Storia della letteratura di Francesco Bernardelli

Storia della letteratura Storia della letteratura Al gusto d'oggi, e nella scia dele nuove estetiche, la storia letteraria può apparire essenzialmente come storia della fantasia poetica; quella storia che nell'Ottocento passò pei vari modi dell'erudizione e dell'ideologia, dell'interpretazione biografica e psicologica e della filologia positiva, e che situò volentieri lo scrittore in un rapporto politico-sociale considerandone spesso, ai fini di una superiore e strenua polemica, più la coltura che la poesia, quella storia tende forse, oggi, soprattutto a una trasposizione in termini squisitamente critici di quella « bellezza oggettiva » — lirica, conchiusa, individuata —, che costituisce 'unicum poetico, ineffabile e insostituibile. Cogliere i momenti dello spirito di poesia nella loro espressione totale e irreversibile, ossia nella genuina e incorrotta purezza della parola, sarà il fine ultimo di uno studio che dai fatti della vita "e della « letteratura » vuol penetrare e salire all'intimità creatrice, all'originalità dell'ispirazione. Francesco Flora, che sta scrìvendo una Storia della letteratura italiana (Mondadori, Ed.) quasi a sperimentare l'indole, il genio della nostra età letteraria di fronte all'opera dei padri, dice che sulla storia politica e morale sorvola la divina fantasia, « anche quando compone in parole i fatti accaduti e storicamente li assume »; e che, se la fantasia è legata a quella storia politica e morale, « avvertire la poesia importa conoscere ciò da cui la veniamo non già separando ma distinguendo, come l'albero si distingue dalla terra e dall'aria in cui si alimenta e respira... ». La parola — non cruschevolmente intesa, ma quale estrema e mitica espressione di ciò che è umano — ha, pel Flora, valore « olimpico e sacro »; a riconoscerla nel suo aureo splendore dì iniziatrice e rivelatrice, c'è da risollevare la letteratura italiana, nell'amore e nel giudizio, al suo luogo natio, per compiutezza e fermezza, e possente, irresistibile respiro, accanto alle letterature classiche. Della storia del Flora è uscito il primo volume che va dalle origini alla fine del Quattrocento; ed è trattazione ricca e suggestiva, cui lo stile dell'acuto critico, immaginoso, facilmente commosso, spesso- prezioso, conferisce non so che sensibilità e vivacità di pronto discorso, quasi un ricerca re e scoprire improvviso, che il caldo della sollecitazione e interpretazione dei testi via via ecciti e proponga. « Gioì: parola breve cerne il lampo...: tutto un tempo di poesia par musicalmente volgersi intorno a quel tenue gruppo di lettere... ». Non potremo soffermarci in questo breve spazio, a esaminare partitamente o a seguire la traccia del libro, che, con amplissime citazioni, e guide dei temi poetici, e sottili accorgimenti, appassionatamente si volge a belle restituzioni del favoleggiare primo, del fantasticare, generativo e misterioso, dei grandi poeti, o si estende In commenti minuti e ariosi che dalla varia scrittura degli antichi traggono succo novello, e tenerezza e prestigio di immagini, di analogie, di sogni, insomma di linguaggio poetico. Notevole esempio di quel ritrovare integra, dalle sparse e multanimi esperienze della vita, del pensiero, della dottrina, dalle passioni e dalle avventure, integra e raggiante la struttura spirituale di un'opera di poesia, esempio di quel ricondurre l'intoInazione dominante, segreta, dei !SÌpi0tedicDna^esDeiia &&2?J r—letorgminmtdslacnct—epElpstsVdmultsaFaamncdptocbtmnlle (suscita e accoglie nei suo imm jrltmo spaziatele temperale _il ~ , !?1*0 poetico». Dante, o è inteso ltu"o, m ogni sua parte e nell'ar i omtett^ira sovrana del poema, o Flora rivendica l'unità sostanzia le, il rigore di un'invenzione lirica — oitremondo tragico e armonioso intorno a Beatrice —, che suscita e accoglie nel suo immenso corpo stesso dell'universo, e tutti i sensi e sovrasensi religiosi morali politici, ed ogni simbolo, e ogni variazion naturale. « Una simile composizione — dice il Flora — non si può dissociare in poesie autonome... come il metro e la rima non si possono staccare dalle parole e fanno con esse un solo tes- non è inteso; la stessa teologia — l'ostica a tanti critici teologia e dottrina dantesca — è tosto favolosamente sospinta e internata dall'accento poetico in una sublime bellezza affettiva