La bega per il Polo Cook o Peary ?

La bega per il Polo Cook o Peary ? CRONACHE JDJEImIm*ALTRO IERI La bega per il Polo Cook o Peary ? Estate del novecentonove. Gan-1na ha vinto il primo Giro d'Ita-1ha, l'Austria non pa-tecipcrà alle nostre Esposizioni del 1911 ; e ancóra impervèrsa il Sogno d'ini valzer, dovunque i profumi del maggio, e le lùcciole del giugno, e gli ardori del luglio, hanno dovuto udire che laggiù nel silente giardino risuona un valzer d'amor. L'afa dell'agosto come al sòlito non rena notizie, i giornali sfoggiano brillanti articoli di varietà, Gli nmnri delia donna Ivrea, Erano i vo.if.ri nonni più allegri di noi!, Quanto costerebbe, i/na guerra europea. Ma alla fine del mese il dirigibile Zeppelin teuta un altro volo, il vecchio conte dai baffoni di brina ha stabilito d'aver tutto previsto, vento, pioggia, guasti, pezzi di ricambio. Vuole giungere da Costanza a Berlino ; e la gran pigna d'argento si libra sul lago cerùleo, destando dai canneti strida di gabbiani, puntando la prua camusa verso il nord, oltre gli abeti del AYiirtemberg e della Francònia. Poi un'elica si spezza, un motore s'intoppa, si sosta a Norimberga, si sosta a Bitterte] d ; ripara e lubrifica, rattoppa e riprendi, finalmente, in quarantanove ore, l'aeronave è nel cielo di Berlino, appare di dietro le case che listano la piazza d'armi di Tegel : e viene a fermarsi, con un lento scrollone Btanco, su quella fitta distesa d'ombrellini e di pagliette in delirio. C'è anche Guglielmo, l'imperatrice agita il moccichino. Il vecchio conte s'avanza, ascolta corrusche paiole d'elògio; o mentre il suo pallone, come intontito,' lo conducono al guinzàglio verso un po' di riposo. Guglielmo fa salire il conte in carrozza e lo conduce al castello, fra i clamori del popolo che esulta. Malgrado i disastri del « Patrie», del «Républici e del ctBavard-Clément », ormai in dirigibile si può viaggiare, già una casa di mode diffonde il figurino d'un suo «bolero-aereo-trotteur». stivaletti altissimi, gonna a guaina, trapunto da un'elica il seno. Ma «per un maligno colpo di vento» lo Zeppelin è appiedato sulla via del ritorno. Il «boleroaereo-trotteur » torna per il momento agli archìvi, qualche ràffica ancóra s'accanisce contro l'aeronave legata a due quèrce ; e l'ultima notizia è impensierita come la veglia a un capezzale. «Lo Zeppelin ha passato una pessima notte», quando, inatteso, eco quel breve telegramma. Fulmìneo abbagliante stupisce il mondo. Cook è giunto al Polo. * * (Il Polo Nord, si capisce, il Polo per antonomàsia. L'altro, quello sud, non è mai stato popolare; malgrado le imprese di Shakleton e compagni, ha sempre un po' fatto la figura del parente povero). * * Da Ierwick, isole Shetlands, il vapore «Hans Egede» ha dato il Ennio annuncio. Cook è a bordo, a raggiunto il Polo il 21 aprile 1908, più di un anno fa, è tornato in Groenlàndia nel maggio 1909, più di tre mesi fa. La Westminster Gaiette rievoca le sue f(recedenti spedizioni, il Times o Standard e il Daily Chronicle ricordano inoltre che il grande esploratore ha da tempo avuto la medaglia d'argento della Società Geografica di Londra, il Daily Express commenta inoltre la data storica per l'umanità e acutamente conclude: «Uno degli inconvenienti del progresso è che ogni anno rimangono sempre meno cose da fare». Wellman, inchinandosi dinanzi alla grande vittoria dell'americano, sùbito rinuncia alla sua spedizione àrtica in dirigibile ; e la signora Cook, l'eroica consorte (con fede ha saputo attendere per più di due anni), sùbito intervistata a Nuova York appena risponde: «Non ebbi mai dubbio che il mio Federico sarebbe riuscito, soltanto la morte avrebbe, potuto fermarlo». Il mistero che dai primordi aveva celato il suo volto, la métache aveva voluto animose imprese inaudite: l'ansia della