CRONACHE DEL TEATRO E DELLA RADIO

CRONACHE DEL TEATRO E DELLA RADIO CRONACHE DEL TEATRO E DELLA RADIO Commedie di giovani: « Dentro di noi », di Siro Angeli e « Eva Sturnmc », di Francesco Ferrari • Alle orìgini del teatro: « Rappresentazione di Sant'Ignazio », di Anonimo del XV secolo • I programmi di musica varia alla Radio ! ] I ' La Compagnia del Teatro Sperimentale dei G.U.F. di Firenze ha presentato al Teatro delle Arti di Roma, alla presenza del Ministro Segretario del Partito, del Ministro dell'Educazione Nazionale, e del consueto pubblico d'eccezione, il nuovo lavoro di Siro Angeli: « Dentro di noi ». Chi conosceva « La casa », sa che questo giovanissimo è uno dei pochi su cui si possono fondare serie speranze. < Dentro di noi » è un dramma di contenuto umano così prepotente che in certi momenti, trattandosi di un giovanissimo, sbalordisce per l'audacia della concezione e il vigore dell'espressione. E' poi costruito con una intuizione della tecnica che si può dire perfetta, tanto il taglio delle scene è felice, il linguaggio aderente e proprio, tutto essenziale e antiretorico. E' la festa di Natale. Una famigliola, composta della madre e di due figlioli, attende il ritorno dei suoi cari, il padre e il figlio grandicello che sono a lavorare in altro paese. Da vent'annì il padre va a cercar lavoro altrove ritornando quando sì e quando no per la festa di Natale. Tornerà quest'anno ? Torna. Solo. Il ficlio — dice — è rimasto laggiù... E qui, in una scena angosciosa e originale, il dramma si rivela e si delinea. Non tornerà il figlio; è caduto da un ponte mentre lavo, ava; è morto. Al secondo atto si celebrano le nozze dell'altro figliolo. Dopo vent'annì di lavoro il padre è riuscito a costruirsi la sua casa: aveva tanto desiderato di morire sul suo; è felice. Anche suo figlio andrà a lavorare lontano; lascierà, come ha fatto lui, la moglie a casa, tornerà e ripartirà fino a quando potrà restare per sempre. La scena che segue è tra le più belio e robuste del dramma. Il figlio partirà; ?» a con lui partirà anche la moglie. Il padre si sente defraudato del frutto, amaro frutto, del suo ventennale lavoro. Come? Ha costruito la casa perchè fosse il perno della famiglia, e ora la casa, che avrebbe dovuto risonare delle voci dei nipotini, dovrà rimanere vuota? Il dramma scoppia. Il ragazzo, testimone delle lunghe sofferenze della mamma, si erge contro il padre e lo accusa di tutto il male fatto a quella povera martire che si struggeva in amare e silenziose lacrime, fatto a lui stesso bambino. La casa! Ma la casa è dentro di noi, la casa è dov'è la famiglia: non sono le quattro mu-\ ra... Il dialogo stringe, e le ragioni del padre e quelle del figlio, ugualmente probanti, cozzano e fanno sprizzar fiamme d'umanità. Bella, veramente bella questa scena, che si chiude con la cacciata del figlio. Ma la mamma, al terzo atto, è malata. Il babbo vaga di taverna in taverna, e rientra spesso a casa, in quella casa triste e vuota, tormentato dai pensieri. Un altro, come lui, voleva morire sul suo; ma ha ceduto ai richiami del figlio. Partirà. Il nostro lo deride, mentre la moglie l'accompagna coi suoi voti. Dove volete che sia il cuore di una mamma, se non presso i figlioli ? Si riaccende la dispu ta tra marito e moglie. Lui burbero, ma, in realtà, offeso perchè il figlio non gli ha nemmeno scritto. — Ha scritto invece. — A te, non a me. — E s'indispettisce di più, travagliato com'è da un'angoscia e da un desiderio non più contenibili. E la mamma ■— un po' melo drammaticamente, in verità — cava la lettera dal seno e legge: « Caro babbo... ». La luce brilla nelle tenebre, il sorriso sfiora il volto dell'uomo: suo figlio lo ama, Io chiama, non lo ha dimenticato E s'affaccia a gridare buon viaggio all'amico che parte. Partirà anche lui, con la moglie, a ricostruire la vera casa col figlio e col bimbo che sta per nascere. E' mancato all'autore il corag gio di esser crudele fino in fondo, che forse, invece di ripiegare in una situazione di facile sentimentalità, con carattere prettamente dialettale, il