Il Duce conclude la visita alle truppe dell'Armata del Po e della Seconda Armata di Antonio Antonucci

Il Duce conclude la visita alle truppe dell'Armata del Po e della Seconda Armata Il Duce conclude la visita alle truppe dell'Armata del Po e della Seconda Armata II Principe di Piemonte assiste, insieme a Mussolini, a una irruenta azione a fuoco Le quattro giornate nel Veneto dei Fondatore dell'Impero: due lunghi voli e centinaia di chilometri ogni giorno in automobile e a piedi - La prossima visita all'Ottava Armata (DAL NOSTRO INVIATO) ] Gorizia, 9 ottobre. Gorizia, più fortunata che non Veline ieri, ha avuto oggi la gioia di esprimere al Duce l'entusiasmo di poterLo vedere da vicino e n\ostrarGli con appassionate acclaviazioni l'animo devoto della terra isontina, sempre in prima linea, qualunque battaglia V Italia combatta. Rimarginate da anni nelle sue colline le strazianti ferite di una guerra epica, essa splende nel verde intenso di una vita laboriosa, appena intaccato dall'autunno e dal grigiore di una giornata senza sole. Il Duce è arrivato al campo di aviazione di Merna, intitolato alla medaglia d'oro Egidio Grego, proveniente dalla Romagna e pilotando Egli stesso un potente trimotore. Sono circa, le 9. Gli fanno scorta d'onore sei aerei da caccia mossigli incontro da questo aerodromo, ormai celebre palestra di attività e di eroismi. Accompagnano il Duce il Ministro della Cultura Popolare Pavclinì e il Sottosegretario alla Guerra generale Soddn. Più tardi, sempre per via aerea, giungeranno il Segretario del Partito Eccellenza Muti e il Sottosegretario all'Aeronautica generale Pricolo. Sui campo attendono il Duce il luogotenente generale Achille Starace, Capo dì Stato Maggiore della Milizia, e il comandante della seconda Armata generale Ambrosio, insieme con altri generali, gli addetti militari di Germania, di Spagna, di Ungheria, di Bulgaria e dt Romania, il Prefetto di . Gorizia Cavani, il Federale Gerardi, il Podestà Casaaola. Davanti alle aviorimesse uno schieramento dì avieri offre per primo l'aspetto guerriero di questa provincia, vigile scolta al confine orientale della Patria. Attraverso la terra isontina Il Duce scende dal trimotore in divisa di primo Maresciallo dell'Impero, passa rapidamente in rivista gli avieri armati e quelli in uniforme da lavoro, e Quindi sale in automobile, diretto verso Aidussina e Montenero d'Idria. L'itinerario sfiora, dirò cosi, la città di Gorizia, lungo via Trieste, via Duca d'Aosta e via Vittorio Veneto. Ma la popolazione, avvertita rapidamente, si riversa dal centro alla periferìa e anticipa al Duce la manifestazione che Gli farà più tardi, al ritorno, quando la Sua automobile aperta passerà lentamente fra due fitte ali di popolo, fra applausi ed evviva. Per giungere a Montenero d'Idria si attraversa un paesaggio pittoresco che, partendo dalle colline dolci e guerriere della sponda sinistra dell'Isonzo, dopo aver superato Valdirose, espressione che ne rivela l'incanto, sbocca, nella piana di Aidussina, preludio e ingolosimento della grande pia nura veneta. La domina un alto piano con uno sperone roccioso, chiamato Monte Re, onore ormai secolare a un sovrano barbaro, che dalla sua vetta co7itemplando l'Italia disse ai suoi guerrieri: « Questa terra è mia ». Poi gli fu difficile a dimostrarlo. Il suo aspetto selvaggio preannuncia lo intrico di valli e di gole, talvolta orride, che costringono la strada a zig-zag arditissimi, strada che fila via per chilometri e chilometri senza mai un panorama riposante, finché, improvvisamente, sbocca nella conca di Montenero d'Idria e tutto