vigilia, il cauto procedere della baleniera fra i ghiacci, l'inìzio della marcia sulla banchisa, i quaranta gradi sotto zero, lo scarseggiare dei viveri; e poi lo spossato desìstere, e lo stremato ritorno, al molle tepóre del disgelo che apre l'insìdia di sempre nuovi crepacci; e lo scorgere alfine il lontano fantasma d'una prua, e l'affranto conforto a quel sentóre di doga e di catrame: l'odissea sempre uguale e sempre nuova, la gara che per decenni commosse il mondo, da Barentz a Hudson, da Ross a Franklin, da Nordenskiold a Nansen, dal Duca degli Abruzzi, da Cagni a Peary: la grande avventura è finita. L'uomo che per sempre le ha donato il suo nome, forse ora {«l'appoggia a una murata. Sotto 'TOl cielo grigio, dinanzi all'inseJftiirsi dell'onda torva fra gli ultkpi ghiacci alla deriva, forse ascolta soltanto il suo respiro; e un po' trasognato, ancóra quasi incredulo, attende di tornare a scorgere la terra amica. * * Purtroppo, prima di lui, giun- fe per telegrafo il suo racconto. )ecìse improvvisamente la spedizione durante una crocièra estiva, fatta nei mari àrtici per diporto. Prese con sé undici eschimési, undici slitte, centotre cani ; e nella prima tappa uccise novantanove buoi muschiati, quindici orsi, trecentotrentatre lepri. Alle isole Heiperg sei eschi-1 mési tornarono indietro. Poco|dopo, altri tre. Gliene rimasero ; due soli, con ventisei cani, per j l'ultimo sforzo, quattrooentoses-1 santa miglia. Ma i due lo seguì-1 rono. allegri, contenti; e «quan-! do finalmente ci fermammo, ve-|nticammo che il sud si stendeva I in ogni direzione, lì era il Polo. Con un solo passo era possibile I passare da un lato all'altro della'terra, da mezzogiorno a mezza-1 notte», sì, come a un dogana di ifrontiera. Al ritorno, poi, « i cani ! furono lasciati lilwri di dare. la.jcaccia al lupoD, neon un uccelloU casualmente ucciso vivemmo alcuni giorni », e via dicendo. Il dubbio s'insinua, serpeggia. Avrebbe percorso venticinque miglia al giorno, l'n mese per giungere al Polo, un anno per tornarne. Soli testi della scoperta due eschimési, incapaci di verificare qualsiasi strumento. Persino alcuni americani influenti, fra gli altri il contrammiraglio Melville e il fisico Uhler, non celano qualche sorrisino. Sul l'atlante la distanza percorsa da! Cook è di 965 chilometri, egli afferma di 74.0. Chissà dnve si!è fermato. Un giornale di Nuova Vork, per stornare altre insinuazioni, spiega che se quei due eschimési hanno volentieri seguito il dottor Cook, è perché aveva avuto l'avvertenza di munirsi !d'un barile di pasticche di goni-Ima, «delle quali, come è noto, jquegli indigeni sono ghiottissi- jmi » ; o ben altri giornali, dalla'vecchia Europa, cominciano al-! lora a fare la voce un po' grossa: |«Il mistero del Polo, sciolto col! sugo delle pasticche, è impresa rispondente assai bene alla natu- ra dei miracoli americani, ma non è senza alquanto difetto di I maestà». Vedi un po' la cattiveria, l'in- vìdia degli uomini. Quello tisco-jpre il Polo, sùbito tutti l'applàu-j dono; ma poi, sbollito il primo entusiasmo, soltanto perchè s'èj dimenticato di portarsi dietro un | notàjo, più nessuno ci crede. Con lui è però il fervóre popolare,! cortei e fiaccolate, comìzi e referendum. Sta per giungere a Copenaghen, gli si preparano accoglienze coi fiocchi, il mattino del cinque settembre dai moli gremiti l'aHans Egede» è avvistato, per Cook hip hip hurrah, il re lo riceve, il re si congratula, il re lo invita a pranzo. Banchetti su banchetti, l'eroe è affàbile, alla mano, non si fa pregare: e Copenaghen si pròdiga. A ogni banchetto lo incoronano di rose (poco lontano, sui fiòrdi, Iledda Gabler l'avrebbe incoronato di pàmpini); gli conferiscono medaglie d'oro, lo fanno un'altra volta dottore, ma honoris causa, gli donano ceràmiche d'arte, tonfano bottiglie