dramma avrebbe potuto assumere tale voce e tale profondità umana da consegnarlo alla letteratura drammatica. Cosi com'è rimane nella cronaca. E non vorremmo che, inorgoglito del successo, questo giovane si abbandonasse alle sue qualità naturali, degenerando presto nella faciloneria. Se non saprà controllare severamente la sua materia, se cederà alle lusinghe del facile successo, se non saprà essere attento e esigente e incontentabile, Siro Angeli rischia di finire autore per filodrammatiche. E, francamente, non glielo auguriamo, e non ce l'auguriamo, che questo gioitane è una forza. La Compagnia del Teatro Sperimentale ha interpretato il dramma con bell'affiatamento. Raffaello Niccoli, che era il padre, ha avuto momenti di rara efficucia. Segnaliamo inoltre Egle Arista, madre trepida e. dolorosa, e Carlo Minellona, attento e intelligente e impetuoso figliolo. Il Minellono era anche autore delle scene, proprie e belle. * * Il Teatro Sperimentale del Guf, ci ha presentato un secondo spettacolo: Eva Stummer, quattro tempi di Francesco Ferrari, commedia vincitrice del concorso nazionale dei Guf. Eva, a vent'anni, salva 11 padre dal fallimento sposando il ricchissimo Stummer, che ha trent'anni più di lei, e abbandonando il tenente Gessi, dì cui è fidanzata e innamorata. Morto 11 marito dieci anni dopo, Eva, rimasta a capo dell'azienda, e compresa dei nuovi doveri che ha verso 1 figli, rifiuta di sposare il Gessi, sempre innamorato e fedele. Dopo altri venti anni, nel 1916, 11 primogenito le muore in guerra, e Eva trasforma la sua azienda in ospedale: non ha potuto raccogliere nelle sue braccia il figlio morente, sarà la mamma dl tutti i soldati che lottano tra la vita e la morte. Ma tanta abnegazione, tanto rigore sentimentale e morale, tanta onestà sono mal compresi e mal giudicati. Il troppo stroppia. Il suo stesso figliolo la sorveglia, dubita e indaga. Possibile che una madre non si accorga della rovina che crea? La fortuna della casa difatti è sul punto di crollare... E allora Eva, dopo aver ottenuto senza umiliazione un credito che sanerà le falle del bilancio aziendale, si allontana dalla casa che fu sua, e lascia che il figlio ricostruisca in piena libertà di spirito e di opere. Il personaggio è visto e rappresentato con spietata coerenza, e in certi momenti l'azione suscita irresistibili effetti emotivi. Ma c'è in questa Eva un che di meccanico, che si rivela nei momenti meno felici della commedia, un che di forzato di imposto dl sovrapposto che in certi momenti e in certe situazioni denunzia il gesto violento dell'autore. Quando il dramma nasce e si rivela dall'interno, ed è sincero, il Ferrari sa parlare con accento e misura appropriati; altrove è più eloquente che profondo. Commedia, ad ogni modo, che ci fa bene sperare di questo giovane, le cui qualità tecniche sono notevoli, e il piglio è sicuro. Interpretazione di impegno: Vanda Bernini, che era la protagonista, ha ottimamente vissuto la sua non facile parte, evitando quello che era un pericolo grosso, la monotonia. Niccoli e gli altri l'hanno variamente ed efficacemente coadiuvata. Il pubblico, tra cui era il Ministro Alfieri, ha calorosamente applaudito alla fine dl ogni atto, e ha vivamente festeggiato l'autore. Un terzo spettacolo di grande interesse ci ha dato, nella settimana, il Teatro delle Arti, diretto da Anton Giulio Bragaglia con quel simpatico e intelligente dinamismo che gli è proprio: la « Rappresentazione di Santo Ignazio », di Anonimo del quindicesÌ7no secolo. Si tratta di una di quelle sacre rappresentazioni che sono all'origine del teatro drammatico italiano, e iti ali, al carattere spettacolare ha valore la fresca rozza prepotente poesia della lingua ìioveìla del po polo italiano che si componeva e plasmava naturalmente nell'anno nia dell'arte. Come spettacolo non c'è dubbio che azioni come queste hanno bisogno di aria, di respiro, di spazio, di orizzonte. Portate nel chiuso di un teatro, e di un piccolo teatro, pèrdono parte della loro suggestione. Va bene che si tratta di convenzioni, e che iin