Una giovane poetessa

Una giovane poetessa Una giovane poetessa Sulla ripida strada che, dalla piazza di Portofino, conduce al Cimitero, mi è ritornata alla memoria con i bei versi che Antonia Pozzi dedicò al mirabile solitario ultimo rifugio dei marinai, la sua piccola figura sorridente di bambina bionda come mi apparve l'ultima volta che la vidi. La tragedia era ancora lontana da lei, come nella giornata di estremo autunno era lontano l'inverno, sebbene tutti i segni lo lasciassero presagire; dorata'immobilità delle fronde verdi, estasi del mare gelido e deserto. L'avevo soprannominata « giovane Saffo » perchè, intorno al suo voto sorridente e melanconico, c'era un singolare alone di spiritualità, perchè la sua bionda infantilità era innaturale e la immaginavo ardente. Non sapevo fin dove il mio battesimo le avrebbe portato fortuna. Quando incontrai l'ultima volta la « giovane Saffo » aveva scritto da un anno e sepolto i versi dedicati al cimitero di Portofino che mi piace ridire: Lontani dai mandorli vivi hanno piccole tombe infisse agli ffogli i marini: a tonlì percossa noi cavo cuore selvaggio ■ I alche avvinta la roccia, in anelli di vertigine. Sia lenta disfi, In penisola ] cuoi nodi ili terra spiega in vetta ' vele d'oscure foreste: all'infinita altalena degli orizzonti già china, offrendo i suoi lievi sepolcri ai bracci di una gran croce lunare. Nessuno, fin dopo la sua morte, scoprì che, nei suoi cassetti, c'erano alcuni preziosi quaderni di versi, che la sua anima era stata triste, che il rifugio della sua tristezza, come in tutti i secoli e per tutti i poeti, non poteva essere che la poesia. C'era nella sua vita qualcosa di arcaico, nelle sue abitudini casalinghe qualcosa di rituale. La sua passione e il suo ansito erano interni e ci volevano attitudini di rabdomante per poter udire il loro fluire. Gli « estranei » non vedevano, incontrandola, che una giovanetta elegante, quasi allegra, quasi sportiva: per lo meno la sua conversazione, e le sue predilez'oni per il cavallo per il mare, lasciavano supporre questo. Invece non erano che pretesti di una natura schiva per nascondere la sua verità. Era un'anfora di scavo con nel fondo un'acqua attinta alla fontana, o al pozzo, decine di secoli innanzi; un'acqua millenaria e immacolata, trasparente come l'acqua d'oggi. Quando i poeti hanno l'« aspetto » di poeti o « parlano di poesia» come il Rodolfo del libretto d'opera mi insospettisco. Credo ai poeti che mi rasentano nella via anonimi e oscuri, ai poeti dalla vita semplice e casalinga: il figurino del « poeta maledetto » e del poeta « seduttore fatale » appartengono agli epigoni romantici dell'Ottocento. La giovane creatura che portava dentro sè un mondo di malinconia, di immagini, di pensieri, non apparteneva alla schiera degli « egotisti stendaliani», viveva tra noi con una indulgente e appassionata bontà, con una premurosa e confidenziale serenità, ed era invece profondamente sola. La folla è un conglomerato di solitudini. Apparteneva con la vita esteriore alla generazione felice che ha diciotto anni, e vede il mondo con gli occhi dei diciotto anni; e viveva spensieratamente con lo stile dei diciotto anni. Sapevo vagamente della sua attitudine poetica, avrei voluto consolarla dandole modo di parlarmene, di confidarmi qualche pagliuzza del tesoro lirico che soltanto dopo la sua morte è venuto alla luce («Paiole» di Antonia Pozzi). Avrei voluto vincere quel pudore artistico che me lo vietava prima della morte, che me lo avrebbe vietato per sempre. Avevo di fron te a lei, l'ansia e l'emozione di quei cavatesori arabi che ho incontra to nelle balze ad anfiteatro di Ci rene, dove la bellezza è sepolta. Mi pareva che, vivendo presso di lei, avrei avuto