ritorna idilliaco, del più sereno idillio della montagna. Lungo tutto il percorso villaggi e casolari splendenti di bandiere tricolori hanno mandato incontro al Duce tutta la loro gente che vorrebbe fermarLo, specialmente i bambini, e che talvolta ci riesce, come, per esempio, a Zolla, paesetto celebre per i ruderi dei valli romani che cingevano da queste parti le difese avanzate della penisola. Dicono che Zolla sia anche il comune più prolifico della provincia di Gorizia. Infatti il Duce che, sceso dalla macchina, cammina per buon tratto seguito dal popolo, mentre non si ode che una voce: «Duce!», sì avvicina a uno dei tanti gruppi di bambini, li accarezza, dice parole semplici e buone che non saranno dimenticate. Più avanti, è un altro gruppo di dieci bambini Sono tutti fratelli. Si direbbe una gradinata del tempo: non passa, dall'uno all'altro, più di un anno. Il padre si è messo in disparte e guarda, con molta tenerezza, le sue creature, che fanno cerchio intorno all'umiltà della madre, fissano gli occhi dolci sul volto del Duce, che si china un poco su loro per interrogarli e per sentirli rispondere. Poi, chiama a sè il padre e gli fa consegnare un suo premio che il montanaro accoglie con un gesto di riconoscenza umile e pura. E', ora, la voce di tutti, come per dire il ringraziamento di tutti, poiché, se per un padre di dicci figli era il dono, l'umanità del gesto ha raggiunto tutti. La Divisione « Re » L'arrivo del Duce a Montenero è salutato dal suono delle campane che si diffonde nelle valli adiacenti con l'annuncio della buona notìzia. Ma le truppe da ispezionare sono più lontane, in un altra pianura che si chiama Sallaga d'Idria. Stamane il sole si affaccia di rado, aprendosi il varco fra le nubi e la nebbia; ma la sua assenza rende più impressionante indurendolo, l'aspetto di questo bmdpctgcrNpztmdc blocco di armi e di cuori, pronto a. mostrare al Duce come esso atten. de i Suoi ordini. La Divisione fanteria « Re » fn parte della seconda Armata e si compone del 1° e del 2° reggimento fanteria «Re», del 23.0 artiglieria « Re », di un battaglione di carabinieri reali, del 4" bersaglieri, di un battaglione alpini « Val Negra» con la 38.a batteria alpina, di un battaglione di formazione delle guardie di finanza, di tre gruppi di artiglierìa da 105, H9 e 152, di un battaglione formazione e un gruppo delle guardie alla frontiera e di due battaglioni di Camicie Nere: il 50.o e il 51. E' un'insieme di 13 mila uomini con 2300 quadrupedi e 113 carri e automezzi. E' molto importante, perchè eccezionale, vedere qui, inquadrati, un battaglione e un gruppo di guardie alla frontiera, poiché questo corpo, che ha dato belle e frequenti prove della sua perizia tecnica e del suo valore, è normalmente frazionato nelle opere in zone e in luoghi dall'uno all'altro molto distanti. Storia densissima e lontana nel tempo ha il 1° reggimento di fanteria « Re ». Le sue origini risalgono al reggimento Fleuri, al servizio del Duca Carlo Emanuele I, il 1624; e vanno più su ancora, fino al periodo che segue la battaglia di San Quintino il 1557. Il reggimento ha combattuto in tutte le guerre tenute e vinte dal Principi di Savoia. Ha preso parte alle campagne del Risorgimento, di Africa e della guerra europea, quando la sua secolare bandiera è stata decorata con l'Ordine militare di Savoia e con la Medaglia d'argento al Valore militare. Lo segue, nella storia e nella gloria, il 2° reggimento. Assieme, nel 1861, hanno formato la brigata « Re ». Anche il 23° reggimento di artiglierìa « Re » ha la sua bella [storia: 1896-1911-1912: Slava, Sabotino, Vittorio