e lirica; nè il figurato e la figura sono qui — contrariamente a quel che asseriva De Sanctis — due cose, ma son tutt'uno; e l'allegoria è una lunga, continuata metafora, un modo del 'discorso poetico. Il gran paesag |fj°, dlf„ „"'e tsl„dlstend?. per dir a i cosi, in una temperie, è irrorato dal sentimento di uno spazio, in cui la fantasia risolve musicalmente tutti i dati della memoria, e le immagini terrene, e quelle, arcane, di una celeste virtù e potenza. E le figure di Dante si colgono, intere, nell'aria mitica da cui sono avvolte. E' curioso vedere come il Flora giunga a. sintesi come questa, soprattutto per via di intuizioni e di trasporti di simpatia intellettuale, che al suo ingegno di interprete e lettore di poesia efficacemente soccorre l'estro dell'immaginazione e dello stile. Estro e gu-sto che nella scelta, nello studio LUbenvsatantologico, nella postilla lettera-le, si fanno anche più vividi e argu ti. Le sue riletture dell'/ntet/igen za, o del Novellino, o del Milione, come quelle dei Fioretti e del Petrarca, del Boccaccio e del Sannazaro, sono un piacere scaltro e variato. Da quel suo mito della parola, egli, nelle analisi sottili, deduce un commento, che è sempre letterariamente sagace, e che la poesia ti rivela per illuminazioni successive. E qualche volta, come taluno ha accennato, quasi ti nasce un sospetto di parzialità: che la troppo astuta e accorta scelta antologica può alludere a una consistenza e ricchezza poetica inesistente e già tutta esposta ed esaurita 11, nelle brillanti citazioni. Ma quel che conta ora è notare come alla parola, in cui affiora il segreto del mondo, e che scevera e ricrea dall'incerto e dall'umbratile la « certezza positiva e luminosa » della poesia, il Flora ritorni ansioso e tenace; ogni sua indagine, con un giro lungo o breve, fa capo li: e l'Angiolieri non è gran poeta perchè la parola adopera non distaccata e pura, ma come elemento del suo umore, della sua atra bile, e nel Novellino la parola « nasce limpida come l'acqua pullula piana », e nel Milione < il senso dello spazio e della vastità è presente nelle giunture delle sillabe », e nel dantesco Maestro Adamo « le parole formano tattilmente una figura, e uno spazio », e nel Paradiso, poi, si fanno ritmo puro e primigenio, e Laura è amata dal Petrarca « nella parola », e pel Boccaccio la parola è musica, e la vita non è che un presupposto, e quella musica — melodioso traslato — tende a crea- re figure umane. Ma nel Poliziano — letteratissimo tra i poeti — « la letteratura si ridiscioglie nell'affetto primo donde mosse » e « la parola e il verso che furono immagine letteraria si fan vita nell'animo del poeta, e il suo accento si innova in quel nuovo senso umano ». Cercare cosi la storia delle lettere è cercare il valore risolutivo della pura fantasia e dell'espressione; è anche un affidarsi a quella « consolazione della parola », che della fantasia è il lato più urna, no, e in cui, con sensi divini, anche il dolore si trasfigura, si fa letizia spirituale e gioia. Questa fu — come il Flora bene illustra in un eccellente volumetto pur stampato quest'anno: Foscolo (Società, Editrice Nazionale - Milano) —■ l'intima poetica dell'autore dei Sepolcri, che, alle orìgini della poesia moderna, approda, dal gran travaglio dell'esistenza tempestosa, alla lirica purezza delle Grazie. V'è qui, in questo poema, un che di supremo, una rivelazione ultima e conciliatrice, un distacco e un'armonia di affetti, in cui tutta la vita si schiarisce e si india. Vertice contemplativo, che ha qualcosa della santità: di quella serena affettuosa umana santità di San Francesco, che « tragedie e lutti, allegrezze e rapimenti » vedeva e accostava fraternamente: e sublime infanzia, la dice il Flora, che nelle parole dei Fioretti diventa sicuro e tranquillo ed estatico moto di poesia. Del libro del Flora, che per molte altre e varie ragioni interesserà il lettore, e che, come ogni libro vitale, può pur provocare appunti, dissensi e riserve, abbiamo voluto cogliere soltanto l'intonazione, a volte forse un po' morbida, e particolare, ma personalissima, e che trasmette a tutta l'opera l'amorosa vivacità, e la luce di un'arte a lungo perseguita e condivisa. Francesco Bernardelli.

Persone citate: De Sanctis, Foscolo, Francesco Flora, Maestro Adamo, Novellino, Paradiso, Petrarca, Poliziano

Luoghi citati: Milano