tempo molto tempo per farle « dire qualchecosa », per indurla a rivelare un aspetto, almeno un aspetto, del suo mistero. Si schermiva, mi parlava come una <-: ragazza di società », e soltanto nei suoi occhi cerùlei affiorava da una profondità marina un fiotto di colore più denso su cui si allontanavano immagini rosee co me meduse e fosforescenze. Quel tanto di frammentario che è nella sua opera mi dà l'emozione e il piacere di ricomporla, più attraverso i suoi versi analizzo la sua anima poetica e più dimentico la sua realtà umana circondata di eleganza novecento, di ironia salottiera. Appartiene a questo paesaggio ligure che le ispirò alcuni versi bellissimi, dove le piante e le roccie, gli uomini e le creature, la videro passare senza indovinare il suo destino; perchè si circondava di bambini poveri, di ramoscelli di ulivo, di piccoli roghi di foglie secche. Molti anni prima di lei su queste colline portofinesi un altro poeta, il grande distruttore venuto ai lidi liguri dalla Germania, accendeva roghi a Numi invisibili. Leggendo il suo volume di versi e lo studio che esce oggi sopra la « Formazione letteraria di Flaubert » (Antonia Pozzi: Flaubert, Garzanti Editore Milano), quello che ci sorprende è la maturità dell'ingegno, la sicurezza tecnica tanto nella pagina in prosa come nella lirica in versi, la preoccupazione stilistica che racchiude in una forma composta, quasi preoccupata, il suo ragionamento critico o il suo spunto poetico. L'ammonimento di Flaubert al quale si era dedicata la Pozzi ne<>li anni dei suoi studiì scolastici spiega la lindura de; la sua prosa, la limata perfeziono dW suoi versi numerati. Non ci sono bei pensieri senza belle forme e viceversa. La bellezza trasuda dalla forma nel mondo dell'arte. Cosi come non puoi estrarre da un corpo fisico le (inaiita che lo costituiscono, ossia il colore, l'estensione, la solidità, senza ridurlo a una vuota astra¬ zpmempdcrPcmodicgtfhpmsmccslèprnidncrnP«prmsusrcttlminmtevcsttvA e ù a a a o i i i e i i i a , à a e n l i , i i a l n e a , ¬ zione, senza distruggerlo in una parola, cosi non toglierai la forma dell'idea, poiché l'Idea non esiste che in virtù della sua forma. E anche si potrebbe citare la proposizione di Gautier il maestro di Smalti e cammei, dove dice che «il genio non è soltanto ispirazione, è anche pazienza ». Ma alcune lettere di Antonia Pozzi, lettere scritte poco prima che si avviasse verso il bùio estremo e supremo, illuminano la sua origine poetica la dolorosa fonte della sua ispirazione. Al mare o in altissima montagna dove si recava per scalare cime di erode e ghiacciai lo spettacolo della natura induceva in lei le stesse riflessioni: «La poesia, non è vero? ha questo compito sublime: di prendere tutto il dolore che ci spumeggia e ci romba nell'anima e Lespsacrgsuprema calma dell'Irte, cosi co-Kme sfociano i fiumi nella vastitàidceleste del mare. La poesia è una catarsi del dolore come la immensità della morte è una catarsi della vita. Quando tutto, ove siamo è buio ogni cosa duole e l'anima penosamente sfiorisce, allora veramente ci sembra che ci sia donato da Dio colui che sa sciogliere in canto il nodo delle lacrime, e sa dire quello che grida imprigionato nel nostro cuore ». Gli spettacoli della natura, la contemplazione delle sue forme, la riportavano alla stessa melanconia; descrivendo una sua gita al Pordoi in pieno inverno scriveva: « Salii al cimitero di guerra in un pomeriggio nebbioso; nevicava rado e leggero; tutta la bianca muta strada era per me per me sola. Non aveva voci, neppure di uccello, la cupa folla degli abeti: solo il mio cuore cantava, sul ritmo delle parole più tristi. Al cimitero nessuno era andato da tempo: il sentiero era quasi intatto. Al