Il segreto della vittoria di Sidi el Barrani di Mario Bassi

Il segreto della vittoria di Sidi el Barrani Il segreto della vittoria di Sidi el Barrani (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) Africa Settentrionale, Zona di operazione, 20 settembre. Le nostre truppe che hanno invaso l'Egitto per una profondità oggi di cento chilometri dal confine, sorpassata Sidi El Barrani, sbaragliate e ricacciate le forse inglesi, si sono rinforzate solidamente sulle posizioni raggiunte e estendono progressivamente l'occupazione; alle spalle delle truppe operanti i genieri con meravigliosa attività di lavoro hanno già in molte parti, soltanto iti questi quattro giorni della conquista di Sidi El Barrani, sistemato, anzi costruito nuove vie di comunicasìoni attraverso il deserto, attraverso le sebche e le pietraie e le sabbie; mentre avanza la imponente massa dei mezzi logistici, rifornimenti enormi di vettovaglie, di munizioni, di materiali di ogni specie: quanto occorre per far vivere e operare un esercito in queste regioni, senza la minima risorsa locale, senza nemmeno un fuscello di legno per cuocere il rancio e pressoché senza acqua. La reazione nemica con bombardamenti, spezzonamenti, mitragliamenti degli aerei e, lun go la costa, cannoneggiamenti delle navi dal mare non è valsa ad arrestare o rallentare nemmeno parzialmente il ritmo poderoso e celere della nostra avanzata, la riorganizzazione della nostra occupazione arma'ta, il traffico incessante delle retrovie. La nostra occupazione è sicura, ed ormai non teme più controffese. Tremende difficoltà Ma ciò che importa rilevare che sia chiaro in Italia e fuori di Italia, è l'ampiezza e la potenza della nostra vittoria; e attraverso quali tremende difficoltà e prove durissime essa è stata conseguita. Ho già cercato nei miei precedenti dispacci di illustrare le condizioni ambientali in cui si svolgono queste operazioni; condizioni totalmente avverse che nelle previsioni di chiunque creano ostacoli assolutamente insormontabili ad una azione militare, offensiva della portata necessaria per avere ragione delle difese nemiche apprestate da lunga mano e consolidate formidabilmente. Si trattava di risolvere problemi logistici e tattici che somigliavano maledettamente alla quadratura del circolo; si trattava di trovare un proporzionamento che pareva impossibile fra la quantità degli uomini indispensabili da impiegare e i mezzi di sussistenza; e questo ancora in rapporto con le distanze da superare e lo stato di efficienza delle vie di comunicazione, queste piste nel deserto che n~>n consentono e non sopportano che un traffico ridottissimo, lungamente spazialo, del tutto irrisorio rispetto alle occorrenze elementari di un pur modestissimo corpo di armati, nonché di un esercito moderno con tutto l'insieme della sua ingentissima e complicata attrezzatura; e si trattava di escogitare" accorgimenti tattici - nuovissimi per prevalere sul nemico anche con un elemento di sorpresa in questo terreno che esclude fondamentalmente ogni sorpresa; quale si intende tradizionalmente aperto, com'è, alla vista, senza un'ombra di riparo, senza una qualunque minuscola copertura, senza un accidente di niente e dove la ricognizione aerea numera gli uomini ad uno ad uno, scruta il movimento degli individui isolati, scopre per il raggio di cinquanta chilometri il movimento di una colonna di truppa. Un critico militare inglese scriveva sul giornale Ahram del Cairo, Vii agosto scorso, cioè poco più di un mese fa, che dalla Libia all'Egitto, per l'unica via costiera fra il mare e il deserto, sarebbe potuto transitare un massimo di 15 o 20.000 uomini; e che il passaggio di automezzi, autocarri, autoblinde, carri armati si presentava difficilissimo specialmente dall'agosto alla metà di ottobre. E concludeva testualmente: «Una simile spedizione avrebbe quindi cinque probabilità di successo su cento; e soltanto nella stagione da novembre a marzo-». Il critico militare inglese non aveva torto, non si può dire che avesse torto; se i fatti lo iianno invece clamorosamente smentito e se si è verificata, l'uno delle cinque probabilità su cento, e non per soli 15 o 20.000. uomini, ina per vn multiplo di tanto e tanto superiore, la colpa non è sua; mentre il merito è del Comando italiano, il merito superbo è del soldato italiano. II segreto della vittoria Quale è dunque il segreto di questa fulminea