Veneto. Il 1" fanteria ha per motto « Nomen Omen ». Il suo compagno numero 2, che non vuole essere secondo a nessuno nel valore e nella fedeltà, ha un motto che dice: «Nulli virtute ac fidelitate secundo ». La Divisione «Re » ha il privilegio di indossare la cravatta | ros.su dei fanti di Savoia. Il grido dei bersaglieri E' stato costruito per il Duce un podio mimetico, sotto forma di fortino con tutti i suoi elementi di difesa e di offesa e irto di reticolati, di cannoni e mitragliatrici. A confonderlo con la natura circo- stante contribuisce un mantello di erba, di muschio, di canne palustri, dal quale affiorano pietre e cercano venir fuori quei pini nani, orgoglio della tenacità di vita nel Carso. Il Dure sale ed ammira. E' statuario, traboccante di una forza che par si tramuli-: Egli è simbolo della vii torio sicura. Scattano le armi e gli sguardi. La massa di acciaio non è'clie un cuore solo al servizio della Patria e del Duce. Nei canti che segniranno il sacrificio della vita è offerto con quella semplicità che soltanto i puri e gli spontanei conoscono. Quando il Duce ha finito di passare in rivista lo schieramento, il 4" bersaglieri, reggimento di Torino, sino allora invisibile perchè nascosto tra gli alberi, scatta al suono della fanfara e al grido di «Savoia! », fìngendo un attacco che risolve rapidamente in una manovra dì piazza d'armi e che porta i Ire battaglioni a formare un quadrato senza un lato. Il Duce, sorride alla sorpresa c ascolta il canto di «Allarmi», i,\lonato con voce sicura malgrado la corsa difficile attraverso un terreno pantanoso. Il Duce lascia Salloga d'Idria, risale sino a raggiungere la rotabile della valle del Vipacco e si avvia verso il confine per raggiungere la Divisione « Isonzo » che è a Sludeno, nella sua formazione quasi completa, con alcune aliquote scaglionate nella valle. Compongono la grande unità il 23" reggimento fanteria costituito a Torino nel 18J/8 con i battaglioni dei volontari di Modena e di Padova; il 24" reggimento fanteria formato per ordine di Vittorio Emanuele II l'agosto 1859; il reggimento di artiglieria da fortezza I tre reggimenti hanno preso parte a tutte le campagne per il Risorgimento. Il 83° e il 21)" reggimento per concessione di S. M. il Re, che fu comandante della brigata Como, dalla quale la Divisione deriva, indossano la cravatta azzurra. Il 23" fanteria ha un motto che vale per tallo l'Esercito italiano: «In prospera fortuna fortes. in adversa mirabilcs » (forti nella buona fortuna e ammirevoli in quella contraria). L'incontro col Principe Vedremo ora una esercitazione di fuoco, a dimostrazione pratica come le fortezze nulla possono contro un esercito deciso a non lasciarsi intimorire. Il corteo attraversa la selva di Piro, ricca estensione di boschi di abeti di alto fusto e di faggi, c, all'uscita è ritornato il sole. L'esercitazione comprende il presupposto tattico di alcune opere permanenti di difesa, dirette a sbarrare il passaggio della conca tra Monte San Lorenzo e Monte Lipovizza. Tormentate, ma non distrutte, dall'artiglieria pesante, esse dovranno ora fornire la prova decisiva dell'attacco immediato. All'ingrosso, si tratta di tre fortezze disposte a V rovesciata e che puntano sulla valle le loro occhiaie con eccessiva baldanza. Sull'osservatorio era ad attendere il Duce l'Altezza Reale il] Principe Umberto di Savoia, gìun-\ to da Trieste con il suo Stato] maggiore. Subito dopo il cordia-] lissimo incentro tra i due Capi,] l'attacco comincia. Non si vede nessuno. Piana, gobbe del terreno, alberi e fossi] sembrano senza anima viva. I connoni