di sciampagna, gorgoglia la densa birra. Gli ride l'occhio tenero, affettuoso gli si sporge il labbro sotto i baffi biondicci. Per tutti una barzelletta, infaticàbile risponde a ogni brìndisi. Qualcuno comincia a sorvegliarlo, come un attore al traguardo dell'inevitabile pàpera ; ma quello ha. puntuali lacrime di commozione, non tralascia di premersi una leale' mano sul petto, tutta la verità|qsarà confermata dalle prove che ha spedito in America, bonàrio fa avanzare i fotografi, dòcile si presta, ogni tanto telegrafa un abbraccio alla moglie, ogni tanto ha un cenno di sorridente modestia. D'un tratto, il mattino del nove settembre, un telegramma da Indian Harbour annuncia che Peary ha raggiunto il Polo. Si desta e rimbalza un'immensa risata: un altro americano. Ma Cook non si scompone. A un aiU.ro banchetto dice che Peary è m un bravo esploratore, si merita anche lui «tal riuscita»; e con un morbido gesto, come a dire non affannatevi tanto: — C'è gloria per tutti. In America, lì )>er lì, nuovi entusiasmi anche per Peary. (Se entrambi vittoriosi, entrambi americani ; e se uno è un ciall ione, c'è sùbito pronto l'altro di ricambio). Però, la. Società Geografica di Nuova York, brusca interviene: «Per ora, nessuno dei due sarà festeggiato»; e l'ha deciso con tono da non ammetter répliohe, per ora tutti a letto senza cena. Peary telegrafa al presidente Taft «Ho l'onore di mettere il Polo a Vostra disposizione»; e sùbito Taft gli risponde «Grazie per la Vostra generosa offerta, ma non saprei che farne». Dal dramma alla commedia, dalla commedia alla farsa. Con un altro telegramma Pearv bolla il comportarsi di Cook «indegno d'un uomo d'onore»; e quello, con l'animo dei forti, sorride. Sta per tornarsene in America, già laggiù gli preparano archi di trionfo. Gli danno un ultimo banchetto, domani partirà sul « Melchior ». Quando s'imbarca, a salutarlo non c'è la folla che lo attendeva .all'arrivo ; ma le tube e le palandrane sono parecchie, il grande esploratore ancóra le saluta : — Grazie per aver creduto in me. Dopo 1 America, la Dani marca è la mia più cara patria! E mentre la scialuppa s'allon- tana, brilla, un'ultima lacrima su quel nobile viso. Ltrilbp'vImIgj stI vaSùbito dopo la grossa sorpresa, molti si schierano in favore di Peary. Il contrammiraglio Melville non si slanca d'affermare «Bisogna credergli»; Scott, Shakleton e Nausen s'uniscono a Melville; e sempre più ansiosa- „ mente s'attende la, relazione chejsPeary sta per invj?";- hLn consorzio dt^ic-rnah e qaccaparrato la stazione radiotele- tgrafica di Battio Harbour, per a- rve.re la primizia ha dato ordine tche nell'attesa, dal nove settem- ,lbre, a spese del consorzio, quel- fl'ufficio trasmetta ininterrotta- nmente la Bibbia. Occorrono poi|0vPquarantotto ore. por trasmettere ! ple ventimila parole di Peary. Gre-; rpitano da Battle Harbour a Capo llay. da Capo Hay a Nuova York, da Nuova York a Capo Cod, da Capo Cod a Londra. Due giorni, due edizioni straordinàrie. Ma se la prima parte appare convin cénte e "guardinga,' quasi tutta|tdedicata al come furono organiz zati gli approvvigionamenti; la taC y seconda, che racconta le varie tappe e la scoperta, è ancórameno attendibile di quella diCook. Gli si rimproverava di es-sere giunto al Polo troppo in fretta, e questo è stato ancóra più svelto di lui; gli si rimproverava la testimonianza soltanto di due eschimési, e questo, in tutto e per tutto, può citarne uno solo. Stó» leTSI un po' fra di loro, se la vedano a Nuova York, tanto 1 onore e tutto americano : eia cronaca ri- prende l suoi diritti - la morte di Menelik, la cometa di Hai lev s'avvicina. A questa prima vera to fine del mondo? .i * * IPearv ha ritrovato la sua casa, la sua donna. In quei due anni !e incanutita.