e strepitosa vittoria; vittoria delle armi italiane contro un avversario potente e munito e vigile e agguerrito, e contro le più ostili condizioni di terreno e di clima, contro condizioni di vita in genere e di movimento e di combattimento tutte decisamente ostili t Sappiamo che si è avanzato e combattuto nel deserto, fra il deserto e il mare, in questa stagione che è qua delle peggiori, quando anche i rari posti di acqua ne restano privi, asciuttissime quelle cavità della pietra che funzionano da cisterne naturali e secchi i solitari pozzi; e stagione che comporta ancora massime calure nel giorno e rilevantissimi squilibri termici fra il giorno e la notte; sicché nel giorno si è bruciati dal sole, estenuati dal caldo e la notte si battono i denti e ci si rattrappisce per il freddo; e stagione in cui imperversano i venti del sud-ostro e ostro-scirocco e ostro-libeccio: quello che in Libia chiamano il «ghibli» e qua in Egitto «hamsin », che significa cinquanta ore, ossia che dura cinquanta ore; le quali, fra i prodromi della bufera che si annunciano in anticipo e la coda che si prolunga per disordinata serie di raffiche diventano tre giorni pieni; tre giorni di una tempesta di sabbia infuocata che ti acceca e ti soffoca, che prosciuga l'acqua nei recipienti mentre non c'è liquido che basti alla divorante sete. Ed ecco durante la nostra avanzata e in quattro giorni di battaglia combattuta, il termometro nel meriggio, come qui annotavo, ha segnato i cin quanta centigradi all'ombra in questo paese dove non esiste l'ombra del più gramo arbusto; ed ecco l'ultimo giorno della battaalia, il giorno della presa di Sidi El Barrani si è levato il «ghibli» o, poiché siamo in Egitto, chiamiamolo « hamsin » e gli uomini, dui generale all'ultimo soldato ed litustNsacorasblecsenchgliinraststninvchimmsozvenlonvbsvccnccbrspnudeinqnidtmnedfvzfdsetltedtpssibsmslacmtncddtssaogndntafllamgcacgdsnzpltSfzl'ultimo milite, metropolitani ej , d libici, hanno camminato e combattuto con un litro di acqua a testa: « Il consueto litro d'acqua di Neghelli », l'ha definito orgogliosamente il comandante in capo con una rievocazione che tutti onora e esalta. Dunque quale il segreto di questa nostra grandiosa indimenticabile vittoria f Un fattore spirituale anzitutto: la volontà di vincere; vincere a qualunque costo, secondo il dettame categorico del nostro Duce: volontà di vincere che animava tutti e ciascuno, dal generale all'ultimo gregario, che li sospingeva irresistìbilmente, che infondeva in ciascuno quasi miracolosamente una forza di resistenza, un valore eccezionale, strapotente. Ciascuno era compenetrato; sentiva in tutta la sua individualità umana che non si doveva e non si poteva non vincere. Soldati impareggiabili Mi pare superfluo testimoniare che ho veduto gli uomini fermi ed mpavidi sotto gli intensi e fulminanti cannoneggiamenti nemici, sotto i bombardamenti e gli spezzonamenti degli aerei; che li ho veduti andare all'attacco con un entusiasmante sprezzo del pericolo e uno slancio travolgente — i nostri carri armati, che sferragliavano tempestando, i piumctti dei bersaglieri motociclisti mitraglieri svolazzanti nel vento della corsa come emblemi di giovinezza, come cimieri di ardimento, e le Camicie nere a rincalzo cantando sotto le cannonate e tutti, truppe dell'esercito e militi, metropolitani e li bici, tutti lanciarsi avanti, caccia re il nemico, incalzarlo impetuo samente, freneticamente; — mi pare superfluo, dicevo, testimoniare questo: ma ho veduto gli uomini marciare ancora, diritti, a denti stretti, con una visibile espressione di insofferenza e di indomabile decisione negli occhi quando la stessa espressione denunciava impressionantemente che il limite tollerabile della fatica e della resistenza era da tempo oltrepassato; ma ho veduto gli uomini gettar via la borraccia dove non avevano trovato più un sorso, eppure continuare a marciare al di là di quella esasperazione, più forti di quella disperazione; ed ho veduti uomini maceri di stanchezza saltar giù dall'autocarro sprofondato nella melma salmastra della « sebca » e nella polverosa sabbia e compiere sforzi atletici, e sollevare l'autocarro per spantanarlo o disinsabbiarlo e spingerlo avanti, sempre avanti. Tale il segreto primo della vittoria: un'unica volontà di vincere e la fede e la passione, la forza dello spirito che prevale sulla materia, che trasporta la