La timidezza di Amiel

La timidezza di Amiel La timidezza di Amiel Il recentelibro su Amiel del, lamoso, a più di un titolo, medi co spaguuolo Maranon (1), mi ha interessato per almeno tre ragioni. La prima, esteriore, riguarda il singolare mutamento di prospettiva subito dalla fortuna letteraria del Ginevrino, nel mondo della cultura mondiale, in seguito alla pubblicazione di parti inedite del Journal in/une, per merito, sopratutto, di Bernard !Kouvier. Sotto questo aspetto non credo vada molto lontano dal vero il Maraùon quando anemia che, come formidabile documento umano, miniera preziosa e inesauribile anche per quella scienza psichiatrica e psicanalitica che particolarmente lo interessa, il Journal possa ormai essere posto accanto allo Confessinns di Rousseau. La seconda ragione, di natura intima e psicologica, è relativa alla revisione di giudizio sulle personalità e sul complessivo a valore » spirituale di Amiel, implicata dalle ultime rivelazioni. Finche i Fragmentt, severamente depurali dalla morale puritana, della devota Fanin- ìlcrcier. tennero indisturbati il campo, e costituirono il tutto cognito^ del famoso manoscritto delle 17.000 pagine, l'immagine del suo autore era quella di un delicato e sensibilissimo, ma austero, pensatore-poeta, perenneniente intento a esplorare, gli abissi della propria interiorità e le fugaci e tanto amate apparenze del mondo esterno (le paymqe est un état d'óme; frase che lo scolpisce) ; e insieme di un moralista, non pedantesco certo, ma scevro di torbide preoccupazioni, e tale da giustificare il giudizio che di lui, mio carissimo autore dell'adolescenza, diedi ic stesso, qualche anno addietro: « Un santo Amiel non fu, ma una sorta di monaco laico, il ouale mostrò con l'esempio quale sublime alimento un Cristianesimo, pur Benza dogmi, potesse ancor dare alla vita religiosa e morale di un nonio del nostro tempo » : e come tale, in tanti e tanti, lo amammo. Ora, dopo le rivelazioni sul grave peso che l'ossessione sessuale esercitò sulla sua vita, quanto di questo ritratto ideale conserva i caratteri dell'autenticità ? quanto di questo nobile mito rimane in piedi? In particolare, come sarà rimasto quel vescovo spagnuolo, ricordato dal Maranon, che del Journal aveva fatto il suo libro di capezzale, a ritrovare questo sant'Antonio preda di troppe, e troppo allucinanti, tentazioni? La terza ragione che mi ha interessato al libro di Maranon è tutt'aliatto generale, auzi generica, e consiste nel caro richiamo a una deliziosa e nostalgica visione di vita ottocentesca, in cui un processore di filosofia all'università di Ginevra, scapolo ma non misogino come lo credono (salvo qualche malizioso, che gli sospetta delle bonnes fortunes segréte) vive circondato e coccolato da zitelle e vedove, intellettuali e un po' mature, spesso del genere istitutri ;e, che se lo disputano, e fra cui suscita veementi amori ; che sarà compito dell'arte sopraffina di lui trasformare in devote amicizie, durature talora anche oltre la morte; e alle più care è concesso il privilegio di conoscere (il capo reclino sulla sua spalla, e non senza versare dolci lacrime) dalla sua voce di lettore impareggiabile le più recenti pagine del Journal; e alla domenica, o in lenti e brumosi, sul dolce Lago, pomeriggi di vacanze, vanno in casta avventura al cimitero di Clarens, dove ora è la sua tomba, sempre fiorita di ignoti omaggi. E l'estate trascorre in tartarineschi alberghi dell'Alpe romantica, cui, da presso o da lungi, or fosco or terso, è specchio il Lemano ; e la rentrée autunnale è un grande affare, nei salotti ginevrini dove il professore è ospite assiduo: abile come pochi a riattivare con delicati interventi una conversazione che languisce, o. con lieti giochi di Bocietà e svelte inani prestidigitatrici. a divertir grandi e piccini; quando addirittura, seguito dal suo codazzo di zitelle, non si affacci ai balconi a lanciar bolle di sapone, suo passatempo preferito... E così, mediocre e effeminato, lo sorprendono passando i suoi studenti, e v'ha fra essi chi arde di sdegno e lo disprezza; ma, pur con l'apparenza di aver ragione è ingiusto, e non capisce quanto, con tutt'i difetti che me pure offendono, tu sia un poeta dell'intimità e dell'anima, o — nonostante tutto — caro al mio cuore, Federico Amiel ! E' l'Ottocento, che sotto i nostri occhi si muta, e di cronaca spicciola si fa storia e poesia ; caro e prezioso per quanto magari ci parve ridicolo, oggi che inesorabilmente si allontana ; pietà del passato che lo trasfigura ; delicato miracolo, cui ogni generazione è serbata. Quale fu, dunque, il male segreto di Amiel, che le pagine, rimaste per tanto tempo inedite, del Journal hanno rivelato! t Abbiamo già detto che il pri: mitivo Journal di Amiel, pubblicato da Fanny Mercier, fosse solo un estratto ridottissimo