^ E bastato imo sguardo, non e un bugiardo, ba- rebbe allora una menzogna tutta 'a sua vita, da quando l'avevano inviato con altri al Nicaràgua per i rilievi d'un canale che, avrebbe dovuto unire i due oceani. Tentare nuove vie, intuirle, trovarle: da allora, intento a un goniòmetro su brulli costóni, su rocce infocate, l'aveva preso come una febbre. Nell'ottantasei, nel 'novantuno, nel 'novantacinque, nel 'novantotto. aveva esplorato, riconosciuta tuttala Groen- Ilàndia-, scoperto la grande BaiaIdell'Indipendenza, ifue anni do- po si era spinto, per la pr>ma volta, sulla via del Polo; poi an-!córa nel 'novecentodue, nel 'rio-ivecentocinque, fin quando aveva capito che cosa si potesse, si do-1 vesse fare: o aveva osato. i Lunghi mesi per giungere al- I. estremo naviga bile.,'per costruì-1 re i primi alloggiamenti, per di-istribuire i vìveri di deposito in : deposito, a venti miglia l'uno dall'altro. I suoi uomini li avreb-| bero alimentati in un'incessante. ,„•„„ „ . „i „„_ , v„ viva catena, che sarebbe durata per più dt un anno; e cosi,ia ogni tappa, a ogni nuovo deposito, deve staccarsi da un altro dei suoi compagni. La-iscia Goodsel, lascia Borup, lascia Mack Millan (che da due giorni (i«eutìva d'avere un piede conge- j l«fo. quando si decìde a dirlo è """aroI sor. ormai troppo tardi) : lascia Vi Wel, lascia Marville (che gli ride con un ultimo i Badate ai crepacci», e vi doveva trovare la tomba); e lascia Bariletti. K' solo. Dapprima con cinque, poi con tre eschimési, E la banchisa si fende attorno al cunìcolo di ghiaccio, che deve concedere lo poche ore d'allucinato riposo; la nebbia.taglia il respiro, il vento si oppone i.'oine una muràglia, il cielo è plumbeo, ovunque un morto grigiore di calce. Na fame, ingannala succhiando una '-ilighia. Un sacco a pelo perduti) e una sciagura. .Si tenta di far asciugare i calzerotti premendoli fra il petto e la maglia. La bufera, sibila, morde, atterrisce. Per (issare il pensiero ebe vorrebbe impazzire, si leggono e si rileggono le tavole dei logaritmi; L'ultimo sforzo dura cinquautatre ore. E tutto ciò non è slato vero il mondo ne sghignazza perché un bullone l'ha fatto ghignare per primo. Ciò che ha vissuto non 'voleva onori, clamori; ma nem- Imeno accuse e irrisioni, in un Igrottesco processo. Sale dalla j strada un indifferente brusìo. Dal I vestìbolo una voce insolente, uiialtro giornalista se n'è andatotelefono „ jsr)attendo la porta. I ha suggerito qualche auguro. qualche parola d amico quasi tutti s accontentano di telefona- re soltanto; ma anche voci igno te, che con un epìteto lanciano ,lna risata. Per questo, ha sof fPrto. Per questo, deve ora Itili njrsj <]i documenti, di memoriali, |00,Uro { cavilli di un'istruttoria. doveva giungere a quanlatre anni, il volto incavato, lo sguardo sempre, lontano. Per questo, Marvil'.o è morto. ! ppr questo ; rjnr|l]allt afr * * In breve i giornali si dimén- |ticaho della faccenda. Ogni tan-to, poche righe nascoste in fondo a una pagina, nuovi dubbii su Cook, nuove provedi Pearv, con titoletti che la. sanno lunga. « La bega per il Polo », « La diverten- te quistione del Polo», « Altre amenità circa la pretesa con qui-sta del Polo». Poi, un lungo si-lenzio. Roosevelt è tornato dalle cacce africane, muore Edoardo VII, la ferrovia dal Capo al Cai- ro è compiuta. Infine, dopo al-tri mesi, una piccola, secca no-tizia. Cook ha confessato il suo inganno, a Pearv è stato ricono-sciuto ogni merito, anche l'Af- cademia gli darà la medagliad'oro. Ma. quelle podi», stanche pa- roln cadono in una pigra incili-ferenza: — E che cosa ha fatto, Peary ? Mario Gromo. Il capitano Peary con i suoi cani favoriti Il Roosevelt di Peary II dottor Cook coronato di rose all'ultimo chetto di Copenaghen ban- L'arrivo di Cook a Nuova York. L'arco di trionfo con il ritratto e la scritta; t A'oi crediamo in voi »