Si riaprono le scuole

Si riaprono le scuole Si riaprono le scuole Il problema della scelta della strada per l'avvenire dei ragazzi - Un'occhiata ai libri di testo Si riaprono le scuole. Quanti articoli avrete letto in vita vostra, che, prendendo lo spunto da queste quattro magiche parole, dicevano, press'a poco, le stesse cose, e, in sostanza, dicevano nulla? Ora, seguitemi, perchè io vi dirò qualche cosa, e anche importante. No, stamattina non mi apposterò, com'era mio costume gli anni passati, nei pressi d'una scuola per veder entrare i ragazzi: Invecchio, e la vista di ciò che m'è definitivamente negato mi rattrista troppo. Parlerò, piuttosto, senza vederli, di questi ragazzi, di questi fortunati ragazzi del 1940, che, usciti freschi freschi dalle elementari, non vengono più sospinti in massa — com'eravamo noi un tempo — ignaro e innocente gregge, verso le aule sorde e grige d'un ginnasio cui la volontà dei genitori li abbia irrimediabilmente destinati e condannati. Non avevamo che nove o dieci anni, e già il nostro futuro era stato ipotecato. « Avvocato » stava scritto sulla mia fronte priva di pensieri, « Medico » su quella di un mio compagno, « Naturalista » su quella di un altro. I nostri genitori rabbrividivano al pensiero delle cosidette >.< tecniche Mandare un flgliuo- lo alle tecniche! Che cosa dirà la gente? Una famiglia che si rispetti, manda i ragazzi al ginnasio! Che abbiano o no inclinazione per gli studi classici, poco importa: purché l'onore della famiglia sia salvo. Ai miei tempi, le « tecniche * erano per i giovinetti come l'Uomo Nero per i fanciulletti: * Bada, che ti mando alle tecniche, e finirai col fare l'elettromeccanico, mentre tuo fratello, invece, diventerà notaio! ». Il bello è che la minaccia ci intimoriva sul serio, e ci sforzavamo di fare i ragazzi dabbene per andare al ginnasio da cui, poi, bocciature su bocciature, finivamo con l'uscire penosamente per cadere nel liceo dal quale, o per fortuna o per raccomandazioni liberatrici, ci tuffavamo in quel refugium ch'era l'Università, e, naturalmente, ci iscrivevamo alla Facoltà di Giurisprudenza, come quella, si diceva « che apre la strada a tante professioni e non richiede la frequenza: si fanno gli esami e basta ». Entrati finalmente, come si diceva « nella vita », come se scuola e vita non fossero la stessa cosa, la guardavamo, questa vita, pieni di pretese, sventolando il nostro bravo « pezzo di carta ». E che delusione nell'accorgerci ch'esso serviva tutt'al più ad abbellire la parete del salotto, insieme alla nomina a Cavaliere Ufficiale di nostro padre! Oggi, con la scuola media unica, i ragazzi non vanno a scuola ipotecati. Per tre anni fanno tutti gli stessi studi, e i genitori e gli insegnanti hanno il tempo di studiarne le capacità, le tendenze, le inclinazioni: un ragazzo si farà notare per l'abitudine d'inseguire uccelli e farfalle chiamandoli ad alta voce col loro nome latino? Ebbene, quel ragazzo Io si manderà al liceo. Ma perchè mandare al li- [ ceo anche il ragazzo che, mentre il professore spiega le leggi della consecutio temporum, compila segretamente, sotto il banco, modellini di libro mastro, inventando nuovi metodi di bilancio e nuovi tipi di banche? Questo lo manderemo all'Istituto Tecnico commerciale e amministrativo, e saremo sicuri di ricever, da vecchi, la visita del Ministro delle Finanze che verrà a ringraziare l'antico professore per averlo avviato agli studi prediletti. Questa unità della scuola, insieme ai progressi e alla dignità raggiunti dalle professioni tecniche, alleggerirà, di migliaia di inutili alunni le àule liceali a vantaggio di quelle industriali, agrarie, nautiche, e, in genere, tecniche, un tempo tanto disprezzate dalle cosidette famiglie che si rispettavano. « La scuola deve servire alla vita » è un detto celebre, e come tale va rispettato e apprezzato. Ala non bauta. Bisogna anche che la vita serva alla scuola. Una nazione che viva esclusivamente di pastorizia, non ha bisogno di avvocati. Se tu, padre matto, invece di iscrivere tuo tìglio ai Corsi biennali per pastori lo hai iscritto alla facoltà di Giurisprudenza, non ti lamentare poi se tuo tìglio morirà di fame, perchè sapevi benissimo che le pecore, e gli ovini in genere, non ricorrono ai tribunali con querele e denunce. La scuola offre vari ordini di studi adatti alle esigenze