dell'enorme manoscritto... anche le edizioni posteriori, benché più ampie, continuarono a dare di Amiel l'idea inesatta di un austero moralista, che alle tempeste della carne fosse unito solo dai tenui fili di qualche preoccupazione intellettuale. Era difficile, su tale scorta, trovare la chiave della sua tragica inquietudine... I frammenti veramente intimi del Journal, rivelati da Bouvier e dallo scrittore cubauo J. de la Luz Leon, come pure quelli da me trascritti, ci permettono ormai di analizzare quanto c'è di più recondito nella tragedia di Amiel con la stessa sicurezza con cui sul tavolo necroscopico dissecheremmo un cadavere. E tale dissezione ci ap- (1) Gregorio Marano.v: Amiel, • della timidezza. Einaudi edit, Torino, 1938. prende che tutto il male di Amiel derivò dalla sua anormalità sessuale, e che tale anormalità consistette in una timidezza provocata dall'aspirazione verso una donna troppo ideale, che sola avrebbe potuto soddisfare compiutamente le sue esigenze sessuali e spirituali ». . Questa la diagnosi del medico: vediamo ora come si esprime il paziente: « Iniziare i giovani ai diritti e ai doveri sessuali... ciò è parte essenziale dell'educazione. Quanto a me (ha 47 anni quando scrive queste parole) ho mancato la mia vita perchè nou ebbi direzione, nè incoraggiamento, nè iniziazione nelle cose concernenti il pudore; e per conseguenza ho esagerato morbosamente tutti gli scrupoli, e ho bruciato come un mouaco anziché vivere come un uomo. A .39 anni ero ancor vergine, e oggi come oggi sono ancora ossessionato da Lilith come un seminarista. Non è assurdo? e un medico non avrebbe compassione di me?... lo non sono che un uovo senza germe, una noce vuota, un cranio senza cer li • c j i> vello, un essere infecondo, 1 ap-|parenza di un maschio.,. Lamia iantma non è virile, essa è femmina... • . Frasi, che hanno indotto taluno a sospettare addirittura l'impotenza fisica, mentre giustamente Maranon la esclude: « E' per noi evidente che Amiel si riferiva, non tanto a deficienze nelle sue possibilità fisiche di amare, quanto alla sua inettitudine per la vita attiva, alla sua mancanza di una tenace volontà, alla sua perenne incertezza... La realtà fu un'altra: Amiel fu un timido, ma un timido superiore, per supervirilità » ; e sviluppa qui la sua teoria della timidezza o superiore per eccessiva idealizzazione della femminilità, come l'opposto del « dongiovannismo » alla Casanova, il cui atteggiamento rispetto al sesso è invece « cinico ». e il desiderio, di rango inferiore, va indistintamente a tutte le donne: e nota acutamente, in appoggio alla sua tesi, come l'istinto femminile stesso distingua i due casi, sicché, mentre ai timidi per impotenza va il malcelato disprezzo delle donne, i timidi « superiori » riescono spesso a suscitare affetti e devozioni profonde in donne che intuiscono, e con materno istinto idoleggiano, i tesori di gentilezza sessuale celati nell'anima di cotesti idealisti infelici. Fu questo il caso di Amiel ; e fu il compenso, tutt'altro che trascurabile, offerto dalla vita e dal sesso a chi tanto, delle proprie repressioni e inibizioni in tal campo, aveva sofferto. Amiel fu amato da una certa categoria di donne, verso cui, e nei rapporti colle quali, egli rivelò quella che era la sua profonda vocazione sessuale, e cioè l'istinto e l'abito del « confessore », del direttore di coscienze : nobile officio, ma da lui esercitato un po' troppo donnescamente, senza quel piglio, a un tempo imperioso, trascendente e soave, che fa (per citare, al limite, un esempio divino) dei rapporti di Gesù con le donne che 10 adorarono un inimitabile ca polavoro. E' Amiel stesso a con fessare, con la sua ammirevole sincerità: « La felicità più diretta e sicura per me è la società femminile. In questo ambiente io •mi dilato immediatamente, come un pesce nell'acqua, o un uccello nell'aria. E' il mio elemento naturale, e noi c'intendiamo reciprocamente a meraviglia... La sola cosa che m'interessi, sono le affezioni, sono le donne. Io non lavoro più, non studio più, non ambisco che una donna secondo 11 mio cuore... lo avvolgo le donne della, mia simpatia come un asilo, un santuario, il rifugio dei dolori e delle gioie ». Non è il piglio di Cristo, nè quello di Leonardo (che Maranon paragona, sotto questo aspetto, ad Amiel) ; è un humus psicologico debole, certo, ma fine, da cui un nobile e travagliato spirito trasse frutti di alta, poesia. Quella poesia, clie Maranon è forse troppo esclusivamente medico per poter capire come sacro mistero e come dono che, venga donde vuol venire, è divino; se no, il suo giudizio complessivo su Amiel sarebbe stato — come resta il mio — non dico più pietoso, ma più reverente. Filippo Burzìo Soldati giapponesi distribuiscono dolci a pana al bimbi della famiglie cinesi

Luoghi citati: Ginevra, Torino