UNA LEZION E

UNA LEZION EUNA LEZION — Gliene fa passare, gliene fallpassare a quella povera donna mcon la sua gelosia! — diceva la Cleofe, portinaia, a tutti gli inquilini elie le chiedevano cosa diavolo succedeva in casa Scannavini che non vi s'udivano che maleparolo e trepestìi indiavolati. Lui è un geloso di prima forza e quando n'ha in corpo un bicchiere di più o gli affari gli van male, sempre se" la piglia con la moglie. Civetta! Sgualdrina! Come se lei fosse la gattaccia del rione. llentre, poveretta, la conoscete quella donnina pallida e bellina come un giglio, che scommetto non farebbe Un torto a quel suo omaccione, neanche la coprissero d'oro. Ma, che volete; quando il microbo del sospetto si caccia nel sangue... Sicché non fu meraviglia quando dopo qualche mese gli inquilini seppero che i due si erano separati. Lui era rimasto a Milano, ai suoi affari, e lei era andata a stare da una sua amica a Como, in attesa di una miglior sistemazione. Un giorno ella usciva di casa per recarsi dal parrucchiere quando poco lontano dal portone, proprio in attesa di lei, con suo gran stupore e spavento, vede l'Adone Scannavini che le si fa incon tro minaccioso. Aveva saputo qualche giorno prima da amiche venute a visi tarla, ch'egli non si poteva dar pace, che non si era affatto ras segnato alla separazione : ma ben decisa questa volta a sfuggire al suo incontro, a non sottostare a qualunque discussione o litigio, che fa? torna indietro, rientra nel portone, infila le scale e facendo i gradini a quattro a (piatirò cerca di raggiungere l'uscio| della sua ospite. Ma questa, purtroppo, stava al terzo piano, e Nene non è ancora giunta al secondo che già sente dietro di se le pèste e l'affanno di Adone che la insegue furibondo. « Ci siamo ! E' ammattito ! — pensa la Nene, e se ne persuade sempre più quando volgendosi scorge con lui altri due che ella immagina subito esser due testi ch'egli s'era condotti con sè per constatare la sua infedeltà. Accelera ancora il pa,sso, arriva al secondo piano e vedendo lì lungo il pianerottolo un uscio socchiuso, senza pensarci su tanto, lo spinge, entra e chiude a chiave dall'interno. Non ne poteva più. Ansante, col cuore alla gola, con la paura che le taglia le gambe si lascia cadere sopra una cassapanca che si trovava da un lato premendosi forte la mano sul petto. E fortuna cho tendendo l'orecchio verso l'uscio sente adesso i passi dei suoi inseguitori che dileguano verso i piani superiori. Manco male che han perduto le sue tracce. Dove diavolo era capitata? Si guarda.attorno e vede una stanza silenziosa e linda con tre uscetti a vetri che dan su quella. Ma d'un tratto ode ancke una voce d'uomo che chiede: — Chi è là? Un uomo. Una voce calma e un poco affranta d'uomo ha risonato nel silenzio della casa. Ella s'alza, va verso un di que gli usci da cui le era parso fosse uscita la voce, l'apre adagino e con suo stupore si trova in una cameretta semibuia e odorante di medicine, in fondo alla quale scorge confusamente un giovane uomo a letto, ammalato. — Oh scusi, scusi... — fa Nene, facendo atto di ritirarsi. — S'accomodi, prego... — la incoraggia il giovine rizzandosi un poco sull'origliere Ella si è fatta un poco avanti, peritosa, è giunta fino a lui quasi attraverso una zona di ombra. E' un giovine sulla trentina, non brutto, 6Curo di capelli, pallido nel viso affilato dalla malattia, ma con un'aria sana e semplice. — Tenente Francesco Gilardi — dice il giovine tendendole una mano debole e scarna. Poi la invita a sedere su di una poltroncina accanto al letto. In modo spiccio, un po' confuso, Nene gli narra subito l'avventura che le sta accadendo : un marito geloso che la insegue... la sua paura... l'esser stata costret- ltddfQstsmpdrsfspcdaRirvPEtodgiiiiiiimiiiimiiiiiiMiiiiNiiHiiiiiiiiimiiiniiiiiiiiiiiiii la a trovar un rifugio nella jiri ma porta che ha trovato aperta... | e e a — Ah, ah, è una vera fortuna l'abbiate trovata aperta — continuò il giovane ufficiale — e che dovete tutta alla sbadataggine della mia cameriera, uscita poco fa per qualche commissione... Quanto a me, scuserete il mio stato. Mi soli buscato una pallottola alla guerra e, come vedete, son qui... degente. Ma ora sto meglio, assai meglio e quanto posso dirvi si è che son felice di dare ospitalità a una bella signora