MITO DELL' ELLADE di Concetto Pettinato

MITO DELL' ELLADE MITO DELL' ELLADE j 'ei.lade! E' questo un mito deI , gno di fare il paio con quello dei «liberi Comuni». La civiltà mediterranea ha per le sue due illustri crisi organiche una ammirazione e una riconoscenza inesauribili. L'Impero Romano, che della prima delle due fu medico severo, non ha raccolto al paragone se non una gratitudine fredda e languida, dettata dal raziocinio, non dal cuore. L'ideale mediterraneo è sempre stato l'anarchia, come Roma fu il fascio di verghe alzato a correggerla. La ricomparsa delle legioni sulle classiche spiagge non verrà un giorno temuta come dal peccatore sgomento il dies trae? L'ordine puro e semplice non stimola l'estro di questo settore del mondo, più incline a sentirsene depresso che non esaltato. Contrariamente al genio latino, di conio apollineo, il genio mediterraneo, di essenza dionisiaca, per parlare il linguaggio del Nietzsche, non brilla se non nella dissoluzione e nell'indisciplina. L'autorità Io contrista, l'anarchia lo eccita. Ma poiché l'anarchia è madre di disastri, la sua storia si risolve in un seguito di precipizi, ed ogni precipizio ne cava una nuova luce. Il Mediterraneo è il mondo delle g-randi decadenze. Un solo apogeo: Roma. Senonchè, nella stessa suprema elevazione di Roma, lo sfondo del quadro viene dato dalla decadenza ellenica. Durante i secoli di mezzo, l'Italia torna mediterranea e greca assai più che latina. Il mondo comunale ha le idee politiche di Aristotile, non quelle di Augusto nè di Diocleziano. Il concetto di Stato si è ancora una volta contratto nel concetto di Città, anteriore al trionfo del romanesimo. « Gli Stati — diceva Aristotile — hanno anch'essi una certa misura di grandezza, come tutte l'altre cose... E' difficile, se non impossibile, ben governare uno Stato la cui popolazione sia troppo numerosa... {Politica, IV, 5 e 6) ». La diffidenza del mondo greco verso l'ingrandirsi dello Stato era tanta da consigliare, perchè la Città non crescesse, fin la restrizione delle nascite. Lo Stagirita loda Fidone di Corinto, uno dei più antichi legislatori, per aver sostenuto che « il numero dei cittadini e delle famiglie doveva restare invariato (Aristotile: Poiifica, II, 7) ». Questo municipalismo essenzialmente mediterraneo, propagato dall'ellenismo cristiano, trova in Italia tanta risonanza da serbarvi intatto il suo prestigio anohe allorché la Chiesa, per conto suo, sarà diventata imperialista e autocratica. Sin dai primi fasti comunali uno spirito appena appena chiaroveggente potrebbe intuire che gli Italiani si avviano a una loro guerra del Peloponneso. I guelfi di Cortenuova ripetono l'errore di Demostene. La rivalità fra le repubbliche marinare prepara una nuova distruzione di Corinto. Questo sciamare irresistibile di carene italiche sui flutti del Mediterraneo è un ritorno allo sporadismo ellenico assai più che non all'egemonismo romano. Siamo alle lotte fra Atene ed Egina, fra Corinto e Corcira, fra l'Attica e il Peloponneso, fra Siracusa e Messana nelle quali naufragò la forza greca. Considerate ad occhio nudo, Maratona, Salamina e Platea non hanno grande statura. A Maratona la decisione di dare battaglia è acquisita a un voto di maggioranza. Richiesti del loro concorso, gli Spartani aspettano a intervenire che la luna sia all'ultimo quarto: quando, finalmente, mettono piede in Attica « impazienti di battersi », secondo l'espressione ironica di Erodoto, la battaglia è stata vinta da un pezzo. A Salamina i Corciresi, impegnatisi a mandare una flotta a sostegno della causa nazionale, fermano il naviglio sulle coste della Messenia e della Laconia in attesa che la sorte delle armi si decida, per correre poi in soccorso del vincitore. I Cretesi, più dedalei, imputano la propria inazione ai responsi della Pìzia. All'indomani della grande vittoria navale, i generali, o ammiragli che siano, invitati a decretare a Temistocle gli onori del trionfo, preferiscono decretarli ciascuno a se stesso. Alla vigilia di Platea, invece di dar man forte agli Ateniesi, i Lacedemoni si fortificano comodamente sull'istmo, ed è solo mercè la minaccia di abbandonare la partita che i primi otterranno di averli compagni nello scontro supremo. Ma non appena Serse abbia ripassato il mare, Atene si ritrova mezza Grecia sulle braccia, e i cinquant'anni della sua famosa egemonia sino allo scoppio della guerra del Peloponneso non sono se non un se guito di lotte contro gli Alleati o contro i barbari. Non a caso Platone, con sotti giiezza che il Medio Evo avrebbe ammirata, proponeva che solo la amicizia fra stranieri si chiamasse guerra, ma che quella fra al leati, cioè fra connazionali, si chiamasse semplicemente discordia (La Repubblica, V. 6). Anche la Eliade, quando è stanca di accapigliarsi, stipula delle tregue: ma quella trentennale dell'Eubea non dura più di quattordici anni, j quanti ne durerà nel XII secolo; quella stipulata per lo stesso lasso di tempo fra Pisa e Genova contro i Veneziani. Irrequieti, instabili, dice dei Greci Tucidide, « non si accordano il tempo di godere per la fretta di acquistare di più (Guerra del Peloponneso, I, 70). « Con