Continuità storica della guerra

Continuità storica della guerra Continuità storica della guerra L'assurdo pietismo cerca diffondersi ali ' ombra del mito del pacifismo Storica della pace. Il secolo del Fascismo è un secolo di lotte continue. La dottrina politica mussoliniana ci ammonisce che non bisogna credere alla pace perpetua. Perchè, oltre i fini immediati della vittoria, agisce la coscienza dei popoli, in lotta perenne. Questa guerra di ideologie fra due mondi ci fa veder chiaro in quella che sarà la « pace armata » del domani. A Versaglia, la vecchia classe politica liberale si assunse il pietoso compito di far nascere il mito assurdo della sicurezza collettiva. La pace di Versaglia fu il peggiore tradimento dei popoli proprio perchè fece sorgere la pericolosa illusione di una pace perpetua basata sul disarmo. Quei popoli che caddero nel tranello, accettando la utopia e istituendo il controllo delle spese militari, sono i popoli vinti di oggi, i popoli travolti dalle Fiandre alla Marna. La Storia si è ripetuta, ma in senso inverso. I pochi che, sotto l'incubo della disfatta, credono che tutto questo sia il brutale trionfo della macchina e degli eserciti motorizzati, dimenticano che la Francia, pochi giorni prima del cimento, era convinta di poter contare sul primo esercito del mondo e sulle cupole d'acciaio della linea ! Maginot. La Francia, per bocjca dei suoi stessi condottieri, faceva dunque assegnamento j sullf. sola forza che essa ritene!va °\ possedere. Se poi nell ur Ito delle divisioni blindate, ì car|n armati francesi si sgretola ron° sotto il peso delle corìze germaniche anche questo e [un fenomeno di civiltà, un af: i tare che riguarda gli operai ifrancesi che praticavano lo spo!«ero come uno sport domenica 'le H riassetto politico dell'Eu-'ropa uscirà dalla vittoria delle Potenze dell'Asse. Ma nessuno j può illudersi sulla permanenza ea u e i è o n e applaudivano il demagogo Jouhaux invece di lavorare sul serio. Del resto, la mentalità dei popoli totalitari si oppone istintivamente al mito di una guerra tocca-sana, di una guerra destinata a risolvere tutti i problemi vitali dei popoli. Le Nazioni forti e guerriere sanno che una guerra vittoriosa risolve soltanto certi problemi e per un dato tempo. La civiltà plutocratica, con tutti gli sforzi delle classi reazionarie coalizzate, non seppe fare altro che accrescere, in Europa e nel mondo, la gravità del problema sociale. Ginevra, con le sue illusioni societarie, non riuscì che a rinviare il conflitto di venti anni. Ma tutta la vecchia classe dirigente europea sapeva che il fuoco covava sotto la cenere. Il briandismo, questa specie di cinismo elevato a dialet tica della politica internaziona le, aveva spezzato brutalmente le speranze dei giovani popoli èmma;Dopo venti anni di intrighi e di e logoramento, alla vecchia Eu ropa di Versaglia non restava che una tragica eredità di odii e di rivalità profondamente ra- -ì dicati nella coscienza dei popoe'li. La Francia doveva pagare i [ storicamente il fio di aver pro-idigato il pacifismo agli altri i i popoli vassalli, mentre coltiva l j va per se stessa 1' illusione di n i l o e. aooeello, grco el canè nain a aeti ro di oi ehe dì disi, dnita edeostà on mno erato al esirro. dona ggL^S™\J*Si arei certi limiti, gli erpoopo ensta rialuò ue essere al riparo dietro le pili potenti fortificazioni dell'Europa. E' merito delle nuove generazioni dell'Asse se queste folli speranze della egemonia gàllica sono crollate. Ma il mi to del pacifismo non è ancor vinto. Esso si rifugia in quei tortuosi ragionamenti che oggi, da Oltralpe, vorrebbero quasi imporci la solita formula « nè vincitori, nè vinti », panacèa pseudo-umanitaria che dovrebbe rappresentare, in una Europa rinnovata dal Fascismo, la seconda edizione di Ginevra. La Francia tenta insomma di can! celiare