come voi, e che qui sarete al sicuro. Par ava con voce calma, profonda, ogni tanto interrotto da secchi e nervosi colpi di tosse, portandosi il fazzoletto alla bocca. Ella si piegò un poco verso di lui e gli narrò che anche lei aveva un fratello alla guerra. Ragionarono un poco, entrarono in una serena famigliarità e finirono col ridere insieme di quella buffa situazione in cui si trovavano. — Un vero caso da novella — fece, il giovine. — Non vi pare? Peccato che io non sia novelliere. E voi ? Intanto di là dall'uscio un'altra scena accadeva. I tre compari hanno rovistato ormai tutta la casa alla ricerca dell'infedele, han bussato a tutti gli appartamenti, sono stati perfino in solaio e non trovando il fatto loro sono discesi, e lì sul pianerottolo s'imbattono nella cameriera del tenente che, riaperto l'uscio, stava rientrando; e le chiedono se una signora è penetrata nell'appartamento. E siccome l'altra nega esitando: — permettete che ce ne assicuriamo' — esclama Adone Scannavini. Spinge la porta ed entra e lì in anticamera subito ode la voce della consorte, e furibondo balza nella camera del tenente. Mo' ci sei finalmente I Ti ho acciuffata! — gridò agguantandola per le braccia. — Non potrai più negare adesso! Avanti, avanti i testimoni! — grida verso l'uscio. II giovine allora si drizzò a sedere sul letto e apparve in tutta la nobiltà della sua magrezza pallida ed eretta. — Caro signore, — cominciò a dire — mi pregio di farvi sapere che ci son pur io in questa stanza e che sono il tenente Francesco Gilardi e che mi permetterò di telefonare sull'istante alla Polizia denunciandovi per violazione di domicilio. E detto questo stese la mano sul microfono ch'era su un tavolino lì di fianco. Adone allora si precipitò. — Sospendete, signor tenente — borbottò subitamente mansueto. — Ah scusate, intanto io non sapevo che foste ammalato... Credevo soltanto che... — Che cosa credevate ! Lo vedete che bell'eroe siete? Tormentate come un aguzzino una povera moglie che non vi ha fatto nulla di male e tremate soltanto alla minaccia di una misera denuncia ! — Ma ella mi tradisce — signor tenente. — Son certo che no — fece il Gilardi. — Mi ha raccontato tutto: son certo che non s'è mai neppur sognata di farvi un torto simile, questa brava donnina di cui dovreste andar orgoglioso... Ma penso ch'è un gran peccato. Ve li meritereste per davvero un bel paio di corna su quella vostra fronte da pazzo scalmanato! — Ma, signor tenente... — Non c'è ma che tenga. Intanto fatemi il piacere di domandar subito scusa a questa creatura che v'ha sempre voluto bene e che voi state avvelenando con la vostra pazza gelosia. E poiché l'altro nicchiava, il tenente rimise la mano al microfono, col piacere di vedere poi Adone Scannavini, consigliato dalla nuova minaccia, borbottar qualche parola di scusa. — Mi piacerebbe anche vedervi un poco in ginocchio davanti a lei — continuò l'ufficiale —, ma lasciamo andare, non mi piacciono le scene melodrammatiche. Mi accontenterò che le giuriate qui in presenza mia, di non più tormentarla coi vostri eccessi, con le vostre sciocche pretese, e di coni portarvi da bravo marito. A stento, a strappi, a fatica eiiiiii miiiimiimmi iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinii l'altro aveva appena eseguito quanto il giovine gli aveva ingiunti) cii fare, che all'improvviso questi fu assalilo da un furibondo accesso di tosse che lo agitò, lo sconvolse tutto come una povera canna in preda al vento, e dal quale egli non si rimise un loco che ricacciandosi sotto le coltri. Come sii fu calmato: — E adesso, andate, andate con Dio... — mormorò con un fil di voce. — Lasciatemi solo... Adone. Scannavini non desiderava di meglio, se ne uscì mogio mogio rigirandosi il cappellaccia fra le mani ; ma la Nene aveva le lacrime agli occhi, avrebbe tanto ben voluto fermarsi, lei, far qualcosa per quel poveretto, dirgli ancora tante cose... Prima di lasciare la stanza si chinò un poco sopra di lui e mormorò un: Grazie, tenente ! pieno di sconsolata tenerezza. Ma egri non rispose e forse neanche l'udiva. E allora ella si chinò a sfiorare con un bacio l'orlo della sua coltre. Quanto ai due compari, vista la mal parata, se l'eraio già svignata da un pezzo. Carlo Linati. i nini unii i iiiiiiiii ululili

Luoghi citati: Como, Milano