Una lettera d'amore

Una lettera d'amore Una lettera d'amore L'ultimo giorno di scuola la bionda maestrina di campagna, fattasi sull'uscio a guardare gli alunni che sciamavano in gruppi variopinti verso casa, si vide venire incontro, lemme lemme, il giovane Michele della cascina Bassa, uno dei possidenti più laboriosi e conosciuti del paese c dei dintorni. Alto e vigoroso, egli sarebbe stato anche piacente, senza quella sua ostinata taciturnità, risultato di una timidezza invincibile, e quel 6iio viso tondo, colorito, ingenuo, che lo faceva giudicare, specialmente dalle ragazze-, piuttosto tonto. Vedendolo avvicinarsi, facendo reiterati saluti col capo, la maestrina s'irrigidì, raccolse tutta la sua volontà, come soleva fare quando doveva affrontare qualche allievo riottoso o selvatico, e in un baleno fu tutta energia, precisione, autorità. — Avete bisogno di me?... Sì?... Entrate. Entrati che furono, ella sedette in cattedra e lui rimase umilmente in piedi, lì davanti, proprio come un alunno in im bara zzo. — Vediamo. Che cosa volete?... Bei libri da leggere?... No?... Niente libri. Qualche informazione sul vostro cuginetto Dario?... Vi ha forse mandato sua madre?... No?... Allora che?... Debbo scrivervi qualcosa?... Ah, ci siamo. Ma voi sapete scrivere, non siete mica analfabeta, per caso?... E dunque!... Ad ogni modo... E che cosa dovrei scrivervi?... Una lettera!... Va bene, una lettera. D'affari, suppongo. No?.- E che, allora?... Una lettera d'amore?... Oli, questa sì che è bella!... Voi non sapete scrivere una lettera d'amore!... Ma siete innamorato?... No?... Vediamo: voi volete clie vi 6criva una lettera di amore che, eventualmente, copierete e spedirete alla ragazza che volete sposare. E' così?... — Sissignora. La maestrina prese un bel foglio di carta, afferrò la penna e alzò gli occhi al soffitto, con aria ispirata. Una lettera d'amore... Dire che lei, a venticinque anni, non ne aveva mai ricevuta una, tanto la sua vita era stata saeri ficata e oscura. E scosse il capo, commovendosi su se stessa, dimenticando la presenza d«l giovane Michele che la guardava stupefatto. No, non no aveva mai ricevuta una, l'aveva piuttosto sognata, una lettera lunga, ardente, iuebbriante come un vino prodigioso, più dolce di una carezza, bella come una storia d'amore che durasse tutta la vita, a Mio unico bene... ». Con gli occhi lucenti, i pomelli del viso accesi, i capelli che sembravano farle un'aureola luminosa intorno alla fronte, ella scrisse di getto riempiendo le quattro facciate del foglio, poi trasse un lungo sospiro, depose la penna e si ravviò, con aria sognante, le ciocche ribelli colot dell'oro. Lesse la lettera forte, con espressione, raccoglimento, intensità. — E' una bella lettera, Michele, spero che la capirete. Se, do po averla letta, la vostra bella non corre all'appuntamento là, sul greto del fiume, lungo i pioppi, non son più io. Siete contento?... Vide che egli si tastava la ta sca interna della giacca, alla ricerca del portafoglio. — Siete pazzo?.-. E' un 6ervi zio gratis, ve l'ho reso volentieri. Auguri di buona fortuna ; io parto per le vacanze. Spero che ini divertirò. Ma le vacanze della maestrina non furono allegre, poiché le passò tra una zia infermicela e una sorella vedova e irascibile: nessuna distrazione, nessun svago, nessun incontro; perfino i sogni si sciupavano in quella noia, si laceravano, cadevano a brandelli e non servivano più a niente. Così che alla fine la maestrina tornò, con una specie di sollievo, alla scuola, al lavoro, al dovere. Per lei non poteva più esservi altro al mondo. E con una specie di malinconia nera guardava adesso le distese di neve sui monti vicini. Subito dopo il primo giorno di ecuoia, mentre si faceva sull'uscio a guardare gli alunni andarsene a casa, ecco Michele venire lemme lemme facendo i soliti reiterati cenni del capo a guisa di saluto. — Oh, Michele, bravo — disse la maestrina sentendosi d'un tratto forte, energica e piena della sua preziosa autorità che nuove mi portate?... La mia lettera ha avuto successo?... Egli scosse mestamente il capo — No?... A chi l'avete mandata?... Ei^li enumerò sulle sue grosse dita: — A Giovannina del mulino, prima... Poi, alla ragazza della bottega in piazza, che si chiama Jole... E infine a Giuliana, la padrona del caffè... — E tutte e tre vi han respinto?... — Tutte e tre mi hanno riso dietro. Forse han saputo che la lettera non era farina del mio sacco. Eppure io l'ho letta tante volte e l'ho trovata così bella, l'ho capita tanto bene, che mi pareva proprio ormai mia... La maestrina si sentì invasa da un'ira folle, diventò rc«sa come un galletto e battè un piedino in terra. cdcass'qulnlMiMsRdgrsdfcaaln — L'avete mandata a tre sciocche, vanitose e frivole che non sanno nulla di quanto è sentimento e passione. Non potevate cercarne una più intelligente? E magari l'avTete scritta su car taccia glossolalia, con qualche macchia d'inchiostro- Poi vi sarete presentato all'appuntamento malvestito, a bocca aperta e le braccia ciondoloni, come un allocco. Avete insomma guastato tutto. E adesso basta, io ho fatto quel che ho potuto, ma ho sprecato tempo, carta, inchiostro c... Voleva dire: — ...e il più dolce dei miei sogni — ma non lo disse, rientrò in casa e lasciò Michele sulla strada, come un alunno in fallo, sgridato e punito, che non sa come fare per rimettersi in cammino. Quando poi sentì che finalmente se ne andava, scoppiò in lacrime disperate. Le pareva che le avessero fatto un affronto persona'c, un'offesa incancellabile, e che quella sua solitudine fosse ormai una condanna senza scampo. Sola, era per sempre sola, senza nessuno che le volesse bene, che!la pensasse, che le scrivesse... Ma ecco, giusto due giorni dopo, il postino che arriva con una let-| [ !" je te_ come-un uccellino allo scoppio di una fucilata. | Carola Prosperi tera per lei. La busta era fine, e la scrittura dell'indirizzo, accurata e chiara, senza macchie d'inchiostro. L'aprì con uno strano palpito... « Mio unico bene... ». Si mise a ridere nervosamente: bé, se quello sciocco intendeva farle uno scherzo, ella avrebbe ben saputo r tterlo a posto, magari con la sua bacchetta di maestra. L'afferrò, e corse via. Ma poi quando fu sul greto del fiume, là, sotto i pioppi, accadde l'incredibile, porcile Michele le venne incontro, tutto ben vestito e ravviato, e non stette, no, a bocca aperta e mani ciondoloni, ma la prese fra le braccia e la tempestò di baci con tanta risolutezza, che la bacchetta le cadde di botto sull'erba e tutto, in lei, fu calda debolezza, angoscioso languore, felicità senza nome. E anche dopo, quando a coppia si avviò, teneramente allacciata, verso casa, fu impossibile rintracciare la preziosa autorità della piccola maestra, [poiché era fuggita via ad ali

Persone citate: Carola Prosperi, Sola