da 81, da 75 e da 57 picc/tier-| tano con rabbia dispettosa i centri di resistenza che sono ben pre-\ sto un mucchio di rovine. Le mi-, tragliatrici infilano le feritoie, col-] pite ogni tanto anche dai proiettili di artiglieria che lasciano un] bioccolo di fumo nero alla cui scomparsa la baldanza è finita. Ma le mitragliatrici insistono, mentre la pianura, le gobbe del terreno, i fossi e gli alberi, prima muti, si popolano di ombre che slittano, saltano, volano di riparo in riparo fino a che non giungono ai reticolati. Il varco non c'è. Ma eccolo preparato, e da esso le pattuglie di audaci irrorano di bombe le ultime resistenze. Non basta ancora? Lunghissime lingue di fuoco partono sorrette da ali di fumo nero e densissimo; lambiscono il suolo e scompaiono portate via, si di rebbe, dal fumo stesso che le riassorbe. Ma dove sono passate nessuna vita resiste. Ci ostiniamo tuttora a simboleggiare la morte con la vecchia falce: il lanciafiamme sarebbe forse più indicato. Uno ad uno i forti tacciono, mentre co lonne di fumo bianco nascondono la corsa delle truppe vittoriose. Sono le «candele fumogene », destinate a creare una cortina impe netrabile per nascondere al nemico i morimenti del grosso, destinato a sfruttare il successo degli a udaci. Quattro giornate memorabili Lungo la via del ritorno si rinnovano di paese in paese, di casolare in casolare, le tripudiatiti accoglienze di una popolazione in massima parte di altra lingua, specialmente là dove il Duce sosta come in un minuscolo gruppo di case dove spicca la scritta: « Duce fermati ». Manifestazioni schiette, ardentissime, che culminano poi a Gorizia quando il Duce, in piedi sulla Sua macchina, infila via Crispi, corso Verdi, corso Vittorio Emanuele III per raggiungere l'aeroporto di Merna. Migliaia e migliaia di braccia tese esfs verso di Lui ripetono il Suo nome e Gli rigiurano la fedeltà già giurata, invocano il Suo ritorno, Gli augurano ogni felicità. Il Dure riparte nel trimotore, che guida Egli stesso, alle ore 14,10 dopo un'ultima calorosa dimostrazione degli avieri che Gli si stringono infoino e Lo acclamano, finche il trimotore non decolla e si allontana velocissimo. Con le lunghe soste presso le. Divisioni « Re » e « Isonzo », il Du-Ì ce, al termine di quattro dense', mattinate, ha concluso la visitai ad unità dell'Armata del Po e del-\ la Seconda Armata. All'alba di! ogni giorno, lasciando Forlì e superando., pilota del Suo trimotore, non lievi distanze, rese più aspre dal tempo cattivo e dalla visibilità] sempre difficilissima sulle alte vai-] late e intórno ai monti, nel merig-ì gio, ritornando in volo; per ogni-, rassegna e per 4 giorni compiendo] centinaia e centinaia di chilometri] in automobile e a piedi, su terre-] ni aspri e montagnosi, su pianure' intrìse di acqua o impastate di fango; tutto vedendo, tutto osser-j vando meticolosamente nei solda-, ti e nelle armi, vicino al popolo,] tra il popolo, scendendo tra le /òlle acclamanti in ciascun paese, esubito riprendendo la corsa velo-] cissima o la marcia nelle lente,] minuziose rassegne, il Duce ha da-' to ancora una volta il segno e lai misura della Sua forza fisica. In una prossima occasione Egli m vedrà le truppe della Ottava, che\ già Lo aspettano, certissimamente] non inferiori, per la fede, per lo] spirito, per la disciplina e per la struttura tecnica, a quelle cheì hanno dato in questi giorni una' così stupenda misura della poten-. za dell'Italia fascista. Antonio Antonucci ! Il Duce tra i ferrei reparti della Seconda Armata. Poderosi allineamenti di carri armati a Salloga d'Idria. (Telefoto)