Quattro coppe che cambiano padrone

Quattro coppe che cambiano padrone Quattro coppe che cambiano padrone Già, ognuna delle quattro Coppe napoletane era stufa del suo padrone. Quella di fioretto ha preferito il libeccio degli scogli medicei alla dolce Laguna; quella di spada ha abbandonato Trieste, o Torino, o Padova (De Favento ha sette patrie, come Omero), per cercare a Bari lo sbocco proibito verso il Levante, e quella di sciabola, innamorata del Vesuvio, si è contentata appena di cambiar di casa. Quanto alla Coppa Man zillo, che i napoletani potevano mettere ormai sotto chiave e invece l'hanno legata un'altra volta all'albero della cuccagna, ha fatto il viaggio più lungo della sua carriera, perchè è andata a finire a Venezia. Queste sono le novità sostanziali, ma i trasferimenti di que' vasi d'argento che contengono un patrimonio spirituale più ricco del metallo, non son tutto. A mettere il naso fra i trofei si può trovare ben altro. Si può trovare, per esempio, che al fioretto un Di Rosa allenato è al suo posto come vincitore; ma come mai Ra gno è terminato cosi lontano? Non abbiamo assistito a questa gara, eppure vedendo Ragno nella < Manzillo > abbiamo proprio avuta la sensazione che le gambe non siano più quelle d'una volta. Un male rimediabile, per la spada, ma non per il fioretto, un male di cui anche Tamborra e Chimenti, tuttora apparigliati, sembra, del resto, che soffrano fin dalla nascita. Eppure questi due ragazzi hanno doti eccellenti. Che manca loro? Il bravo maestro dovrebbe saperlo: occorre farli stendere, stendere con violenza per acquistare quell'attacco ordinato che, specie in Tamborra, riesce a terminare qualche volta, ma con una relativa parsimonia, diremmo con una pigrizia che per un giovane della sua età è proprio un peccato mortale. Di spada, la Coppa legata al caro nome di Pedro Piutti è stasta una ecatombe di « assi ». Erano in gara i due vincitori del trofeo, e sapete che cosa è successo a Ragno e a De Favento, che non sono neppure arrivati alla fine. Se abbiamo espresso sul fiorettisti qualche giudizio è perchè li abbiamo visti nella « Coppa Manzillo i, ma alla spada facciamo la critica sul resultati e sulle informazioni, materia troppo scarsa per esser presa come Vangelo. La finale era certamente equilibrata, ma la vittoria di Conte non può sorprendere perchè questo spadista preciso, attento, cavalleresco ha un solo difetto: quello di essere qualche volta un po' addormentato. Più strane, in verità, sono le eliminazioni a cui abbiamo accennato è, se vi fosse chi avesse visto Ragno tirar di fioretto ed avesse poi letto la sua disavventura alla spada, la con cluslone potrebbe essere inesora bile: Ragno è finito. Invece, no. A questa conclusione noi non ci arriviamo perchè al fioretto, per quanto capace di dar fastidio a chicchessia, Ragno non è mai stato, a nostro parere, di un rendimento sicuro, e tanto meno può esserlo ora che gli anni son passati anche per lui e, se alla spada ci ha fatto spalancare gli occhi dalla meraviglia appena quindici giorni fa, non s'ha ora il diritto di giudicarlo per uno di quei cattivi resultati che alla spada sono tutt'altro che infrequenti. Il resto della gara ci sembra normale, anche se Picchi, che merita, del resto, il secondo posto, può dire d'averlo raccolto nel panierino della Provvidenza. Della Coppa Manzillo diciamo due parole sole, ma con maggiore cognizione di causa. L'ha vinta meritamente la Zona di Venezia, ma nella gara ci sono due fattori che hanno influito notevolmente sul resultato: Pinton che, fiorettista abbandonato, ha pur sempre la classe del grande schermidore e Ugo Purcaro, i cui progressi sono soprattutto da ricercarsi nelle... corde vocali. Con un Pinton eccel¬ lente e un Purcaro meno forte di quel che è in realtà, la sorte della Coppa era segnata. La sciabola ci ha offerto una battaglia equilibratissima e si può dire addirittura che l'assenza dei < prima categoria » sia stata più un bene che un male. Teniamo presente che, quando è successo il fattaccio, Eduardo Purcaro aveva già ricevuto due sconfitte ed era, quindi, tagliato fuori dal primato, e vediamo 1 due che rimanevano con le speranze intatte: Di Lorenzo e Filogamo. Di Lorenzo è quel bello sciabolatore che conosciamo, ma c'è sembrato più d'una volta che al momento meno opportuno un niente lo sviasse o l'incantasse. Vicino ormai alla vittoria, c'è pas sato per la testa che un Filogamo spregiudicato potesse aver la me glio sull'avversario e, invece, Di Lorenzo è stato questa volta so brio e tenace, mentre Filogamo si può dire che abbia perso la testa perchè per prendere tre tempi al braccio consecutivi bisogna proprio, come si dice in Toscana, essere In'barchetta. Comunque, bella scherma e, fra i due, una lotta di estrema cavalleria, il che non guasta di certo. Di Vito è apparso migliorato, ma la sua scherma è di quelle che va avanti a piccoli passi, e arriva lontana. Stagni, che lo precede di poco, è assai meno artista, anche se forse più difficile, come Dare, del resto, in cui vediamo sempre l'uomo di molte possibilità, pur che affini la tecnica e ragioni di più. Anche queste Quattro Coppe sono passate, e a Napoli si pensa già all'anno venturo. I vincitori, più che far la fotografia agli og getti preziosi, hanno l'obbligo di metterli bene in vista nelle loro case, anzi, di metterli in un punto tale che a toglierceli fra dodici mesi faccia proprio dispiacere... Nedo Nadi

Luoghi citati: Napoli, Padova, Torino, Toscana, Trieste, Venezia