cancello dovetti scavare con le mie mani la neve, per aprire: ma poi all'interno, era cosi tesa e immacolata la coltre bianca che non osai imprimerla del mio passo pesante; colsi da un pino un ra sdszsdssvdlmmnrèscnoetmoscello in forma di croce, lo misii tra le sbarre e venni via. Le crode| erai tutte pallide come un gran} volto che cali sul dolore degli occhi le palpebre. Ed ecco il mio sfiorire non mi doleva più tanto, era concorde col mio declino lo sbiancarsi di tutte le cose ». Bisogna pensare a certi poeti tedeschi, a certi « leader » romantici, alle poesie di Rilke per ritrovare questa semplicità espressiva e canora. Nè un viaggio a Atene e nell'Egèo, nè un sogg'orno in Africa settentrionale (itinerari romantici) avevan potuto dopo una effimera esaltazione dai presagi, dalle attrazioni, si potrebbe dire, della drammatica fine. E la missione che si era imposta di educare i fanciulli, di trascinare tra i banchi di un'aula scolastica la sua figuretta delicata e affettuosa di maggior sorella, illudendo i bambini che « la vita è bella e santo l'avvenir » come aveva cantato il poeta « grande artiere », non fu che una manifestazione vitale della sua poesia in essere. Perchè si sbaglierebbe a staccarla dalla vita della sua generazione della quale condivideva a intervalli gli entusiasmi e, spes- JV accarial 1 ,so, le azioni: i campeggi, i bivac- chi. Nessuno che io sappia ha de- 'dicalo allo scalatore Emilio Co-Umici una poesia più virile di| questa: | .Mille metri i ,'ii vuoto: led un pollice di pietra per una delle tue I suolu di corda. i i frainimto allo Istrapiombo. L'i Ila inchiodati) il A quest'ora la tua città •oi vetri in riamine abbacina le barche.Inine hai lanciato le tue vesti, i volti delle ragazze, i remi? Questa notte al bivacco nubi bianche si frangeranno sulla pietra m lite: cosi lontano il tonio dei marosi sul molo di Trieste. Ne la luna disvelerà giardini, chiaro riso di donne intorno ad un (anale, • o tepido sciogliersi ili capelli, ma te solo vedrà alla tua lune gelida avvolto ed il tuo duro cuore tra le pallide guglie. e pochissimi, tra i giovani scrittori, hanno decantato con più limpido lirismo di quanto abbia fatto la Pozzi le gioie forti e scabre della discesa in sci, della vergine notte sotto la tenda, lo splendore dei ghiacciai, l'emozione della cordata, la follìa intrepida del rocciatore, l'apparire del daino all'agguato della caccia a cavallo. Citiamo il titolo delle poesie non potendo citare come meriterebbero, le belle strofe terse alle quali re-|miniscenze dei Versetti di Pastonchi o delle poesìe di Ungaretti, non tolgono emozione e impronta originali. (Attendamento, Acqua alpina, Cervino, Distacco dalle montagne, Attacco, Ottobre, Rocciatore, Brughiera, Il daino). Di fronte a molto scetticismo critico che, da anni, nega l'esistenza di una poesia moderna e accusa la civiltà meccanica delle nostre città asfaltate e, la robusta attitudine della gioventù sportiva, di aver ucciso i germi dell'emozione poetica risponde col suo cuore e col suo verso questa « Giovane Saffo ». Molte volte, uscendo dalla città e camminando oltre la periferia tra gli incroci .Ielle autostrade erottami metallici, al- le siepi di l'ombra delle ciminiere industriali, sotto un cielo striato di carbone, mi è capitato di calpestare tristi tappeti di anemica erba dai quali si levava col suo canto l'allodola. L'allodola, solare e immortale, alla quale Antonia Pozzi paragonava il proprio cuore in un momento dì felicità tra tante ore melanconiche: Io ero un immenso cielo d'estate all'alba su sconfinate distese di grano ed il mio cuore una trillante allodola che misurava la serenità. Raffaele Calzini I I ! < ! I

Luoghi citati: Atene, Germania, Portofino, Trieste