RUMORI NELLA NOTTE

RUMORI NELLA NOTTE RUMORI NELLA NOTTE iniiiiiiiiiiiiiiiii miiimiimmiiimiiimtmmimi Dopo essere stati fino a tarda ora a goderci il fresco sulla terrazza del Muraglione, io e Filippo stavamo rincasando, una sera, a Ultra, e Filippo mi parlava di una donna che aveva conosciuto quell'estate al mare. Sul punto di aprire il portone di casa fummo colpiti da uno scoppio di urli e di tonfi che veniva dal fondo del cortile. Chissà perche, io pensai subito a Ilaria: possibilità assurde e funeste attraversarono in tumulto il mio spirito, come se Maria potesse veramente essere in pericolo, là, nella sua casa quieta. Prima che io mi riavessi, Filippo, chiuso il portone, s'era inoltrato nell'atrio, e ora se ne stava lì. nella luce della luna, con le mani in tasca e il cappello sulla nuca, tranquillo. Si volse verso di me e io vidi con sollievo il bianco dei suoi denti nell'ombra, e pensai alle lettere che Maria mi aveva scritto perchè lo inducessi a tornarsene a casa e passare, a Ultra, il resto delle vacanze — con sollievo perchè c'era nel sorriso del suo volto abbronzato la stessa tranquilla sicurezza di quando, togliendomi di mano la lettera della sorella, andava alla finestra a leggerla per suo conto, beato nell'intimo, per quanto non volesse lasciarlo vedere, che suo padre e le sorelle non sapessero fare a meno di lui, beato di quell'amore che lo chiamava laggiù. — Farabutti ! — disse. — Anche questa sera ! Camminammo fino in fondo al cortile, Filippo avanti e io dietro, sulla ghiaia che scricchiolava, fino al muro che separa il cortile della casa mezzo diroccata dove abitava Boschino, e lì stemmo in ascolto. Voci di uomini violente e allegre venivano dalla vecchia rimessa, e insieme alle voci tonfi, come se qualcuno picchiasse con un bastone su un tavolo o su una porta chiusa ; e poi uno scroscio improvviso, un tintinnio di vetri rotti. A ogni scroscio rinforzavano le grida. Gli uomini là dentro ridevano anche, e tra le risa virili si udiva un riso di donna, che pareva nascosto tra quelle. Filippo disse di nuovo: « Farabutti! ». IMa sorrideva, e io. toccandogli il gomito col gomito, con un cenno della testa gli chiesi di che cosa si trattasse. .— Rubano la carne e vengono qui a cuocerla e a mangiarla. Ci sarebbe da farli arrestare. — Che carne' — chiesi io. E non riuscivo a capire.«Non capivo e non riuscivo a rendermi ragione di quanto avveniva nella rimessa abitata da Boschino. — Che carne? Carne di pecora. Non c'è altro, in questa stagione. Anche l'altra sera hanno svaligiato la bottega di un macellaio. Devono esser loro certamente. E' carnaccia, ma ci pigliali gusto a rubarla. — Ma chi sono? — chiesi alzando un po' la voce impazientito. Filippo mi fece cenno di tacere, come se quelli della rimessa potessero udirci in mezzo al bac¬ imi luminili mimi iiiiiiiiiitiiiiimacano. T tonfi, gli scrosci e le risa si confondevano. Io, che ero stato a salutare Boschino prima di ripartire da Ultra, l'estate prima, e mi ricordavo benissimo della rimessa, ora cominciavo a distinguere i rumori, a isolarli, a localizzarli. Quegli uomini stavano lanciando le patate ch'erano dietro la branda del vecchio contro i fiaschi vuoti dello scaffale. Stavano facendo una gara di tiro a segno. Tiravano anche contro la vetrata illuminata rialla luna. Era come se li vedessi. Forse uno solo tirava, e gli altri stavano a sedere sul letto con la donna. A ogni colpo un tonfo, uno sfrigolio minuto. A un tratto, senza che alcun fatto nuovo accadesse, senza che alcun rumore particolare me lo suggerisse, mi venne questo pensiero: « Boschino è morto ». E tutto si fece chiaro, comprensibile. Boschino era morto, e qualche altro ora abitava la riméssa e coltivava il piccolo orto. Dal tempo ormai mi aspettavo di sentir dire da qualcuno che Boschino era morto, da anni, si può dire, aspettavo questa notizia. E invece, ogni volta che chiedevo di lui, mi rispondevano: « Tira avanti, poveraccio! ». Anche a Maria chiedevo notizie di Boschino, ogni tanto. Boschino tirava avanti ridotto a un mucchietto di ossa, ridotto a un gemito, là, nella branda, sotto