^^01^i:^^»»gl»U,a. {

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