metro di più o di meno tra un « luogo deputato » e l'altro non altera la sostanza delle cose; tuttavia non si può negare che lo spazio un qualche pregiudizio lo porta, perchè, se manca, si crea involontariamente una certa uniformità di moinmento e di espressione che costringe e comprime il carattere stesso dei personaggi, se di caratteri può parlarsi, la figurazione stessa insomma, la quale perde rilievo e cotifonit, e quindi efficacia. Nonostante le enormi difficoltà di dover ambientare in uno spazio ristretto un'azione di vasto respiro scenico, Giulio Pacuvio, che tra i nostri giovani registi è certo il migliore, è riuscito a comporre con quella felice plasticità che è segno di naturale sensibilità e di raffinato gusto, una serie di affreschi, in cui le figure, i colori e le dimensioni creavano armonie di poetica espressione e significazione. Spettacoli di questo genere offrane al regista possibilità di estrose figurazioni: riconosciamo che Giulio Pacuvio le ha sfruttate tutte, compatibilmente col testo e con l'ambiente, e tutte le ha nobilitate con alto senso umano e religioso. Gli aspetti della processione che accompagna Ignazio alla gloria di Dio e al sepolcro son quadri che si scompongono e ricompongono a ogni ripiano e parlano all'immaginazione più di un testo eloquen'e e immaginoso. In questa scena, in cui movimenti e gesti eran in funzione essenzialmente pittorica, s'è visto e capito di che cosa è capace questo giovane artista di sicuro talento. E' tempo che Pacuvio lasci, diciamo così, gli esperimenti di laboratorio e affronti deliberatamente le scene dei grandi teatri che hanno tanto bisogno di giovani energie. Da lui, dopo la prova di ieri, abbiamo diritto di esigere e di attenderci molto. La vicenda è quella di Ignazio d'Antiochia. Per non rinnegare Gesù egli affronta il martirio inflittogli da Traiano: è dato in pasto ai leoni. Ma quando i soldati gli aprono il petto per vedere se nel cuore d'Ignazio c'è scritto veramente il nome di Gesù — co?)ie egli aveva asserito — e quel santo nome trovano veramente scritto su quell'intrepido cuore, Traiano ordina che cessi la persecuione dei cristiani, e inveisce contro gli dèi falsi e bugiardi. Ignazio era Carlo Tambcrluni, bella figura ieratica, serena ed eloquente; Traiano, l'attore Gaetano Verna, che avremmo desiderato più deciso. Gli altri: Giovanna Scotto, nelle vesti e nel dolore di Maria Vergine, il Tommusini, San Giovanni, il Cellesi, il Dal Cortivo, il Pucci, la Pezzinga, il Montefamelio hanno degnamente figurato. Bella e ingegnosa la scena del Vucetich, e vari e armonici t costumi di Emma Calderini. L'azione è stata inframmezzata e accompagnata da canti gregoriani e polifonici, eseguiti da un apposito coro. La « rappresentazione » è stata preceduta dalla recitazione della famosa se lauda » di Jacopone da Todi: c II pianto di Maria », in cut si è distinta Giovanna Scotto, e dal mottetto: < O vos omnes... » di Giovanni Croce. Una serata molto interessante, dunque, che, fra l'altro, avrà calmato le ire di coloro che si eran scandalizzati de La Cortigiana. Documenti, l'uno e l'altro spettacolo, che valeva la pena di far conoscere in un teatro d'eccezione qual'è il Teatro delle Arti. ». ». Altoparlante I radioascoltatori sl saranno accorti che da qualche settimana i programmi di musica varia delle nostre stazioni hanno subito un notevole miglioramento. Da quando è stato dato l'ordine di abolire le trasmissioni di musica ebraica, le nostre stazioni hanno finalmente ritrovato il loro vero carattere e la loro giusta espressione, Si sentono musiche italiane, canzoni italiane, melodie mediterranee chiare solari, perfettamente rispondenti al nostro spirito e al nostro gusto, ariose e ricreanti. Non vogliamo nè ripeterci nè vantarci: constatiamo che, ancora una volta, la ragione era dalla nostra parte. E continuiamo a lavorare, ognuno rial proprio posto, per il costante miglioramento e il crescente sviluppo della nostra radiofonia che vogliamo prima in ogni campo. E prima sarà.

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