Campagna novarese

Campagna novarese Campagna novarese Mai in alcun altro punto della terra ho visto la campagna confondersi, immedesimarsi con l'abitato come a Fara Novarese. La strada è ancora il solco, coltivato a ciottoli anziché a spighe: e l'erba spersa la invade. I lavori rustici riempiono i cortili; l'ultimo pioppo dell'arginaia è il sostegno dell'edificio; un faggio fa ombra, inserito in un tettuccio di travi, al ciabattino; la vite si è dilungata sino al banco dell'osteria, e un tralcio trema sul bicchiere in cui forse il grappolo s'è spremuto. Nella stessa palazzina colonica non c'è limite tra vestibolo e orto, tra orto e giardino; la fantesca coglierà il prezzemolo o strapperà la carota sulla soglia del salotto; innanzi al ritratto del proavo ti verrà fra i piedi una chioccia affaccendata, o un merlo domestico, o un porcellino d'India. Allo sfiocco della nuvola settembrina, intanto, va incontro la fumata del riso pilato e bruciato all'ombra d'un mulino, e anche l'aria sa di campo, soltanto di campo, come se le case e gli uomini non fossero. Gli abitanti sono meno di tremila, secondo il censimento ; ma 10 non saprei contarli escludendo i cani, galli, pulcini, piccioni fra cui essi convivono: amorosamente, inseparabilmente, come nelle illustrazioni del Paradiso perduto nello scenario della Mascotte. Oh, la bella d'erbe famiglia e di animali I Tutte benvenute, poi, le amiche bestie, comprese le mosche delle conci-' tmaie; piccola tassa di noia sulla grossa ricchezza del paese. La rondine sfiora i muri, il passero 11 visita, la tortora li adorna. Il suo ingrasso scende sulla casa dei mortali, mentre il suo lamento sale al cielo del Signore. Finite le cicale, ecco i grilli ; finiti i grilli, le ranocchie. Un rospino fa sempre la sua comparsa, col plenilunio, nella piazza principale; e non c'è scampanìo a cui non rispondano, un po' da ogni dove, mugli, ragli, gemiti, nitriti. Come le colombe fanno la spola tra chiesa © fienile, i cani restano sulle soglie, a cui convergono dindi, pollanche, ciuchini, anitrocchi, e questo galletto in collera; e quel digrumante bue. Burlone come sanno esserlo soltanto i gatti, questo soriano fannullone ha invece scelto l'uscio del Dopolavoro, e di là tutti sogguarda, lungo disteso, leccandosi una zampa con occhi tediati, che appena mostrano un po' di stupore nel vedere tante mosche negli occhi delle mucche, tanti arnesi di fatica sulle spalle degli uomini. I paperi attraversano il corso in corteo, e può anche succedere che taluno, sbrancato, s'inoltri in Municipio o nella Canonica, dove l'odore del fieno più non si scevera da quello dell'incenso. In casa dell'esattore — dico senza ironia — ho sentito invece odore di mungitura; nè si tardò infatti ad offrirmi la tazza del latte più denso, più fragrante, più consolatore ch'io avessi bevuto in vita mia. Ed oh, l'incesso tramortito delle oche a cui le promesse spose hanno strappato com'è d'uso, le piume per il guancialetto nuziale ! Oh quel saltellìo di conigli, dal passo obliquo, dall'occhio vile, innanzi al distaccamento di soldati; quel richiamarsi continuo delle colombe al campanile ; concime da rosai sull'ali del Santo Spirito! Trotterella una cavia in farmacia, promessa a un sacrifizio in corpore vili; e uno stornello, con un acino nel becco, va dritto per la strada dirittissima, quasi tagliata pur essa con l'aratro. In questi pingui paesi la pratica, se non la regola, è francescana. Carri carichi di vitellini attraversano la processione di San Damiano; greggi d'agnella quelle della Martire Panacea. Una pavoncella azzimata come una star ha fatto il suo ingresso nel «nenia deserto, che riaprirà soltanto a ottobre con un film di Tom Mix; piume di tortorelle entrano dalle finestre insieme ai pappi delle siepi; ogni sarto e ogni pensionato ha il suo micio sulle ginocchia. Intanto le libellule, a sciami, corrono lungo i fili telegrafici, da cui si staccano, a scatti, come percosse dalla scintilla elettrica; le api, sazie delle acacie dei fossi, tentano i pasticcini dei liquoristi, ed una si è rischiata sino all'altare, dove nel calice della Messa è rimasta una gocciolina di vin dolce. Per la strada grande che vi ho detto, ieri, fra i lasciti delle mucche e il seminio d'erba lumina, ho trovato un quadrifoglio portafortuna. Dalla comunione fraterna, veramente antica e bucolica, delle dimore borghigiane, soltanto il camposanto ha voluto isolarsi, innalzandosi. Sta accanto al Castello, divenuto Seminario, in cima alla collina. In alto, dunque, il cimitero : come in Lituania, dove sono i morti che guardano i vivi ; o come in quelle regioni dell'India da cui la misteriosa gente lituana è discesa. Ma su verso l'altura, dai contorni mollissimi, da cui biancheggiano i cippi e svettano i cipressetti di questo, non vedrai correre i truci abeti del Baltico incontro a macabre croci nere, sebbene dei vigneti svagati, ondulanti come in danza: e insieme con loro stormi d'uccelli, nubecole d'in6etti ; e fra passeri e moscerini, ogni tanto, un ramarro estatico, o un verme in attesa dell'ala — la sua morte cristiana ! — o una falena che fermerà, questa notte, il suo volo sopra una tomba, come sino ad ieri vi si spegneva, la lucciola delle messi. Qui la vita è troppo fervida per