questo, sospettosissimi dell'autorità individuale e mostri di ingratitudine. Milziade, l'eroe di Maratona, si vedrà, ferito e moribondo in una spedizione sfortunata, condannato a pagare l'enorme ammenda di cinquanta talenti. Pausania, l'eroe di Platea, finisce sepolto vivo in un tempio, e la lapide da lui posta a ricordo della vittoria verrà rabbiosamente raschiata. Temistocle, l'eroe di Salamina, muore in esilio. Cimone, cui spetta il vanto degli ultimi successi militari sulla Persia, subisce a sua volta l'ostracismo. Fidia, semplice artista, è gettato in | iilllliliillilllllllllllllllllllllllllllllillllll limi m a a n , j o; n e ù . i i . e a a , i n | carcere per accontentar gli invidiosi. Sembrerebbe che in questa spietata severità verso i grandi si affermi un sentimento civico più forte d'ogni rispetto umano e un prepotente zelo dell'interesse pubblico. Ma la cosa non è più vera per l'antica Grecia che per l'Italia medievale. In realtà si tratta di democratica intolleranza, e invece di condurre la Grecia alla potenza essa ne fiacca le forze migliori. Quello che domina la vita ellenica è l'individualismo. < Le città, spie-1 ga ancora Tucidide, erano predai della discordia. L'audacia incon-j sulta passava per coraggio a tutta prova; la lentezza prudente peri viltà dissimulata; la moderazione\ per un pretesto della paura... Il| cieco trasporto divenne il tratto di- j stintivo dell'uomo di cuore. I vin-| coli del sangue contano meno che non lo spirito di parte... Chi accoglieva le proposte dell'avversario lo faceva per cautela e non per generosità. Si attribuiva maggiore importanza al vendicarsi di un'offesa che non all'evitarla. I gagsrlmqrpdsgssclzputprcmrSttcminili 1111111111111111 1111 1 min giuramenti di riconciliazione non avevano se non un valor passeggero... Ma che se ne offrisse il destro, e il primo ad aver ripreso coraggio vedendo il nemico inerme lo assaliva più volentieri a tradimento che a viso aperto... Tutti questi mali ebbero origine nel furore di dominare ispirato dalla cupidigia e dall'ambizione... [Guerra del Peloponneso, III. 82) ». Lo stesso Pericle, nel momento migliore della fortuna nazionale, ma sulle soglie dell'anarchia, è costretto a ricordare ai concittadini che il loro vero interesse sta nell'adoprarsi al bene dello Stato anziché al bene individuale, essendo più facile sopportare l'avversità in uno Stato prospero che non mantenersi prosperi in uno Stato colpito dall'avversità. Di lì a poco, però, in piena guerra peloponnesiaca, i solisti proclameranno che il movente degli atti umani è l'interesse e che il solo scopo dello Stato consiste nell'acci escei e il potere e le ricchezze dei cittadini. E tutto finirà nella pace di Antalcide, che, assicurando l'autonomia mimi numi 111 uni unni unni 11 a ogni comune, consacra l'atomizzazione definitiva dell'Eliade, preludio alla perdita dell'indipendenza. Ma questi secoli accidentati e calamitosi sono pur stati, per la Storia, i secoli del « miracolo ellenico », e il mondo mediterraneo non ha veduto che quello, come | dell'Italia divisa e convulsa dei se-1 coli di mezzo non vedrà se non l'Umanesimo e il Rinascimento. Eminentemente artisti, i popoli mediterranei antepongono la riuscita dell'individuo a quella della società, le vittorie dello spirito a quelle sulla materia: una bella filosofia, un bel poema, una bella tragedia compensano ai loro occhi le più orrende catastrofi poli-, tiche e l'invenzione primeggia sul-1 la realtà. Primum philosophari sembra essere il loro motto. Una specie di sprezzante aritmicità esiste anzi, presso di loro, fra i successi dell'organizzazione politica e quelli della propaganda spirituale. Popoli all'apogeo della potenza si tradiscono spiritualmente subordi nati e il più intenso imperialismo'culturale ne distingue altri ridotti i in completa sudditanza. L'elleni-'smo non era mai stato tanto forte quanto all'epoca della massima debolezza greca; il genio italiano rifulge più che mai nei disordini dei Comuni e delle Repubbliche, sino a esplodere in una sorta di lucida ebbrezza dopo i disastri della calata di Carlo VIII. I grappoli vanno stritolati per sprigionarne la virtù inebbriante, e il Mediterraneo non , e forse il mondo di Dioniso e della|vite? Qui ellenismo e cristianesimo siii raggiungono e l'uno spiega l'altro. I Roma, che, fedele al proprio genio Ipagano, aveva detto: Prinmm vi-\ \rere, doveva invece, nel proprio1 iimmane sforzo di sistemazione 1 : pratici, del mondo, vedersi eclis-:sata per secoli dal prestigio ine sistibile dell'inorganico, dell'im-i jprovviso. del fortuito, del trascendente. Ancora oggi, nonostante innumeri revisioni, quell'ingiustizia ! perdura, e più la vediamo accanir- I! si a misura che il verbo latino recupera la sua forza operante e rialza le insegne dell'autorità ordinatrice incontro a quelle del liberalismo anarchico. (Da La lezione del Medioevo, Milano, I.S.P.I., 1940). Concetto Pettinato L'dDlbdSCidtOfB tlUCO 3 BCrlÌllO!atteso ad Ankara Istanbul, 15 novembre. \j\ stampa annuncia che l'Anii hasciatore turco a Berlino è atteso lad Ankara. (D.N.B.) i I I\i: jn! tommsrgibilisti tedeschi di guardia sulla torretta