i suoi stracci ; continuava a tirare avanti. E desiderava in cuor mio la morte del vecchio, perchè era penoso pensare che soffriva, che era solo. Ma in quel momento la eertezza della sua morte mi diede una pena acuta, che non mi sarei immaginato di provare quando pensavo alla sua morte come a un riposo. Mi faceva pena che la 6iia scomparsa fosse stata un fatto insignificante nuche per i miei amici, i quali lo avevano assistito per tanti anni e che neanche Maria me ne avesse parlato. Se Maria, in una di quelle notti serene (ero ospite dei parenti della mia fidanzata già da tre o quattro •giorni, essendo giunto a Ultra subito dopo Filippo) mi avesse detto: « Sai. Boschino è morto », questo fatto mi sarebbe parso naturale, nell'ordine delle cose ; la morte del vecchio mi sarebbe parsa come prima, quando desideravo che finisse di soffrire, un riposo. Avrei pensato al suo piccolo orto col pozzo, dal quale faticava tanto a tirar su il secchio colmo, ai quattro alberi di limone attorno al, pozzo, al mucchio di sassi e di cocci sotto il fico castagnolo, e non mi sarei mai affacciato al muro per accertarmi dell'assenza di Boschino da quel luogo silenzioso. Invece il fatto che tutti in casa di Maria Io avessero interamente dimenticato in così poco tempo (poiché Boschino doveva esser morto solo da pochi mesi) dava alla sua morte una realtà presente e dolorosa, che forse, chissà, milla'le può togliere. — Quando è morto? — chiesi mentre ci allontanavamo. E siccome Filippo non capiva accennai alla rimessa. qstnmugmSgsmmscmc mminn i mimili mimmmiiii — Non so — disse, forse penindo ad altro. Intanto Maria s'era affacciata alla finestra del corridoio dal quale si accedeva, nel piano di sopra, alle nostre camere. '— Avete sentito? — chiese. A me dispiaceva che Maria potesse udire il riso di quella don-] na in mezzo alle grida degli uomini, nascosto e sfacciato. Anche un'altra finestra si aprì, e il si-| gnor Maurizio comparve, in camicia da notte, nel vano scuro.; Senza far caso a noi. si appoggiò coi gomiti sul davanzale come se prendesse il fresco tranquilla mente. Il baccano, là nella ri j messa, lo incuriosiva senza dargi'i fastidio, e io dentro di ine peli ì sai che a tutti piacevw ascolta ] re queile allegre grida virili che cancellavano dal fonilo della memoria il ricordo dei fiochi gemiti che si udivano un tempo, là nella] rimessa, in certe notti quiete come quella. Entrammo in sala da pranzo el Filippo versò da un boccale due bicchieri di limonata. — Papà non vuole denunciarli mi disse porgendomene uno — ma io credo che sarebbe meglio farlo. Spense la luce e salimmo al buio le scale. Maria era sempre affacciata alla finestra dell'andito. Filippo si mise a destra, io a sinistra, e così stemmo tutti e tre affacciati coi gomiti sul davanzale d'ardesia. — E Isabella? — chiesi tanto per parlare. — Dorme — disse Maria. Nell'alito tiepido della bocca e in quel suo stringersi nelle spalle con un sorriso c'era il piacere del sonno già pregustato e insieme l'affettuoso compatimento, che io le conoscevo, per la sorella minore. — Chi fa tanto chiasso laggiù? — chiesi ancora. — Mah ! Un giovanotto che ha preso in affitto l'orto e ci va a far baldoria con gli amici. Ora l'hanno richiamato. Parte lunedì. — Come lo sai ! — chiese Filippo. — Lavinia — disse Maria. Si apri anche la piccola finestra sopra il deposito del carbone e si vide un'ombra bianca, che doveva esser Lavinia. Allora io chiesi ancora, accennando alla rimessa, come avevo fatto prima : — Quando è morto? — In aprile — disse Maria. E non aggiunse altro. Il baccano cessò. Si udirono le voci di quegli uomini, calme, chiare, e schiocchi come di rami spezzati contro il ginocchio. Poi un fumo denso si levò dal pie colo cortile davanti alla rimessa, e l'odore della legna bruciata commisto a un puzzo di vernice e di stracci riempì il cortile. — Bruciano anche le finestre che erano nel ripostiglio — disse Filippo. La notte chiara, lattea (la luna non si vedeva dietro le nuvole, ma diffondeva un calmo chiarore estivo) era offuscata da quella colonna di fumo denso. Giuseppe Dessi