L'UVA

L'UVA Una ricchezza italiana L'UVA Sei mesi di produzione continua di bella frutta da tavola La giornata dell'uva, che si va celebrando in questa epoca vendemmiale e che ebbe suoi primi inizi a Casalmonferrato sedici anni or sono, prima di divenire, per saggia deliberazione del Duce, una festa nazionale, suggerisce qualche considerazione intorno al miglior modo di valorizzare questa ricca e bella specialità italiana. Può essere davvero una fonte di benessere pei coltivatori e una voce di cospicua importanza per l'esportazione italiana. E' necessario però che i coltivatori abbiano presenti le esigenze dei mercati e ad esse subordinino la scelta delle varietà oltre alle migliori cure di spedizione. Nessun paese del mondo può competere col nostro per il protrarsi della produzione di belle e buone uve mangereccie per ben sei mesi continui. E' in virtù della lunghezza e dei rilievi di questa terra mediterranea, lanciata, nel mare e nel clima dalle possenti efficienze biologiche, per mille chilometri. Neppure la California, per citare solo il paese che ha col nostro maggiori analogie, arriva a tanto. Vengono, si, sui mercati più favorevoli d'Europa centrale a metà agosto e fino ai primi di settembre, come, più tardi, sul finir di ottobre, belle o bellissime uve concorrenti delle nostre e provenienti dall'Oriente (Grecia, Turchia, Bul- faria, Ungheria, Romania, Seria). Ma noi fin dalla seconda o, al massimo, dalla terza decade di luglio possiamo mandare le magnifiche uve Chasselats e le precoci Pansé da Milazzo e contemporaneamente gli splendidi grap- " chi poli di zibibbo dai grossi chicc da Pantelleria. Appena terminate queste spedizioni di vera primizia, mandiamo i Chasselat pugliesi, specie di Bisceglie e del Salentino, lo zibibbo delle dune sabbiose di Capo Faro in Sicilia e dell'analogo litorale calabrese di Vibo Valentia e Pizzo. Subito dopo queste spedizioni di uve precoci, cominciano verso il 10-15 agosto le uve a maturazione normale, la bellissima Regina e la dorata Baresana delle Puglie, venute su quegli arieggiati bei pergolati che sono andati sempre più diffondendosi a Noicattaro, Rutigliano, Adelfia ed altri centri Baresi. Poi, verso il 15-20 agosto il Moscato di Terracina e poco dopo il Trebbiano di Abruzzo, seguite a breve distanza dallo splendido Pergolone che da Ortona a Mare si è molto esteso in altri paesi d'Abruzzo. Verso i primi di settembre compaiono la Colombana di Peccioli in Toscana con la Verdea del Piacentino, la prima uva da tavola italiana che, per merito di Filippo Zerioli, sessantanni fa usci dai confini e apri la via all'esportazione. Oggi però quest'uva storica viene ormai sostituita con la Regina, l'Italia del Pirovano (magnifico creatore di ottime nuove varietà) e da altre a chicchi più grossi e più belli. Poi, fino a tutto ottobre, appare la Negrara del Veneto, e dopo si. inizia 11 mercato delle uve tardive e serbevoli che vanno dalla Ciminnita di Sicilia e dall'Olivella di Vibo Valentia, alla Barbarossa pugliese, alla Catalanesca Vesuviana; al Poggiorose d'Abruzzo... fino al Servant della Riviera ligure di ponente che sta sulle piante fino ai primi di gennaio ed oltre! Riferendoci alle ultime annate di cui si hanno elementi precisi, la maggior quantità di uva da tavola esportata dall'Italia è di Chasselat e di uva Regina (94523 quintali della prima e «7.721 della seconda nel 1938) sopra un totale di 292.103 quintali mandati all'estero. Segue la Baresana con 26 mila quintali, poi vengono, man mano decrescendo, le altre Dall'esperienza degli ultimi anni si nota un crescente interesse per le nostre uve precoci che rappresentano sempre la parte predominante dell'esportazione. Altra osservazione è che promettono sempre maggior favore di mercato le uve a enicchi grossi, mentre sono stazionarie o addirittura in climi nuzione quelle a acini piccoli, se pure non piccolissimi. Ciò che poi sommamente interessa è notare che, dopo la prima decade di agosto, le nostre .spedizioni non possono più competere con le belle e favorite dei pae3i d'oriente. Non è serio sperare di competere con del Negretto, della Bianchetta e ■ del1 Trebbiano comune. Si noti anche che le uve concorrenti sono offerte a miglior prezzo delle nostre, sia perchè minore è la spesa di mano d'opera che le grava e quella dei trasporti, dati gli aiuti che quei Governi accordano all'esportazione. Su queste osservazioni, basa i suoi preziosi consigli Angelo Longo che è indubbiamente i'uomo più competente che oggi abbiamo in materia di uve da mensa. Egli dice che necessita estendere ancora la produzione di uve a maturazione precoce, e concentrare i massimi sforzi per arrivare a produrre uve belle, veramente pregevoli e ricercate, di seconda precocità o di maturazione normale, come anche di quelle a maturazione tardiva o invernine, le quali sarebbero pure assai desiderate e cercate sui mercati nostri. Non mancano zone adatie a produrre uve precoci e precocissime: in Sicilia, litorale settentrionale; in Puglia litorale da Barletta a Monopoli; nel Leccese litorale jonico. Le varietà che riescon bene non mancano. Oltre ai Chasselat, c'è la Pansé, la Maddalena, la Sant'Anna, la Perla di Csaba. Quanto a uve di seconda precocità bisogna puntare sulle bellissime: Regina, Zibibbo, Italia, estendendole in Puglia, Abruzzo e anche in qualche punto ben soleggiato dell'Italia centrale. Si raccomanda l'allevamento a pergolato con potatura non eccessivamente lunga. Quanto a uve tardive, Sicilia, Sardegna. Puglie, Campania e anche Abruzzo, Lazio e perfino Emilia e Liguria hanno ^oralità che si prestano a produrle belle e ricercate. Preferibili sono le varietà bianche, Saint Jeannet, Servant. disudigstcigdidrdianitliuleopdtazogfosecaditunlampderedidededipiinn2pla ladiiiLaloVimrdsNfoddnmcdslsdrccnmcpagadefnrnlacptsd1ccsrdqsmveglNadBesgamo. Ciminnita, uva d'Alme-1 ria. Bisogna però anche diffonde- jre e aiutare 1 migliori sistemi di!conservazione di queste uve se vo-|gliamo evitare che in epoche a- vanzate si abbia l'umiliazione di| veder comparire ancora delle uve.straniere. Pure le uve senza vinaccioli, come le Sultanine, la Corinto bianca e simili, andrebbero più diffuse, non foss'altro per impedire che se ne debbano importare di passite o secche per l'industria dolciaria. Bisogna portare in complesso la nostra produzione ai tre milioni di quintali di vere uve da tavola, belle e pregevoli. Non è cosa difficile con gli innesti di varietà che più non riSDondono. Anche in questo campo gli agricoltori italiani sap'anno farsi onore. Arturo Marescalchi

Persone citate: Angelo Longo, Arturo Marescalchi, Barbarossa, Corinto, Duce, Filippo Zerioli, Jeannet, Mare, Pirovano, Seria