storicamente le tracce della sconfitta. Per questo suoi pubblicisti conservatoripur recitando la commedia deravvedimento, insistono sulla inutilità dei compensi territoriali. La Francia che si è sempre riempita la bocca del « notre Empire colonia! », la Francia che non ha voluto neanchrispettare il Patto di Ginevra a proposito dei Mandati, ora sembra farsi vessillifera, ai danni altrui, di una mistica di rinuncia territoriale, per sottrarsi alle logiche conseguenze della sconfitta. Per questo, noi siamo convinti che lo « stato di guerra continuerà dopo la vittoriaForse, sarà uno stato di guerra dissimile da quello del passato e del tutto compatibile cole esigenze politiche della Nuova Europa voluta da Mussoline da Hitler. Se, da un lato, popoli vittoriosi potranno realizzare, sul terreno del benessere collettivo, gli enormi e giusti vantaggi della vittoria comune, dall'altro, essi non potranno uscire storicamente daclima della guerra. Non potranno uscirne, perchè il conflittideologico tra Fascismo e Democrazia ha assunto ormai dele proporzioni universali. Tuto il nostro secolo sarà riempito di questa lotta ideale dgenerazioni che impegna, secondo la previsione del Duce, il destino dei continenti. Ed è benche cada anche la speculazionpietista che vorrebbe affiorarsul terreno internazionale. I podebbono espiare, ierrori deliberali delle proprie classi dirigentSpecialmente la democrazia, regime che si vanta di deciderper conto ed in nome del popolo, non può davvero invocarl'attenuante dell'irresponsabiltà. I popoli democratici sonstati pienamente solidali con propri dirigenti nello scatenarla guerra. E' giusto che essiano solidali anche nel pagarle conseguenze della sconfitt le quali saranno durissime so prattutto sul terreno morale. L'Italia fascista non ha altre eredità da raccogliere che quel la della propria vittoria. Essa è troppo cosciente delle sue grandissime tradizioni storiche e in particolare della propria missione imperiale per aver vaghezza di rimpiazzare altre egemonie nel continente. L'Impero italiano, creazione squisitamente rivoluzionaria di un popolo lavoratore, ha il suo cammino storico già segnato in Oriente, in Africa, nel Mediterraneo. Quando gli altri popoli dissimulavano apnena i propri fini egemonici dietro la comoda maschera egualitaria, l'Italia maestra di civiltà, traeva dalle dolorose delusioni del passato dei definitivi insegnamenti. L'Inghilterra aveva allora battuto ogni primato in materia di rapacità coloniale. La Francia aveva accumulato dei possedimenti coloniali sterminati. Perfino delle piccole Nazioni, non ancora uscite dallo stato di minorità, rivendicavano il diritto di possedere e di amministrare vasti imperi d'Oltremare. Solo per sbarrare il cammino dell'Italia in Africa e nel MedioOriente, si rievocava la tortuosa casistica ginevrina che dava sempre ragione ai perfidi organizzatori della commedia societaria. Ora che le generazioni fasciste d'Europa gettano sulla bilancia il peso del proprio sangue, sarebbe assurdo consolidare con delle illusioni pacifiste le sneranze dei vinti. Ma il nroblema dell' alternativa tra Fascismo e Democrazia nosto al mondo non si esaurisce in Eurooa con la vittoria dell'Asse. Non v'è dubbio, infatti, che noi dovremo combattere i pericolosi residui della democrazia ovunnue essi tentino di radicarsi. Dovremo, anzi, fronteesnare tali residui ideologici snecialmente nelle influen< ze che e^si tentano di esercitare su altri popoli giovani, non edotti ancora delle esperienze nolitiche europee. In questa lotta permanente ner la definitiva supremazia della civiltà da noi ausnicata. consiste annunto la continuiti storica de^a snierra che. nei °uoi motivi idpsili. resta nrofon^a-mente radicata nello spirito dei 1^ seismo. Giuseppe Mastromattei

Persone citate: Duce, Giuseppe Mastromattei, Hitler