NOTTURNO E MATTUTINO

NOTTURNO E MATTUTINO NOTTURNO E MATTUTINO Questo pianoforte, che suona nella notte, rievoca folate romantiche noi silenzio assiderato della luna. A volte, il suono si smorza e si perdo. Allora, la pausa è fastidiosa come una sospensione sopra nn enorme vuoto, li ritorno della musica riconforta e incorarla verso un leggero stato di esaltazione. E' propriamente rigido, fuori. Non si riesce a sapere se la sensazione madreperlacea che si riceve sia interamente dovuta ai riflessi degli astri, o non pure del ghiaccio, che veste di strati sottili muri di cinta, cornicioni, rami d'albero. L'immobilità è tale che si direbbe quella d'un mondo senza più respiro, strozzato da una fatalità atmosferica, e solo per avventura rimasto a rilucere sotto Tina luna spietata. Il suono del pianoforte assomiglia, pertanto, ad un ricordo, piuttosto che ad una realtà presente. Fa. supporre quel che fosse la vita d'allora; d'un oallora» in verità imprecisabile, come il capriccio d'una fantasia, il giuoco d'una nostalgia, il vagolare d'un desiderio incerto. Le finestre illuminate della vecchia casa, per taglio e disegno, si danno a conoscere come occhi che guardavano già altri secoli Il colore stesso della loro luce ha una morbidezza giallognola da lampade ad olio. Il tetto basso si lascia sormontare da annosissimi alberi, le cui ramaglie nude, incrostate di ghiaccioli rilucenti, tessono contro l'orizzonte d'un turchino laccato, stilizzazioni enigmatiche, le quali, anziché allo altezze, fanno pensare agli abissi oceanici, al fondo di misteriosi mari. Tra questa cornice, anche la casa diventa con i suoi occhi giallognoli, la stranezza dolciastra d'un incubo alimentato dalla musica romantica del pianoforte che suggerisce al pensiero l'immagine d'interni, morbidi di vecchie ovatte rivestite di broccatelli, ricchi di cornici d'oro mortuario entro cui figure di tra passati pretendono ancora di fiutare l'odor vizzo di fiori niort da tempo. E forse sono ombre anch'esse quelle, che, partite da chi sa quali angoli cimiteriali, da quali vecchie mura, da quali gallerie, di museo, s'addensano come libellule all'ingresso laterale della casa posta al sommo d'una scaletta di marmo, che, in una primavera lontana, era ricoperta di glicine, ed ora. ricamata dall'ombra d»'° rami, fa pensare alle reti tese da grossi ragni in agguato. Ma l'entrare di tanta moltitu dine non altera l'immobilità delle cose dentro le sale, ne si produce quel mormorio gratulatorio, quel brusìo vivace della festa all'inizio. Le vecchie parrucche dei servi non hanno la consistenza di un capo da ricoprire ; quelle di nobildonne e cavalieri, discesi dalle cornici delle pareti, ricordano le ceneri sepolcrali ancora in forma, che, tuttavia, le perderanno al primo soffio d'aria. Soltanto il pianoforte, meccanico e trasognato, ripassa, comi in un libro di memorie, motivi di canzoni, d'arie, di minuetti, senza interruzione; mentre una mano invisibile s'ostina a capovolgere una classidra indietro nel tempo. Ma il tempo, sia pur gelido e assiderato, scorre per il suo verso fuori, sotto le stelle. A quest'estremo lembo di città, sono già sorti enormi dadi di palazzi, le cui cento e cento finestre attendono vetri ed imposte per ani marsi. Come in immense gabbie, altri ne sorgono tra armature ferree e ponti. Le strade nuove si disegnano come su d'una carta spiegata, e già descrivono la vita del futuro. Qui, la notte non è che una sosta, la quale favorisce alla villa dei fantasmi, ormai raggiunta ed assediata dall'ospandersi della città, di rivivere .la vita fittizia della nostalgia. Un cane, guardiano di travi e di ferramenti, avendo dormito sotto una tettoia di zinco, ac canto al suo padrone, sui lavori sospesi al tramonto, è il primo ad indovinare la stonatura anacronistica di quella musica, divenuta ancor più mortuaria nel contrasto con l'alba nascente. Il suo latrato fende l'aria ed echeggia come l'esplosione di un'arma, l'annuncio d'una battaglia. Sveglia i primi squilli dei galli nella valletta prossima, ancora e per poco, agricola. Subilo dopo, tra il fragore di saracinesche che s'alzano, strepitano i motori. Il primo furgone che si muove e prende la corsa assomiglia ad una macchina bellica che si precipiti verso una giornata campale. Poi, l'assalto alla vita che ricomincia diventa caldo e molteplice. Da un lungo casa mento, escono e si rincorrono, stridendo sui binari, i primi tram scintillanti di lumi nel ere puscolo mattutino. Non passa molto, ed altri ne giungono già gremiti d'una sanguigna folla operaia: un afflusso di calore umano, che ha virtù di scioglie re i ghiacci. Le fucine s'accen dono e sprizzano faville tra una violenta ripresa di mazze e mar telli: i ponti s'animano e suonano di stigli in opera ; gru, carrucole, ingranaggi sgranchiscono, d'ogni lato, la materia, comuni candole potenza attiva. Sorge fi nalmente il sole e ridona eviden za e vigore a ogni cosa che la notte appiattiva e congelava. Ora, risalendo la stradicciuola che fiancheggia il muricciuolo di cinta della villa del pianoforte, sembra quasi impossibile, ch'ab bia, davanti la notte, potuto ri vivere, sia pure per un'ora, la vita d'un sogno. 'La casa appare, tra gli alberi spogli, una rovina rassegnata al suo destino di demolizione. Soltanto una fontanina, che piuttosto che vedersi s'indovina dietro una parete d'edera, canta un ritornello, che, durante la notte, non riusciva a cantare forse perchè ingorgata dal ghiaccio. Rosso di San Secondo I L' adunata operaia allo Sport Palast di Berlino per il discorso di Hitler.

Persone citate: Hitler, Mattutino, Palast

Luoghi citati: Berlino