materia: e per questo non si possono fare distinzioni fra reparto e reparto, fra specialità e specialità e sarebbe ingiusto e assurdo cercare di sta bilire graduatorie. Tutti sullo stesso piano, corpi dell'Esercito e Camicie nere, e di tutte le armi e specialità e servizi, e metropolitani e libici. Questi libici, di cui la solita propaganda britannica andava braterando, diffamandoli, che mal sopportavano l'arruolamento e che non si sarebbero battuti, hanno gareggiato in dedizione ed entusiasmo con i metropolitani; e in otto giorni hanno percorso a piedi oltre 250 chilometri di deserto, cioè alla media di più di SO chilometri al giorno con le temperature di questa stagione sostenendo combattimenti asprissimi, ennecntramenti di tiro della artiglieria nemica durante ore e ore, replicate e intense offese degli aerei. Il piano primitivo Poi, la vittoria è dovuta alla genialità e alla perfetta esecuzione della manovra, al numero d'uomini e alla potenza di mezzi sapientemente distribuiti e impiegati, alla stretta collaborazione delle forze di terra con le forze dell'aria; è eminentemente dovuta alla scrupolosa e spettacolosa organizzazione dei servizi, di tutti gli avariati servizi: l'Intendenza veramente ha fatto miracoli, quel miracolo cui i tecnici inglesi si rifiutavano di credere. Sono, del resto, gli stessi tecnici militari inglesi che escludevano che l'Italia potesse battere l'Etiopia in meno di 5 anni di guerra guerreggiata; e l'Italia conquistò l'Etiopia in 7 mesi. Allora Eden stupì che i suoi consiglieri tecnici si fossero così grossolanemente sbagliati. Probabilmente di questi stupori ne sono riservati ancora parecchi ai militari e ai Ministri inglesi: « Ci si domanda quando gli inglesi cominceranno a capire... ». Oggi si può specificare che il primitivo disegno delle operazioni da parte del nostro Comando prevedeva essenzialmente un attacco aggirante per la destra, cioè distaccato dalla costa e verso l'interno: e da integrare al momento opportuno con una duplice azione avvolgente su Sidi El Barrani. Nel frattempo le forze nemiche, composte sopratutto di reparti motorizzati e corazzati, andavano accentuando il proprio addensamento in modo da gravitare appunto verso la nostra destra sulla direttrice scelta per il nostro attacco. Immediatamente il nostro Comando, con una prontezza di concezione e di attuazione che non è per nulla esagerato definire napoleonica — e il Buonaparte era un genio autenticamente e schiettamente italiano il nostro Comando, immediatamente, trasformava il disegno operato concentrando la massa delle proprie forze sulla sinistra per puntare direttamente su Sidi El Barrani per la direttrice costiera lungo il mare. Che ne derivava? Che l'originalità e la fulmineità di questa ardimentosa manovra veniva a sorprendere il nemico, veniva a costituire quell'elemento della sorpresa che ha tanta parte in guerra e che qua — come sopra accennavo — non si sarebbe potuto ottenere altrimenti che appunto con una originalità e fulmineità di manovra impensabili per il nemico. E ne derivava che le forze nemiche motorizzate e corazzate, internate nel deserto, sarebbero venute a trovarsi tagliate fuori dalle proprie basi costiere, uniche loro basi di appoggio e di rifornimento. E così è accaduto. Lo sviluppo degli avvenimenti è noto e per i comunicati ufficiali e per le relazioni di noi corrispondenti di guerra al seguito delle truppe operanti, anzi militarmente inquadrati fra le truppe operanti. Per ciò che mi riguarda, però, temo di avere qualche volta, come ozi/ita, confuso l'episodio con l'essenziale; che è l'errore più cor- flqdmgesptpfiSvlgisdaarcmvclrNdtsesBsnSalzssprimtlècpppBscqtldcmntnalejrejifc per chi vive una battaglia fra i combattenti proiettato verso le prime linee, con una nozione quanto mai indeterminata e vaga del piano generale e del procedimento generale dell'azione. Ma oggi tutto è palese. L'azione, dopo effettuato il preliminare ammassamento e schieramento delle truppe, si è iniziata con le grosse unità libiche in prima schiera approssimativamente nella zona con. finaria di Amiseat, fronte verso Es Sollum a Sud e Sud-est di Sollum, verso la pista costiera che da Sollum volge a Sidi El Barrani. Le grosse unità metropolitane erano in seconda schiera. Un ingente spiegamento di artiglierie di medio e piccolo calibro in postazioni avanzate era inteso a preparare e appoggiare l'attacco