economiche, culturali, professionali, artistiche, industriali di un certo paese: sta a te, padre, a te, insegnante, avviare il giovane a quel dato oyjinc di studi adatto alle sue possibilità, e alle predette esigenze. Con la scuola media unica, i padri matti poco potranno danneggiare i loro figli. Anche se questo fosse l'unico suo pregio, mai ci stancheremmo di benedire la « Carta della Scuola », che poi ne ha molti altri: non ultimo quello di orientare l'insegnamento verso la semplicità, la spontaneità, la chiarezza: non più la severa figura dell'inaccessibile professore in cattedra, ma quella cara, familiare dell'uomo che, sapendo tradurre Omero, non obbliga, ma invoglia i ragazzi a saper fare altrettanto; non più le infinite chiose, i tortuosi commenti, le acute ma aride induzioni e deduzioni che riescono a rendere odioso Orazio, noioso Dante, pesante il Petrarca, ma la semplice, serena lettura che, là dove esistono, metta subito in luce l'utile e il bello. Ma, ed è qui che si voleva arrivare, non bastano gl'insegnanti per questo: ci vogliono anche i libri di testo. E non tutti i libri di testo rispondono ancora alle nuove esigenze. Se ne vedono ancora in giro di quelli sui quali covammo tutto il nostro odio per Dante, la nostra avversione per la matematica, il nostro disprezzo per le scien»/ naturali, il nostro disgusto •-.er la fisica e la chimica. Di q*<di che andavano bene per noi, sdolcinatini e facili alle lagrimette, ma Inadatti ai giovani d'oggi. Ma qui non insisto, perchè cadrei nella vexatissima quaestio della letteratura per i giovani sulla quale si discute, si discute, ma si discuterà sempre inutilmente sino a che non vengano fuori un nuovo De Amicis e un nuovo Collodi a narrarci le avventure del ragazzo d'oggi. Prendiamo un'antologia (quel tal libro, dice Papini, che ogni professore che si rispetti, arrivato che sia a una certa età, si sente in dovere, armato di forbici e colla, di compilare), apriamola, e chi ci troviamo? Ancora i soliti, brava gente, ma sorpassata: ne fece tempo fa l'elenco Giancarlo Vigorelli: ci troviamo Panzacchi, Thouar, Zanella, Graf, Barrili, Aleardi, Dall'Ongaro, e, aggiungo io, « Il Rospo » di Victor Hugo, e, dello stesso autore, « Guerra civile » che terminava: « ...e il popolo gridò: Va da tuo figlio! » e il nostro professore, ricordo, aveva tutta la barba bagnata di lagrime. Prendiamo la traduzione di un classico greco, fatta da un dotto e stimato traduttore. « Oh Eracle! Oh Posidone! SI, per Apollo! L'anguicrinita Diva, l'Occhibovina uiuuu... i. Ecco le morte, lontane esclamazioni e frasi che vi troveremo. Un commento a un nostro classico? Una riga di testo e una pagina di chiose, note, induzioni, ipotesi, argomentazioni, postille che atterriscono il giovinetto, quando non lo rimbecilliscono. Dante scrisse : « Pape Satan, Pape Satan, aleppe » così, per divertirsi, perchè anche lui era un uomo e gli piaceva scherzare, ma i dotti hanno scritto volumi su questa frase, e altri ne scriveranno certamente. Prendiamo tin vocabolario, un vocabolario greco-italiano molto usato nelle nostre scuole, tant'è vero ch'è arrivato alla ventitreesima edizione. Nella prefazione si legge: « ...ripeto che fra i tanti vocabolari il mio è quello in cui si trova un maggior numero di vocaboli: esso supera il vocabolario del Rlgutini di circa 4600 voci, quello dello SchenklAmbrosoli di 6000, e si presta a leggere 28 autori mentre quello dello Schenkl-Ambrosoli serve per soli 14 ». Si accendono dunque gare tra i vocabolaristi non nella qualità o nell'utilità dei vocaboli, ma nel numero: chi più ne mette, più è bravo. Ci sarà un giorno un vocabolarista che creerà nuovi vocaboli greci per battere il primato. Bene! Ad maiora! Unico ostacolo al rinnovamento della scuola, sono rimasti i libri di testo, compresi fra questi le grammatiche, le sintassi, i libri di fisica e di chimica, tutti tendenti non a far capire poche ma utili Oae ai ragazzi, ma riempire la testa di questi poveretti di più nozioni che sia possibile, utili o inutili non importa: purché siano molte. Quando questi libri di testo saranno stati del tutto eliminati e sostituiti, lo spirito della « Carta » trionferà pienamente, e allora ancor di più invidierò i ragazzi che stamattina non vado a vedere perchè mi si stringe il cuore a sentirmi ogni anno più vecchio. Mosca

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