essere interrotta, ritardata; dalla presenza dei defunti: e i vivi li hanno allontanati, sebbene col più grande rispetto, ponendoli al di sopra di loro. Così anche Fara ha la sua piccola Superga, e vuole che i suoi maggiori la veglino dall'alto. Cosi è la legge di queste popolazioni laboriose: largheggianti in tutto, e indulgentissime : fuorché con la pigrizia. Di Santa Panacea, la miracolosa giovinetta colpita nel capo dal fuso della matrigna, a Ghemme si racconta che pregasse invece di filare ; però l'angelo filava per lei: ed è il solo motivo per cui tanto si venera la sua memoria da questa gente infaticabile. Se il lavoro fosse rimasto incoro, piuto, forse sarebbe accordata qualche indulgenza anche alla matrigna... Parlo coi villici. Sono retti, schietti, docili, cortesi ; oltremodo puntuali, in genere, nelle parole non meno che negli atti. Parlo coi cavalcanti di Momo, coi fruttaioli di Sizzano, coi vinattieri di Carpigjiano, di Gattina™, di Briona. Sono economi, quando bisogna, se non fino al punto di quel principe che andava a vendere il latte da sè nel carrettino, col senno di chi sa quanto valga la fatica, e l'intelligenza di chi intenda quanto possa costare l'indomani. La loro previdenza è somma. La loro solerzia ò incomparabile. Corrono la campagna in bicicletta, coi loro arnesi a tracolla, per non perdere tempo, ed hanno l'occhio a tutto, come le galline. Battendo il grano a rullo di tamburo, cantarellano, talvolta, o proverbiano: ma per lo più restano silenziosi, per non finire disattenti ; e lo spirito lo mettono nelle repliche, più che nelle .proposte, da vera gente che sa vivere. All'osteria ci stanno poco. Nelle ore di riposo preferiscono il sagrato, anzi il portico i i r i a e a a e o o i ù e e o o i 111 II 11111111111 i I U11 r i H 11111 ! ! i 11111 U111 i 111 [ 1111111H H111 U11 della loro bella chiesa, finche sia buio; oppure l'aia o il cortile: quei solidi, spaziosi, niuiiitissimi cortili piemontesi, tagliati un po' tutti come quello di Vignale nella storica vignetta dell'incontro di Radetzki con Re Vittorio. In tanta agiatezza, e in tanta semplicità, il contadino può vivere come il patrizio, il patrizio come il contadino: e non soltanto perchè le fortune, ormai, siano assai più livellate d'una volta; perchè all'ortolano arricchito sia spesso consentito, oggi, d'accendere il suo fuoco nel camino ornato d'uno stemma dei Caccia o dei Trivulzio: ma perchè una vera fraternità georgica presiede ai codici e ai costumi. Così vedrai il grosso podere confinare, senza troppe barriere, col giardinetto; il vecchio maniero dar la mano, cordialmente, al cascinale. La torreggiente casa dei Borsotti, dagli archi secenteschi e dai finestroni a telaietti, spalanca sui passi di tutti la sua porta nana, là dove la strada fa crocicchio tra Momo e Briona, al suono d'una campanella replicata e perentoria da messa cantata : e lì presso è lo stagnaro, che aggiusta un padellino con gesti da miniatore medievale. Insomma signori e non signori, da queste parti, vivono in pace allo stesso modo : di quella vita dei campi che, quando sia bene armonizzata, nelle sue poche ma intense modulazioni è tutta una musica. Come le campane. Parlo coi fruttaioli di Sizzano, coi vignaioli di Carpignano. Di prima sera è limpido ancora ; e il cielo, tra giallo e scamatino, ha lo stesso sfumato di rosa tea, riposante sebbene un po' mesto, che spesso si mostra nel Novarese. L'aria, sino a poche sere fa riempita dai grilli, manda un brusìo arcano, remoto : come se anche i grilli fossero saliti in camposanto, e si facessero udire solo di lassù, dalla collina. Dall'acque tralucenti della Mora — ricordo del Duca Ludovico — si spiccano le ultime rondini; il seccume autunnale già incartoccia il fogliame ; e i nostri discorsi sono rotti da una calda stanchezza, da un'attonita serenità. Passano e ripassano i carri di fieno, il bel fieno irrorato dalla Strona, e dell'effluvio il cuore si riempie, quasi d'un sopore neces sario al sonno. L'immedesimazione tra il campo e la casa, tra l'uomo e l'animale è completa. L'aria vi partecipa coi suoi mille sentori, in cui la fonte dallo stagno, il fiore dallo strame non si distinguono più. E si direbbe di vederli salire, come angeli, quegli stormi dell'Ave Maria: salire sino a raggiungere le tombe sulla vetta, i morti che in questo momento li ascoltano, senza dubbio, al pari di noi. La guerra? Quasi non ci si pensa, qui, tra la mietitura e la vendemmia. Qui dove l'esistenza è tutta nella terra, la storia noti può turbare la crescita dei viventi, più che non arresti quella delle viti e dei grani. E fra poco tutti andranno a dormire, tran quillissimi, anche sapendo che gli Inglesi settano le bombe a caso, indifferentemente, 6iii proiettifici o sulle stalle. Andranno a dormire nel fiato dei vitellini, nella vicinanza delle chioccie, nel tepore dei paperi spiumati e delle tortore gementi: rannicchiati come la cavia dello speziale, o pancia all'aria come il coniglio della caserma, o lungo distesi come il gatto del Dopolavoro. Con loro, cogli animali del buon Dio, gli uomini chiuderanno gli occhi ; insieme a loro li riapriranno, accordando perfettamente lo sbadiglio del buon risveglio al mugghio, al nitrito, al pigolo, al chicchiricchi. Marco Ramperti