dei libici. In riserva due colonne celeri dislocate all'estrema destra e all'estrema sinistra: all'estrema destra, verso l'interno del deserto, quella che ho già chiamato la libica celere con forte aliquota di unità corazzate; e all'estrema sinistra e Nord, verso il mare, una colonna di Camicie nere anche questa motorizzata e con elementi corazzati. Si compì così l'avanzata prevista su Es Sollum e a Sud e Sudest di Sollum verso Uadi Halfuia sulla pista costiera per Sidi El Barrani. Il nemico, sorpreso in quanto si attendeva un'altra direzione del nostro attacco, ossia tanto più a Sud dove, come abbiamo visto, era andato concentrando il meglio delle sue forze e il più dei suoi mezzi, oppose tuttavia accanita resistenza. E mentre, come è noto, bersaglieri motociclisti con una compagnia di cannoncini autoportati e rincalzati da un battaglione di Camice nere, occupavano Sollum alta. Si deve allo strenuo valore dei libici, condotti da un generale, che è dei nostri più esperti e famosi coloniali, la contemporanea occupazione di Sollum bassa e l'aver proceduto oltre a cavaliere della pista costiera per Bagbagh e Sidi Barrani; sicché la séra di quello stesso giorno — venerdì 13 — in cui si era iniziata l'avanzata e conquistato Es Sollum, le grosse unità libiche, ricacciato il nemico dallo sbocco di Uadi Hai foia, spingevano le proprie punte nella zona di Tidàn e Khadìm — ma badate che sono semplici nomi di riferimento sulla carta, cui sul terreno non corrisponde un bel nulla o soltanto, in questo caso, una cisternetta naturalmente e regolarmente asciutta in questa stagione. — Alla sera stessa del 13, dunque, i libici erano giunti a circa 25 chilometri oltre Sollum e a quasi una quarantina di chilometri dal varcato confine; e un po' più di I/O chilometri distavano da Sidi El Barrani. L'azione decisiva A questo punto, il comandante in capo giudicò che scoccava il momento decisivo e impartì l'ordine che la riserva costituita dalle due colonne celeri superasse i libici puntando decisamente su Sidi El Barrani: le Camicie Nere motorizzate scavalcando le unità libiche e procedendo direttamente per la pista costiera a investire Sidi El Barrani frontal mente da occidente; e la libica celere avanzando sulla destra per una direttrice parallela poco più interna, così da aggirare Sidi El Barrani da mezzogiorno e convergere al di là piombando ad oriente di Sidi El Barrani e sulla strada da Sidi El Barrani a Matruh. Lo scavalcamento e il supera mento delle unità libiche, già di prima schiera, per parte delle due colonne celeri, avvenne tra la giornata del 11, e il 15, sempre però continuando l'avanzata generale di tutte le truppe; e mentre le grosse unità metropolitane arretrate sulla destra proteggevano da questo lato il movimento; e sulla sinistra il nostro fianco si appoggiava al mare. Si notava, intanto, una crescente crisi nell'avversario che dava indubbi segni di disorientamento. Veramente, colpito di sorpresa da tutt'altra manovra di attacco che esso non si aspettasse, la sua difesa si sgretolava, le sue resistenze cedevano. Nella mattina di lunedì 16, quando con un martellante fuoSo di artiglieria, tentava vanamente di contenere il progresso della colonna motorizzata delle Camicie Nere giunta ormai a una dozzina di chitoni, da Sidi El Banani; e con fuoco di artiglieria e con scorribande di autoblinde e di carri di assalto ripeteva il tentativo contro la colonna libica celere; a quell'ora esso era qià in rotta e quelle non erano più che disperate resistenze di retroguardia intese soltanto a proteggere la ritirata e a impedire che essa gli fosse definitivamente tagliata. Il suo crollo ormai era manifesto. Così entrammo a Sidi El Bar-ani e si può dire ormai senza più colpo ferire: il nemico, volto in fuga, aveva rotto il contatto. Nella battaglia, durata quattro giorni, esso aveva perduto nelle azioni di terra, e per effetto dei bombardamenti dei nostri aerei, una buona metà dei suoi automezzi e mezzi corazzati; di cui gran parte abbandonata sulla sperduta pista del deserto. Esattamente, come era stato preveduto e preparato nella concezione del nostro comando in capo nella sua ideazione della manovra, così esattamente si è verificato nei fatti. Incontestabile grandezza e sostanzialità della nostra vittoria. Mario Bassi idpgbcpntoccdppllscdlIstszfzsbdpdpA

Persone citate: Buonaparte, Duce, Sidi El Banani, Sidi El Barrani